Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 703 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. R.G. 11654/2019, proposto da
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO
-RICORRENTE – contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-CONTRORICORRENTE –
e
COGNOME COGNOME, in persona del curatore p.t..
-INTIMATI- avverso l’ordinanza del Tribunale di Pordenone pubblicata in data 13.10.2018.
Oggetto: sanzioni
amministrative
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.11.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ordinanza ex art. 170 DP.R. 115/2002 del 13.10.2018, il Tribunale di Pordenone ha confermato il decreto con cui era stato liquidato in favore dell’ing. NOME COGNOME il compenso di €. 11 . 410,00, nominato c.t.u. nell’ambito di un procedimento ex art. 696 bis c.p.c. instaurato da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME (appaltatore) e di NOME COGNOME (progettista -direttrice dei lavori), per l’accertamento delle cause dei danni derivanti dall’imperfetta esecuzione di un appalto.
Per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso in tre motivi, illustrati con memoria.
NOME COGNOME resiste con controricorso; le altre parti non hanno svolto difese.
Il primo motivo denuncia la violazione degli art. 62, 64, 696 bis c.p.c., 1218 c.c., sostenendo che, nel liquidare il compenso, il Tribunale era tenuto a valutare se il c.t.u. avesse diligentemente svolto l’incarico, risposto puntualmente ai quesiti ed espletato correttamente il tentativo di conciliazione, anche a prescindere da eventuali ragioni di invalidità e di utilità della consulenza.
Il motivo è fondato.
Respingendo le censure del ricorrente, che aveva lamentato il non corretto espletamento del mandato conferito dal giudice, il Tribunale ha ritenuto di non dover verificare la completezza dell’elaborato e la risposta ai quesiti posti dal giudice, reputando erroneamente che tali profili attenessero alla validità ed utilità della consulenza, estranei all’ambito del giudizio di liquidazione.
La valutazione di utilità del ricorso al c.t.u. non è pertinente, già sul piano concettuale, agli aspetti che attengono alla congruità della liquidazione, integrando valutazioni che competono al giudice e che non influiscono sul diritto o sul quantum spettante all’ausiliario; eventuali vizi della consulenza sono, invece, rilevanti allorquando la relazione non sia neppure astrattamente utilizzabile nell’ambito del processo, perché non conferente all’incarico conferito (cfr. da ultimo: Cass. 7632/2006) o in quanto svolta con l’inosservanza di norme sanzionate da nullità (Cass. 7632/2006; Cass. 234/2011), ma, in tale ultima ipotesi, il potere di dichiarare la nullità è riservato al giudice della causa in cui la relazione è destinata ad essere utilizzata, non al giudice chiamato a liquidare le spettanze dell’ausiliario, per cui, in difetto di tale pronuncia, la nullità resta irrilevante (Cass. 5200/2017; Cass. 36396/2021; Cass. 2569/2023).
Ciò posto, il Tribunale era però tenuto a valutare – come richiesto dall’opponente -l’impegno profuso e la completezza della relazione, quali criteri di valutazione della diligenza professionale che prescindevano dalla validità dell’elaborato e
dall’utilità del ricorso alla consulenza, dovendo stabilire se l’opera svolta dall’ausiliare fosse rispondente ai quesiti posti con il conferimento dell’incarico, tenuto conto, quali parametri per la determinazione di detto compenso, ex art. 51 del d.P.R. n. 115 del 2002, della difficoltà, completezza e pregio della relazione peritale (Cass. 20098/2023; Cass. 36396/2021; Cass. 7294/2013).
3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 11 D.M . 30.5.2002 e dell’art. 51 TUSG nonché dell’art. 134, comma secondo, n. 4 c.p.c., evidenziando che l’ammontare dei danni accertati dal c.t.u. era pari ad €. 241.981,88, non potendo applicarsi lo scaglione fino ad € 250.000, e soprattutto che il Tribunale abbia liquidato un compenso unico aumentato del 30% in ragione della pluralità di accertamenti, applicando un criterio arbitrario, senza dar conto dell’autonomia e pluralità delle singole indagini, riconoscendo, infine, i compensi massimi nonostante le plurime mancanze della c.t.u..
Anche tale motivo è fondato.
Il giudice dell’opposizione ha riconosciuto un importo unico corrispondente al massimo tabellare ex art. 11 D.M. 30.5.2002 sull’ammontare dei danni liquidati -con un ulteriore incremento del 30%, in considerazione della pluralità di accertamenti svolti.
Nulla chiarisce l’ordinanza in merito all’oggetto dei singoli accertamenti e alle ragioni della ravvisata autonomia di ciascuno di essi.
Deve -a tal fine – aversi riguardo all’accertamento richiesto dal giudice e non al tipo di indagini che il consulente abbia svolto per pervenire a quell’accertamento, essendo esse lo strumento utilizzato per pervenire al risultato richiesto (Cass. 24605/2019), prescindendo quindi dalla pluralità delle domande, delle attività e delle risposte, definibili unitarie o plurime soltanto in ragione della loro autonomia ed autosufficienza e, pertanto, dell’interdipendenza delle indagini che connota la unitarietà dell’incarico e dell’onorario (Cass. 7174/2010; Cass. 14292/2018; Cass. 28417/2018; Cass. 10367/2021).
La pluralità di indagini in caso di incarico unico consente di sommare quelli relativi a ciascuno dei distinti accertamenti richiesti (Cass. 21224/2018), ma i parametri da valutare per ciascuno di essi devono corrispondere ai rispettivi valori (Cass. 22779/2014; Cass. 6892/2009), occorrendo far salva la giusta proporzione tra il compenso e l’impegno profuso per ciascuna indagine che, invece, il criterio in concreto adottato, non rispondente a quelli previsti per legge, ha reso inverificabile, con il risultato di obliterare la dichiarata autonomia di ciascuna indagine.
In definitiva, il giudice del rinvio dovrà accertare -e dar conto in motivazione dell’autonomia o complementarietà delle singole indagini svolte dal c.t.u., potendo, ove ravvisi l’autonomia degli accertamenti nell’ambito dell’incarico, ritenuto unitario, quantificare il compenso mediante la
sommatoria dei singoli importi risultanti dall’applicazione dei criteri previsti per ciascuno di essi dal D.M. 30.5.2002.
4. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 56 DPR 115/2002 e 2697 c.c., per aver l’ordinanza disposto il rimborso di spese vive non documentate, ritenendo sufficiente che fossero coerenti con l’oggetto dell’incarico espletato.
Il motivo è fondato.
L’art. 56 D.P.R. 115/2002 dispone che gli ausiliari del magistrato devono presentare una nota specifica delle spese sostenute per l’adempimento dell’incarico e allegare la corrispondente documentazione.
La necessità che le spese siano documentate risulta confermata -a contrario -dall’art. 55, comma secondo, D.P.R. 115/2002, che dispone che le sole spese di viaggio, anche in mancanza di relativa documentazione, sono liquidate in base alle tariffe di prima classe sui servizi di linea, esclusi quelli aerei.
Si è precisato anche da questa Corte di legittimità che, di norma, la nota spese del consulente tecnico deve essere specifica e corredata della documentazione delle spese documentabili, mentre non è necessaria per quelle che non richiedono fatturazione o ricevuta fiscale perché insite nella presentazione dell’elaborato (quali la carta, gli inchiostri e i materiali di supporto e di cancelleria) o per i costi di trasporto ove lo studio professionale o la residenza del consulente non siano nelle vicinanze dell’ufficio giudiziario o degli altri luoghi
in cui l’ausiliare si debba recare a cagione dell’incarico (Cass. 18831/2015; Cass. 36344/2021).
Non era sufficiente che le spese fossero astrattamente coerenti con l’attività svolta dal c.t.u., dovendo il giudice valutarne l’effettiva anticipazione sulla base della documentazione giustificativa, escludendo comunque dal rimborso quelle non necessarie o eccessive.
Sono -quindi accolti i tre motivi di ricorso; l’ordinanza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa al Tribunale di Pordenone, in persona di altro Magistrato, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i tre motivi di ricorso, cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Pordenone, in persona di altro Magistrato, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda