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Compenso CTU e aumento: la Cassazione chiarisce

In una causa successoria, alcuni eredi hanno contestato il compenso CTU, lamentando la decadenza del diritto al pagamento e l’illegittimità di una maggiorazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la determinazione dell’onorario, inclusi gli aumenti previsti dalla tariffa, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la doglianza sulla tardività della perizia, poiché sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

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Compenso CTU: la discrezionalità del Giudice e i limiti del ricorso

La liquidazione del compenso CTU è una fase delicata e spesso fonte di contenzioso all’interno di un procedimento giudiziario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui poteri discrezionali del giudice di merito nella determinazione degli onorari dell’esperto e sui limiti delle contestazioni che possono essere sollevate in sede di legittimità. Il caso analizzato riguarda un’opposizione al decreto di liquidazione emesso in favore di un consulente tecnico per l’attività svolta in una causa successoria.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla liquidazione di un importo di quasi tremila euro in favore di un ingegnere, nominato CTU in una complessa causa di successione ereditaria. Gli eredi, parti in causa, si opponevano a tale liquidazione, avanzando diverse censure. In primo luogo, sostenevano che il diritto del consulente a richiedere il compenso fosse decaduto, non avendo presentato l’istanza nei termini. In subordine, contestavano l’ammontare delle spese e degli onorari, inclusa una maggiorazione del 30% applicata ai sensi dell’art. 52 del Testo Unico sulle spese di giustizia, ritenuta ingiustificata.

Il Tribunale di merito respingeva l’opposizione, qualificando l’attività aggiuntiva richiesta al CTU come una semplice ‘integrazione’ del quesito originario e non un nuovo incarico. Affermava inoltre che l’applicazione della maggiorazione rientrava nel potere discrezionale del giudice e che l’importo finale non superava il massimo tariffario. Gli eredi decidevano quindi di ricorrere in Cassazione.

La qualificazione dell’attività del CTU: integrazione o nuovo incarico?

Il primo motivo di ricorso verteva sulla presunta errata qualificazione dell’attività supplementare svolta dal consulente. Secondo i ricorrenti, si trattava di un nuovo incarico, distinto dal precedente, il che avrebbe avuto conseguenze sui termini per la richiesta di liquidazione.

La Corte di Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile per carenza di specificità. I ricorrenti, infatti, non avevano chiaramente individuato il motivo di opposizione che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la qualificazione dell’attività del CTU come integrazione o nuovo incarico è una valutazione di merito, che spetta al giudice che ha conferito l’incarico e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno di vizi logici o giuridici palesi, non riscontrati nel caso di specie.

Il compenso CTU e la discrezionalità del Giudice

Il secondo motivo di ricorso contestava la legittimità della maggiorazione del 30% sull’onorario, lamentando una motivazione insufficiente da parte del Tribunale. I ricorrenti sollevavano anche, per la prima volta, la questione del tardivo deposito della consulenza, che a loro dire avrebbe dovuto comportare una riduzione del compenso.

Anche questo motivo è stato in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile.

le motivazioni della Cassazione

La Corte ha chiarito che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamando Cass. n. 29876/2019), la determinazione degli onorari del CTU è un esercizio di potere discrezionale del giudice di merito. Se l’importo liquidato si mantiene tra il minimo e il massimo previsto dalla tariffa, non è richiesta una motivazione specifica. Una motivazione dettagliata sulla ‘eccezionale’ importanza e difficoltà della prestazione è necessaria solo quando, in virtù dell’art. 52 del D.P.R. 115/2002, si supera il massimo tariffario, cosa che non era avvenuta nel caso in esame. Le contestazioni dei ricorrenti sono state giudicate ‘affatto generiche e prive di specificità’.

Per quanto riguarda la censura relativa al deposito tardivo della perizia, la Corte l’ha dichiarata inammissibile in quanto ‘profilo nuovo’. Si tratta di un’eccezione che non era stata sollevata nel giudizio di opposizione davanti al Tribunale e che, pertanto, non poteva essere introdotta per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

le conclusioni

In conclusione, la Corte ha rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese legali. Questa ordinanza ribadisce due principi procedurali di grande rilevanza pratica. Primo: la determinazione del compenso CTU all’interno dei limiti tariffari è ampiamente discrezionale e le contestazioni devono essere specifiche e non generiche. Secondo: non è possibile introdurre in Cassazione motivi di doglianza nuovi, che non siano stati precedentemente sottoposti al giudice di merito. La decisione sottolinea l’importanza di articolare in modo completo e tempestivo tutte le proprie difese fin dai primi gradi di giudizio.

Un’attività aggiuntiva del CTU è un nuovo incarico o un’integrazione?
Secondo la Corte, si tratta di un’integrazione quando l’attività risponde a osservazioni o richieste di chiarimenti sul quesito originario, senza che venga formulato un quesito nuovo e distinto. La qualificazione spetta al giudice di merito.

Il giudice può aumentare il compenso CTU senza una motivazione dettagliata?
Sì, il giudice ha un potere discrezionale nell’aumentare l’onorario, come previsto dall’art. 52 del D.P.R. 115/2002. Non è richiesta una motivazione specifica se l’importo finale rimane entro i limiti massimi della tariffa professionale. Una motivazione rafforzata è necessaria solo in caso di superamento di tali limiti.

È possibile lamentare per la prima volta in Cassazione che il CTU ha depositato in ritardo la sua perizia?
No. La Corte ha stabilito che si tratta di un ‘profilo nuovo’ che doveva essere sollevato nel precedente giudizio di opposizione. Introdurre nuove questioni per la prima volta nel giudizio di legittimità rende il relativo motivo di ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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