Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21128 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19315/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende;
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, rappresentato e dife so dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE); -controricorrente-
nonché contro
COGNOME GERARDA;
-intimata-
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di AVEZZANO, depositata il 4/06/2021, r.g.n. 1546/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/06/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Avezzano del 4 giugno 2021, che ha respinto l’opposizione da essi proposta contro il decreto del medesimo Tribunale che aveva liquidato in favore del consulente tecnico d’ufficio ing. NOME COGNOME il complessivo importo di euro 2.891,91 per le attività svolte in causa successoria. Con l’opposizione i ricorrenti avevano chiesto al Tribunale di dichiarare la decadenza del consulente tecnico d’ufficio dal diritto di richiedere il pagamento del suo compenso, non avendo depositato nei prescritti termini l’istanza di liquidazione; in via subordinata di dichiarare come non dovuti gli importi liquidati a titolo di spese per euro 41,30, nonché a titolo di compensi euro 1.880,61 ed euro 970; in via di ulteriore subordine di ridurre il compenso dovuto per la determinazione del costo di costruzione di uno degli immobili. Circa la censura relativa alla decadenza dal diritto di chiedere il compenso, il Tribunale ha rilevato che, come risulta dal verbale d’udienza, l’ulteriore attività richiesta al consulente deve essere qualificata come ‘integrazione’, non essendovi d’altro canto stata formulazione di un nuovo quesito, ma esclusivamente un richiamo a quello già formulato all’atto di conferimento dell’incarico, così che la consulenza è unica e la successiva integrazione da parte del consulente non ha comportato l’onere da parte sua di presentare una nuova istanza di liquidazione. Ancora, per quanto interessa il presente giudizio, il Tribunale ha respinto le contestazioni aventi ad oggetto l’applicazione della maggiorazione del 30% di cui all’art. 52 del testo unico in materia di spese di giustizia, liquidato ai sensi
dell’art. 13 del d.m. 30 maggio 2002, sottolineando come l’applicazione di tale maggiorazione rientri nel potere discrezionale del giudice e come, nel caso in esame, non sia stato superato il massimo previsto dalla tariffa.
Resiste con controricorso il consulente NOME COGNOME.
L’intimata NOME COGNOME non ha proposto difese. Memoria è stata depositata dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
1. Il primo motivo denuncia ‘nullità e illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un motivo di opposizione; violazione e falsa applicazione di norme di diritto, artt. 62, 191, 194 e 196 c.p.c., nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha attribuito carattere di chiarimenti al supplemento di perizia disposto, trascurando di rilevare che l’attività di chiarimenti è fattispecie del tutto diversa rispetto al supplemento di consulenza tecnica d’ufficio dovuta alla mancata risposta a uno dei quesiti; violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 13 e 29 d.P.R. 115/2002’
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente addebita all’ordinanza impugnata di non avere pronunciato su uno dei motivi della opposizione, ma tale motivo di opposizione non viene individuato (v. le pagg. 6 -10 del ricorso), così difettando di specificità (art. 366 n. 4 e 6 cpc). Piuttosto, nello sviluppo del motivo si fa riferimento al profilo della qualificazione dell’attività affidata al consulente tecnico in data 11 marzo 2019. Tale profilo è però stato espressamente considerato dal giudice dell’opposizione, che sul medesimo si è pronunciato, motivando la propria affermazione con argomenti convincenti (l’attività ‘integrativa’ non era infatti nuova, ma aveva ad oggetto – a seguito delle osservazioni del ricorrente sulla relazione depositata dal consulente – il secondo quesito affidato, con ordinanza resa
all’udienza del 19 settembre 2018, al consulente insieme alla sua nomina, v. pag. 3 del ricorso).
Che il giudice si sia pronunciato è d’altro canto riconosciuto dagli stessi ricorrenti, che contestano che vi sia stata una semplice integrazione dell’attività già affidata al consulente, trattandosi piuttosto di un incarico nuovo, avente ad oggetto un ‘accertamento distinto da quello precedente’. Il profilo, in ogni caso, è profilo valutativo, come tale spettante al giudice di merito e non censurabile di fronte a questa Corte di legittimità, come lo sono anche i cenni (v. le pag. 8 -10 del ricorso) ad errori commessi dal consulente tecnico, nonché alla ‘minima’, ‘scarsa’ attività dal medesimo espletata.
2. Il secondo motivo contesta ‘nullità e illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 49, 50, 51 e 52 del d.P.R. 115/2002, in relazione all’art. 11 del d.m. 30 maggio 2002’: illegittima sarebbe poi l’applicazione della maggiorazione del 30%, rispetto alla quale ‘l’ordinanza gravata si limita a confermare la correttezza in considerazione dell’apprezzamento della particolare complessità dell’opera’, affermazione che non ‘è idonea, alla luce proprio del tenore della norma di cui all’art. 52 del citato decreto, a consentire l’aumento fino al doppio dell’onorario massimo’; l’ordinanza poi trascurerebbe di rilevare che i ricorrenti hanno lamentato il tardivo deposito della consulenza, ‘a distanza di sei mesi dal termine assegnato’, così che il compenso andava diminuito di 1/3.
Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
La maggiorazione degli onorari di cui all’art. 52 del d.P.R. 115/2002 è infatti riservata alla valutazione del giudice di merito e al riguardo il Tribunale ha evidenziato come, pur con l’applicazione dell’aumento, la somma liquidata era ricompresa entro il massimo della tariffa e le contestazioni sollevate al riguardo dai ricorrenti ‘si appalesano affatto generiche e prive di specificità’, non ponendosi
affatto in contrasto con il precedente di questa Corte richiamato dai ricorrenti. Secondo Cass. n. 29876/2019, va ribadito il ‘costante principio secondo cui in tema di compensi spettanti a periti e consulenti tecnici a norma degli artt. 50 e segg. del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la determinazione dei relativi onorari costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, e pertanto, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica’ ed è solo quando il massimo della tariffa viene superato – appunto grazie a quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 – che occorre ‘che il tasso di importanza e di difficoltà della prestazione’ debba essere così come la legge prescrive, nel senso ‘che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità’, risulti comunque avere impegnato l’ausiliare ‘in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico -scientifica, complessità e difficoltà’, profili comunque lasciati alla determinazione discrezionale del giudice di merito.
Nel motivo si fa poi riferimento alla tardività del deposito della consulenza d’ufficio, che avrebbe necessariamente comportato la riduzione del compenso: il profilo -come pure sottolinea il controricorrente nel controricorso a pag. 9 e in memoria a pag. 7 è profilo nuovo, che non risulta esaminato nell’ordinanza impugnata e che i ricorrenti non ci dicono di avere fatto valere nel giudizio di opposizione (si veda al riguardo, tra le tante, Cass. n. 2038/2019).
Logica conseguenza è l’inammissibilità della censura.
II. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 2.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della seconda