Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20174 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20174 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27663/2022 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE -intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di ROMA n. 2768/2022 depositato il 14/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione ex art. 98 L.F. proposta dall’arch. NOME COGNOME avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha rigettato la sua istanza di insinuazione al passivo, in prededuzione, del credito di € 583.459,80, vantato a titolo di compenso maturato
per l’incarico (collegiale, unitamente alla dott.ssa COGNOME di CTU svolto nell’ambito dei giudizi riuniti RRGG nn. 869/1997 e 870/1997 celebrati innanzi alla Corte d’Appello di Palermo tra il predetto fallimento ed il Comune di Palermo, con riferimento al quale il decreto di liquidazione del compenso emesso dalla Corte d’Appello di Palermo in data 17.7 -22.9.2014 era stato annullato dalla stessa Corte con ordinanza del 29.5 -16.6.2015.
Il giudice di merito ha, in primo luogo, ritenuto che l’onorario dovesse liquidarsi ai due CTU nella misura massima, secondo i parametri di cui agli artt. 1 e 2 D.M. 30.5.2002, e lo ha quindi quantificato nell’importo di € 561.680,39 (dando atto che il predetto calcolo era già stato evidenziato dalla Corte d’Appello nell’ordinanza del 22.9.2014). Il Tribunale non ha, invece, riconosciuto la maggiorazione del 40% effettuata dalla Corte d’Appello per la complessità dell’incarico.
Pertanto, preso atto della nota di precisazione del credito depositata dall’arch. COGNOME con cui era stato dato indicato che lo stesso aveva ricevuto la somma di € 338.445,97, il giudice di merito ha ritenuto di non accogliere la pretesa creditoria dell’istante, essendo stata ampiamente soddisfatta dai pagamenti effettuati dal Comune di Palermo, addirittura in misura maggiore rispetto al dovuto.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a cinque motivi.
La curatela intimata non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 53 DPR 115/2002 sul rilievo che la maggiorazione del 40% prevista da tale norma, in caso di incarico collegiale, non è discrezionale, ma obbligatoria.
Il motivo è fondato.
Nonostante lo stesso decreto impugnato abbia dato atto espressamente che i consulenti tecnici d’ufficio erano due, il Tribunale di Roma non ha applicato la maggiorazione obbligatoria per la collegialità dell’incarico prevista dall’art. 53 , comma 1°, DPR 115/2002, secondo cui ‘ quando l’incarico è stato conferito ad un collegio di ausiliari il compenso globale è determinato sulla base di quello spettante al singolo, aumentato del quaranta per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio, a meno che il magistrato dispone che ognuno degli incaricati deve svolgere personalmente e per intero l’incarico affidatogli’.
Il giudice di merito si è limitato ad evidenziare di ritenere insussistenti i presupposti per la maggiorazione (facoltativa) prevista per la complessità dell’incarico dall’art. 52 del decreto legislativo citato, ma ha omesso di operare la maggiorazione obbligatoria, e ciò nonostante che il provvedimento di liquidazione della Corte d’Appello di Palermo – cui il decreto impugnato ha fatto, peraltro, anche espresso richiamo -avesse disposto la maggiorazione anche per la natura collegiale dell’incarico.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 53 d. lgs. cit., per non essersi il giudice di merito pronunciato sulla domanda di maggiorazione dei compensi per la collegialità dell’incarico.
Il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
Con il terzo motivo è stata dedotta, in primo luogo, la violazione de ll’ art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere il tribunale considerato l’importo corrisposto dal Comune di Palermo (ritenuto ‘addirittura in misura maggiore rispetto al dovuto’) di € 338.445,97 un importo netto (quindi il solo imponibile), anziché lordo (quindi comprensivo di imposte, spese, ecc.), mentre l’importo di € 561.680,39 liquidato a titolo di compenso era un importo netto.
È stata, inoltre, dedotta una violazione di legge per l’errata valutazione dell’importo corrisposto dal condebitore solidale (Comune di Palermo), che comprendeva, l’imponibile, oneri previdenziali, IVA, spese, etc., mentre il decreto impugnato aveva ritenuto che si trattasse di somma imponibile.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 , comma 2, n. 4, c.p.c. nonché una violazione di legge in ordine alla somma corrisposta dal Comune di Palermo.
Viene, in sostanza, svolta la stessa doglianza di cui al terzo motivo, sotto il profilo della illogicità della motivazione in ragione del confronto fra un importo netto e un importo (quello corrisposto dal Comune di Palermo) comprensivo di imponibile, imposta Iva, contributo previdenziale professionale, rimborso spese imponibili.
Il terzo ed il quarto motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili per difetto di specificità ed autosufficienza.
Va osservato che da un attento esame del decreto impugnato non emerge che lo stesso abbia operato una comparazione tra una cifra netta liquidata a titolo di compenso e una somma lorda già versata dall’altro obbligato solidale, essendosi il Tribunale di Roma limitato ad osservare che il ricorrente aveva ricevuto pagamenti dal Comune di Palermo per un ammontare di € 338.445,97, senza ulteriori specificazioni.
Il rilievo che sarebbe stata effettuata una comparazione tra una somma netta e l’altra lorda è stat o fatto nel ricorso dal ricorrente, il quale, tuttavia, non ha neppure allegato che tale questione fosse stata sottoposta all’esame del giudice di merito e, in ogni caso, ‘come’ e ‘dove’ fosse stato dedotto nello specifico in sede di merito che l’acconto ricevuto era pari all’importo di € 338.445,97 nel suo solo imponibile.
Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 61 del R.D. n. 267/1942.
Lamenta il ricorrente che il giudice di merito, ai fini dell’ammissione al passivo, non avrebbe dovuto considerare i pagamenti eseguiti dal Comune di Palermo, coobbligato in solido, ma avrebbe dovuto comunque ammettere il credito professionale del ricorrente per l’intero, potendo poi detrarre tali pagamenti in sede di riparto.
9. Il motivo è fondato.
Questa Corte (cfr. Cass. n. 11811/2014) ha già enunciato il principio di diritto secondo cui ‘ il creditore ha diritto di concorrere nel fallimento del coobbligato fallito per l’intero debito per capitale e accessori sino all’integrale pagamento, anche nel caso in cui, in data successiva al fallimento, abbia ricevuto un pagamento parziale da un altro coobbligato’. Il che è proprio quello che è avvenuto nel caso di specie.
10. Il decreto impugnato deve essere quindi cassato con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per