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Compenso CTU: chi decide e i limiti dell’opposizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso di due parti contro la liquidazione del compenso CTU in una causa civile. La Corte ha stabilito che la competenza a liquidare il compenso spetta al giudice istruttore che ha nominato il consulente, anche se la causa è di competenza collegiale. Inoltre, ha chiarito che l’opposizione al decreto di liquidazione non può vertere sulla validità o sull’utilità della consulenza, questioni riservate alla decisione di merito, ma solo sull’ammontare del compenso stesso.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso CTU: la Cassazione delinea competenza e limiti dell’opposizione

La corretta determinazione e liquidazione del compenso CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) rappresenta un momento cruciale e spesso controverso all’interno del processo civile. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza su due aspetti fondamentali: a chi spetta la competenza a liquidare la parcella dell’esperto e quali sono i limiti delle contestazioni che le parti possono sollevare in sede di opposizione. La pronuncia offre importanti indicazioni per avvocati e parti processuali, ribadendo la distinzione tra la fase di liquidazione e quella di merito.

Il caso in esame

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Firenze, che aveva rigettato l’opposizione proposta da due convenuti avverso il decreto di liquidazione del compenso a favore di un CTU. Il consulente era stato incaricato, nell’ambito di una causa promossa da un fallimento societario, di compiere complesse valutazioni tecniche. I convenuti, posti a carico in solido del pagamento provvisorio delle spettanze, avevano impugnato il provvedimento lamentando diversi vizi, sia di natura procedurale che di merito, tra cui l’incompetenza del giudice istruttore a decidere, la presunta incompletezza e l’inutilizzabilità della relazione tecnica.

Le questioni giuridiche e i motivi del ricorso

I ricorrenti hanno sollevato numerosi motivi di ricorso per Cassazione, incentrati principalmente sui seguenti punti:

1. Difetto di costituzione del giudice: si sosteneva la nullità del provvedimento perché emesso dal giudice monocratico senza una delega formale del presidente del tribunale.
2. Violazione della competenza collegiale: si lamentava che la liquidazione fosse stata decisa dal giudice istruttore anziché dal collegio, organo competente per la decisione finale della causa.
3. Incompletezza dell’incarico: secondo i ricorrenti, il giudice non avrebbe potuto liquidare il compenso poiché aveva rimesso al collegio ogni valutazione su ulteriori accertamenti da richiedere al CTU, segno che l’incarico non era ancora concluso.
4. Omessa pronuncia su errori della CTU: si contestava al tribunale di non aver esaminato le critiche mosse alla relazione per la presenza di gravi errori che la rendevano inutilizzabile.
5. Errata ripartizione provvisoria delle spese: si criticava la decisione di porre il compenso a carico solidale di entrambi i convenuti, senza distinguere le posizioni in relazione ai diversi quesiti posti al consulente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul compenso CTU

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, fornendo una disamina dettagliata di ogni motivo e consolidando principi giurisprudenziali di grande rilevanza pratica.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che, all’interno dello stesso ufficio giudiziario, non si pongono questioni di competenza tra presidente e giudici, ma solo di distribuzione interna del lavoro. Pertanto, l’ordinanza emessa dal giudice monocratico è pienamente valida.

Sul punto cruciale della competenza, gli Ermellini hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 168 del d.p.r. 115/2002, la liquidazione delle spettanze agli ausiliari è effettuata dal magistrato che procede, identificato nel giudice che istruisce la causa. Questo potere spetta al giudice istruttore anche quando la decisione finale sul merito è riservata al collegio. La fase di liquidazione del compenso, pur avendo natura decisoria, è un provvedimento autonomo rispetto alla sentenza che conclude il giudizio.

La Corte ha inoltre precisato che il giudizio di opposizione al decreto di liquidazione (ex art. 170 d.p.r. 115/2002) ha un oggetto ben definito: la correttezza della quantificazione del compenso in base alle tariffe e alla qualità/quantità del lavoro svolto. Sono invece escluse da questa sede tutte le contestazioni relative alla validità, all’utilità e alla correttezza tecnica della consulenza. Tali questioni, infatti, attengono al merito della causa e devono essere fatte valere davanti al giudice della cognizione, che deciderà in via definitiva anche sull’onere del pagamento.

Di conseguenza, sono stati ritenuti inammissibili i motivi di ricorso che criticavano la relazione per presunte lacune, errori o per la mancata osservanza di adempimenti procedurali come il deposito della bozza. La Corte ha sottolineato che la valutazione sulla congruità del compenso è distinta da quella sull’utilizzabilità della perizia ai fini della decisione finale.

Infine, anche la censura sulla ripartizione provvisoria delle spese è stata respinta. La Corte ha ricordato che la statuizione contenuta nel decreto di liquidazione ha carattere meramente provvisorio e non è suscettibile di passare in giudicato. La ripartizione definitiva dell’onere del compenso CTU tra le parti è affidata esclusivamente alla sentenza che conclude il giudizio.

Conclusioni

La decisione della Cassazione consolida un quadro normativo e giurisprudenziale chiaro. La competenza a liquidare il compenso CTU è del giudice istruttore, e il relativo procedimento di opposizione ha un perimetro limitato alla verifica della corretta applicazione delle tariffe. Ogni critica nel merito della perizia deve essere sollevata e decisa nell’ambito del giudizio principale. Questa distinzione è fondamentale per garantire la speditezza della procedura di liquidazione, assicurando al consulente il giusto ristoro per l’attività svolta, senza attendere i tempi, spesso lunghi, della definizione della causa, e al contempo preservando il diritto delle parti a contestare l’operato del tecnico nella sede opportuna, ovvero quella della decisione sul merito.

Chi è competente a liquidare il compenso del CTU se la causa viene decisa da un collegio di giudici?
La competenza a liquidare il compenso spetta al magistrato che procede, ovvero al giudice istruttore che ha nominato il consulente, anche se la decisione finale sulla causa è riservata al collegio. La liquidazione è un provvedimento autonomo rispetto alla sentenza di merito.

È possibile contestare l’utilità o la presenza di errori nella perizia del CTU durante l’opposizione al decreto di liquidazione del suo compenso?
No. Il giudizio di opposizione previsto dall’art. 170 d.p.r. 115/2002 riguarda esclusivamente la correttezza della quantificazione del compenso. Le contestazioni sulla validità, sull’utilità e sugli eventuali errori della consulenza tecnica attengono al merito della causa e devono essere sollevate e decise nel giudizio principale.

L’ordine di pagamento provvisorio del compenso CTU a carico di una parte è definitivo se non viene opposto?
No, la ripartizione del pagamento disposta dal giudice nel decreto di liquidazione ha carattere del tutto provvisorio. Non è suscettibile di consolidarsi e la pronuncia definitiva sull’individuazione della parte tenuta al pagamento e sulla sua ripartizione è affidata esclusivamente alla sentenza che conclude il giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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