Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25653 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25653 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME , rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME
Ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME.
Controricorrente
e
RAGIONE_SOCIALE
Intimato
avverso l’ordinanza del Tribunale di Firenze emessa nel procedimento R.G. n. 17066/2017, depositata il 29.5.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con ordinanza del 29.5.2019 il Tribunale di Firenze rigettò l’opposizione proposta da NOME e COGNOME NOME avverso il decreto che nel giudizio civile (R.G. 5701/2012) promosso dal Fallimento
RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli esponenti aveva liquidato il compenso in favore del consulente tecnico d’ufficio dott. COGNOME Sandro COGNOME e ll’importo di euro 23.058,96, oltre euro 840,00 per spese e gli accessori di legge, ponendo il relativo pagamento in via provvisoria a carico solidale dei convenuti.
A sostegno della conclusione accolta, il Tribunale affermò, disattendendo i motivi del l’opposizione , che il potere di provvedere sulla istanza di liquidazione del compenso del consulente tecnico d’ufficio spetta al giudice che l’ha nominato, anche nel caso in cui, come nella specie, la competenza a decidere sulla causa appartenga al collegio; che l’adozione del decreto di liquidazione non era incompatibile con la circostanza che il giudice istruttore avesse rimesso al Collegio ‘ ogni valutazione in ordine a specifici ulteriori accertamenti tecnici da svolgere o chiarimenti da richiedere al CTU ‘; che il consulente nominato aveva eseguito gli adempimenti richiesti dall’art. 195 c.p.c., tra i quali era prevista la trasmissione alle parti della bozza della relazione, al fine di svolgere osservazioni, ma non anche il deposito della stessa in cancelleria; che il consulente tecnico aveva risposto ai quesiti posti dall’ordinanza ammissiva, valutando tutte le operazioni che, a detta della curatela fallimentare, erano state poste in essere dal convenuto COGNOME nel periodo compreso tra la conoscenza dello stato di insolvenza e l’istanza di fallimento e la loro incidenza sul patrimonio della società fallita; che correttamente la liquidazione era avvenuta secondo i coefficienti di valore indicati in tabella e non a tempo, essendo il valore della controversia determinato a mente della domanda proposta in giudizio; che l’ammontare del compenso liquidato era cong ruo rispetto alla qualità e quantità dell’incarico svolto da l dott. COGNOME che aveva comportato una notevole mole lavorativa sia in termini di complessità che di impegno temporale.
Per la cassazione di questa ordinanza, con atto notificato il 30.12. 2019, hanno proposto ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME sulla base di nove motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso, mentre il fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 170 d.p.r. n. 115 del 2002 e 15 d.lgs. n. 150 del 2001 in relazione agli artt. 158 e 161 c.p.c., assumendo la nullità del provvedimento impugnato per difetto di costituzione del giudice, per essere stato adottato dal giudice senza che dagli atti risultasse la delega da parte del presidente del tribunale, cui la legge assegna in via esclusiva la competenza a decidere sull’opposizione.
Il motivo è infondato.
Come dedotto dal controricorrente, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo più volte di precisare che, nel giudizio di opposizione alla liquidazione del compenso degli ausiliari del giudice, l’ordinanza emessa dal giudice monocratico anziché dal presidente del tribunale non è affetta da nullità, non essendo configurabili all’interno dello stesso ufficio questioni di competenza tra il suo presidente ed i giudici che sono in servizio, ma solo di distribuzione degli affari in base alle tabelle di organizzazione (Cass. n. 22292 del 2020; Cass. n. 22795 del 2019; Cass. n. 15940 del 2015; Cass. n. 18080 del 2013; Cass. n. 9879 del 2012).
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 168 d.p.r. n. 115 del 2002, assumendo la nullità del provvedimento impugnato per essere stato adottato dal giudice istruttore in luogo che dal collegio, competente a decidere la causa ai sensi dell’art. 50 bis c.p.c.
Il motivo è infondato.
L’art. 168 d.p.r. citato stabilisce che la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato è effettuata con decreto motivato dal magistrato che procede, Quest’ultimo va identificato ne l giudice che istruisce la causa, anche se poi la competenza a decidere la controversia è riservata dalla legge al giudice collegiale, al quale spetta soltanto di individuare in via definitiva la parte tenuta al relativo esborso, rientrando la relativa spesa tra quelle affrontate per il processo.
Il rapporto che la legge processuale stabilisce tra giudice istruttore e collegio riserva all’organo collegiale unicamente i poteri che sono esercitabili a seguito della rime ssione della causa al collegio per la decisione, compresa l’eventuale ritorno in istruttoria per l’espletamento dei mezzi di prova, ma non anche la
liquidazione del compenso all’ausiliare nominato, che, pur avendo natura decisoria, costituisce un provvedimento adottabile dal solo giudice istruttore.
A ragione, del resto, l’ordinanza impugnata richiama a sostegno della conclusione qui censurata l ‘art. 11 della legge n. 319 del 1980, che assegnava la competenza alla liquidazione del compenso al consulente tecnico al giudice che lo aveva nominato. Alla diversa formula usata dal d.p.r. n. 115 del 2002 non può infatti attribuirsi un valore modificativo del precedente assetto normativo, se solo si considera che il d.p.r. citato ha natura compilativa, essendo stato emanato in esecuzione della delega di cui alla legge n. 50 del 1999, art. 7, come modificato dalla legge n. 340 del 2000, art. 1, che investiva il legislatore del compito di coordinare ed armonizzare la legislazione in materia, con puntuale vincolo, per le innovazioni apportabili, alla coerenza logica e sistematica della normativa da coordinare (Cass. n. 12719 del 2012; Cass. n. 21865 del 2013).
Il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione degli artt. 168 d.p.r. n. 115 del 2002 e 187 e 277 c.p.c., lamenta che il giudice istruttore abbia emesso il decreto di liquidazione nonostante l’incarico svolto dal consulente non potesse considerarsi completo e definitivo, avendo lo stesso giudice rimesso al collegio, con ordinanza del 30.10.2017, ‘ogni valutazione in ordine a specifici ulteriori accertamenti tecnici da svolgere o chiarimenti da richiedere al CTU’.
Il motivo è inammissibile.
Premesso che non sussiste alcuna incompatibilità tra il provvedimento di liquidazione opposto ed il rinvio al collegio dell’esame di ogni questione o contestazione sollevata dalle parti in ordine alla relazione tecnica depositata, rinvio che del resto evidentemente presuppone che lo stesso giudice istruttore non ritenga la richiesta di chiarimenti e le contestazioni ictu oculi fondata, la censura è inammissibile in quanto essa non denuncia alcuna violazione di legge, ma critica una mera valutazione di merito del giudice competente a provvedere sulla istanza di liquidazione, che, come tale, è rimessa alla sua discrezionalità e non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità.
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. in relazione agli artt. 51 e 170 d.p.r. n. 115 del 2002 ed all’art. 15 d.lgs. n. 150
del 2011, censurando l’ordinanza impugnata per avere omesso di esaminare e di decidere il motivo di opposizione che contestava il diritto al compenso del consulente tecnico per la presenza nella sua relazione di gravi e ingiustificabili errori, che la rendevano inutilizzabile ai fini della decisione della controversia. Il motivo è inammissibile.
Il tribunale ha infatti esaminato, sia pure ai fini della sola liquidazione del compenso, la completezza e qualità del lavoro compiuto dal tecnico, formulando espressamente un giudizio positivo sul punto e sottolineando che il consulente aveva risposto a tutti i quesiti e che la prestazione svolta aveva richiesto una notevole mole lavorativa sia in termini d complessità che di impegno temporale. Tale motivazione deve nel caso di specie ritenersi sufficiente, in quanto la valutazione sul punto rimessa al giudice che è chiamato a liquidare il compenso al consulente tecnico non si estende all’ esame approfondito di tutte le contestazioni rivolte dalle parti alla sua relazione, inerendo tale indagine più propriamente al momento della decisione di merito della causa. Ne consegue l’inammissibilità, in sede di opposizione regolata dall’art. 170 d.pr. n. 115 del 2002, di censure che investono la validità ed utilità della consulenza tecnica (Cass. n. 36396 del 2021; Cass. n. 3024 del 2011).
Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 170 d.p.r. n. 115 del 2002 ed all’art. 15 d.lgs. n. 150 del 2011, per omessa pronuncia sul motivo di opposizione che lamentava che la liquidazione del compenso fosse stata operata sul presupposto che il consulente avesse compiuto differenti, plurimi ed autonomi accertamenti, in luogo di una indagine unica.
Il motivo è infondato.
Dalla lettura sia dal decreto, che del ricorso e del controricorso emerge che effettivamente il consulente era stato incaricato di svolgere indagini distinte, essendogli stato chiesto di accertare il momento di emersione e di riconoscibilità dello stato di insolvenza della società fallita, la verifica delle operazioni ed omissioni imputate dal fallimento all’amministratore COGNOME ed alla loro incidenza sul patrimonio sociale, di accertare il ruolo svolto dalla Scherelet anche attraverso altre società a lei riconducibili.
Ne discende che la decisione qui impugnata, nel rigettare l’opposizione, ha implicitamente respinto anche la relativa censura, risultando pacifica la pluralità dei quesiti e l’articolazione degli accertamenti svolti dal consulente tecnico per rispondere a ciascuno di essi. Non è pertanto ravvisabile il vizio di omessa pronuncia.
Merita aggiungere che, del resto, questa Corte ha avuto modo di affermare che, ai fini della quantificazione del compenso spettante al consulente tecnico d’ufficio chiamato a svolgere distinti accertamenti, benché nell’ambito di un unico incarico, la possibilità di considerare l’autonomia di talune indagini può determinare l’attribuzione, in suo favore, di un compenso unitario che derivi dalla somma di quelli relativi ai singoli accertamenti ((Cass n. 15306 del 2020; Cass. n.22779 del 2014).
Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 170 d.p.r. n. 115 del 2002 ed all’art. 15 d.lgs. n. 150 del 2011, per omessa pronuncia sul motivo di opposizione che aveva confermato il decreto opposto laddove poneva il compenso liquidato in via provvisoria a carico di entrambi i convenuti, senza considerare che i quesiti rivolti al consulente non coinvolgevano per intero la posizione di ciascuno di essi. In particolare il COGNOME avrebbe dovuto essere escluso dal pagamento del compenso per il terzo quesito e la COGNOME con riferimento ai primi due.
Il motivo non merita accoglimento.
La censura di cui si lamenta l’omesso esame da parte del giudice dell’opposizione appare infatti chiaramente inammissibile, atteso che l’art. 170 d.p.r. n. 115 del 2002 prevede l’opposizione avverso la liquidazione del compenso, mentre rimangono estranee al relativo giudizio tutte le questioni diverse, relative alla stessa validità ed utilità della consulenza ovvero alla parte a cui carico va posto l’onere del relativo pagamento, da adottare in sede di decisione della causa. La ripartizione disposta dal giudice che liquida il compenso ha infatti carattere del tutto provvisorio, e quindi insuscettibile di consolidarsi per effetto della mancata opposizione, restando affidata la pronuncia definiva alla sentenza conclusiva del giudizio.
Il settimo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt.50 e 168 d.p.r. n. 115 del 2002 e dell’art. 2 delle tabelle allegate al d.m. 30.5.2002 e dell’art. 185 c.p.c., censurando l’ordinanza impugnata per avere determinato il valore della consulenza tecnica, ai fini della liquidazione del compenso, nel valore della domanda proposta dal Fallimento in giudizio, in luogo di quello accertato giudizialmente o comunque accertato dal consulente nella propria relazione. Il motivo è infondato.
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge che il tribunale, nel decidere l’opposizione, ha tenuto conto del valore della controversia sul presupposto che l’indagine affidata al consulente tecni co coincidesse, quanto al valore, con la domanda di danni avanzata dalla curatela nei confronti dei convenuti.
L’ottavo motivo di ricorso , che denuncia violazione dell’art. 195 c.p.c. , censura la decisione impugnata per avere ritenuto la relazione depositata dal consulente tecnico rispondente all’incarico conferitogli, laddove essa presentava lacune ed incongruenze.
Il motivo è respinto per le ragioni già esposte, esulando le contestazioni sollevate dall’oggetto del giudizio di opposizione previsto dall’art. 170 d.p.r. n. 115 del 2002, ed investendo comunque le relative censure valutazioni di merito, non censurabili nel giudizio di legittimità.
Il nono motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 195 c.p.c. in relazione all’art.111 Cost., lamentando che il tribunale non abbia accolto il motivo di opposizione che contestava la validità della consulenza per la mancata osservanza degli adempiment i previsti dall’art. 195 c.p.c., per omesso deposito della bozza della relazione.
Anche questo motivo va disatteso per le ragioni sopra richiamate, essendo le eccezioni di nullità della consulenza tecnica estranee alla cognizione che la legge riserva al giudice dell’opposizione alla liquidazione.
In conclusione il ricorso è respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, in favore del controricorrente, che liquida in euro 2.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali. Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 15 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME