Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 549 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 549 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 21023/2018 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME, c.f. RSSGPL59H24D612C, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL
ricorrenti contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL controricorrente
nonché contro
NOME c.f. CODICE_FISCALE
intimato avverso l ‘ordinanza del Tribunale di Firenze in R.G. 1335/2017 depositata il 22-12-2017
OGGETTO:
liquidazione c.t.u.
RG. 21023/2018
P.U. 14-12-2023
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14-122023 dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso, udit o per il controricorrente l’avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Firenze con decreto di data 5-1-2017 ha liquidato al dott. NOME COGNOME nominato ausiliario per la stima delle quote pignorate di quattro società a responsabilità limitata nell’esecuzione mobiliare promossa da NOME COGNOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME (alla quale era stata riunita l’esecuzione avente a oggetto gli stessi beni promossa da NOME COGNOME COGNOME), Euro 2.069,17 per onorario ex art. 3 D.M. 30-5-2002, testualmente «riconosciuto nella misura minima alla luce del valore stimato ma anche della complessità dell’incarico », ed Euro 100,00 per spese, oltre accessori, a carico del creditore procedente.
2. L’opposizione ex art. 170 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 proposta da NOME e NOME COGNOME COGNOME è stata accolta dal Tribunale di Firenze con ordinanza depositata il 22-12-2017 limitatamente all’importo di Euro 100,00 per le spese, dichiarate non dovute, ed è stata rigettata per il resto; l’ordinanza ha dichiarato che era stato correttamente applicato l’art. 3 D.M. 30 -5-2002 e la somma liquidata era congrua, testualmente «considerando come base i valori liquidati dal perito sia pure in negativo»; ha compensato le spese di lite.
3 .Avverso l’ordinanza NOME e NOME COGNOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. sulla base di unico motivo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e NOME COGNOME è rimasto intimato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale e con ordinanza interlocutoria n. 12449/2020 depositata all’esito della camera di consiglio della sesta sezione civile-sottosezione seconda la causa è stata rimessa alla pubblica udienza, non ravvisandosi evidenza decisoria.
Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa in prossimità dell’udienza pubblica del 14 -12-2023.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con unico motivo rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione artt. 1 e 3 Tab. all . al D.M. 30.5.2002 (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.)’ i ricorrenti, premesso che nessuna disposizione prevede la nomina nel processo esecutivo di un consulente tecnico d’ufficio, ma solo di un esperto o perito stimatore, evidenziano che l’art. 1 Tabella allegata al D.M. 30-52002 dispone che ‘per la determina zione degli onorari a percentuale si ha riguardo per la perizia al valore del bene’; dichiarano che il dott. COGNOME ha svolto una perizia di stima e non una consulenza tecnica e rilevano che nella sua relazione di stima ha stimato le quote pignorate ‘tutte senza valore economico’ , per cui lamentano che il suo compenso sia stato parametrato a un valore di causa pari a Euro 301.000,00 corrispondente al totale degli importi precettati. I ricorrenti evidenziano che il valore stimato dal perito è stato uguale a zero e sostengono che perciò il compenso dovesse essere liquidato nella misura minima prevista dall’art. 3 Tabella in Euro 145,12; aggiungono che l’ordinanza impugnata, considerando come base i valori qu antificati dal perito sia pure in negativo, ha erroneamente ricondotto in via analogica al concetto di valore del bene poste debitorie negative, in violazione degli artt. 1 e 3 Tabella allegata al D.M. 30-5-2002.
2.Il ricorso è infondato.
L’art. 3 della Tabella allegata al D.M. 30 maggio 2002 dispone: ‘ per la perizia o la consulenza tecnica in materia di valutazione di aziende, enti patrimoniali, situazioni aziendali, avviamento, diritti a titolo di risarcimento di danni, diritti aziendali e industriali nonché relativi a beni mobili in genere, spetta al perito o al consulente tecnico un onorario determinato ai sensi dell’articolo precedente e ridotto alla metà.
E’ in ogni caso dovuto un compenso non inferiore a euro 145,12′ .
L’art.2 della Tabella , al quale l’art. 3 rinvia, prevede ‘onorario a percentuale calcolato per scaglioni’ e individua gli scaglioni e le relative percentuali, mentre l’art. 1 dispone: ‘ Per la determinazione degli onorari a percentuale si ha riguardo per la perizia al valore del bene o di altra utilità oggetto dell’accertamento determinato sulla base di elementi obiettivi risultanti dagli atti del processo e per la consulenza tecnica al valore della controversia; se non è possibile applicare i criteri predetti gli onorari sono commisurati al tempo ritenuto necessario allo svolgimento dell’incarico e sono determinati in base alle vacazioni’ .
Nella fattispecie oggetto dell’incarico conferito all’ausiliario nominato dal giudice dell’esecuzione era quello di stimare il valore delle quote di partecipazione societaria del debitore in quattro società a responsabilità limitata e quindi esattamente l’ordinanza impugnata ha dichiarato che la stima dovesse essere eseguita applicando l’art. 3 della Tabella: l’art. 3 riguarda la stima anche di ‘diritti aziendali e industriali nonché relativi a beni mobili in genere’ , la quota di partecipazione in una società esprime una posizione contrattuale obiettivata e ha un solo valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta e va perciò considerata come oggetto unitario di diritti (cfr. Cass. Sez. 2 30-11-2017 n. 28766, Rv. 646343-01, seppure con riferimento alla diversa que stione dell’unitarietà del compenso). Del resto, neppure i ricorrenti dubitano che si applichi alla fattispecie l’art.
3 D.M. 30 maggio 2002, ma sostengono che l’onorario avrebbe dovuto essere determinato nell’importo minimo previsto dall’art. 3, a fronte della mancanza di valore commerciale delle quote stimate.
Al contrario, p osto che si deve applicare l’art. 3 della Tabella e che l’art. 3 rinvia all’art. 2 secondo il quale l’onorario a percentuale si quantifica secondo gli scaglioni ivi indicati , ai sensi dell’art. 1 l’onorario a percentuale si determina a favore del consulente d’ufficio sulla base del valore della controversia; poiché il valore della controversia nelle cause relative all’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 17 cod. proc. civ. si determina sulla base del credito per il quale si precede, la liquidazione eseguita dall’ordinanza impugnata con riferimento al valore del credito azionato nell’esecuzione si sottrae alle critiche dei ricorrenti.
In primo luogo, considerando che il pignoramento aveva avuto a oggetto le quote sociali sul presupposto della loro capienza a soddisfare il credito azionato, nella fattispecie risulta giustificato parametrare il valore della controversia al valore del credito oggetto dell’esecuzione.
Inoltre, non può avere fondamento logico, prima che giuridico, la tesi dei ricorrenti secondo la quale, per il fatto che la stima aveva escluso qualsiasi valore commerciale delle quote sociali, il compenso dell’ausiliario dovesse essere parametrato all’importo minimo previsto dall’art. 3 della Tabella. Infatti, per giungere all’individuazione del valore patrimoniale negativo delle quote sociali, in forza del quale è giunto alla conclusione di escludere qualsiasi valore commerciale delle quote medesime , l’au siliario ha dovuto procedere all’esame delle attività e delle passività delle società, cioè ha eseguito una serie di operazioni per individuare e stimare il patrimonio delle società nelle sue componenti positive e negative; il dato che il risultato di queste operazioni sia stato quello di escludere il valore commerciale delle quote sociali e perciò la possibilità di vendita forzata non comporta
anche quello di azzerare l’attività svolta . Non offrono alcun argomento a sostegno della tesi dei ricorrenti i precedenti di Cass. Sez. 3 3-8-2001 n. 10670 e Cass. Sez. 2 29-7-2003 n. 11636 da loro richiamati, perché le sentenze riguardano la stima di beni immobili e perciò in sé presuppongono un valore finale positivo. I ricorrenti valorizzano anche Cass. Sez. 2 29-1-2003 n. 1316, per sostenere che l’ordinanza impugnata non avrebbe potuto fare riferimento ‘ai valori quantificati dal perito sia pure in negativo’; però quell’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata è rimasta priva di conseguenze negative per i ricorrenti, in quanto è pacifico e riconosciuto dagli stessi che il compenso dell’ausiliario sia stato parametrato al valore del credito per il quale si procedeva e non a più elevati valori patrimoniali negativi rappresentati dalle quote sociali. In effetti, Cass. 1316/2003 ha soltanto escluso che, ai fini del calcolo dell’onorar io a percentuale del consulente tecnico d’ufficio , già parametrato alle poste attive del patrimonio ereditario, si dovesse tenere conto anche delle poste passive, evidenziando come nel concetto di ‘valore del bene o di altra utilità oggetto dell’accertamento’ al quale faceva riferimento l’art. 1 d.P.R. 352/1988 non potessero essere ricondotte le poste debitorie e come il provvedimento impugnato non avesse spiegato le ragioni per le quali tali poste debitorie giustificassero il riconoscimento di ulteriore compenso. Quindi, se avesse applicato analogo principio alla diversa fattispecie in oggetto , l’ordinanza impugnata avrebbe determinato il compenso all’ausiliario considerando solo le poste attive che concorrevano a determinare il valore delle quote sociali, ma non avrebbe potuto ritenere il valore delle quote sociali pari a zero come preteso dai ricorrenti.
Non adduce alcun argomento a favore dei ricorrenti neppure la loro tesi, secondo la quale l ‘art. 1 D.M. 30-5-2002, allorché fa riferimento alla perizia, riguarderebbe l’incarico conferito all’estimatore
nel processo esecutivo, con la conseguente necessità di fare riferimento al valore del bene ex art. 1 D.M. 30 maggio 2002. In primo luogo, la tesi si basa sul presupposto erroneo, in quanto non trova fondamento sui precedenti richiamati dai ricorrenti, secondo il quale la quota sociale priva di valore commerciale ma determinata sulla base della stima dell’attivo e del passivo sociale individuerebbe un valore pari a zero ai fini della determinazione del compenso al perito. Inoltre, la distinzione tra perizia e consulenza tecnica d’ufficio contenuta nell’art. 1 D.M. 30-5-2002 si giustifica per il riferimento all’ausiliario nominato dal giudice penale e a quello nominato dal giudice civile e non con riguardo all’ausiliario nominato dal giudice civile nel processo esecutivo. Questa Corte ha già statuito nel senso che l’esperto nominato dal giudice dell’esecuzione per la stima del bene pignorato è equiparabile al consulente tecnico d’ufficio (cfr. Cass. Sez. 3 18 -9-2015 n. 18313 Rv. 636726-01 con riguardo al regime di responsabilità, cfr. Cass. Sez. 2 17-3-2016 n. 5325 e Cass. Sez. 3 3-8-2001 n. 10670 Rv. 548750-01 per l’applicazione delle disposizioni sulla determinazione del compenso al c.t.u. allo stimatore nel processo esecutivo). Del resto, è il contenuto dell’incarico conferito all’ausiliario che rileva al fine della determinazione del compenso allo stesso spettante e nella fattispecie, per le ragioni già esposte, si deve escludere che fosse stato nominato un mero esperto stimatore ai sensi degli artt. 518 o 532 cod. proc. civ. che fornisse assistenza nella determinazione del prezzo di vendita, in quanto l’ incarico conferito aveva a oggetto la valutazione delle partecipazioni sociali.
3.In conclusione il ricorso è rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per compensi ed Euro 1.800,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione