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Compenso conciliazione: spetta anche nel gratuito patrocinio

Un avvocato, assistendo un cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, aveva concluso la causa con un accordo transattivo stragiudiziale. Il tribunale aveva negato il compenso per tale attività, ritenendola incompatibile con i limiti tariffari del gratuito patrocinio. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che il compenso per la conciliazione stragiudiziale è dovuto, in quanto sostituisce la fase decisionale del processo. Tale compenso deve essere liquidato secondo i parametri di quella fase, per poi essere ridotto come previsto dalla legge sul gratuito patrocinio.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso per Conciliazione Stragiudiziale: Riconosciuto anche nel Gratuito Patrocinio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale per la professione forense: il compenso per la conciliazione stragiudiziale spetta all’avvocato anche quando assiste un cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Questa decisione chiarisce che l’attività volta a definire bonariamente una controversia ha un valore autonomo e deve essere retribuita, in quanto sostituisce a tutti gli effetti la fase decisionale del giudizio.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di liquidazione dei compensi di un avvocato che aveva assistito un cliente in un giudizio di opposizione all’esecuzione. Il cliente era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Dopo le prime fasi processuali, l’avvocato era riuscito a raggiungere un accordo transattivo con la controparte, che prevedeva una riduzione del debito e la sua rateizzazione, portando così alla cessazione della materia del contendere.

Al momento di chiedere il pagamento delle proprie spettanze allo Stato, il legale si è visto riconoscere dal Tribunale solo i compensi per la fase di studio e quella introduttiva. Il giudice aveva escluso qualsiasi compenso per l’attività di conciliazione, motivando che un eventuale aumento avrebbe superato i valori medi delle tariffe, limite invalicabile nei casi di gratuito patrocinio secondo l’art. 82 del D.P.R. n. 115/2002. L’avvocato ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Il Compenso per Conciliazione e i Limiti del Gratuito Patrocinio

La questione giuridica centrale era se l’attività di conciliazione, che porta alla fine del processo, dovesse essere considerata un’attività extra meritevole di un aumento del compenso oppure una fase autonoma del giudizio. Il ricorrente sosteneva che la conciliazione non rappresentava una semplice maggiorazione, ma un’attività sostitutiva della fase decisionale. Pertanto, andava compensata secondo i parametri previsti per quest’ultima, anche se il processo non era giunto a una sentenza formale.

L’errore del giudice di merito, secondo il legale, era stato confondere il diritto a un compenso per un’attività specifica (la transazione) con la maggiorazione prevista per l’esito conciliativo, confondendo due istituti diversi e negando di fatto la retribuzione per un’attività cruciale e risolutiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le ragioni del ricorrente. Gli Ermellini hanno sottolineato che l’ordinamento giuridico mostra un chiaro favor per le soluzioni conciliative e transattive, in quanto svolgono una preziosa funzione deflattiva del contenzioso, riducendo il carico di lavoro dei tribunali.

La Corte ha stabilito che, anche sotto la vigenza delle tariffe precedenti (D.M. n. 140/2012), l’attività di conciliazione che definisce il giudizio deve essere assimilata alla fase decisionale. Sebbene non esplicitamente prevista come tale, essa ne assume la funzione, portando a compimento l’incarico difensivo. Pertanto, l’avvocato ha diritto al compenso previsto per la fase decisionale.

Questo compenso non è un “aumento” che si scontra con i limiti dei valori medi del gratuito patrocinio, ma la giusta retribuzione per un’attività che ha sostituito una fase intera del processo. Una volta determinato il compenso secondo i parametri della fase decisionale, il giudice dovrà poi applicare la riduzione prevista dalla legge per il patrocinio a spese dello Stato.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione sancisce un principio di equità e logica giuridica: l’avvocato che, con la sua abilità, riesce a far conciliare le parti, evitando i tempi e i costi di un intero processo, compie un’attività meritevole di tutela economica, anche nell’ambito del gratuito patrocinio. La decisione non solo riconosce il valore del lavoro del difensore, ma incentiva attivamente la ricerca di soluzioni alternative alle aule di tribunale, a beneficio dell’efficienza del sistema giustizia nel suo complesso.

L’avvocato che assiste in gratuito patrocinio ha diritto al compenso per l’attività di conciliazione stragiudiziale che conclude il processo?
Sì, la Corte di Cassazione ha affermato che l’attività di conciliazione stragiudiziale svolta nell’ambito di un mandato giudiziale deve essere retribuita perché sostituisce la fase decisionale del giudizio.

Come viene calcolato il compenso per la conciliazione nei casi di patrocinio a spese dello Stato?
Il compenso viene liquidato sulla base dei parametri tariffari previsti per la fase decisionale. Su tale importo, il giudice applicherà poi la riduzione prevista per legge per i difensori di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato.

Il compenso per la conciliazione è considerato una maggiorazione che può superare i limiti tariffari del gratuito patrocinio?
No. La Corte ha chiarito che non si tratta di una maggiorazione su altre fasi, ma della retribuzione per un’attività specifica che si sostituisce a quella decisoria. Pertanto, il compenso per questa fase è dovuto e non va inteso come un superamento dei valori medi, ma come il corrispettivo per una fase processuale a tutti gli effetti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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