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Compenso commissario giudiziale: quando è inammissibile

Un commissario giudiziale impugna un decreto del Tribunale che, da un lato, gli concede un acconto, ma dall’altro revoca una precedente e più favorevole liquidazione del suo compenso. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che né i decreti che concedono acconti sul compenso del commissario giudiziale, né quelli che revocano precedenti liquidazioni, hanno carattere decisorio e definitivo, pertanto non sono impugnabili con ricorso straordinario.

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Compenso Commissario Giudiziale: L’Inammissibilità del Ricorso Straordinario

La determinazione del compenso del commissario giudiziale è un aspetto cruciale nelle procedure concorsuali, spesso fonte di complesse questioni giuridiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui limiti di impugnabilità dei provvedimenti che riguardano la liquidazione di tali compensi, in particolare quelli che dispongono acconti o revocano precedenti decreti. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i principi applicati dai giudici di legittimità.

I Fatti del Caso

Un commissario giudiziale, incaricato nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, si vedeva notificare un decreto dal Tribunale di Bari. Tale provvedimento aveva una duplice natura: da un lato, accoglieva la richiesta di un acconto sul compenso per un importo di 100.000 euro; dall’altro, revocava un precedente decreto emesso nel 2008, con cui era già stato liquidato il compenso per l’attività svolta fino all’omologa.
Ritenendo il nuovo decreto pregiudizievole, il commissario decideva di proporre ricorso straordinario per cassazione, lamentando diverse violazioni di legge e principi costituzionali.

I Motivi del Ricorso del Commissario

Il professionista ha basato la sua impugnazione su tre motivi principali:
1. Violazione del contraddittorio e del giusto processo: Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe potuto revocare d’ufficio il precedente decreto del 2008 senza prima instaurare un confronto processuale tra le parti. Sosteneva, inoltre, che il Tribunale avesse esaurito il proprio potere decisionale con l’emissione del primo decreto.
2. Errata applicazione della normativa sui compensi: Il commissario contestava l’applicazione di un decreto ministeriale del 2012, sostenendo che, ratione temporis, si sarebbe dovuto applicare un decreto del 1992 che prevedeva una liquidazione separata per le diverse fasi della procedura.
3. Vizio di motivazione: Infine, il ricorso lamentava una motivazione apparente e stereotipata, non ancorata alle specificità del caso concreto.

La Decisione della Cassazione sul compenso del commissario giudiziale

La Corte di Cassazione, con una disamina netta e precisa, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Per giungere a questa conclusione, i giudici hanno analizzato separatamente i due aspetti del provvedimento impugnato: la concessione dell’acconto e la revoca del decreto precedente.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: la distinzione tra provvedimenti meramente ordinatori o interlocutori e quelli con carattere decisorio e definitivo. Solo questi ultimi possono essere oggetto del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

L’Acconto sul Compenso: Un Atto Discrezionale e non Decisorio

Con riferimento alla liquidazione dell’acconto, la Corte ha ribadito un orientamento consolidato. I decreti con cui il tribunale fallimentare concede o nega acconti sul compenso al curatore (o, come in questo caso, al commissario giudiziale) sono privi del carattere della decisorietà. Essi rappresentano l’esercizio di un potere discrezionale del giudice e intervengono in una fase anteriore alla presentazione del conto finale. Di conseguenza, non hanno efficacia di cosa giudicata e non possono pregiudicare la futura e definitiva decisione sul compenso dovuto, che sarà determinata solo in sede di rendiconto. Per questa ragione, non sono autonomamente impugnabili.

La Revoca del Decreto Precedente

Anche la parte del decreto che revocava la liquidazione del 2008 è stata ritenuta non suscettibile di ricorso straordinario. La Corte ha specificato che la non reclamabilità prevista dalla legge fallimentare riguarda esclusivamente l’atto di liquidazione del compenso, non la sua revoca. Tuttavia, anche la revoca, in questo contesto, è un atto che non incide in via definitiva su diritti soggettivi, poiché la questione del compenso totale rimane aperta fino alla decisione finale. L’oggetto del contendere, in caso di revoca, non è la corretta applicazione delle tariffe, ma la sussistenza dei presupposti per rimuovere un precedente atto giurisdizionale, una valutazione che non assume carattere definitivo e irrevocabile ai fini del ricorso ex art. 111 Cost.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: non tutti i provvedimenti emessi da un giudice sono immediatamente contestabili davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso straordinario è uno strumento eccezionale, riservato a decisioni che risolvono in modo definitivo una controversia su diritti. Gli atti interlocutori, come la concessione di acconti sul compenso del commissario giudiziale o la revoca di precedenti liquidazioni parziali, sono esclusi da tale rimedio. Questa impostazione garantisce l’efficienza processuale, rimandando ogni contestazione al momento in cui verrà adottata la decisione finale e complessiva sul compenso.

È possibile impugnare in Cassazione un decreto che concede un acconto sul compenso del commissario giudiziale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i decreti che concedono o negano acconti sul compenso sono privi di carattere decisorio e definitivo, in quanto espressione di un potere discrezionale del giudice in una fase non conclusiva della procedura. Pertanto, non sono suscettibili di ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Un decreto che revoca una precedente liquidazione del compenso è impugnabile in Cassazione?
No, neanche questo tipo di provvedimento è ritenuto impugnabile con ricorso straordinario. La Corte ha chiarito che, sebbene la non reclamabilità prevista dalla legge fallimentare si applichi alla liquidazione e non alla sua revoca, anche l’atto di revoca non ha carattere definitivo, poiché la determinazione finale del compenso avverrà solo in un momento successivo.

Perché il ricorso straordinario per cassazione non è ammesso per questo tipo di provvedimenti?
Perché il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. è ammesso solo contro provvedimenti che hanno natura decisoria, ovvero che incidono su diritti soggettivi con carattere di definitività. I provvedimenti che liquidano acconti o revocano liquidazioni precedenti sono considerati interlocutori e non pregiudicano la decisione finale e complessiva sul compenso, che resta l’unico atto con potenziale carattere decisorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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