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Compenso coadiutore fallimentare: le regole

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un professionista che contestava la liquidazione del suo compenso come coadiutore fallimentare. L’ordinanza chiarisce che per le attività di supporto al curatore (come la consulenza contabile e fiscale), il giudice può legittimamente utilizzare il criterio a tempo (vacazioni) anziché quello a percentuale. Questa scelta è considerata una valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, e si giustifica per la difficoltà di determinare un “valore della controversia” e per la necessità di proporzionare il compenso a quello del curatore.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Coadiutore Fallimentare: Criterio a Tempo o a Percentuale? La Cassazione Fa Chiarezza

La determinazione del compenso del coadiutore fallimentare rappresenta un tema di grande interesse pratico per i professionisti che operano a supporto delle procedure concorsuali. Quando un esperto viene chiamato ad assistere il curatore, sorge spesso il dubbio su quale criterio adottare per la liquidazione del suo onorario: quello a percentuale, legato al valore della pratica, o quello a tempo, basato sulle “vacazioni”? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, delineando i confini della discrezionalità del giudice e la natura delle attività svolte dal coadiutore.

I Fatti di Causa: Dalla Liquidazione al Ricorso

Un professionista veniva nominato dal giudice delegato per assistere il curatore di un fallimento in complesse attività contabili e fiscali, tra cui l’esame delle scritture, la riclassificazione dei bilanci e gli adempimenti fiscali. Dopo aver ricevuto un primo compenso per le attività svolte fino al 2014, il professionista richiedeva un’ulteriore liquidazione per il lavoro prestato dal 2014 al 2016.

Il giudice delegato liquidava tale compenso utilizzando il criterio delle vacazioni, ovvero un sistema basato sul tempo impiegato. Ritenendo il compenso parziale e il criterio applicato improprio, il professionista proponeva reclamo al Tribunale. Sosteneva che per le attività di consulenza contabile-fiscale e in materia di bilancio si sarebbero dovuti applicare i criteri a percentuale previsti dal D.M. 30 maggio 2002. Il Tribunale rigettava il reclamo, confermando la decisione del giudice delegato. Di qui, il ricorso straordinario in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Questione del Compenso del Coadiutore Fallimentare

Il ricorrente basava le sue censure su due argomenti principali:
1. Erronea applicazione della legge: Sosteneva che la liquidazione dovesse seguire un criterio a percentuale, calcolato per scaglioni sul valore della controversia. Il criterio delle vacazioni, a suo dire, avrebbe dovuto essere applicato solo in via residuale, cioè quando fosse impossibile determinare tale valore.
2. Errata valutazione del primo decreto: Contestava l’affermazione del Tribunale secondo cui il primo decreto di liquidazione fosse definitivo e non più impugnabile, limitando così la discussione solo sulle attività successive.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, svolgendo un’analisi approfondita sulla natura del ruolo del coadiutore e sui criteri per la liquidazione del suo onorario.

Inammissibilità per Difetto di Autosufficienza

In primo luogo, la Corte ha rilevato un vizio processuale fondamentale: il difetto di autosufficienza. Il ricorso, per essere esaminato nel merito, deve contenere tutti gli elementi necessari a comprenderne la fondatezza, senza che la Corte debba ricercare atti nei fascicoli di merito. Nel caso specifico, il ricorrente contestava l’interpretazione del primo decreto di liquidazione senza riportarne il contenuto, rendendo impossibile per la Corte valutarne la correttezza.

La Distinzione tra Coadiutore e Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)

Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra la figura del coadiutore del curatore e quella del consulente tecnico d’ufficio (CTU) nominato in una causa tra parti contrapposte. Il coadiutore, nominato ai sensi dell’art. 32 della legge fallimentare, svolge attività di supporto al curatore per l’espletamento di compiti propri dell’ufficio fallimentare che richiedono specifiche competenze tecniche. Si tratta di un contributo tecnico finalizzato al perseguimento degli scopi istituzionali della procedura, non di una consulenza in un contenzioso.

Per questo motivo, la Corte ha stabilito che i criteri tariffari previsti per i CTU non sono automaticamente applicabili. La liquidazione del compenso del coadiutore rientra in una valutazione di merito del giudice, che deve essere adeguatamente motivata.

Il Criterio delle Vacazioni come Scelta Legittima

La Cassazione ha chiarito che la scelta di liquidare il compenso a tempo, tramite il criterio delle vacazioni, non è necessariamente residuale ma costituisce una scelta legittima del giudice di merito. Tale criterio è particolarmente appropriato quando le attività svolte dal professionista sono strettamente connesse alle incombenze proprie del curatore (redazione di bilanci, dichiarazioni fiscali, tenuta della contabilità). In questi casi, è spesso impossibile individuare un “valore della controversia” su cui calcolare una percentuale. L’uso del criterio a tempo, inoltre, permette di realizzare il principio di proporzionalità tra il compenso del coadiutore e quello spettante al curatore stesso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Professionisti

L’ordinanza consolida un principio fondamentale: il compenso del coadiutore fallimentare non segue rigidamente le tariffe previste per i CTU. Il giudice di merito gode di una discrezionalità motivata nel scegliere il criterio di liquidazione più adeguato, e la scelta del criterio a tempo (vacazioni) è pienamente legittima per le attività di collaborazione con il curatore. Per i professionisti, ciò significa che l’incarico di coadiutore si inquadra in un contesto diverso da quello di una consulenza tecnica in un processo ordinario, con conseguenze dirette sulle modalità di determinazione dell’onorario. La decisione del giudice, se logicamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

Come viene calcolato il compenso del coadiutore fallimentare?
Il compenso viene liquidato dal giudice delegato. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice può scegliere tra un criterio a percentuale o un criterio a tempo (vacazioni), in base alla natura dell’incarico. La scelta deve essere motivata e non è sindacabile in sede di legittimità se logica e coerente.

Il criterio delle “vacazioni” è solo residuale per il compenso del coadiutore?
No. Secondo la sentenza, per le attività svolte dal coadiutore che rientrano nelle incombenze proprie del curatore (come adempimenti contabili e fiscali), il criterio delle vacazioni non è meramente residuale. È una scelta legittima per garantire la proporzionalità del compenso, soprattutto quando è difficile determinare un valore di riferimento per applicare una percentuale.

Qual è la differenza tra il ruolo del coadiutore fallimentare e quello di un consulente tecnico d’ufficio (CTU) ai fini del compenso?
Il coadiutore assiste il curatore in compiti propri della procedura fallimentare. Il CTU fornisce una consulenza tecnica al giudice in una controversia tra parti. Questa distinzione è cruciale: mentre per il CTU si applicano specifiche tariffe professionali, per il coadiutore il giudice ha maggiore discrezionalità nella liquidazione, potendo optare per il criterio a tempo per assicurare che il compenso sia proporzionato a quello del curatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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