Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3186 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4221/2022 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale:
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-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE PATTI n. 9670/2021 depositato il 01/12/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Patti, in sede di rinvio, ha rigettato il reclamo ex art. 26 legge fall. proposto contro il decreto del 26/01/2019 con cui il giudice delegato al RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha liquidato in favore del dott. NOME COGNOMEnominato dal precedente giudice delegato, in data 10/12/2009, per assistere il curatore fallimentare -il
compenso di € 1.369,00 per l’attività svolta dal 2014 al 2016 (per quella precedente avendo già ricevuto un compenso di € 8.600,00 ) ad avviso del reclamante in misura parziale e con impropria applicazione del criterio residuale delle vacazioni non solo all’attività di assistenza tributaria, come richiesto, ma anche alle attività di consulenza contabile-fiscale e in materia di bilancio, alle quali avrebbero dovuto applicarsi i criteri di cui, rispettivamente, agli artt. 2 e 4 della tabella allegata al d.m. 30 maggio 2002.
1.1. -In particolare, il tribunale ha ritenuto che: i) il primo decreto di liquidazione riguarda tutte le attività svolte fino al 2014 e la sua mancata impugnazione lo rende definitivo; ii) per le ulteriori attività svolte dal 2014 al 2016, è stato correttamente applicato il criterio delle vacazioni, trattandosi di attività «che non possono essere ricomprese né nell’art. 2 né nell’art. 4 DM 30 maggio 2022», mentre il giudice delegato ha calcolato un numero congruo di vacazioni «per le superiori attività espletate, descritte dal consulente e anche sulla scorta dei chiarimenti del Curatore».
-Avverso detta decisione il dott. NOME COGNOME propone ricorso straordinario per cassazione sulla base di due motivi, illustrato da memoria. Il Fallimento intimato non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si lamenta la erronea e/o falsa applicazione degli artt. 49 e 50 d.P.R. n. 115 del 2002 nonché 2 e 4 delle tabelle di cui al d.m. 30 maggio 2002, sul rilievo che «la liquidazione del compenso del CTU va eseguita in conformità a quanto disposto dal D.P.R. n. 115 del 2002, ed ai sensi dell’art. 2 delle tabelle allegate al D.M. 30 maggio 2002, pertanto, al consulente spetta di norma un onorario a percentuale calcolato per scaglioni con riguardo al valore della controversia» -analogo discorso valendo per l’art. 4 del d.m. cit. con riguardo all’attività di consulenza in materia di bilancio -mentre «soltanto ove non sia possibile determinare il valore della controversia» si applica il criterio delle vacazioni, che è un criterio residuale e in concreto applicato in misura non congrua, nel numero di sole 168 vacazioni.
2.2. -Il secondo mezzo denunzia erronea e/o falsa applicazione degli artt. 26 legge fall., 49 e 50 d.P.R. n. 115 del 2002 e 4 delle tabelle di cui al d.m. 30 maggio 2002, per avere il tribunale erroneamente affermato che il primo decreto di liquidazione del 29/08/2014 fosse comprensivo di tutte le attività svolte e che eventuali contestazioni avrebbero dovuto essere mosse nei dieci giorni successivi al provvedimento, in quanto quel provvedimento doveva considerarsi ‘ parziale ‘, e nulla vi «era stato stabilito né motivato in merito ai compensi non liquidati».
-Entrambe le censure sono inammissibili, sia perché difettano di autosufficienza in ordine ai fatti sottesi alle contestazioni svolte, sia perché afferiscono a valutazioni ed accertamenti in fatto di competenza dei giudici di merito.
3.1. -Con particolare riguardo al primo motivo, non ha senso evocare la giurisprudenza di questa Corte in merito alla residualità e sussidiarietà del criterio delle vacazioni di cui all’art. 4 della legge 8 luglio 1980, n. 319, ai fini della liquidazione dei compensi al consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice nell’ambito di una controversia pendente tra parti contrapposte, fermo restando che, anche in quel caso, la decisione di liquidare gli onorari a tempo, e non a percentuale, è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata (Cass. 23418/2019, 22714/2018, 6019/2015, 17685/2010).
Difatti, qui si verte nella ben diversa ipotesi della nomina di un esperto da parte del giudice delegato, per coadiuvare il curatore fallimentare nell’espletamento di compiti necessari per l’ufficio , ma evidentemente non rientranti nell’ambito delle sue specifiche competenze, come plasticamente si evince dal decreto di conferimento dell’incarico, testualmente trascritto a pag. 1 del ricorso, in base al quale il dott. NOME COGNOME venne nominato per «coadiuvare» la curatrice fallimentare (un avvocato) « nell’esame delle scritture contabili e della documentazione fiscale, nella riclassificazione dei bilanci al fine di accertare eventuali fatti e/o atti illeciti e negli adempimenti fiscali prescritti dalla legge ».
Fattispecie, questa, diversa anche dall’ipotesi in cui la procedura fallimentare provveda a designare il proprio consulente tecnico di
parte per svolgere attività difensiva tecnica nell’ambito di un processo pendente, che esula da quella pertinente alla figura del coadiutore di cui all’art. 32, comma 2, legge fall. ed è invece riconducibile alla vera e propria prestazione d’opera professionale, il cui compenso dev’essere determinato sulla base delle relative tariffe professionali, senza che sia possibile ricorrere ai criteri seguiti per la determinazione delle spettanze del consulente tecnico d’ufficio (Cass. 19399/2011, 17708/2014).
È evidente, infatti, che altro è che la curatela si avvalga di un professionista per la difesa della massa in un procedimento extra fallimentare che vede il fallimento costituito quale parte in causa, altro è che essa si avvalga di un professionista per ricevere un contributo tecnico al perseguimento di finalità istituzionali proprie della procedura fallimentare (Cass. 18116/2024, 2572/1996).
3.2. -In ogni caso, il giudice delegato prima, e i componenti del collegio fallimentare poi, hanno accertato che le attività svolte -come puntualmente elencate («la contabilità relativa agli anni 2014, 2015 e 2016, con relativi adempimenti, le dichiarazioni iva relative agli anni 2014 e 2015, le dichiarazioni sostituti di imposta per gli anni 2014 e 2015 per le superiori attività espletate») ed espressamente valutate «anche sulla scorta dei chiarimenti del Curatore» -non potessero essere ricomprese tra quelle contemplate negli artt. 2 e 4 del d.m. 30 maggio 2002, e tale valutazione in fatto non è ripetibile né sindacabile in questa sede.
3.3. -Vari precedenti di questa Corte convergono in tale direzione.
Secondo Cass. 27629/2017, ad esempio, è condivisibile la valutazione per cui «funzioni e compiti propri del curatore fallimentare, quali la redazione del bilancio, la redazione della dichiarazione Iva all’apertura del fallimento, la dichiarazione dei redditi Unico, la tenuta della contabilità ed i vari adempimenti fiscali inerenti alla procedura» non sono «riconducibili alla perizia o consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile e fiscale, ovvero alla consulenza tecnica in materia di bilancio e relativo conto profitti e perdite», dovendosi escludere «che possa qualificarsi come “consulenza tecnica sull’esito degli accertamenti
contabili, tributari, societari effettuati nel corso della procedura” l’attività di collaborazione» alle diverse incombenze del curatore, anche per «l’impossibilità di individuare, al riguardo, un effettivo importo in funzione del quale determinare i relativi compensi secondo il dato percentuale, con applicazione dei criteri di cui agli artt. 2 e 4 D.M. 30.5.2002», con la conclusione che «le peculiarità delle prestazioni effettuate dal ricorrente, evidenziate nel provvedimento impugnato, riconducibili ad incombenze proprie del curatore fallimentare, nell’ambito di una procedura fallimentare, piuttosto che a valutazioni ed accertamenti su bilanci e situazioni aziendali, giustificano la scelta del giudice di merito, come si è detto insindacabile, in quanto logicamente motivata, di applicare il criterio residuale di cui all’art. 4 l. 319/1980, idoneo a realizzare il principio della proporzionalità del compenso liquidato al coadiutore rispetto a quello del curatore fallimentare» (cfr. Cass. 6019/2015, che ha avallato la decisione del giudice di merito di applicare il criterio delle vacazioni, anziché quello a percentuale di cui agli artt. 3 e 4 del d.m. 30 maggio 2002, per la liquidazione del compenso ad un consulente tecnico d’ufficio, incaricato di accertare, previa classificazione dei bilanci sociali e nell’ambito di un’azione di responsabilità proposta ex art. 146 legge fall., il momento in cui la società avrebbe perduto il capitale sociale e i danni arrecati dalle nuove operazioni compiute dopo lo scioglimento).
3.4. -Resta da aggiungere, con specifico riguardo al secondo motivo, che il difetto di autosufficienza è palese nel momento in cui si contesta la lettura data dal tribunale al primo decreto di liquidazione senza che ne venga indicato il contenuto, in relazione alle attività svolte oggetto del compenso liquidato.
-La conseguente declaratoria di inammissibilità non richiede statuizione sulle spese, in assenza di difese dell’intimato.
-Si dà atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012 (Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del t .u. spese giust., della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/12/2024.