Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 812 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29322-2022 proposto da:
NOMECOGNOME rappresentato dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI ROMA del 3/10/2022; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 19/12/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il giudice delegato al RAGIONE_SOCIALE ha determinato in €. 14.358,88, oltre accessori, il compenso maturato da NOME COGNOME per la ‘ perizia ‘ dallo stesso redatta, insieme a NOME COGNOME su incarico del curatore,
‘ sulla gestione della società e sulla tenuta delle scritture contabili, al fine di valutare la configurabilità di atti di mala gestio in capo agli amministratori che si sono succeduti nel tempo alla guida della società fallita e la sostenibilità di una conseguente azione di responsabilità ‘.
1.2. L ‘ istante ha proposto reclamo avverso tale decreto, ribadendo la richiesta di liquidazione di un compenso pari alla somma complessiva di €. 202.804,41 così come determinato in forza dei parametri previsti dagli artt. 1, comma 4, 18, comma 1, e 21, del d.m. n. 140/2012.
1.3. Nel corso del giudizio è volontariamente intervenuto NOME COGNOME il quale ha chiesto l ‘ accoglimento delle conclusioni rassegnate.
1.4. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto il reclamo.
1.5. Il tribunale, in particolare, ha, innanzitutto, ritenuto che l ‘ omessa disamina da parte del giudice delegato del parere del curatore, in ragione dell ‘accertata ‘ non visibilità ‘ dello stesso, non potesse tradursi in una causa di invalidità del decreto di liquidazione del compenso.
1.6. L ‘ art. 25, comma 1°, n. 4, l.fall. infatti, attribuisce al giudice delegato una piena autonomia valutativa in ordine alla determinazione del compenso ed assegna al curatore la funzione di mero stimolo all ‘ esercizio di tale funzione.
1.7. Il tribunale, inoltre, ha escluso che il compenso invocato dal reclamante e dall ‘ interventore potesse essere determinato in applicazione del d.m. del ministro della giustizia n. 147/2012, come gli stessi pretendevano, dovendo essere, per contro, applicato il d.m. del 30/5/2002.
1.8. La prestazione svolta, infatti, rientrava nell ‘ ambito applicativo dell ‘ art. 32, comma 2°, l.fall., essendosi sostanziata
in ‘ un coadiuvo sollecitato dalla e reso alla curatela per poter adempiere una propria istituzionale incombenza avente immediata e diretta inerenza alla realizzazione dell ‘ attivo fallimentare ‘, il quale comprende va, a norma dell ‘ art. 104 ter , comma 2°, l.fall., anche le ‘ azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie da esercitare ‘, per cui ‘ il compenso spettante è stato … legittimamente e correttamente determinato dal giudice delegato con riferimento a quanto previsto dal d.m. 30.05.2002 attesa la veste di ‘ ausiliari del giudice ‘ in concreto assunta dagli istanti ‘.
1.9. Il tribunale, infine, ha ritenuto che il giudice delegato aveva fatto corretta applicazione dell ‘ art. 2 del d.m. 30/5/2002, il quale prevede che, per la perizia in materia amministrativa, contabile e fiscale, il consulente ha il diritto ad ‘ un onorario a percentuale calcolato per scaglioni ‘, e dell’ art. 1, il quale dispone che, in via generale, ‘ per la determinazione degli onorari a percentuale si ha riguardo … al valore del bene o di altra utilità oggetto dell ‘ accertamento determinato sulla base di elementi obiettivi risultanti dagli atti del processo ‘, che, nel caso di specie, aveva ad oggetto la ‘ gestione della società ‘ e ‘ la tenuta delle scritture contabili ‘ .
1.10. Il tribunale, in particolare, ha escluso che, per la quantificazione del compenso, si possano considerare in via parcellizzata e atomistica, come invece pretendevano gli istanti, i singoli accertamenti o le singole valutazioni che confluiscono poi nel risultato finale corrispondente all ‘ oggetto del compito demandato.
1.11. NOME COGNOME con ricorso notificato in data 2/12/2022, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto.
1.12. NOME COGNOME in data 9/1/2023, ha notificato controricorso nel quale, per due motivi, ha a sua volta chiesto
l ‘ accoglimento dei motivi del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, assumendone la comunicazione in data 3/10/2022.
1.13. Il Fallimento è rimasto intimato.
1.14. Il ricorrente e il controricorrente hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando l ‘ erronea applicazione dei parametri previsti dall ‘ art. 2 del d.m. 30/5/2002, l ‘ omessa applicazione del d.m. n. 140/2012 e l ‘ omessa visione del parere del curatore, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il compenso invocato dal reclamante dovesse essere determinato in forza del d.m. 30/5/2022, che regola i compensi spettanti ai consulenti tecnici per le operazioni eseguite su disposizione dell ‘ autorità giudiziaria, senza, tuttavia, considerare che: l ‘ incarico conferito al reclamante era rivolto non ad una mera ricostruzione contabile della società fallita, ma alla redazione di una vera e propria perizia sulla gestione delle società e sulla tenuta delle scritture contabili; – il compenso maturato per le prestazioni svolte dall ‘ istante doveva essere, di conseguenza, determinato in base alla tariffa professionale.
2.2. Il motivo è inammissibile. Non v ‘ è dubbio che, come questa Corte ha da tempo affermato (e di recente ribadito: Cass. n. 18116 del 2024), ‘ l ‘ opera prestata dal professionista su incarico del curatore fallimentare, nella qualità di consulente tecnico di parte in un procedimento civile, esula da quella pertinente alla figura del coadiutore di cui all ‘ art. 32, comma 2°, l.fall. e s ‘ inquadra, piuttosto, in quella relativa alla vera e propria prestazione d ‘ opera professionale, atteso che la curatela fallimentare si avvale del professionista non già per riceverne un contributo tecnico al perseguimento di finalità istituzionali della
procedura bensì, non diversamente dall ‘ avvocato cui sia affidata la rappresentanza e difesa giudiziale, per la difesa della massa in un procedimento extrafallimentare che vede la curatela costituita quale parte in causa ‘ (Cass. n. 2572 del 1996).
2.3. L’opera prestata dal professionista su incarico del curatore fallimentare, nella qualità di consulente tecnico di parte, dev’essere, quindi, i nquadrata in quella relativa alla vera e propria prestazione d’opera professionale, con la conseguenza che il compenso maturato dev’essere determinato sulla base delle tariffe professionali (Cass. n. 19399 del 2011; conf. Cass. n. 17708 del 2014).
2.4. La Corte ha, in effetti, ritenuto che: ‘la posizione del consulente del fallimento non è in alcun modo assimilabile a quella degli ausiliari del giudice, inquadrandosi l ‘ attività da lui svolta in un vero e proprio rapporto di prestazione d ‘ opera professionale, le cui caratteristiche non subiscono alcuna modificazione per effetto della circostanza che la parte committente sia rappresentata dalla curatela fallimentare, in quanto quest ‘ ultima non si avvale del professionista per riceverne un contributo tecnico al perseguimento delle finalità istituzionali della procedura, bensì, analogamente a quanto accade per l ‘ avvocato al quale siano affidate la rappresentanza e la difesa in giudizio del fallimento, per l ‘ assistenza di quest ‘ ultimo nell ‘ ambito di uno specifico procedimento giurisdizionale, in cui il curatore è costituito come parte in causa ‘; -‘il consulente di parte svolge infatti, nell’ ambito del processo, un ‘ attività di natura squisitamente difensiva, ancorché di carattere tecnico, collaborando con l ‘ avvocato al fine di sottoporre al giudicante rilievi a sostegno della tesi difensiva della parte assistita ‘; -‘nessun rilievo può assumere, in contrario, l ‘ attribuzione al giudice delegato del potere di
liquidare il compenso dovuto al consulente di parte, nonché la previsione della reclamabilità del relativo provvedimento dinanzi al tribunale fallimentare’ ; -‘il contenuto tecnico della prestazione resa dal consulente di parte e lo svolgimento della stessa in favore della procedura non risultano pertanto sufficienti a giustificarne l ‘ assimilazione all ‘ attività del c.t.u., la quale non è ricollegabile ad un rapporto contrattuale, ma costituisce oggetto di un munus publicum, adempiuto in posizione d ‘ imparzialità e nell ‘ interesse dell ‘ amministrazione della giustizia, laddove quella del consulente di parte si configura come un incarico professionale conferito esclusivamente a vantaggio della massa dei creditori ‘; -‘ nella liquidazione del relativo compenso, non possono dunque trovare applicazione i criteri previsti per la determinazione delle spettanze degli ausiliari del giudice, dovendosi invece fare riferimento alle tariffe vigenti per la categoria professionale di appartenenza, non diversamente da quanto accade per il difensore del fallimento ‘ (Cass. n. 18116 del 2024, in motiv.).
2.5. Il coadiutore del curatore, previsto dall ‘ art. 32, comma 2°, l.fall., adempie, per contro, ad ‘ un ‘ opera integrativa dell ‘ attivit à del curatore, svolgendo (in posizione subordinata rispetto a tale organo della procedura concorsuale) funzioni di collaborazione e di assistenza nell ‘ ambito e per gli scopi della procedura concorsuale, sicch é assume la veste di ausiliario del giudice ‘ (ad es., Cass. n. 1568 del 2005; Cass. n. 10513 del 2018, in motiv.).
2.6. L ‘ opera prestata dal coadiutore, di cui all ‘ art. 32, comma 2°, l.fall., non si configura, quindi, come una vera e propria prestazione d ‘ opera professionale, trattandosi, piuttosto, di un contributo tecnico al ‘ perseguimento di finalit à istituzionali ‘ della procedura, con la conseguenza che, essendo
il coadiutore incaricato dal Fallimento per svolgere la propria opera in determinate attivit à ed operazioni, non pu ò dirsi instaurato tra curatela e professionista un contratto avente ad oggetto una prestazione d ‘ opera intellettuale regolato dagli artt. 2231 e ss. c.c. (Cass. n. 20193 del 2019).
2.7. Il coadiutore, in effe tti, svolge un’attività di collaborazione ed assistenza nell’ambito e per gli scopi propri della procedura, rientranti sotto il dominio delle competenze e delle attribuzioni del curatore, lì dove, invece, il professionista officiato di una prestazione di lavoro autonomo opera, per differenza, in ogni altro settore, allorché il Fallimento, per la soluzione di problemi ulteriori ed eventuali, necessiti di un’attività di tipo specialistico che il curatore non è chiamato da espletare e di cui, pertanto, non risponde in via diretta (Cass. n. 10143 del 2011, in motiv.).
2.8. La nomina del coadiutore resta, dunque, assoggettata alle norme pubblicistiche che regolano l’affidamento di incarichi nella procedura fallimentare , mentre l’attività prestata dallo stesso non è perci ò riconducibile all’esecuzione di un rapporto contrattuale d’opera professionale, disciplinato dalle disposizioni previste dagli artt. 2229 e ss. c.c. (Cass. n. 20193 del 2019).
2.9. Il compenso spettante al coadiutore trova, di conseguenza, titolo nel decreto di liquidazione emesso dal giudice delegato alla stregua della tariffa giudiziale concernente gli ausiliari del giudice ed è posto carico della massa fallimentare (arg. da Cass. n. 4146 del 1978; Cass. n. 10143 del 2011; Cass. n. 23086 del 2014; Cass. n. 10513 del 2018; in precedenza, Cass. n. 6453 del 1980; Cass. n. 2103 del 1970).
2.10. Il decreto impugnato, lì dove ha ritenuto che: – la prestazione svolta dal reclamante, essendosi sostanziata in ‘ un
coadiuvo sollecitato dalla e reso alla curatela per poter adempiere una propria istituzionale incombenza avente immediata e diretta inerenza alla realizzazione dell’attivo fallimentare ‘ , il quale, in effetti, comprende, a norma dell’art. 104 ter , comma 2°, lett. c, l.fall., anche la proposizione delle ‘ azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie da esercitare ‘ , previa valutazione del ‘ loro possibile esito ‘ , con la conseguente necessità che il curatore verifichi , attraverso l’esame critico della documentazione contabile e amministrativa a sua disposizione, la sussistenza dei relativi fatti costitutivi, come emerge dagli artt. 33, commi 1° e 3°, e 146, comma 2°, l.fall., nonché, in ragione degli accertamenti in fatto così svolti, la presumibile fondatezza delle stesse; -‘ il compenso spettante è stato ‘, pertanto, ‘ legittimamente e correttamente determinato dal giudice delegato con riferimento a quanto previsto dal d.m. 30.05.2002 attesa la veste di ‘ausiliari del giudice’ in concreto assunta dagli istanti ‘ ; si è, con ogni evidenza, attenuto ai principi esposti e si sottrae, dunque, ai rilievi critici svolti al riguardo dal ricorrente.
2.11. Con il secondo motivo, il ricorrente ha, in via subordinata, lamentato l ‘ erronea applicazione del d.m. 30/5/2002, censurando il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale non ha provveduto a quantificare il compenso su ogni annualità periziata e ad applicare un compenso calcolato su ogni singola valutazione effettuata
2.12. Il motivo è inammissibile. Il ricorso per cassazione deve, in effetti, contenere, a pena d ‘ inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità (nel caso in esame rimasta, tuttavia, in soddisfatta con la dovuta compiutezza) non solo dell’esatta
individuazione del capo di pronuncia impugnata, ma anche dell’esposizione di ragioni che illustrino, in modo intelligibile ed esauriente, le dedotte violazioni di norme o principi di diritto in cui la stessa sarebbe incorsa.
2.13. Nel ricorso per cassazione, invero, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 n. 4 c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., di indicare, a pena d’inammissibilità della censura, le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella decisione impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare, con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni, la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. SU n. 23745 del 2020).
2.14. Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 c.p.c. dev’essere, pertanto, dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 n. 4 c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate , ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella pronuncia impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 16700 del 2020).
2.15. Il ricorso, per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: al pari del ricorso incidentale contenuto nel controricorso. Se, in effetti, è vero che: l’ atto (anche se denominato controricorso) che non contesti il ricorso principale ma (come nel caso in esame) aderisca ad esso, dev ‘essere qualificato come ricorso incidentale di tipo adesivo (Cass. n. 24155 del 2017); – tale impugnazione incidentale è, peraltro, ammissibile pur se proposta (come quella in esame: in quanto notificata oltre il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del decreto impugnato) oltre i termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. (Cass. SU n. 8486 del 2024); resta, nondimeno, il fatto che i motivi articolati nel ricorso incidentale in esame sono, in sostanza, pienamente sovrapponibili a quelli del ricorso (principale) e, al pari di questi ultimi e per le ragioni già esposte, inammissibili.
Il ricorso principale ed il ricorso incidentale contenuto nel controricorso sono, dunque, inammissibili.
Nulla per le spese in difetto di attività difensiva del Fallimento.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima