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Compenso avvocato: unico se assiste più parti

Un avvocato ha impugnato la liquidazione dei suoi onorari, sostenendo di aver diritto a compensi separati per l’assistenza a due clienti e che il valore della causa era stato erroneamente qualificato come indeterminabile. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il compenso avvocato è unico, sebbene maggiorato, quando si assistono più parti con la medesima posizione processuale. Ha inoltre confermato la facoltà del giudice di merito di determinare il valore effettivo della controversia, discostandosi dalla domanda iniziale.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso avvocato: le regole per la difesa di più parti e il valore della causa

La corretta liquidazione del compenso avvocato è un tema cruciale che spesso genera contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su due aspetti chiave: come determinare il valore della controversia e come calcolare il compenso quando un legale assiste più clienti nello stesso processo. La decisione sottolinea il potere discrezionale del giudice nel valutare l’effettivo valore della lite e conferma il principio del compenso unico, seppur maggiorato, in caso di difesa congiunta.

I fatti della controversia

Un avvocato, dopo aver assistito due clienti in un giudizio d’appello per una richiesta di risarcimento danni milionaria, si rivolgeva alla Corte d’Appello per ottenere la liquidazione del proprio compenso. Il legale sosteneva che il calcolo dovesse basarsi sul valore delle domande originarie (oltre 4,7 milioni di euro per un cliente e 1,8 milioni per l’altro) e che dovessero essergli liquidati due compensi separati, data la diversa posizione dei suoi assistiti.

La Corte d’Appello, tuttavia, accoglieva solo parzialmente la richiesta, liquidando una somma notevolmente inferiore. I giudici di secondo grado ritenevano che il valore della causa fosse da considerarsi ‘indeterminabile’ ma di ‘particolare importanza’, applicando un unico compenso e condannando i due ex clienti in solido al pagamento. Insoddisfatto, l’avvocato ricorreva in Cassazione, articolando quattro motivi di doglianza.

La decisione della Corte di Cassazione e il corretto calcolo del compenso avvocato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Analizziamo i principi chiave emersi dall’ordinanza.

Valore della lite: domanda vs. valore effettivo

Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente qualificato la causa di valore indeterminabile, ignorando le somme esplicitamente richieste negli atti iniziali. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che, ai sensi del D.M. 55/2014, il giudice deve considerare il ‘valore effettivo della controversia’. Questo valore può essere ‘manifestamente diverso’ da quello presunto sulla base della domanda, specialmente in relazione agli ‘interessi perseguiti dalle parti’.

In pratica, il giudice di merito ha il potere di valutare la complessità e l’impegno difensivo richiesto, potendo discostarsi dal valore nominale della domanda per applicare parametri più adeguati alla realtà processuale. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione che ha parametrato il compenso a uno scaglione per cause di valore indeterminabile fino a 520.000 euro.

Assistenza a più parti: compenso unico o separato?

Il fulcro della decisione riguarda il compenso avvocato in caso di assistenza a più parti. Il legale sosteneva di aver diritto a due compensi distinti. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: quando un avvocato assiste più soggetti che hanno la ‘stessa posizione processuale’ (ad esempio, più attori o più convenuti), ha diritto a un solo compenso, maggiorato secondo le percentuali previste dal D.M. 55/2014.

La difesa di più parti, anche con pretese identiche, comporta oneri aggiuntivi (raccolta procure, informazioni, anagrafiche), che giustificano la maggiorazione, ma non la duplicazione del compenso. La Corte ha quindi ritenuto corretta l’applicazione di un compenso unico aumentato del 30%.

Maggiorazione per più controparti: una valutazione discrezionale

Infine, il ricorrente si doleva della mancata applicazione di un’ulteriore maggiorazione per la presenza di due controparti. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva motivato la sua scelta evidenziando come la seconda controparte non avesse svolto una difesa autonoma. La valutazione dell’autonomia della difesa rientra nell’apprezzamento di fatto del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità. Inoltre, la Corte ha ricordato che, per le liquidazioni precedenti a ottobre 2023, tale aumento era una facoltà (‘può essere aumentato’) e non un obbligo per il giudice.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un’interpretazione che bilancia il diritto dell’avvocato a un equo compenso con la necessità di ancorare la liquidazione all’effettivo lavoro svolto. La Corte ha inteso ribadire che il valore della domanda non è un dogma intangibile, ma un punto di partenza che il giudice può e deve adeguare al valore effettivo della controversia, tenendo conto della sua complessità e degli interessi in gioco. Sul fronte del compenso unico per più parti, la motivazione risiede nell’evitare ingiustificate duplicazioni di onorari quando l’attività difensiva, pur rivolta a più soggetti, si fonda su questioni identiche o strettamente connesse. La maggiorazione percentuale è ritenuta lo strumento idoneo a remunerare l’aggravio di lavoro derivante dalla pluralità di clienti.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida importanti principi in materia di liquidazione del compenso avvocato. In primo luogo, il giudice ha un ruolo attivo nel determinare il valore della lite, potendo discostarsi dalla pretesa economica iniziale per riflettere la reale complessità del caso. In secondo luogo, la difesa di più clienti con la stessa posizione processuale non dà diritto a compensi multipli, ma a un compenso unico maggiorato. Questa regola si applica anche quando le pretese dei singoli assistiti sono diverse, purché la posizione processuale sia la medesima. Infine, le maggiorazioni per la difesa contro più avversari non sono automatiche, ma soggette alla valutazione discrezionale del giudice circa l’effettiva autonomia e complessità delle difese avversarie.

Come si calcola il valore di una causa ai fini del compenso dell’avvocato?
Il valore non si basa solo sulla somma richiesta nella domanda iniziale. Il giudice deve determinare il ‘valore effettivo della controversia’, che può essere diverso da quello presunto, considerando la complessità del caso e gli interessi realmente perseguiti dalle parti.

Se un avvocato assiste più clienti nella stessa causa, ha diritto a un compenso per ciascuno?
No. Se i clienti hanno la stessa posizione processuale (ad esempio, sono tutti convenuti), l’avvocato ha diritto a un solo compenso, che viene però aumentato in base a percentuali stabilite dalla legge (es. 30% per i primi dieci clienti) per remunerare il maggior lavoro svolto.

L’aumento del compenso per la difesa contro più avversari è sempre automatico?
No. Secondo l’ordinanza, per le liquidazioni relative a prestazioni antecedenti al 23 ottobre 2023, l’aumento del compenso per la presenza di più controparti è una facoltà del giudice (‘può di regola essere aumentato’) e non un obbligo. Il giudice deve motivare la sua decisione, valutando ad esempio se le controparti abbiano svolto difese autonome e distinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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