Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16757/2018 R.G. proposto da
Avv. NOME COGNOME in proprio e quale socio presidente dello Studio legale RAGIONE_SOCIALE professionale, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del l’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difend e unitamente all’avv. NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nonché delle socie RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato presso l ‘indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso il decreto cron. n. 1233/2018 del Tribunale di La Spezia, depositato il 28.3.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’ avvocato NOME COGNOME difese il fallimento RAGIONE_SOCIALE in tre processi di opposizione allo stato passivo proposti da altrettanti professionisti, che si conclusero con l’esplicita rinuncia agli atti (in un caso) e con l’abbandono della lite per mancata comparizione (negli altri due), previo accordo sulla compensazione delle spese di lite e sul pagamento entro un certo termine degli importi che il giudice delegato aveva già ab origine ammesso al passivo in prededuzione.
In sede di liquidazione del compenso spettante al difensore ai sensi dell ‘art. 25, comma 1, n. 6, legge fall., il giudice delegato ridusse l ‘importo richiesto, negando al difensore le maggiorazioni previste dal regolamento contenuto nel d.m. n. 55 del 2014 («Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense») con riferimento ai parametri della speciale difficoltà degli affari trattati e della transazione della controversia.
Il ricorrente propose reclamo al collegio ai sensi dell’art. 26 legge fall., che venne respinto dal Tribunale.
Contro il decreto del Tribunale l’ avvocato COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Il fallimento si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denunciano «violazione e falsa applicazione del l’art. 1362, comma 2, c.c., nonché dell’art. 1363 c.c.», ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Il ricorrente -che concentra la sua attenzione solo sul diniego della maggiorazione del compenso per intervenuta transazione, riconoscendo che la negata «complessità delle questioni giuridiche affrontate» implica un apprezzamento del fatto insindacabile in sede di legittimità -contesta al Tribunale di La Spezia un’errata applicazione dei canoni legali di ermeneutica negoziale e, in particolare, dei criteri del «comportamento complessivo» delle parti (art. 1362, comma 2, c.c.) e della interpretazione complessiva delle clausole «le une per mezzo delle altre» (art. 1363 c.c.).
1.1. Il motivo è inammissibile.
Gli artt. 1362 e ss. c.c. pongono la disciplina legale «Dell’interpretazione del contratto» e quindi presuppongono l’esistenza di un testo contrattuale da interpretare, il che non accade nel caso di specie, sicché il Tribunale non ha applicato -né potrebbe avere violato -tali disposizioni di legge.
Nell’illustrazione del motivo il ri chiamo al comportamento delle parti è funzionale a sostenere la tesi secondo cui tale comportamento dimostrerebbe (farebbe presumere) l’esistenza di una volontà transattiva, sia pur non esplicitata in un testo contrattuale. Ma siffatta tesi -a prescindere dal divieto di riesame del fatto in sede di legittimità e dai limiti legali alla prova del contratto di transazione (art. 1967 c.c.) nonché dal rilievo per cui l’interpretazione del contratto è riservata al
giudice del merito -non ha niente a che vedere con l’ interpretazione del contratto e con i relativi canoni dettati dal codice civile.
Anche il criterio legale dell’interpretazione complessiva del contratto è invocato a sproposito, perché riferito alla dichiarazione congiunta di rinuncia agli atti del processo (peraltro presentata in uno solo dei tre giudizi per cui è causa), ovverosia a un testo che non è quello di un contratto, né per contenuto né per funzione, bensì al testo di un atto processuale finalizzato ad ottenere un determinato provvedimento del giudice e il relativo effetto estintivo del processo.
Il secondo motivo censura «violazione e falsa applicazione degli artt. 1321 e 1965 c.c.», anche in questo caso ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Il ricorrente si duole che il giudice del merito non abbia riconosciuto gli estremi di un accordo transattivo delle parti in contesa nella rinuncia all ‘ opposizione da parte dei professionisti coinvolti, in quanto subordinata alla compensazione delle spese di lite e al pagamento di quanto già ammesso al passivo entro un termine determinato.
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto, nonostante la dichiarata intenzione di censurare una violazione di norme di diritto, in sostanza si contesta la decisione in fatto del Tribunale, laddove questo ha «ritenuto che il tenore della documentazione versata in atti dalla Curatela … non lasci dubbi in merito alla assoluta mancanza di qualsivoglia volontà di addivenire ad una transazione con gli opponenti».
Ma anche se si volesse superare tale assorbente profilo di inammissibilità, si dovrebbe comunque osservare che la
transazione, in quanto negozio di diritto privato, presuppone che le «reciproche concessioni» incidano su rapporti di diritto sostanziale, eventualmente «anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti» (art. 1965, comma 2, c.c.), ma non esclusivamente su aspetti processuali quali l’estinzione del processo pendente, la regolazione delle relative spese di lite e i tempi della distribuzione delle somme disponibili d ell’attivo fallimentare .
Il terzo e il quarto motivo recano entrambi una censura di «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio» (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.): nel primo caso con riferimento al fatto che i curatori del fallimento, per accettare la rinuncia agli atti degli opponenti, seguirono la procedura prevista per l’autorizzazione delle transazioni (art. 35 legge fall.); nel secondo caso con riferimento al fatto che la proposta degli opponenti prevedeva come condizione per l’abbandono della lite il pagamento entro un preciso termine di quanto già ammesso al passivo.
Entrambi i motivi sono inammissibili, perché quelli indicati non sono, a ben vedere, fatti decisivi per il giudizio e ancor prima accadimenti o circostanze in senso storico naturalistico.
Quanto alla procedura seguita per l’abbandono della lite , basti dire che quella che rileva non è certo l’opinione dei curatori , bensì l’oggettiva natura giuridica dell’atto . Ciò fermo restando che l’autorizzazione di cui all’art. 35 legge fall. non è richiesta soltanto per «le transazioni», ma in generale per «gli atti di straordinaria amministrazione».
Quanto poi alla condizione del pagamento entro un preciso termine di quanto già ammesso al passivo, per quanto già scritto sopra, si deve osservare che non si tratta di un elemento da cui si possa desumere la presenza, nella fattispecie, dei connotati di una transazione.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000, per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del