Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25536 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25536 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25697 – 2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l o studio dell’avv. NOME COGNOME (studio legale RAGIONE_SOCIALE), dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
avv. COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso da sé stesso, ex art. 86 cod. proc. civ. e da ll’ avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso l’ordinanza n. 85/2019 del TRIBUNALE DI CAGLIARI , pubblicata il 9/4/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/6/2024 dal consigliere NOME COGNOME
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con sette distinti atti di citazione, notificati tra il mese di dicembre 2015 ed il mese di aprile 2016, Cagliari Calcio s.p.a. ha opposto, dinnanzi al Tribunale di Cagliari, altrettanti decreti ingiuntivi, pronunciati nei suoi confronti in accoglimento dei ricorsi presentati dall’avv. NOME COGNOME per il pagamento di compensi professionali. In dettaglio, sono stati opposti:
il decreto ingiuntivo n. 2692/2015 per Euro 21.546,01, oltre interessi legali e spese di procedura, liquidate in Euro 745,50 oltre accessori di legge;
il decreto ingiuntivo n. 2691/2015 per Euro 20.492,65, oltre interessi legali e spese di procedura, liquidate in Euro 745,50 oltre accessori di legge;
il decreto ingiuntivo n. 2926/2015 per Euro 113.062,07, oltre interessi legali e spese di procedura, liquidate in Euro 2.541,50 oltre accessori di legge;
il decreto ingiuntivo n. 30/2016 per Euro 6.696,00 per compensi professionali e la somma di Euro 366,80 per spese necessarie a conseguire il parere di congruità della parcella, oltre interessi moratori ai sensi del d.lgs. 231/2002 e spese di procedura, liquidate in Euro 685,50 oltre accessori di legge;
il decreto ingiuntivo n. 355/2016 per Euro 18.427,26 (di cui Euro 17.801,26 a titolo di compensi professionali ed Euro 626,00 a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’approvazione della
parcella), oltre interessi di mora e spese di procedura, liquidate in Euro 945,00 oltre accessori di legge;
il decreto ingiuntivo n. 354/2016 per Euro 15.618,57 (di cui Euro 15.059,07 a titolo di compensi professionali ed Euro 559,50 a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’approvazione della parcella), oltre interessi di mora e spese di procedura, liquidate, a seguito di istanza di correzione dell’originario provvedimento, in complessivi Euro 945,50 oltre accessori di legge;
il decreto ingiuntivo n. 637/2016 per Euro 108.500,92, oltre interessi di mora e spese di procedura, liquidate in complessivi Euro 2.541,50 oltre accessori di legge.
Con ordinanza n. 85/2019, il Tribunale di Cagliari in composizione collegiale ha deciso tutte le opposizioni riunite, riducendo il credito preteso dall’avv . COGNOME
Avverso questa ordinanza Cagliari Calcio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo; l’avv. COGNOME ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale con quattro motivi, ciascuno articolato in più profili di censura, a cui Cagliari Calcio ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., Cagliari Calcio ha denunciato l’omessa pronuncia su un’eccezione decisiva ai fini del giudizio che involgerebbe comunque una questione rilevabile d’ufficio: la costituzione dell’avv. NOME COGNOME in tutti e sette i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo sarebbe inammissibile in quanto avvenuta mediante il deposito in Cancelleria di altrettante comparse cartacee, corredate da ampia documentazione, anc h’essa cartacea e non con modalità telematica, nonostante la sua natura di atto endo-processuali.
1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. Questa Corte ha sempre ribadito che la forma degli atti prevista, ratione temporis , dall’art. 16 bis del d.l. n.179/2012, come modificato dal d.l. n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, non è prescritta a pena di nullità ex art. 156 cod. proc. civ. comma I: in conseguenza, come sancito dall’art. 156, comma III, la sua violazione non implica un vizio procedurale rilevante in ipotesi di raggiungimento dello scopo, cioè quando, come nella specie, il rapporto processuale si sia regolarmente e pienamente instaurato e l’altra parte non incorsa nella violazione abbia potuto pienamente svolgere le sue difese (cfr. Cass. Sez. 2, n. 9772 del 12/05/2016; Cass. Sez. 1, n. 19151 del 2019; Cass. Sez. 6 – 1, n. 12678 del 25/06/2020; Cass. Sez. 1, n. 15771 del 23/7/2020; Cass. Sez. 1, n. 9464 del 9/4/2021 e Cass. Sez. 2, n. 12090 del 6/5/2024 in motivazione).
2. Con il primo motivo di ricorso incidentale l’avv. COGNOME ha lamentato la nullità dell’ordinanza, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360, cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione del d.m. n. 55 del 2004, art. 4, e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, quanto alla decisione relativa agli onorari della causa n. 12358/2015, pretesi con il d.i. n. 2691/15: in particolare, il ricorrente ha rappresentato di aver chiesto l’aumento del compenso unico nella misura del 20% di cui all’art. 4 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55 in conseguenza della instaurazione del giudizio da due parti ricorrenti, sicché ogni punto oggetto di attività difensiva aveva richiesto un costante duplice esame, posto che le domande erano alternativamente proposte in favore di soggetti giuridici distinti; il Tribunale ha riconosciuto, invece, il minor incremento del 5% soltanto per le prime due fasi del processo, in quanto «la sostanziale identità delle controparti, RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, la quale ultima aveva semplicemente ceduto in affitto la propria
azienda alla prima, che era quindi subentrata nel contratto di appalto stipulato con la Cagliari Calcio, non aveva minimamente inciso per le altre fasi »; l’operazione di riduzione della misura del 20% sarebbe erronea in quanto non consentita dall’art. 4 che riconoscerebbe il diritto all’aumento in «modo netto».
Con un secondo profilo, il ricorrente incidentale ha rappresentato che il Tribunale sarebbe incorso in errori di calcolo nell’applicazione dei parametri e delle percentuali.
2.1. Il motivo è complessivamente inammissibile. Nel liquidare gli onorari pretesi con il d.i. n. 2691/15, oggetto dell’opposizione iscritta al n. 12358/2015, il Tribunale ha rappresentato che, considerata la data di definizione del giudizio e l’entrata in vigore del d.m. n. 55/2014 soltanto alla data del 3/4/2014, la liquidazione dovesse avvenire in applicazione dei parametri del d.m. n. 140/2012.
A ciò si aggiunga che è stata proprio esclusa in radice la pluralità delle parti per essere l’una società cessionaria del contratto dell’altra e questa ratio non è stata censurata.
In conseguenza, la censura è del tutto inconferente in quanto alla fattispecie non è stato applicato l’art. 4 che , peraltro, nella formulazione del d.m. n. 140/2012 che ha regolato la liquidazione di questo credito, prevedeva che, in ipotesi di più rappresentati o di più controparti, il compenso potesse essere aumentato «fino al doppio», e non «una percentuale secca» come sostenuto in ricorso.
Infine, questa Corte ha già statuito che l’aumento previsto dall’art. 4 importa l’esercizio di un potere discrezionale del giudice, non sindacabile in sede di legittimità se, come nella specie, motivato (Cass. Sez. 1, n. 269 del 10/01/2017; Cass. Sez. 3, n. 13595 del 19/05/2021).
1.2. Ugualmente inammissibile è il profilo relativo all’errore di calcolo, emendabile, ove sussistente, con una istanza di correzione al Giudice del merito (Cass. Sez. 2, n. 13629 del 19/05/2021).
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, relativo alla liquidazione degli onorari pretesi con il d.i. n. 2926/2015, oggetto dell’opposizione iscritta al n. 251/2016, l’avvocato ha denunciato, con un primo profilo di censura, articolato in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., l’ omesso esame del fatto decisivo consistente nella dedotta prova testimoniale sulla sua partecipazione a tutte le attività processuali di cui aveva chiesto la liquidazione del compenso; con un secondo profilo, articolato in riferimento al n. 3, ha sostenuto la violazione e falsa applicazione dell’art. 187, comma I cod. proc. civ., per avere il Tribunale ritenuto irrilevanti i capitoli di prova -riprodotti nell’argomentazione del motivo -dedotti sull’effettivo svolgimento delle attività difensive; con un terzo profilo, pure articolato in riferimento al n. 3, ha infine prospettato la violazione o falsa applicazione del d.m. n. 55 del 2004, art. 4, e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate per avere il Tribunale operato una liquidazione al di sotto dei minimi, comunque in violazione del decoro professionale come protetto dall’art. 2233 cod. civ.
2.1. Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha rimarcato che, nel giudizio iscritto al n. RG n. 6310/2012, per la cui attività difensiva sono stati chiesti i compensi oggetto del motivo in esame, l’avv. COGNOME ha rinunciato al mandato in data 15/4/2015, nel corso dell’istruttoria e prima dell’assunzione dei mezzi di prova; ha, quindi, rilevato che lo stesso avvocato ha preteso i compensi in riferimento alle sole fasi di studio, introduttiva e istruttoria; ha, poi, esaminato le prove sullo svolgimento dell’attività difensiva, concludendo, al quarto e quinto capoverso di pag. 20 dell’ordinanza qui impugnata, che l’avvocato COGNOME risulta essersi
comunque assunto la corresponsabilità degli atti, firmandoli e che perciò ha diritto al compenso per tutte le fasi richieste; ha, poi, individuato il valore della causa e lo scaglione applicabile, liquidando infine i compensi con ulteriore riduzione rispetto ai limiti minimi fissati dall’art. 4 del d.m. n. 55/2014 nella formulazione vigente alla data di rinuncia al mandato e, cioè, al 2015, quando è certamente cessata l’attività difensiva.
In conseguenza, risultano certamente infondati i primi due profili di censura atteso che effettivamente la prova per testi è stata fondatamente ritenuta superflua, perché il compenso è stato riconosciuto, secondo domanda, per tutte e tre le fasi indicate come espletate.
Quanto al terzo profilo, l’art. 4 del d.m. n. 55/2014, nella sua originaria formulazione, applicabile alla fattispecie ratione temporis in riferimento alla data di rinuncia al mandato , pur avendo lasciato immutato il criterio di liquidazione, per le distinte quattro fasi processuali, già individuate dal precedente d.m. n. 142 del 2012, aveva nella sostanza confermato la possibilità di deroga ai valori minimi e massimi, quali scaturenti dalle percentuali di aumento e diminuzione massimi che il giudice può apportare ai valori medi, perché l’inciso «di regola» era stato affiancato all’indicazione dell’entità dell’aumento o della diminuzione: le indicazioni, in conseguenza, erano state interpretate come non vincolanti per il giudice che poteva, quindi, anche discostarsene nella misura che ritenesse adeguata al caso specifico, purché ne desse conto in motivazione.
Ciò posto, nella specie il Tribunale ha correttamente operato la liquidazione, «ora per allora», secondo l’art. 4 nella formulazione vigente all’epoca della rinuncia al mandato, applicando l’ulteriore riduzione percentuale con specifica motivazione, in riferimento alla condivisione dell’attività difensiva con altro legale e, quanto alla fase
istruttoria, all’essere la prestazione professionale cessata prima dell’espletamento dei mezzi.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale, relativo alla liquidazione degli onorari pretesi con il d.i. n. 637/2016, oggetto dell’opposizione iscritta al n. 4357/2016, l’avv. COGNOME ha lamentato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 55 del 2004, art. 4, e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate: in particolare, il ricorrente ha rappresentato di aver chiesto, con il decreto suindicato, i compensi relativi alla causa iscritta al n. rg. 9704/2013 contro RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, avente ad oggetto un sequestro giudiziario ottenuto dalle società nei confronti di Cagliari calcio e di averli quantificati nella misura di Euro 42.885,00 in applicazione dei parametri medi previsti per i procedimenti cautelari di valore superiore a Euro 1.000.000, con aumento del 20% per difesa prestata contro più soggetti, aumento ex comma 6 dello stesso art. 4 per l’esito conciliativo della lite e ulteriore com penso per l’assistenza stragiudiziale prestata; il Tribunale, che pure ha riconosciuto come superiore a Euro 1.000.000 il valore della causa e la spettanza dei parametri medi, avrebbe tuttavia erroneamente liquidato i compensi in violazione dei minimi, in particolare applicando un aumento percentuale, per il numero di controparti, inferiore a quello che sarebbe invece indicato dall’art. 4, nel 20%, «in modo netto» (così in ricorso), senza alcuna possibilità di variazione discrezionale; ugualmente avrebbe poi errato, secondo ulteriore profilo di censura, nel non riconoscere l’aumento conseguente alla transazione, ex comma 6 dell’art. 4, senza considerare la fase decisionale che pure sarebbe in ogni caso dovuta.
3.1. Il motivo è parzialmente fondato, soltanto in riferimento a quest’ultimo profilo di censura, nei limiti di seguito precisati.
Il Tribunale, invero, dopo avere riscontrato come corretta l’individuazione del valore della causa e riconosciuto l’applicabilità dei parametri medi, ha rimarcato «la sostanziale identità delle controparti», perché RAGIONE_SOCIALE era soltanto subentrata quale cessionaria nel contratto di affitto stipulato con RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Riconosciuta, quindi, l’attività svolta stragiudizialmente dall’avv. COGNOME per la conclusione dell’accordo transattivo (da remunerarsi con la convenzione intercorsa tra le parti), il Tribunale ha pure riconosciuto la spettanza dell’aumento ex comma 6 dell’ art. 4, liquidando, tuttavia, una percentuale ulteriore sulle prime tre fasi, senza riconoscere la fase decisionale.
3.2. Ciò posto, è inammissibile la censura relativa all’aumento percentuale per il numero delle parti perché non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata: il Tribunale ha, infatti, negato in radice l’applicabilità dell’aumento percentuale previsto come discrezionale -in caso di pluralità di parti, perché ha escluso che nella fattispecie ricorresse la circostanza e la ratio sul punto non è stata criticata; ha, quindi, unicamente applicato un aumento, in misura del 5%, allo scopo di adeguare la liquidazione alle caratteristiche dell’attività prestata; lo stesso è a dirsi per la diminuzione percentuale legata alla condivisione dell’attività difensiva, già esaminata nel precedente punto 2.1.
3.3. Fondato, invece, è l’ultimo profilo relativo all’aumento ex comma 6 dell’art. 4 : è incontestato, infatti, che il procedimento, seppure formalmente conclusosi per inattività delle parti ex art. 309 cod. proc., civ., sia stato definito con una transazione e che per la conclusione dell’accordo sia stata riconosciuta la spettanza, all’avv. COGNOME , dell’aumento percentuale ex comma 6 dell’art. 4 «(come deve)» (così in ordinanza).
Ebbene, l’art. 4 del d.m. n. 55 del 2014, laddove prevede di regola, in favore dell’avvocato che raggiunga la conciliazione giudiziale o la transazione della controversia, l’aumento fino a un quarto rispetto al compenso altrimenti liquidabile per la fase decisionale, si interpreta, alla luce del favor normativo verso la definizione conciliativa delle controversie, nel senso che all’avvocato deve essere riconosciuto un ulteriore compenso, rispetto a quello spettante per l’attività precedentemente svolta, pari al compenso liquidabile per la fase decisionale, di regola aumentato fino a un quarto, sicché va liquidato sia il compenso per la fase decisionale, non svoltasi, sia un aumento di esso fino ad un quarto (di un quarto «secco», dopo l’entrata in vigore del d.m. n. 147 del 2022, che ha modificato il d.m. n. 55 del 2014) (Cass. Sez. 2, n. 17325 del 16/06/2023).
Il Tribunale ha liquidato, invece, unicamente una somma in aumento percentuale sulle fasi di studio, introduttiva e istruttoria di cui ha riconosciuto il compenso.
In tal senso l’ordinanza impugnata deve essere cassata limitatamente all’ erronea applicazione del comma 6 dell’art. 4.
All’accoglimento, seppure parziale, del terzo motivo, consegue l’assorbimento del quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui l’avv. COGNOME ha censurato per più profili la statuizione di liquidazione delle spese con compensazione per un mezzo.
In particolare, con un primo profilo, egli ha denunciato la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 55 del 2004, art. 4, e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, per avere il Tribunale operato una compensazione in assenza dei presupposti di legge, attesa l’esiguità della riduzione del credito riconosciuto rispetto a quello preteso e sussistendo, invece, la piena soccombenza della Cagliari calcio.
Con un secondo profilo, ha lamentato la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per avere il Tribunale fondato la statuizione sulle spese sulla considerazione unitaria delle domande riunite, «come se il procedimento fosse stato unico sin dall’origine»; quindi, con un terzo profilo, ha sostenuto la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere il Tribunale adottato questa motivazione «senza che al riguardo vi fosse alcuna specifica domanda da parte dell’opponen te»; ha pure aggiunto che il Tribunale «avrebbe dovuto, in applicazione dell’art. 101 c.p.c., sollecitare il contraddittorio sull’interesse dell’avvocato ad agire nei confronti dei clienti con separati ricorsi».
Infine, con un quarto profilo, l’avvocato ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli articoli 1175,1176, 1375 cod. civ. e 88 e 103, 104 cod. proc. civ. per avere il Tribunale dato rilievo alla frammentazione in più domande della pretesa, liquidando un unico compenso invece di liquidare tanti compensi per ciascun decreto ottenuto e per aver individuato il valore della causa in relazione al credito accertato invece che a quello preteso; ha altresì contestato che sia stato riconosciuto l’importo d i un unico contributo unificato e non siano state invece rimborsate le spese di ciascuna delle fasi monitorie, come da lui affrontate prima della riunione delle opposizioni, oltre alla percentuale per il giudizio di opinamento.
5. Il ricorso incidentale è, dunque, accolto nel terzo motivo, nei limiti suindicati, con assorbimento del susseguente quarto motivo, rigettati il ricorso principale e, per la restante parte, il ricorso incidentale.
L’ordinanza impugnata è, perciò, cassata quanto alla liquidazione dell’aumento ex comma 6 dell’art. 4 d.m. 55/2014, conseguente all’intervenuta definizione stragiudiziale del giudizio cautelare iscritto al n. rg. 9704/2013.
6. Non risultando necessari altri accertamenti in fatto, perché risultano ormai definiti i parametri applicabili, la causa può essere decisa nel merito: all’avv. COGNOME come da lui chiesto, in aumento rispetto al compenso per le fasi di studio, introduttiva e istruttoria come liquidate in Euro 14.337,00 dal Tribunale (verificata qui come corretta la loro quantificazione), deve perciò essere riconosciuta, in luogo dei soli Euro 1.025,00 accordati in ordinanza ex comma 6, la maggior somma di Euro 5.132,00 (Euro 4.106,00 per la fase decisionale + 25% ex comma 6) , escluso l’aumento per la pluralità delle parti per le ragioni già valutate al punto 3.2.
6.1. Le spese del giudizio di merito seguono la soccombenza e sono, perciò, poste a carico del Cagliari calcio in favore dell’avv. COGNOME secondo la liquidazione operata in dispositivo in riferimento all’ammontare complessivo del credito riconosciuto (criterio del decisum ), risultando le sette opposizioni, a seguito della riunione, un unico giudizio.
In conseguenza, considerati, come rilevato dal Tribunale nell’esame del motivo di opposizione concernente l’abusivo frazionamento del credito, l’astratta possibilità di azionabilità dei singoli crediti con un unico giudizio e il maggior onere di difesa imposto dall’avvocato ricorrente alla controparte con l’inutile frazionamento delle iniziative giudiziarie, le spese di giudizio devono essere rimborsate in riferimento all’unico credito riconosciuto: come già stabilito da questa Corte, il principio di autoresponsabilità applicato alla materia delle spese processuali ha per corollario l’irripetibilità delle spese sostenute senza vantaggio alcuno per il creditore. Nel caso di specie il creditore procedente era il medesimo nelle sette procedure ingiuntive (alcune instaurate nello stesso tempo) e medesimo era il debitore, sicché da questo comportamento processuale sono derivate
spese certamente superflue (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 21948 del 28/10/2015).
In riferimento all’unico credito deve perciò essere rimborsato dall’opponente soccombente un unico contributo unificato (Euro 759,00 per le cause di valore compreso tra Euro 52.001 e 260.000); della condotta del creditore opposto è, infatti, consentito al Giudice tenere conto ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ. (cfr. in ipotesi di successive esecuzioni, Cass. Sez. 3, n. 6513 del 03/03/2023, con richiami; in ultimo, Cass., Sez. U, n. 7299 del 19/03/2025).
La revoca di tutti i decreti opposti non consente il riconoscimento di altre spese per la fase monitoria; non sono, invece, stati attinti da impugnazione di Cagliari calcio gli importi riconosciuti dal Tribunale come specifica voce a titolo di «rimborso delle spese vive per l’approvazione della parcella», riportati nella motivazione dell’ordinanza e nei capi del dispositivo da a) a j) e liquidati in riferimento a ciascun credito professionale portato da ogni decreto ingiuntivo: questi importi restano, pertanto, confermati in favore dell’avvoca to.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo in riferimento al valore del credito riconosciuto in differenza (Euro 5.132,00 meno Euro 1.025,00 già riconosciuti), sono poste a carico della società controricorrente incidentale, secondo soccombenza, in favore dell’avv. COGNOME
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie nei limiti precisati in motivazione il terzo motivo di ricorso incidentale, assorbendo il quarto e rigettati i restanti; rigetta il ricorso principale;
cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, in parziale riforma del solo capo 1-i) della ordinanza impugnata, liquida in favore dell’avv. COGNOME per il credito ivi specificato, la complessiva somma di Euro 19.469,00, invece di Euro 15.362,00 già riconosciuti, oltre spese generali al 15%, IVA E CPA, Euro 1.000,75 a titolo di rimborso spese vive e interessi come ivi statuiti;
conferma per le restanti statuizioni l’ordinanza impugnata, ad eccezione del capo 3 sulle spese;
condanna Cagliari calcio al pagamento, in favore d ell’avv. COGNOME, delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 14.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 759,00 e agli accessori di legge;
condanna Cagliari calcio al pagamento, in favore dell’avv. COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 12 giugno 2024 e, in seguito a riconvocazione, del 27 maggio 2025.
La Presidente NOME COGNOME