Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20621 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20621 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 653/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME ( -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
NOME, elettivamente domiciliato in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso da se medesimo e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1046/2018 depositata il 09/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda che l’AVV_NOTAIO ha proposto innanzi al Tribunale di Salerno nei confronti di NOME, con la quale ha chiesto il pagamento delle competenze professionali, nella misura di € 6745,21 per l’attività svolta in un giudizio risarcitorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e delle RAGIONE_SOCIALE.
L’attore dedusse di aver espletato l’attività difensiva dall’atto di costituzione sino alla rinuncia del mandato, quando era stato sostituito dall’AVV_NOTAIO; ha esposto che la causa aveva avuto esito favorevole per NOME, ma nessun compenso gli era stato corrisposto dalla predetta.
La convenuta si costituì per resistere alla domanda, rilevando che il nuovo difensore, l’AVV_NOTAIO , aveva depositato una parcella di £ 18.557,670, comprensiva delle spese liquidate in sentenza, senza provvedere a corrispondere all’AVV_NOTAIO i compensi per l’attività da lui svolta, che erano compresi nella medesima liquidazione.
NOME chiese la chiamata in causa dell’AVV_NOTAIO per essere manlevata in caso di condanna al pagamento delle somme richieste dall’attore.
Si costituì l’AVV_NOTAIO e dedusse di aver depositato una nota spese di £ 24.194.200 riguardante esclusivamente l’attività da lei espletata e che, a fronte della liquidazione della minor somma ad opera del giudice, non aveva ritenuto di dover chiedere la differenza alla cliente.
Il Tribunale, ritenuto che non fosse oggetto di contestazione il rapporto professionale tra le parti e l’attività espletata dall’AVV_NOTAIO, condannò NOME al pagamento in favore dell’attore della somma di € 6.535,18; ritenuto che la liquidazione delle spese legali da parte del Tribunale comprendesse l’attività difensiva svolta dai due avvocati, condannò l’AVV_NOTAIO a tenere indenne NOME delle somme che le predetta era stata condannata a pagare all’AVV_NOTAIO.
NOME COGNOME propose appello, resistito da NOME ed NOME.
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 9.7.2018, rigettò il gravame.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d’appello ritenne inammissibile l’appello per violazione dell’art.342 c.p.c., perché, oltre ad essere di ardua comprensione, non coglieva la ratio decidendi , in quanto era in discussione non già il rapporto tra l’AVV_NOTAIO e la propria cliente, ma il pagamento delle somme che la medesima aveva indebitamente percepito anche per l’attività svolta dal suo predecessore.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno sulla base di due motivi.
AVV_NOTAIO NOME ed NOME hanno resistito con distinti controricorsi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.; la ricorrente sostiene che l’atto di appello era connotato da specificità in quanto avrebbe chiaramente invocato il principio di diritto, in virtù del quale il compenso ricevuto dalla cliente sarebbe riferibile non alla liquidazione giudiziale ma esclusivamente ai rapporti professionista/cliente. La ricorrente sottolinea che, nonostante la liquidazione giudiziale fosse globale e comprendesse le attività svolte dal precedente difensore, ad essa sarebbe estraneo il rapporto tra professionista e cliente.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 127 dello 08.04.2004, articoli 1 e 2, dell’art. 2233 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., perché la decisione impugnata sarebbe contraria al principio in forza del quale , gli onorari e i diritti sono sempre dovuti all’avvocato dal cliente indipendentemente dalle statuizioni del giudice sulle spese giudiziali.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
La Corte distrettuale, pur avendo ritenuto che l’atto d’appello fosse carente di chiarezza e linearità, lo ha dichiarato inammissibile perché non aveva colto la ratio decidendi.
La domanda dell’AVV_NOTAIO nei confronti dell’AVV_NOTAIO , in seguito alla sua chiamata in causa da parte dell’attrice, era una domanda di ripetizione delle somme indebitamente percepite per l’attività dal medesimo svolta prima della sua rinuncia al mandato.
La Corte d’appello ha fatto implicito riferimento, pur non citandolo, all’art.6 della L. 13 giugno 1942, n. 794, ratione temporis applicabile, per come costantemente interpretato da questa Corte, nel senso che, ove più avvocati siano incaricati della difesa in un procedimento
civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente in base all’opera effettivamente prestata (Cass. Sez. 2, 04/11/2010, n. 22463; Cass. Sez. 2, 12/07/2000, n. 9242; Cass. Sez. 2, 19/10/1992, n. 11448).
La Corte d’appello ha accertato (pag.4 della sentenza impugnata) che l’AVV_NOTAIO aveva depositato una nota spese che comprendeva anche le attività espletate dall’AVV_NOTAIO prima della rinuncia al mandato; poiché la liquidazione delle spese da parte del Tribunale non distingueva le attività svolte dai due difensori, il compenso risultava indebitamente percepito dall’AVV_NOTAIO in relazione all’attività professionale svolta dal precedente difensore.
Alla causa petendi del presente giudizio è, quindi, estraneo il rapporto tra professionista e cliente, come correttamente affermato dalla Corte d’appello che ha dichiarato inammissibile il gravame perché non aveva colto la ratio decidendi. A fortiori, non è integrata la violazione D.M. n. 127 dello 08.04.2004, articoli 1 e 2 e dell’art. 2233 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c in quanto la domanda svolta dall’AVV_NOTAIO nei confronti dell’AVV_NOTAIO aveva ad oggetto la ripetizione delle somme che quest’ultima aveva indebitamente percepito dalla cliente per l’attività svolta dal precedente difensore.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione