Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11019 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11019 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
Oggetto: Compensi difensore
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30028/2022 R.G. proposto da COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in RomaINDIRIZZO è elettivamente domiciliata.
-ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliato.
-controricorrente – avverso l’ordinanza n. 12988/2022 resa dal Tribunale di Roma nel giudizio 9915/2021, in data 23/6/2022, depositata il 27/6/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso depositato il 02/02/2021, NOME COGNOME chiese la revoca del decreto di liquidazione del compenso emesso dal
Tribunale di Roma il 07/01/2021 per l’importo di € 1.200,00, oltre accessori, in relazione all’attività difensiva svolta in favore delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento n.r.g. 617/2019, incardinato presso il medesimo Tribunale, allegando l’illegittimità dello stesso per aver attribuito alla controversia un valore diverso da quello effettivo, pari a € 1.200.000,00, quale importo del risarcimento domandato, e chiedendo la liquidazione dell’importo minimo di € 10.663,40, già considerata la riduzione di ½ ex art. 130 d.P.R. n. 115 del 2002 e comprensivo di spese generali, iva e cpa, e, in subordine, il calcolo dell’importo dovuto.
Costituitosi in giudizio, il Ministero della Giustizia chiese il rigetto della domanda.
Con ordinanza n. 12988/2022 del 27/06/2022, il Tribunale di Roma liquidò, in favore dell’istante, la somma di euro 2.767,00, oltre accessori di legge, ponendola a carico dell’Erario e condannò il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese di lite.
Contro la predetta ordinanza, COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 82 d.P.R. n. 115 del 2002 e dell’art. 4 D.M. n. 55 del 2014, perché il giudice di merito, nonostante l’esplicita richiesta sul punto, aveva omesso di applicare la maggiorazione prevista dal tariffario nel caso di assistenza di più clienti, che nella specie erano cinque, senza peraltro motivare sul punto. La ricorrente ha dunque chiesto che l’importo liquidato fosse amentato del 120 % (tenuto conto delle cinque parti difese), con successiva decurtazione del 50%.
1.2 Il primo motivo è fondato.
L’art. 4, comma 2, d.m. n. 55/2014, dispone che « Quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti ».
Detta disposizione, facendo esplicito riferimento a “soggetti” e non a “parti” ha inteso rendere applicabile l’aumento per ognuno dei soggetti, aventi la medesima posizione processuale, senza che possa assumere rilievo la circostanza che taluni di essi rappresentino una sola parte in senso proprio, così affidando alla discrezionalità del giudice (di regola) di tener conto del maggior lavoro, peraltro limitato dall’identità della posizione processuale, che deriva all’avvocato a riguardo di ognuno dei soggetti rappresentati e difesi oltre il primo (basti pensare alla necessità di rapportarsi con ognuno d’essi, di anagrafare ognuno d’essi e di far sottoscrivere la procura a ognuno d’essi), senza che un tale ulteriore impegno professionale risulti anche solo attenuato dal fatto che i detti soggetti rappresentino una sola parte (Cass., Sez. 2, 6/6/2022, n. 18047).
Come già affermato da questa Corte, la voce verbale ” può ” accorda al giudice la facultas di far luogo all’aumento del compenso e nondimeno, al contempo, gli prefigura l’onere di motivare sia nell’evenienza in cui ritenga di riconoscere l’aumento, sia nell’evenienza contraria (Cass., Sez. 6-2, 14/1/2020, n. 461; Cass., Sez. 1, 19/1/2022, n. 1650).
Nella specie, il giudice di merito nulla ha stabilito al riguardo, né ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto di non applicare la maggiorazione in questione, ciò che determina la fondatezza della censura e la cassazione della pronuncia al fine di porre rimedio alla lacuna motivazionale.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 D.M. n. 55 del 2014, perché il giudice di merito, senza alcuna motivazione sul punto, aveva omesso di liquidare la fase istruttoria del giudizio, ritenendola evidentemente non svolta, senza considerare che la ricorrente aveva depositato in giudizio richieste di prova e memorie illustrative, esaminato gli scritti difensivi e i documenti della controparte e posto in essere svariati adempienti ricompresi nella ‘ fase istruttoria ‘ come descritta nel d.m. n. 55 del 2014. Ciò comportava, ad avviso della ricorrente, la necessità di riparametrare il compenso, tenendo conto anche della fase istruttoria, posto che erano stati portati a termine numerosi incombenti e che, ai fini voluti, non era necessaria l’assegnazione di memorie ex art. 183 cod. proc. civ. o l’audizione di un testimone.
2.2 Anche tale motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore, il D.M. n. 55 del 2014 non prevede alcun compenso specifico per la fase istruttoria, ma prevede un compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche quella istruttoria, con la conseguenza che nel computo dell’onorario deve essere compreso anche il compenso spettante per la fase istruttoria, a prescindere dal suo concreto svolgimento (Cass., Sez. 2, 27/3/2023, n. 8561), senza che rilevi, proprio per tale motivo, che la trattazione del giudizio di primo grado sia avvenuta nelle forme del procedimento sommario
di cognizione, ai sensi dell’art. 702bis cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 13/10/2023, n. 28627).
Al di là di ciò, va ulteriormente chiarito che, ai fini della liquidazione di detta fase, rilevano non soltanto l’espletamento di prove orali e di c.t.u., ma anche le ulteriori attività difensive che l’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014, include in detta fase, tra cui pure le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte (Cass., Sez. 6-2, 18/2/2019, n. 4698).
Ha, dunque, errato il giudice di merito allorché ha escluso detta fase dalla liquidazione, sostenendo che nessuna attività istruttoria fosse stata svolta, essendo il giudizio fondato sulla sola c.t.u. espletata nel processo penale. Anche sotto tale profilo, l’ordinanza deve essere cassata.
5. In conclusione, dichiarata la fondatezza dei due motivi, il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza cassata, con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di