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Compenso avvocato: quando si applica la maggiorazione

Una recente ordinanza della Cassazione ha chiarito i criteri per la liquidazione del compenso avvocato in regime di patrocinio a spese dello Stato. La Corte ha stabilito che il giudice deve sempre motivare la mancata applicazione della maggiorazione per la difesa di più clienti. Inoltre, ha precisato che la fase istruttoria deve essere sempre ricompresa nel calcolo, anche in assenza di prove orali, garantendo così un più equo compenso avvocato.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Avvocato: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Aumento e Liquidazione

La corretta determinazione del compenso avvocato è una questione centrale nel sistema giustizia, soprattutto nei casi di patrocinio a spese dello Stato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su due aspetti cruciali: la maggiorazione del compenso per la difesa di più clienti e il riconoscimento della fase istruttoria. La decisione sottolinea la necessità di una valutazione attenta e motivata da parte dei giudici, a garanzia di una giusta remunerazione per l’attività professionale svolta.

I Fatti di Causa

Una legale aveva assistito cinque clienti ammessi al patrocinio a spese dello Stato in una causa civile. Al termine del giudizio, il Tribunale aveva liquidato un compenso che la professionista riteneva inadeguato. La legale aveva quindi impugnato il decreto di liquidazione, sostenendo che il Tribunale avesse commesso due errori principali:
1. Non aveva applicato la maggiorazione del compenso prevista dalla legge per l’assistenza a più soggetti.
2. Aveva omesso di liquidare le somme dovute per la fase istruttoria, ritenendola non svolta.

Il Tribunale, in sede di opposizione, aveva parzialmente accolto le richieste, ma la somma liquidata era ancora ritenuta insoddisfacente. La legale ha quindi proposto ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi di ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando la causa per una nuova decisione. La Corte ha censurato il provvedimento impugnato per la sua carenza motivazionale e per l’errata interpretazione delle norme che regolano la liquidazione dei compensi professionali.

Le motivazioni: l’obbligo di motivazione sulla maggiorazione del compenso avvocato

Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda l’aumento del compenso quando un avvocato assiste più soggetti nella stessa causa. L’art. 4 del D.M. n. 55/2014 stabilisce che il compenso “può” essere aumentato del 20% per ogni soggetto assistito oltre il primo. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’uso del verbo “può” conferisce al giudice un potere discrezionale, ma non lo esonera da un preciso onere di motivazione.

Il giudice di merito, nel caso specifico, non aveva spiegato perché avesse deciso di non applicare la maggiorazione, nonostante la richiesta esplicita della ricorrente. Questa omissione costituisce un vizio di motivazione che rende illegittimo il provvedimento. La Corte ha sottolineato che assistere più soggetti, anche se con la stessa posizione processuale, comporta un aggravio di lavoro per il difensore (ad esempio, la necessità di rapportarsi singolarmente con ciascun cliente), che deve essere tenuto in considerazione. La decisione di non riconoscere tale maggiorazione deve essere, quindi, adeguatamente giustificata.

Le motivazioni: il riconoscimento della fase istruttoria

Il secondo motivo di ricorso, anch’esso accolto, concerneva il mancato riconoscimento del compenso avvocato per la fase istruttoria. Il Tribunale aveva escluso tale fase dalla liquidazione, ritenendo che non fosse stata svolta alcuna attività specifica, come l’audizione di testimoni.

La Cassazione ha chiarito che questa interpretazione è errata. Il D.M. n. 55/2014 prevede un compenso unitario per la “fase di trattazione”, che include intrinsecamente anche quella istruttoria. Ai fini della liquidazione, non è necessario che siano state espletate prove orali o consulenze tecniche. Rientrano in questa fase tutte le attività difensive preparatorie, come la redazione di memorie, la richiesta di prove e l’esame dei documenti di controparte. Escludere a priori il compenso per questa fase, solo perché il processo si è basato su altri elementi (come una CTU svolta in sede penale), costituisce una falsa applicazione della norma.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza due principi fondamentali per la tutela della professione forense. In primo luogo, stabilisce che la discrezionalità del giudice nella liquidazione dei compensi non può mai tradursi in arbitrarietà: ogni decisione, specialmente se negativa per il professionista, deve essere supportata da una motivazione chiara e logica. In secondo luogo, definisce in modo estensivo il concetto di fase istruttoria, garantendo che l’attività difensiva, anche quella che non si traduce in udienze probatorie, riceva il giusto riconoscimento economico. Si tratta di una pronuncia che promuove un’equa e trasparente determinazione del compenso avvocato, essenziale per il corretto funzionamento del sistema giustizia.

Il giudice può rifiutarsi di aumentare il compenso dell’avvocato che assiste più clienti nella stessa causa?
Sì, il giudice ha la facoltà (‘può’) di aumentare il compenso, ma non l’obbligo. Tuttavia, come chiarito dalla Corte di Cassazione, deve motivare esplicitamente la sua decisione, sia che conceda l’aumento sia che lo neghi. L’assenza di motivazione rende il provvedimento illegittimo.

Per ottenere il compenso per la fase istruttoria è necessario che si siano tenute udienze per l’assunzione di testimoni?
No. La Suprema Corte ha affermato che il compenso per la fase istruttoria è ricompreso in quello unitario per la fase di trattazione e deve essere riconosciuto a prescindere dal suo concreto svolgimento. Rilevano anche attività come le richieste di prova e la redazione di memorie illustrative, indipendentemente dall’effettivo espletamento di prove orali o c.t.u.

Come si calcola l’aumento del compenso in caso di difesa di più soggetti?
Secondo l’art. 4, comma 2, del D.M. 55/2014, il compenso unico può essere aumentato di regola del 20% per ogni soggetto oltre il primo fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5% per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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