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Compenso avvocato Pinto: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, interviene sulla liquidazione del compenso avvocato nei giudizi di opposizione per equa riparazione (Legge Pinto). È stato stabilito che la fase istruttoria/trattazione deve essere sempre remunerata e che lo scaglione di valore per il calcolo si basa sulla somma effettivamente liquidata e non su quella richiesta. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva escluso tale fase e liquidato somme simboliche, procedendo a una nuova e corretta quantificazione delle spese legali.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso avvocato Pinto: la Cassazione fissa i paletti per la liquidazione

La corretta determinazione del compenso avvocato Pinto è un tema di cruciale importanza per i professionisti legali, poiché garantisce il giusto riconoscimento per l’attività svolta a tutela dei cittadini danneggiati dalla lentezza della giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su come calcolare tale compenso nella fase di opposizione, ribadendo l’inderogabilità di certi parametri e il diritto alla remunerazione per tutte le fasi processuali.

I fatti del caso

Un cittadino, dopo aver ottenuto un decreto per un equo indennizzo a causa della durata irragionevole di un precedente giudizio, proponeva opposizione ritenendo la somma liquidata insufficiente. La Corte d’Appello, pur accogliendo parzialmente l’opposizione e aumentando l’indennizzo, liquidava le spese legali a favore del suo avvocato in modo non conforme ai parametri professionali. In particolare, il giudice di merito aveva escluso completamente il compenso per la fase istruttoria/trattazione e aveva applicato valori inferiori a quelli minimi, motivando la scelta in modo generico.

L’avvocato del cittadino ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle norme sui parametri professionali e la mancata liquidazione di una fase essenziale del procedimento.

La decisione della Cassazione sul compenso avvocato Pinto

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando il decreto impugnato e decidendo direttamente nel merito. La decisione si fonda su principi consolidati, riaffermando regole precise per la liquidazione delle spese legali in questi specifici procedimenti.

I parametri e lo scaglione di valore corretti

La Corte ha innanzitutto ribadito che, ai fini della liquidazione, il giudice non può diminuire i valori medi delle tabelle professionali di oltre il 50%. Nel caso di specie, la liquidazione era stata talmente bassa da risultare puramente simbolica e lesiva del decoro della professione.

Inoltre, è stato chiarito un punto fondamentale per il calcolo: lo scaglione di valore di riferimento non è quello relativo alla somma inizialmente richiesta dal ricorrente, ma quello corrispondente alla somma effettivamente liquidata dal giudice all’esito del giudizio di opposizione. Questo criterio, detto del decisum, assicura che il compenso sia proporzionato all’effettivo risultato ottenuto.

Il riconoscimento obbligatorio della fase istruttoria

Il punto più significativo della pronuncia riguarda il compenso per la ‘fase istruttoria e/o di trattazione’. La Corte d’Appello lo aveva escluso, ritenendo che nel caso specifico non si fossero svolte attività istruttorie in senso stretto. La Cassazione ha smontato questa tesi, spiegando che il parametro tabellare è unico e si riferisce inscindibilmente sia alla fase istruttoria che a quella di trattazione.

Di conseguenza, anche se non vengono compiute attività tipicamente istruttorie (come l’escussione di testimoni o la nomina di un consulente), la fase di ‘trattazione’ della causa si svolge comunque. Pertanto, l’eventuale mancanza di atti istruttori non giustifica l’azzeramento del compenso per l’intera fase. Questo compenso deve essere riconosciuto, in quanto remunera l’attività di gestione e sviluppo del procedimento.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme che regolano i compensi professionali (D.M. n. 55/2014 e successive modifiche). I giudici hanno sottolineato che i parametri forensi sono stati introdotti per garantire trasparenza e tutelare la dignità della professione, impedendo liquidazioni arbitrarie o meramente simboliche. L’esclusione di un’intera fase processuale, come quella istruttoria/trattazione, rappresenta una palese violazione di tali principi. La dicitura ‘e/o’ utilizzata nelle tabelle ministeriali indica chiaramente che il compenso è dovuto se si svolge l’una o l’altra attività, rendendo di fatto quasi sempre dovuta la remunerazione per questa fase, che è intrinseca allo sviluppo del contraddittorio.

Le conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante punto di riferimento per gli avvocati che si occupano di ricorsi basati sulla Legge Pinto. Le conclusioni che se ne possono trarre sono chiare: il compenso per la fase istruttoria/trattazione è dovuto anche in assenza di attività istruttoria tipica, e il calcolo delle spese legali deve sempre rispettare i limiti minimi imposti dai parametri, basandosi sul valore della causa come determinato dalla decisione finale del giudice. Ciò assicura una maggiore certezza del diritto e una più equa remunerazione per l’attività professionale svolta.

Come si determina lo scaglione di valore per liquidare le spese legali nel giudizio di opposizione per equa riparazione?
Lo scaglione di valore di riferimento deve essere determinato sulla base della somma che il giudice effettivamente liquida alla parte a titolo di indennizzo, e non sulla base dell’importo originariamente richiesto.

La fase istruttoria deve essere sempre liquidata nel compenso dell’avvocato in un procedimento di opposizione ex Legge Pinto?
Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che il compenso per la ‘fase istruttoria e/o di trattazione’ è dovuto anche se non vengono svolte attività istruttorie in senso stretto, poiché la ‘trattazione’ della causa è una componente essenziale del procedimento che merita di essere remunerata.

Può il giudice liquidare un compenso inferiore ai minimi tariffari stabiliti dai parametri professionali?
No. La Corte ribadisce che il giudice, nel liquidare i compensi, non può ridurre i valori medi indicati nelle tabelle professionali di oltre il 50%. Una liquidazione che non rispetta questo limite è considerata illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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