Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8529 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3241/2024 R.G. proposto da: COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO);
– controricorrenti – avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 51365/2023, depositato il 29/09/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha ritualmente proposto opposizione avverso il decreto emesso dal Consigliere D esignato della Corte d’Appello di Roma, n. 755 del 27 giugno 2023, con cui è stato ingiunto al Ministero della Giustizia il pagamento di € . 2.000,00 oltre interessi legali dalla domanda e spese di lite da distrarsi, a titolo di equo indennizzo per la non ragionevole durata di un giudizio presupposto di equa riparazione e di due successivi giudizi di ottemperanza.
Rilevava il ricorrente, tra l’altro, che il giudizio presupposto unitariamente inteso (di cognizione e di ottemperanza) ha avuto una durata complessiva di 6 anni, 10 mesi e 5 giorni, alla quale erroneamente il giudice monocratico aveva detratto 6 mesi da ciascuna tranche di processo presupposto (cognizione e ottemperanza, quest’ultimo articolatosi in due diversi giudizi), mentre doveva essere complessivamente detratta la durata ragionevole di 1 anno; sì che la durata irragionevole ammontava in via principale a 6 anni, 4 mesi e 5 giorni, in via gradata a 5 anni, 10 mesi e 5 giorni, arrotondabili a sei anni in quanto ai fini dell’indennizzo ogni frazione di anno superiore a 6 mesi è pari ad 1 anno, ex art. 2 bis , comma 1, L. 24/3/2001 n. 89.
Il giudice dell’opposizione, con il decreto n. 1010/2023, accoglieva in parte il gravame, ritenendo non corretto, con riguardo all’addebitabilità del ritardo, il frazionamento effettuato dal Consigliere d esignato perché in contrasto con il principio dell’unitarietà dello specifico procedimento (sostenuto dall’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale) ed altresì con il divieto del principio della prevalenza tra le diverse Amministrazioni, trattandosi comunque della responsabilità dello Stato italiano per il tramite dei Ministeri interessati,
a nulla rilevando che il ritardo del Ministero della Giustizia per il protrarsi del giudizio di equa riparazione -che ha, in sostanza, consumato per intero il termine di ragionevole durata -abbia determinato quello del MEF per l’adempimento dell’obbligazione derivante dall’originario provvedimento monitorio e sia quindi al primo ascrivibile, come ritenuto in via pr incipale dall’opponente.
Poiché la ragionevole durata del giudizio di cognizione e successiva fase esecutiva derivanti da un giudizio presupposto di equa riparazione è di un anno, ritenute inconferenti le diverse, minori, valutazioni di tale periodo allegate dalla difesa dell’opponente, il giudice dell’opposizione determinava il termine di non ragionevole durata nell’eccedenza di 5 anni, 10 mesi e 3 giorni, pari a 6 anni ex art. 2bis comma 1 per la rilevanza della frazione annuale superiore a 6 mesi, escluso il tempo intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l’inizio sia del primo che del secondo procedimento di ottemperanza ex art. 2quater legge n. 89/2001, che non è tempo del processo (Cass. Sez. U., n. 6312/14).
Condannava, quindi, a corrispondere al ricorrente €. 2.000,00 in danno del Ministero della Giustizia, €. 400,00 in danno del MEF, ritenendo di non doversi discostare dai criteri adottati dal giudice monocratico (che aveva riconosciuto la somma di €. 400,00 per ogni anno di ritardo).
Con riguardo alle spese di lite , il giudice dell’opposizione poneva in solido a carico di entrambi i Ministeri € 1.300,00 per compensi, oltre rimborso spese generali (15%), Iva e Cpa, tenendo conto dei minimi tariffari, con l’applicazione della maggiorazione del 30% per la redazione degli atti con modalità telematiche idonee alla consultazione ex art. 4 comma 1bis D.M. n. 55/14, come richiesto, ed escludendo la
fase istruttoria, oltre alle spese vive per €. 2 8,00 e quelle non documentabili per €. 10,00.
Avverso il suddetto decreto collegiale propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo ad un unico motivo e illustrandolo con memoria.
Resistono il Ministero della Giustizia e il M inistero dell’Economia e delle Finanze.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione – in relazione alla liquidazione e quantificazione dei compensi del procedimento di opposizione e, in particolare, alla mancata liquidazione del compenso per la fase istruttoria o di trattazione, alla violazione dei valori minimi dei parametri professionali che sono inderogabili e alla liquidazione di somme simboliche non consone al decoro della professione – delle norme ex artt. 10, 14, 91 cod. proc. civ., 2233, comma 2, c.c., 24, comma 1, L. 13/6/1942 n. 794, 13, comma 6, L. 31/12/2012 n. 247, 2, comma 1, 4, commi 1 e 5, 5, commi 1 e 3, D.M. 10/3/2014 n. 55, 6, 7, comma 1, D.M. 13/8/2022 n. 147 e nuova tabella 12 D.M. 10/3/2014 n. 55 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
1.1. Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso.
1.2. Deve, innanzitutto, ribadirsi che, ai fini della liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato nel rapporto col proprio cliente, in caso di mancata determinazione consensuale, come ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 e che permane a seguito del D.M. 13 agosto 2022, n. 147, il giudice non può in nessun
caso diminuire oltre il 50% i valori medi di cui alle tabelle allegate (per tutte: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11788 del 2023).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha proceduto alla liquidazione «inferiore alla media», motivando la sua scelta in tal senso («in relazione alla corrispondente complessità della controversia, alla sua natura e valore, alle questioni trattate»: v. decreto p. 13, righi 79); non ha, tuttavia, specificato la tabella e lo scaglione di riferimento, oltre a non aver conteggiato nel compenso la fase istruttoria/di trattazione.
1.3. Quanto alla tabella applicabile al giudizio di opposizione, questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. del 2014, n. 55 per i procedimenti collegiali dinanzi alla corte d’appello e la n. 13 per quelli di legittimità (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17524 del 2022; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 15493 del 21/07/2020, Rv. 658776 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16770 del 21/06/2019, Rv. 654610 -01; Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6 – 2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352).
Nel caso di specie, inoltre, si applicano le nuove tabelle, poiché le prestazioni defensionali si sono svolte successivamente alla loro entrata in vigore (23.12.2022), a séguito di modifica del D.M. 13 agosto 2022, n. 147.
1.4. Quanto allo scaglione di riferimento, si verte nella situazione di opposizione ex art. 5ter della legge n. 89 del 2001 che investe la
questione della determinazione del quantum del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo.
In tal caso, questa Corte in più occasioni ha affermato che il giudizio di opposizione non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo; senonché, ove detta opposizione sia proposta dalla parte privata rimasta insoddisfatta dall’esito della fase monitoria e, dunque, abbia carattere pretensivo, le spese di giudizio vanno liquidate in base al criterio della soccombenza, a misura dell’intera vicenda processuale, solo in caso di suo accoglimento, come nel caso che ci occupa, mediante l’utilizzazione dello scaglione di valore relativo alla somma in concreto liquidata alla parte privata a titolo di indennizzo per equa riparazione ( ex multis : Cass. 2/8/23 n. 23599; Cass. 25/7/23 n. 22345; Cass. 13/6/23 n. 16803; Cass. n. 32458/2021; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9728 del 26/05/2020, Rv. 658012 – 01; Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 26851 del 22/12/2016, Rv. 641924 -01).
Nel caso in esame , avendo il giudice dell’opposizione riformulato la determinazione del compenso in complessivi €. 2.400,00 (€. 2.000,00 a carico del Ministero della Giustizia, €. 400,00 a carico del MEF), lo scaglione di riferimento è quello che prevede un minimo di €. 1. 100,01 e un massimo di €. 5.200,00.
1.5. Quanto alla fase istruttoria, essa è stata esclusa dal giudice dell’opposizione in quanto ha valutato «la memoria ex art. 127ter cod. proc. civ. alla stregua della memoria illustrativa della fase decisoria, data la particolarità del giudizio di equa riparazione che si chiude con un decreto successivo al deposito della detta memoria» (v. decreto impugnato p. 13, righi 9-12): con ciò facendo errata applicazione del
principio espresso nella pronuncia di questa Corte citata dallo stesso decreto impugnato (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 10206 del 16/04/2021, Rv. 661243 – 01), riferito ai casi (come quello discusso nella pronuncia citata) in cui emerge dagli atti che la fase istruttoria e di trattazione non ha avuto luogo in secondo grado, in quanto lo svolgimento del giudizio di appello si era articolato unicamente nella prima udienza, nella quale, peraltro, non risultava svolta nessuna delle attività previste dall’art. 350 cod. proc. civ. né di quelle riconducibili alla previsione dell’art. 4, comma 5, lettera c) del D.M. n. 55 del 2014, nonché nella successiva udienza di precisazione delle conclusioni.
1.5.1. Compete, dunque, al ricorrente sicuramente anche il compenso per la fase istruttoria, alla luce dei precedenti di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’applicabilità nei giudizi di equa riparazione (per tutte, di recente: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23906 del 2024; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 38477 del 06/12/2021, Rv. 663222 -01), non avendo il giudice dell’opposizione escluso la totale inesistenza della fase di istruzione/trattazione, diversamente da quanto sostenuto nel controricorso (p. 4, ultimo capoverso).
Del resto, si osserva che il parametro tabellare di cui al D.M. n. 55 del 2014 è riferito alla «fase istruttoria e/o di trattazione», discendendone che l’eventuale mancato svolgimento della fase istruttoria in sé e per sé considerata (ossia di alcuna delle attività che in tale fase sono da intendersi comprese secondo l’indicazione esemplificativa contenuta nel comma 5, lett. c, dell’art. 4 D.M. n. 55 del 2014) non vale ad escludere il computo, ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi, dell’importo spettante per la fase così come complessivamente considerata nelle tabelle, restando questo comunque riferibile anche solo alla diversa fase della trattazione (come dimostra l’uso, nella descrizione in tabelle della corrispondente voce,
della congiunzione disgiuntiva «o», sia pure in alternativa alla congiunzione copulativa «e»: «e/o»: v. Cass. n. 28627/2023; Cass. Sez. 2, n. 3242 del 05.02.2024).
Per le ragioni sopra esposte, il decreto impugnato merita di essere cassato in parte qua.
Si può procedere alla decisione della causa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, liquidando le spese per la fase istruttoria nel giudizio di opposizione secondo le tariffe minime, oltre alle spese del presente giudizio, con distrazione a favore degli avvocati NOME COGNOMEper la fase di opposizione) e NOME COGNOMEper la fase di legittimità) che ne hanno fatto richiesta.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida così le spese, da porre a carico dei controricorrenti in solido:
per la fase istruttoria del giudizio di opposizione : €. 496,00 da distrarsi in favore dell’avvocato NOME COGNOME
-per il presente giudizio: €. 940,00, da distrarsi in favore dell’avvocato NOME COGNOME .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda