Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9041 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9041 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17469/2023 R.G. proposto da: COGNOME avv. COGNOME rappresentato e difeso da se stesso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso l ‘ ORDINANZA del TRIBUNALE di PATTI n. 317/2023 depositata il 04/07/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME proponeva opposizione avverso il decreto emesso nel l’ambito del procedimento penale n. 470/15 R.G.N.R. n. 114/2016 R.G. celebratosi dinanzi all’Ufficio del Giudice di Pace di Patti e conclusosi con sentenza del 23.01.2023, con il quale era stata, solo in parte, accolta l’istanza di liquidazione da lui presentata, quale difensore di una parte civile e ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Il giudice dell’opposizione riteneva la domanda infondata e la rigettava.
Per giungere a tale soluzione osservava quanto segue:
-n ell’impugnato decreto di liquidazione non erano state dettagliate le singole fasi della liquidazione, tuttavia, la somma complessivamente liquidata per € 450,00 oltre accessori di legge non era incongrua né si poneva in violazione dei criteri tabellarmente fissati in materia;
-il Giudice di Pace aveva ritenuto che ‘la liquidazione andava effettuata con esclusivo riferimento alla fase successiva all’ammissione’. L ‘istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato era stata presentata il 14-07-2016 mentre il giudizio si era instaurato con citazione del 15-01-2016: pertanto, appariva corretta la mancata liquidazione della fase introduttiva;
-p er il resto, l’esito del giudizio che aveva comportato l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato giustificava sia la liquidazione dell’onorario del difensore della parte civile in applicazione dei parametri minimi sia la riduzione del 25% per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto di cui all’art. 12 , comma 2, del D.M. n.55/2014 e successive modifiche;
-nel caso di specie, doveva tenersi conto dell’attività effettivamente svolta dal difensore, come documentato in atti, e della non rilevante complessità del procedimento in questione nonché del suo esito complessivo: conseguentemente, ancorché il provvedimento impugnato risultava carente sul piano della motivazione complessiva, il quantum liquidato appariva corretto.
L’avvocato COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza sulla base di due motivi.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 , n. 3, lett. b), del D.M. n. 55/2014, per aver ritenuto non dovuto i l compenso per la ‘fase introduttiva’ del processo penale patrocinato.
Osserva che la parte ha depositato la ‘Dichiarazione di costituzione di parte civile’ in data 07.10.2019 prima della apertura del dibattimento (avvenuta solamente alla udienza del 09.11.2020 a causa di una serie di rinvii per assenze del Giudice di Pace titolare e per impedimenti a comparire per motivi di salute dell ‘ imputato) e dopo che la propria assistita era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato (con decreto emesso in data 18.07.2016 a seguito di istanza depositata il 16.07.2016, giorno della prima udienza).
Rileva che è stata redazione di atto scritto (‘Dichiarazione di costituzione di parte civile’ tempestivamente depositata prima della apertura del dibattimento), sicché il Tribunale avrebbe errato a non liquidare il compenso per la fase introduttiva perché ‘il giudizio si è instaurato con citazione del 15.01.2016’ (e quindi
facendo riferimento alla data di emissione/firma da parte del P.M. della citazione a giudizio per l’udienza del 14.07.2016) .
1.1 Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il Tribunale ha erroneamente escluso dal calcolo del compenso la fase introduttiva del giudizio. Tale fase, invece, doveva essere riconosciuta avendo parte ricorrente depositato tempestivamente la richiesta di costituzione di parte civile nel giudizio penale davanti al giudice di pace e rientrando tra le attività previste dal decreto quali atti introduttivi (per fase introduttiva del giudizio si intende presentazione di esposti, denunce querele, istanze richieste dichiarazioni, opposizioni, ricorsi, impugnazioni, memorie, intervento del responsabile civile e la citazione del responsabile civile).
L’ordinanza va quindi cassata in relazione a tale motivo.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 , n. 1, del D.M. n. 55/2014, non potendosi condividere, perché errata in diritto, la decisione del Giudice della opposizione per quanto riguarda l’applicata doppia riduzione (oltre a quella di 1/3 ex art. 106 bis DPR 115/2002) del valore medio dei compensi previsti dalla tabella di riferimento.
Si sostiene che i l Tribunale ha di fatto effettuato l’abbattimento del 50% del valore medio liquidando il valore minimo e poi ha espressamente operato altro abbattimento del 25% ‘per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto’ facendo riferimento all’ art. 12, comma 2, del D.M. n. 55/2014.
Si richiama il principio secondo cui ai fini della liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato nel rapporto col proprio cliente, in caso di mancata determinazione consensuale,
come ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, ovvero in caso di liquidazione del compenso del difensore della parte ammessa al beneficio patrocinio a spese dello Stato nella vigenza dell’art. 4, comma 1, e 12, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificati dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate’ (Cassazione civile, sez. II, 19/04/2023, n. 10438; così anche Cass. Civile n. 24882 del 21.08.2023)
Rileva che la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto secondo il quale ai fini della liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato (anche) in caso di liquidazione del compenso del difensore della parte ammessa al beneficio patrocinio a spese dello Stato, nella vigenza del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, e art. 12, comma 1, come modificati dal D.M. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate. Nel caso che ci occupa, il Tribunale, pur avendo individuato il compenso sulla base del valore minimo (già quindi interessato da una riduzione del 50% del valore medio) ha poi operato una ulteriore decurtazione del 25%, come detto, non consentita. Ha poi applicato l’ulteriore riduzione di 1/3 – questa sì prevista dalle legge – dettata per la liquidazione in caso di patrocinio a spese dello Stato, facendo applicazione dell’art. 106 bis del D.P.R. n. 115 del 2002.
2.1 Questo motivo è infondato.
Come già affermato da questa Corte (cfr. cass. n. 22257 del 2022) la liquidazione delle spettanze del difensore della persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non deve
superare il valore medio della tariffa, né tale valore di partenza può essere ridotto al di sotto del minimo (Cass. 4759/2022; Cass. 31404/2019; Cass. 26643/2011). Sul compenso così determinato, anche se nei valori minimi, la successiva applicazione della ulteriore decurtazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 106-bis non costituisce violazione del minimo tariffario (Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 14/02/2024, n. 4049 e Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 14/02/2024, n. 4048 che ha mutuato i suddetti principi applicandoli anche all’ipotesi di difensore di ufficio di imputato divenuto irreperibile). La ratio sta nell’ esigenza di contemperamento tra la tutela dell’interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell’avvocato ad un compenso equo. A tali principi va data continuità.
In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere cassato in relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte decide nel merito ex art. 384 comma 2 cpc liquidando anche il compenso per la fase introduttiva in aggiunta alle spese già liquidate dal Tribunale per un importo pari ad € 237,00 (cfr. DM n. 147/2022, valori minimi, come già valutato dal giudice di merito) a cui applicare le riduzioni già riconosciute dal giudice di merito.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate per la metà ex art. 92, secondo comma, c.p.c. considerata la soccombenza parziale e sono poste a carico del Ministero della Giustizia per la restante frazione. Esse si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento, in aggiunta a quanto già liquidato dal Tribunale con il provvedimento impugnato, del l’ulteriore somma di € . 237,00 a titolo di compenso per la fase introduttiva a cui applicare le riduzioni già riconosciute;
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della metà delle spese del giudizio di legittimità, che per l’intero si liquidano in euro 800,00 oltre €. 100,00 per esborsi oltre al rimborso forfettario al 15% e IVA e CPA come per legge; compensa tra le parti la restante frazione.
Così deciso in Roma, in data 20 marzo 2025.