Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19201 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19201 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17839/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME ( -) rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE LODI n. 4251/2017 depositata il 02/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
NOME COGNOME ricorre con tre motivi per la cassazione dell’ordinanza in epigrafe con cui il Tribunale di Lodi ha condannato esso ricorrente a pagare all’AVV_NOTAIO la somma di €4487,00 oltre accessori, per compenso dell’attività prestata nella causa di separazione tra il medesimo ricorrente e la moglie e rigettato la domanda riconvenzionale di danni da inadempimento del contratto di prestazione d’opera professionale;
2.NOME COGNOME resiste con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
il primo motivo di ricorso, proposto in riferimento all’art. 360, primo comma n.3 c.p.c., è rubricato ‘violazione e falsa applicazione della l.729/94, come modificata dal d.m.55/2014 e dell’art. 2697 c.c. e 1176, comma 2, c.c. nella parte in cui l’ordinanza impugnata, in violazione dei disposti normativi di cui sopra ha ritenuto non provato l’inadempimento del professionista e, per l’ effetto, ha rigettato la domanda riconvenzione formulata dal AVV_NOTAIO COGNOME condannandolo altresì al pagamento delle spese di lite’;
2.il motivo è inammissibile. Va premesso che il riferimento alla legge 729/94, asseritamente ‘modificata’ dal d.m. 55/2014, contenuto in rubrica non è ripreso né tanto meno è sviluppato nel corpo del motivo. Riguardo all’art. 2697 c.c. e all’art. 1176, comma 2, c.c. il ricorrente si limita a contestare l’affermazione del Tribunale per cui non è stata data ‘prova della negligenza del professionista’. Sostiene che la negligenza emerge dal fatto,
pacifico in causa e di cui lo stesso Tribunale dà conto, che l’AVV_NOTAIO COGNOME aveva proposto nel processo di separazione una domanda di ‘divisione immobiliare’ dichiarata inammissibile dal giudice di quel processo. Non contesta l’ulteriore affermazione del Tribunale per cui neppure era stata data la prova ‘degli effetti pregiudizievoli’ della condotta del professionista. La violazione dell’art.2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (ved. Cass. 26769 del 2018) mentre nel caso di specie il Tribunale di Lodi ha correttamente ritenuto che l’onere della prova del pregiudizio subito dal ricorrente per conseguenza dell’allegato inadempimento del COGNOME, fosse, quale fatto costitutivo del vantato diritto al risarcimento (art. 1223 c.c.), a carico del ricorrente. Il motivo è inammissibile perché non attacca la ratio decidendi in base alla quale non era stata data la prova ‘degli effetti pregiudizievoli’ della condotta del professionista;
3. il secondo motivo di ricorso proposto in riferimento all’art. 360, primo comma n.3 c.p.c., è rubricato ‘violazione e falsa applicazione della l.729/94, come modificata dal d.m.55/2014 e dell’art. 2697 c.c. nella parte in cui l’ordinanza impugnata, in violazione dei disposti normativi di cui sopra, ha ritenuto provato e sussistente il diritto del professionista nei confronti del cliente -consumatore alla liquidazione del compenso relativo alla attività professionale asseritamente prestata ed ha perciò condannato il ricorrente al pagamento dei compensi professionali autonomamente liquidati dal Tribunale di Lodi, con conseguente condanna alle spese di lite sempre a carico del ricorrente’. Il ricorrente, dopo aver premesso che il Tribunale avrebbe ‘travalicato i limiti e i confini del giudizio instaurato’ perché si sarebbe sostituito al professionista nella
liquidazione del compenso ‘laddove invece il rito semplificato presuppone che il tribunale abbia come scopo quello di valutare la congruità del compenso richiesto’, ha sostenuto che il tribunale avrebbe errato nel determinare in € 4487,00 la misura del compenso dell’AVV_NOTAIO COGNOME. Tale misura è, per il ricorrente, eccessiva, atteso che, avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 4 del d.m. 55/2014, ‘sotto il profilo delle caratteristiche dell’attività prestata’ avrebbe dovuto dirsi che l’attività era al di sotto ‘del livello medio di diligenza richiesta al professionista’, ‘sotto il profilo della urgenza’, non vi era ‘nulla da dire’, ‘sotto il profilo del pregio’ dell’attività prestata ‘erano sufficienti le censure e i vizi giuridici (…) oggettivamente derivanti dalle stesse norme che presidiano l’attività del professionista’, sotto il profilo dell’importanza della natura e della difficoltà dell’affare è lo stesso tribunale che esclude la ricorrenza di tali aspetti, ‘sotto il profilo del valore dell’affare, l’importo di un milione di euro è staro arbitrariamente ed impropriamente autodeterminato proprio dall’AVV_NOTAIO con conseguente riflesso in temini di aumento del compenso allo stesso dovuto’, ‘sotto il profillo delle condizioni soggettive del cliente’, il Tribunale ‘non ha tenuto conto della natura di consumatore del dottor COGNOME‘, ‘sotto il profilo dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (…) nessun peso hanno avuto tali aspetti in particolare quello dei risultati conseguiti, anzi del tutto respinti, dallo stesso tribunale che li ha valutati addirittura inammissibili nel momento in cui ha dovuto pronunciarsi sulle domande formulate dal professionista’.
4.il motivo è inammissibile.
Va premesso che il Tribunale nel liquidare il compenso ha avuto riguardo al valore ‘indeterminabile’ della ‘controversia riguardante la separazione’ espressamente disattendendo la tesi dell’AVV_NOTAIO per cui avrebbe dovuto aversi riguardo al superiore ‘valore del patrimonio immobiliare di cui era stata chiesta la divisione’
dato che le ‘questioni patrimoniali’ erano state dichiarate inammissibili nel processo presupposto. Va, inoltre, premesso che il Tribunale ha sottolineato di avere avuto riguardo alla ‘complessità bassa’ delle questioni affrontate nel giudizio di separazione e alla attività delle fasi di studio, introduttiva e di trattazione ‘effettivamente eseguite’ e risultanti dai documenti 1, 3, 5, 6 dell’attuale controricorrente e dal documento 3 dell’attuale ricorrente. Questi, con il motivo in esame, mira in sostanza ad ottenere la rideterminazione in concreto del compenso per le prestazioni professionali svolte dal controricorrente chiamando la Corte a svolgere una attività rimessa esclusivamente al prudente apprezzamento del giudice di merito.
Per completezza si osserva che l’accenno fatto dal ricorrente alla limitazione dell’ambito della controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, come sostituito dal d.lgs. 150/2011, introdotta con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., al solo accoglimento o rigetto della domanda proposta dall’AVV_NOTAIO per un necessariamente determinato importo, non ha base, atteso che tale controversia dà luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dagli artt. 3, 4 e 14 del menzionato d.lgs. e che queste disposizioni non limitano il potere del giudice adito alla alternativa secca tra liquidare il compenso nella misura chiesta dal difensore e rigettare la domanda;
5. il terzo motivo di ricorso, proposto in riferimento all’art. 360, primo comma n.3 c.p.c., è rubricato ‘violazione e falsa applicazione del d.m.55/2014 e degli artt. 2697 c.c., 112 e 115 c.p.c., nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha escluso rilevanza ed assorbenza della circostanza riconosciuta da controparte e come tale pacifica ed incontrovertibile dell’avvenuto versamento da parte del dottor COGNOME della somma di 25.00,00 euro in favore dell’ AVV_NOTAIO COGNOME con conseguente decisiva influenza di tale
esclusione anche ai fini della quantificazione della condanna statuita dall’ordinanza medesima’;
6.il motivo è infondato.
Il Tribunale ha affermato che ‘non può essere accolta l’eccezione del convenuto di estinzione dell’obbligazione per avere effettuato nel corso degli anni numerosi pagamenti in favore del ricorrente. A tal proposito si osserva che il ricorrente ha dimostrato di avere provveduto ad imputare i pagamenti ricevuti (fatture emesse successivamente ai pagamenti effettuati) ad altri incarichi, presumibilmente svolti per suo incarico in favore di terzi. Al contrario il resistente non ha fornito idonea prova che i versamenti effettuati al difensore siano tutti riconducibili al procedimento giudiziale di cui si chiede il compenso visto che gli assegni prodotti sono stati sottoscritti per gran parte da soggetti diversi dal Dottor COGNOME e che neppure le matrici prodotte recano l’indicazione della causale. A ciò si aggiunge che il Dottor COGNOME non ha dimostrato di avere contestato l’imputazione dei pagamenti fatta del ricorrente neppure quando, in seguito alla revoca del mandato, è stato inviato il prospetto dei pagamenti effettuati e dei compensi ancora dovuti’.
Il ricorrente evidenzia di avere, nella memoria autorizzata in data 25 giugno 2018, dedotto quanto segue: ‘tutti gli altri documenti prodotti (…) estranei ed indifferenti al resistente e non si capisce a che titolo qui richiamati ed opposti non avendo alcuna connessione con lui e con le somme da lui versate al ricorrente per le posizioni dei giudizi di separazione e di indebito oggetto dei due procedimenti di liquidazione e contestazione pendenti. In ogni caso si eccepisce e rileva come controparte non fornisca mai prova di aver concordato somme per le pratiche indicate nei documenti prodotti né di aver ricevuto incarico specifico ed autonomo per le
prestazioni indicate e negate né di aver trasmesso le fatture prodotte’.
La decisione del Tribunale si sottrae alla censura: da quanto il ricorrente stesso deduce, non emerge che egli abbia imputato gli acconti, ex art. 1194 c.c., nel tempo in cui provvide al relativo pagamento, al debito oggetto della controversia; se il debitore non si avvale della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta, ex art. 1195 c.c., al creditore, il quale può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati; il Tribunale ha poi accertato che gli acconti sono stati imputati dal creditore ad altri ‘incarichi’ anche in favore di terzi ed ha sottolineato, a supporto della riferibilità dei versamenti a tali altri incarichi, che ‘la gran parte’ degli assegni tramite i quali detti versamenti era stata eseguita dal ricorrente risultava sottoscritta da terzi e non riconducibile al procedimento per separazione; la mancata deduzione, da parte del ricorrente, di aver imputato le somme versate, nel momento del pagamento, al debito in contestazione fa emergere l’infondatezza anche della doglianza di violazione dell’art. 115 c.p.c.;
in conclusione, i primi due motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili e il terzo deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in €
5000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 2 luglio 2024.