Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9314 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9314 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6773/2019 R.G. proposto da:
AVV_NOTAIO e COGNOME NOME, rappresentati e difesi da se medesimi e ciascuno con indicazione della rispettiva PEC ( e
), come domicilio digitale;
-ricorrenti-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO, p resso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1172/2018, pubblicata il 16/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Gli Avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME citarono in giudizio innanzi al Tribunale di Savona NOME, per sentirlo condannare al pagamento dei compensi per le loro prestazioni professionali, nella misura di € 17.401,24, rese in due giudizi civili, definiti in primo grado ed in appello rispettivamente con sentenze nn. 67/2007 e 1128/09.
Il convenuto si costituì per resistere alla domanda.
Il Tribunale adito rigettò la domanda e la Corte d’appello di Genova confermò la decisione di primo grado, sul rilievo che le somme richieste fossero sproporzionate rispetto al valore della causa ed all’importo liquidato dal giudice alla parte vittoriosa, mentre il convenuto era risultato soccombente; inoltre, gli attori non avevano specificato le loro pretese attraverso la redazione di una notula contenente l’elencazione delle attività svolte, notula che costituiva un onere di allegazione prima ancora che un onere probatorio. L’indicazione delle attività sarebbe tardivamente avvenuta con la comparsa conclusionale, dopo l’acquisizione dei fascicoli, avvenuta in esecuzione dell’ordine di esibizione emesso ai sensi dell’art. 210 c.p.c.
Per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto un congiunto ricorso, affidato ad un unico motivo, NOME COGNOME e NOME COGNOME
NOME NOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, in primo luogo, dichiarata l’inammissibilità del controricorso perché tardivamente notificato oltre il termine di venti giorni alla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso.
Risulta dall’esame degli atti che il ricorso principale è stato notificato il 14.2.2019 ed il controricorso avrebbe dovuto essere notificato al più tardi entro il 26.3.2019 mentre la notifica è avvenuta il 13.5.2021.
Con l’unico motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello rigettato la richiesta di liquidazione del compenso dei ricorrenti sulla base di motivazioni del tutto erroneo.
In primo luogo, era stato affermato che il compenso richiesto era sproporzionato rispetto all’importo del credito fatto valere in giudizio, senza tener conto dell’attività espletata dai ricorrenti; in secondo luogo, la Corte d’appello aveva considerato rilevante il compenso liquidato in sede giudiziale, nonostante l’autonomia del rapporto tra l’avvocato ed il cliente, ai fini della liquidazione.
Inoltre i ricorrenti rilevano che la carente indicazione dell’attività svolta era stata determinata dall’assenza di disponibilità dei fascicoli, ragione per la quale ne era stata disposta l’acquisizione ex art. 210 c.p.c., sicché, solo a seguito del loro deposito, essi avrebbero avuto la possibilità di depositare la nota riepilogativa con la comparsa conclusionale. Peraltro, la nota spese, contenente l’elencazione delle attività svolte, avrebbe mero valore presuntivo e non rientrerebbe
negli oneri di allegazione, ragion per cui la Corte d’appello, sulla base degli atti, avrebbe dovuto determinare gli onorari ed i diritti, accertando d’ufficio l’attività concretamente svolta dal difensore.
Il motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, n ei giudizi aventi ad oggetto l’accertamento di un credito per prestazioni professionali, incombe sul professionista la prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, dell’effettivo espletamento dello stesso nonché dell’entità delle prestazioni svolte (Cass. n. 21522/2019).
Era, quindi, onere dei professionisti produrre la documentazione attestante l’attività svolta.
Nel caso di specie, gli attori, attraverso la produzione dei fascicoli, avvenuto su ordine del giudice, ai sensi dell’art. 210 c.p.c. , avevano assolto all’onere della prova in quanto l’esame dei fascicoli consentiva di accertare l’attività concretamente svolta nel corso di entrambi i gradi di giudizio e di verificare il contributo di altri difensori.
E’ errata in diritto l’affermazione della Corte d’appello secondo cui l’elencazione delle voci difensive costituirebbe un onere di allegazione, da svolgersi nei termini di cui all’art. 183 c.p.c.; essa è contraddetta dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui la parcella, anche se corredata dal parere del competente Consiglio dell’ordine di appartenenza del professionista costituisce una mera dichiarazione unilaterale del professionista, sufficiente per la concessione del decreto ingiuntivo, mentre per l’accertamento del credito il professionista ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento della domanda e, in caso di contestazione, di fornire la prova delle prestazioni eseguite (Cass. n. 15930/2018).
Gli AVV_NOTAIO, sia pur attraverso l’ordine di esibizione – la cui legittimità non è stata messa in discussione quale mezzo di acquisizione della prova dei fatti e che, in quanto espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, per violazione di norma di diritto (Cass. n. 31251/2021 e Cass. n. 22196/2010) – hanno messo il giudice in condizione di verificare l’attività svolta e di procedere alla liquidazione dei compensi.
L’elencazione delle voci difensive, che costituiscono il contenuto della parcella, non integra un onere di allegazione, soggetto alle preclusioni, ma l’esercizio di attività difensiva esplicabile anche in comparsa conclusionale.
E’ stat o affermato da questa Corte che il principio di veridicità assiste la descrizione unilaterale dell’attività espletata come dichiarata in parcella ma non può essere esteso ai fatti giuridici costitutivi della fattispecie o al valore della causa, che spettano alla valutazione del giudice, sulla base delle norme del codice di procedura civile che individuano il valore della domanda, ma anche sulla scorta degli artt. 1 e ss. e, per quel che qui rileva, degli artt. 4 e 5 del D.M. n. 127/2004 (Cass., SU, n. 14699/2010 e Cass. n. 17054/2023, non mass.).
Per completezza, vanno evidenziati gli ulteriori errori di diritto in cui è incorsa la Corte territoriale, che, con motivazione apparente, ha ritenuto sproporzionata la richiesta di compenso, parametrandola al valore della causa ed alla liquidazione giudiziale, e, al contempo, ha rigettato la domanda.
L’art. 5 del D.M. 127 del 2004, ratione temporis applicabile nel caso in questione, prevede, al primo comma che ‘n ella liquidazione degli onorari a carica del soccombente deve essere tenuto conto della natura e del valore della controversia, dell’importanza e del numero delle questioni trattate, del grado dell’autorità adita, con speciale riguardo all’attività svolta dall’avvocato davanti al giudice ‘ .
Il terzo comma dello stesso art. 5 disciplina l’ipotesi della liquidazione degli onorari nei rapporti tra avvocato e cliente, distinguendola dalla liquidazione giudiziale, prevedendo che si tenga conto, oltre che dei criteri di cui ai commi precedenti, dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti nonché dell’urgenza richiesta per il compimento di singole attività.
Ne consegue che il valore della causa rappresenta uno dei criteri per la liquidazione del compenso, da valutare unitamente alla natura della controversia, alle questioni trattate ed all’attività concretamente svolta dall’avvocato.
Parimenti, in base all’art. 2 del medesimo DM n. 127 del 2004, il cliente è tenuto al pagamento degli onorari nei confronti dell’avvocato indipendentemente dalla statuizione del giudice sulle spese giudiziali, mentre l’art. 61, secondo comma, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, prevede espressamente la possibilità che venga richiesto al cliente un onorario maggiore di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese; ne consegue che il regolamento delle spese compiuto nel giudizio contenzioso patrocinato dall’avvocato – essendo regolato da criteri legali diversi – non può in alcun modo vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo in sede di procedura promossa dall’avvocato nei confronti del cliente per la determinazione del corrispettivo medesimo ( Cass. n. 9633/2010).
In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione