Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8526 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8526 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13913/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la cancelleria della SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
-intimati – avverso il decreto n. 515/2024 della Corte d’Appello di Roma, depositato del 23.04.2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
Questa Corte con ordinanza n. 2130/2024, decidendo sul ricorso proposto da NOME COGNOME cassò con rinvio il decreto emesso in materia di equa riparazione dalla Corte d’appello di
Roma, in composizione collegiale, il 14/7/2022, rinvenendo un dife tto d’integrità del contraddittorio. <>. Nulla venne disposto per il giudizio di legittimità, poiché l’intimato Ministero non aveva svolto difese.
Il Giudice del rinvio, individuato nella medesima Corte locale in diversa composizione, determinò l’equo indennizzo da porsi a carico del Ministero della Giustizia in € 1.600,00 e quello da porsi a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze in € 400,00 (questo era stato negato con il decreto impugnato davanti a questa Corte); condannò, inoltre, in via solidale, gli anzidetti Ministeri al pagamento delle spese, così specificate: <>.
NOME COGNOME ricorre avverso quest’ultimo decreto sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria. Entrambi i ministeri sono rimasti intimati.
Con i tre motivi, tra loro correlati, viene denunciata <>; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132, co. 2, n. 4, cod. civ., 118 disp. attuaz. cod. proc. civ., 111 Cost; 10, 14 e 91 cod. proc. civ., 2233, co. 2, cod. civ., 24, co. 1, l. n. 794/1942, 13, co. 6, l. n. 247/2012, 2, co. 1, 4, co. 1 e 5, 5, co. 1 e 3, d.m. n. 55, 6 e 7, co. 1 d.m. 147/2022 e della nuova tabella 12 d.m. n. 55/2014;
La ricorrente assume che la liquidazione delle competenze liquidate per l’opposizione e il successivo giudizio di rinvio risultano inferiori al minimo di tabella e comunque non effettivamente remuneratoria del lavoro professionale svolto, tenuto conto che trova applicazione il d.m. n. 147/2022 e che gli importi liquidati erano stati implementati del 30%, a seguito di specifica richiesta, per la redazione degli atti con tecniche informatiche (art. 4, co. 1 bis, d.m. n. 55/2014).
Inoltre, prosegue la ricorrente, ingiustamente la Corte romana aveva escluso compenso per la svolta trattazione.
Il complesso censorio è fondato nei limiti di cui appresso.
Il Collegio condivide e intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il giudice nel porre le spese di causa a carico della parte soccombente non possa liquidare compenso che si collochi al di sotto del minimo di tabella (cfr., da ultimo Cass. nn. 24882/2023 e 10438/2023).
Ciò premesso devesi rilevare che, fermo quanto statuito per la fase monitoria, la Corte di Roma, come sopra ripreso, ha liquidato per compensi la somma di € 1.300,00 per la fase collegiale ed ulteriori € 1.300,00 per il giudizio di rinvio, escludendo, in entrambi i casi che si fosse svolta trattazione. Gli anzidetti importi risultano,
inoltre, comprensivi della richiesta maggiorazione del 30%, ai sensi dell’art. 4, co. 1 bis, d.m. n. 55/2014.
Trova applicazione, ratione temporis, il d.m. n. 147/2022.
Questa Corte ha già avuto modo di condivisamente affermare che in materia di spese processuali, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore, il d.m. n. 55 del 2014 non prevede alcun compenso specifico per la fase istruttoria, ma prevede un compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche quella istruttoria, con la conseguenza che nel computo dell’onorario deve essere compreso anche il compenso spettante per la fase istruttoria, a prescindere dal suo concreto svolgimento (Sez. 2, n. 8561, 27/03/2023, Rv. 667505 -02, ex multis).
Inoltre, poiché il Giudice del rinvio era chiamato a riesaminare il ‘quantum’ della pretesa, e non il mero vaglio di profili del tutto accessori ed estranei al merito della contesa, non v’è ragione di escludere il compenso per siffatta fase. Per vero, questa Corte ha negato il diritto a un tal compenso in un caso in cui il giudice del rinvio era chiamato solo al ricomputo delle spese processuali (Cass. n. 34575/2021).
Il valore della causa va determinato, seguendo il consolidato orientamento sezionale, nel complessivo ammontare dell’equo indennizzo anche per il giudizio svoltosi a seguito del rinvio, restando escluso che per quest’ultimo esso debba essere circoscritto al ‘quantum’ in aggiunta liquidato.
Sul punto si condivide il ragionamento svolto da questa sede con l’ordinanza n. 23599/2023: <>.
Quanto sopra premesso per ognuna delle fasi collegiali di merito, atteso che in ragione della semplicità delle questioni affrontate, la Corte locale ha, evidentemente, inteso attestarsi al minimo di tabella, la liquidazione avrebbe dovuto assommare a €. 1.457,50 (€. 268,00 studio, € 268 introduzione, € 496 trattazione, € 425 decisionale). Importo che con il già riconosciuto implemento del 30% ammonta a € 1.894,75, oltre spese generali, IVA e CPA.
Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384, co. 2, cod. proc. civ.), la causa viene decisa nel merito siccome in dispositivo.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate nella complessiva misura di € 1.700,00, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, aumentata del chiesto implemento del 30%, ai sensi dell’art. 4, co. 1 bis, d.m. n. 55/2014.
Va disposta distrazione in favore del difensore, dichiaratosi anticipatario.
È appena il caso di spiegare che le spese del primo giudizio di legittimità vennero reputate irripetibili (non si fece luogo a condanna in danno della ricorrente, che aveva dato causa al difetto di contraddittorio, sol perché l’Amministrazione non aveva svolto difese). Peraltro, dalla stessa dettagliata richiesta della ricorrente si trae presunzione d’abbandono di pretesa sul punto.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato nei predetti limiti e, decidendo nel merito, fermo quant’altro statuito nel medesimo decreto, liquida per il giudizio di opposizione € 28,00 per esborsi ed € 1.894,75 per compensi e parimenti per il giudizio di rinvio, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, che pone a carico solidale del Ministero della Giustizia e di quello dell’Economia e delle Finanze, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME
condanna, in via solidale, entrambi i Ministeri al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessive € 2.210,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME.
Così deciso in Roma il giorno 22 gennaio 2025.