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Compenso avvocato: liquidazione e patrocinio a Stato

Un avvocato contesta la liquidazione del proprio compenso in un caso di patrocinio a spese dello Stato, ritenendola troppo bassa. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, chiarendo i criteri per la determinazione dello scaglione di valore nelle cause di valore indeterminabile ma di bassa complessità. La Corte stabilisce che il compenso avvocato con patrocinio a spese dello Stato può essere inferiore alla media tariffaria, purché superiore ai minimi, bilanciando così decoro professionale e contenimento della spesa pubblica.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso avvocato patrocinio a spese dello Stato: la Cassazione fa chiarezza

La determinazione del compenso avvocato con patrocinio a spese dello Stato è un tema complesso che bilancia il diritto a un’equa retribuzione per il professionista e la necessità di contenere la spesa pubblica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come individuare il corretto scaglione di valore e sui limiti alla riduzione degli onorari, specialmente nelle cause di valore indeterminabile.

I fatti di causa

Un avvocato aveva assistito un cliente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in un procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo (ATP) per il riconoscimento dell’invalidità. Nonostante l’esito iniziale negativo dell’ATP, il cliente aveva poi ottenuto il riconoscimento di un’invalidità dell’81% nel successivo giudizio di merito.

Al momento di richiedere la liquidazione del proprio compenso per l’attività svolta nell’ATP, l’avvocato aveva qualificato la causa come di valore indeterminabile, chiedendo l’applicazione di uno scaglione medio-alto (da € 26.000 a € 52.000). Il Tribunale, tuttavia, liquidava un importo notevolmente inferiore (€ 281,50), applicando lo scaglione previsto per le cause assistenziali fino a € 5.200. Tale valore era stato calcolato sulla base dell’importo della prestazione richiesta per due annualità, come previsto dal codice di procedura civile.

L’avvocato impugnava il decreto di liquidazione, lamentando sia l’errata individuazione dello scaglione sia un’eccessiva riduzione del compenso. Il Tribunale respingeva l’impugnazione, portando il legale a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’avvocato, confermando la correttezza della decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno esaminato e respinto tutti e quattro i motivi di ricorso, fornendo principi chiave sulla liquidazione dei compensi in regime di patrocinio a spese dello Stato.

Le motivazioni della decisione sui criteri di liquidazione del compenso avvocato con patrocinio a spese dello Stato

La Corte ha articolato la propria decisione analizzando punto per punto le doglianze del ricorrente.

La scelta dello scaglione di valore

Il ricorrente sosteneva che, essendo la causa di valore indeterminabile, si sarebbe dovuto applicare uno scaglione più elevato. La Cassazione ha ribadito che, sebbene le cause di valore indeterminabile si collochino di regola in una fascia di valore medio-alta, è possibile applicare uno scaglione inferiore quando la controversia è di bassa complessità. Nel caso specifico, il Tribunale aveva correttamente e motivatamente applicato il criterio dell’art. 13 c.p.c., relativo alle cause previdenziali, determinando il valore della causa in base a due annualità della prestazione richiesta. Essendo tale importo inferiore a € 5.200, l’applicazione del relativo scaglione è stata ritenuta legittima e adeguata.

La presunta ‘doppia riduzione’ del compenso

L’avvocato lamentava una doppia riduzione del compenso, una derivante dall’applicazione di parametri inferiori e l’altra dalla dimidiazione prevista per il patrocinio a spese dello Stato. La Corte ha chiarito che la normativa sul patrocinio a spese dello Stato (art. 82 D.P.R. 115/2002) stabilisce che il compenso liquidato non deve essere superiore ai valori medi tariffari. Questo impone un tetto massimo, ma non impedisce al giudice di liquidare un importo inferiore, purché non scenda al di sotto dei minimi tariffari. Nel caso in esame, l’importo liquidato di € 281,50, sebbene basso, era superiore al minimo tariffario applicabile (€ 201,25), rendendo la liquidazione legittima.

La tutela del decoro professionale

Infine, riguardo alla presunta lesione del prestigio e del decoro della professione forense, la Corte ha affermato che tale esigenza deve essere bilanciata con quella del contenimento della spesa pubblica. La soglia che tutela il decoro professionale è rappresentata proprio dai minimi tariffari. Poiché l’importo liquidato era superiore a tale soglia, non si poteva ravvisare alcuna lesione del decoro professionale.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un importante principio: nella liquidazione del compenso avvocato con patrocinio a spese dello Stato, il giudice gode di un margine di discrezionalità nel determinare lo scaglione di valore, potendo optare per uno inferiore in cause di valore indeterminabile ma di bassa complessità. Inoltre, viene ribadito che il rispetto dei minimi tariffari rappresenta il baluardo per la tutela del decoro professionale, consentendo liquidazioni inferiori ai valori medi per contemperare le esigenze dell’erario. Questa decisione fornisce un orientamento chiaro ai professionisti e ai giudici, delineando i confini tra equa remunerazione e sostenibilità della spesa pubblica.

Come si determina il valore di una causa previdenziale per la liquidazione del compenso?
Secondo la Corte, è corretto fare riferimento all’articolo 13 del codice di procedura civile, calcolando il valore sulla base dell’ammontare delle somme dovute per due annualità della prestazione richiesta. Se questo importo rientra in uno scaglione basso, il giudice può legittimamente applicarlo.

Il compenso per un avvocato in patrocinio a spese dello Stato può essere inferiore alla media tariffaria?
Sì. La normativa stabilisce che il compenso non deve essere superiore ai valori medi, che fungono quindi da tetto massimo. Il giudice può liquidare un importo inferiore alla media, a condizione che questo sia superiore ai minimi tariffari previsti dalla legge.

Quando un compenso basso viola il decoro della professione legale?
La Corte di Cassazione chiarisce che la soglia per la tutela del decoro professionale è rappresentata dai minimi tariffari. Una liquidazione che rispetta e supera tali minimi, anche se significativamente inferiore ai valori medi, non è considerata lesiva del prestigio della professione, poiché bilancia le esigenze del professionista con quelle del contenimento della spesa pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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