Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1399 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1399 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10271/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
-intimato- avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di CALTANISSETTA n. 1001/2020 depositata il 4.4.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.9.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ricorso per accertamento tecnico preventivo COGNOME NOMECOGNOME ammesso al patrocinio a spese dello Stato, tramite la prestazione professionale dell’avv. NOME COGNOME chiedeva al Tribunale di Caltanissetta-Sezione Lavoro di nominare un consulente tecnico d’ufficio per fare accertare in suo favore l’esistenza di un’invalidità superiore al 60% che gli era stato riconosciuto dalla commissione medica, senza indicare la misura dell’assegno d’invalidità preteso.
Tale procedimento si concludeva con esito negativo per il Morreale, che tuttavia intraprendeva ugualmente il giudizio per ottenere l’assegno d’invalidità ed a seguito di nuova CTU si vedeva riconosciuta un’invalidità dell’81%.
L’avv. NOME COGNOME presentava istanza di liquidazione del suo compenso per il procedimento di ATP, indicando la causa come di valore indeterminabile compreso tra € 26.000,01 ed € 52.000,00 e gli veniva liquidato con decreto dell’1.7.2020 dal Tribunale di Caltanissetta-Sezione L avoro l’importo di € 281,50 facendo applicazione della tabella 9 (istruzione preventiva, che contempla 3 voci) allegata al D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018, ed utilizzando per l’individuazione dello scaglione fino ad € 5.200,00 ritenuto applicabile, l’art. 13 c.p.c. inerente alle cause assistenziali (riferimento all’ammontare delle somme dovute per due anni).
L’avv. NOME COGNOME impugnava con ricorso del 16.7.2020 al Tribunale di Caltanissetta ex artt. 702 bis c.p.c. e 15 del D. Lgs. n.150/2011 il decreto di liquidazione del suo compenso, lamentando l’errata individuazione dello scaglione e la doppia riduzione del suo compenso.
Il Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza del 4.4.2022, comunicata in pari data, respingeva l’impugnazione.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso a questa Corte l’avv. COGNOME notificato al Ministero della Giustizia, rimasto intimato, il 28.4.2022, affidato a quattro motivi.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata per manifesta infondatezza, comunicata in data 30.6.2023, ed il 14.7.2023 l’avv. NOME COGNOME ha presentato istanza di decisione ex art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il ricorrente ha anche depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 e dell’art. 21 ,comma 7 del D.M. n.55/2014 e dell’art. 13 comma 1 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c. per avere il Tribunale di Caltanissetta applicato lo scaglione per le cause di valore fino ad € 5.200,00, anziché quello corretto per le cause di valore indeterminabile di valore da € 26.000,01 ad € 52.000,00, o in subordine in conformità a quanto disposto dalla sentenza n. 10454 del 21.5.2015 delle sezioni unite della Corte di Cassazione, che prevede per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie il riferimento alle annualità domandate fino ad un massimo di due anni, lo scaglione per le cause di valore fino ad € 26.000,00.
Il primo motivo è infondato in quanto l’art. 5, comma 6 del D.M. n.55/2014 nel testo applicabile nella specie, anteriore alle modifiche del D.M. n. 147/2022, stabiliva che le cause di valore indeterminabile si consideravano di regola di valore non inferiore ad € 26.000,00 e non superiore ad € 260.000,00, tenuto conto dell’oggetto e della complessità della controversia, ma la Suprema Corte ha riconosciuto che quando il valore effettivo della controversia non rifletta i parametri ‘di regola’ predisposti dal legislatore e sussistano particolarità della singola lite, che rendano giustificato il ricorso ad uno scaglione più basso in rapporto
all’oggetto ed alla complessità della controversia, può trovare applicazione per le cause di valore indeterminabile di bassa complessità lo scaglione ricompreso tra € 5.200,00 ed € 26.000,00 (vedi Cass. n. 29821/2019; Cass. n. 11887/2019) ed il Tribunale ha motivatamente ritenuto applicabile l’art. 13 c.p.c. per essere l’importo dell’assegno d’invalidità, riconosciuto per due annualità, inferiore ad € 5.200,00, scegliendo su questa base con adeguata e non sindacabile motivazione lo scaglione applicabile.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c. ( rectius n. 4) c.p.c.) la mancanza di motivazione dell’ordinanza impugnata nella scelta dello scaglione, ma come già visto la motivazione, anche se non condivisa dal ricorrente, è stata fornita, dato che anche in assenza di un precedente assegno d’invalidità il criterio dell’art. 13 c.p.c. era applicabile in relazione alle somme richieste per l’invalidità per il periodo di due anni, per cui anche tale motivo è privo di pregio.
Col terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.M. n. 55/2014 in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c., lamentando la doppia dimidiazione del compenso operata in sede di liquidazione in luogo della sola dimidiazione prevista dall’art. 130 del D.P.R. n.115/2002.
Il motivo è infondato, in quanto la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che la disposizione dell’art. 82 del D.P.R. 30.5.2002 n.115, che impone di liquidare l’onorario e le spese al difensore in modo che l’importo non risulti superiore ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, va interpretata nel senso che la media dei tariffari funge da limite massimo e non nel senso che la liquidazione debba avvenire necessariamente secondo tale media, potendo essere il compenso liquidato anche in misura inferiore ad essa, purché non al di sotto delle tariffe minime (Cass. n. 15006/2021; Cass. 2.12.2019 n. 31404).
Nella specie
l’importo
da liquidare previsto nella tabella 9 ‘ istruzione preventiva ‘ per le tre voci era di € 805,00, che dimidiato per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato era di € 402,50 , previsto il minimo in € 201,25, per cui l’importo liquidato di € 281,50 è superiore al minimo tariffario.
Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 comma 2° cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo n. 3) c.p.c., sostenendo che la liquidazione in suo favore di € 281,50 sarebbe lesiva del prestigio della professione di avvocato.
Anche l’ultimo motivo è infondato in quanto l’esigenza di tutela del decoro professionale va soddisfatta al pari dell’esigenza di contenimento della spesa pubblica per il pagamento del patrocinio a spese dello Stato e la Corte ha individuato nei minimi tariffari, nella specie rispettati, la soglia superata la quale possa porsi un problema di lesione del decoro professionale (vedi Cass. n. 22761/2023).
Alla reiezione del ricorso non seguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento danni ex art. 96, comma 3° c.p.c. in quanto il Ministero della Giustizia è rimasto intimato, mentre NOME NOME va condannato al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 600,00 ex art. 96 comma 4° c.p.c. per essere state confermate le motivazioni di rigetto addotte nella proposta di definizione anticipata.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96, comma 4 c.p.c., la somma di € 600,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda