Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27815 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27815 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2025
OGGETTO:
compenso dell’AVV_NOTAIO per prestazioni giudiziali civili
RG. 18550/2020
C.C. 8-10-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 18550/2020 R.G. proposto da:
COGNOME AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, c.f. CODICE_FISCALE, in proprio ex art.
86 cod. proc. civ.;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 50/2020 della Corte d’ appello di Bologna, pubblicata il 7-1-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
8-10-2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In un giudizio iniziato prima dell’entrata in vigore dell’art. 14 d.lgs. 150/2011, con sentenza n. 324/2009 il Tribunale di Forlì-sezione distaccata di Cesena revocava il decreto monitorio con cui era stato
ingiunto al RAGIONE_SOCIALE di pagare, in favore dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, la somma di euro 3.088,75 oltre iva e cpa, a titolo di compenso per la difesa dello stesso RAGIONE_SOCIALE in un procedimento di espropriazione presso terzi e in una causa di opposizione all’esecuzione; condannava il RAGIONE_SOCIALE opponente a pagare a favore del professionista la minore somma di euro 2.419,23, oltre ritenuta di acconto e interessi legali; rigettava le domande proposte ex artt. 96 e 89 cod. proc. civ. dall’opposto COGNOME e compensa va le spese di lite.
Il Tribunale rilevava che era stata fornita prova documentale delle prestazioni professionali rese dall’AVV_NOTAIO a favore del RAGIONE_SOCIALE e non era stato dimostrato il pagamento delle prestazioni; evidenziava, tuttavia, che gli importi richiesti erano superiori ai massimi tariffari previsti dal D.M. 5-10-1994 applicabile ratione temporis e riconosceva a titolo di onorario l’importo di euro 826,33, invece di quello di euro 1.300,00 richiesto; rigettava, altresì, le domande proposte ex artt. 96 e 89 cod. proc. civ. dall’opposto COGNOME, escludendo la sussistenza di dolo o colpa grave e dichiarando che le espressioni censurate non superavano i limiti della correttezza.
Decidendo sul gravame formulato dall’AVV_NOTAIO, la Corte d’appello di Bologna lo rigettava con la sentenza n. 50/2020 (pubblicata il 7-1-2020), confermando integralmente la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
Avverso quest’ultima sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Savignano sul Rubicone ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio del giorno 113-2025 entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 8-10-2025, fissata a seguito della dichiarazione di astensione del Presidente del collegio nella precedente udienza, la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è intitolato ‘ art. 360 n. 5 -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’ e con esso il ricorrente sostiene che il professionista aveva dato prova delle prestazioni eseguite, producendo i documenti 3, 4 e 5, che attestavano fatti storici decisivi e volutamente non presi in considerazione dalla sentenza impugnata.
1.1. Il motivo è inammissibile, in via assorbente rispetto a ogni altra ragione, perché non coglie il contenuto della pronuncia impugnata.
La sentenza impugnata ha espressamente dichiarato (pag. 4) che la mancata specifica contestazione della quantificazione dei compensi professionali da parte del RAGIONE_SOCIALE non rilevava ai fini sostenuti dall’appellante , in quanto ciò che aveva determinato il ricalcolo del compenso era stato il superamento dei massimi previsti dalla tariffa per l’ onorario; ha aggiunto che tale fatto era ammesso dallo stesso appellante COGNOME e rientrava nell’ambito dei poteri del giudice la verifica del superamento dei limiti massimi tariffari, in forza del quale il Tribunale aveva proceduto alla rideterminazione del compenso.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, non si pone questione di prova delle prestazioni eseguite, perché la sentenza impugnata ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rideterminato il compenso esclusivamente in quanto superiore ai massimi tariffari e non per la mancanza di prova dello svolgimento di alcune prestazioni.
Nessuna deduzione è svolta dal ricorrente sulla questione del superamento dei massimi tariffari e cioè sull’unico dato che ha comportato la rideterminazione del compenso spettante all’AVV_NOTAIO -e pertanto non si pongono ulteriori questioni da esaminare in questa sede.
Con il secondo motivo, intitolato ‘art. 360 n. 3 violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 112, 115, 89 e 96 c.p.c., 2043 c.c.’ , il ricorrente evidenzia che i documenti 11 e 13 contengono riconoscimento di debito e che neppure il documento 14 contiene contestazione alla nota professionale; dichiara che le affermazioni della sentenza impugnata sono erronee, in quanto nessuna richiesta era stata eseguita dalla controparte relativamente alla quantificazione dei compensi e non era neppure ve ro che l’appellante non avesse mosso contestazioni, avendo rilevato che la controparte aveva rifiutato di contestare il quantum e avendo rilevato la tardività delle domande nuove di revoca del decreto ingiuntivo e accertamento della somma dovuta . Aggiunge che è stata ingiustificata l’esclusione della responsabilità ex art. 89 cod. proc. civ. per le espressioni sconvenienti e offensive nei confronti del professionista e che non poteva neppure essere messo in discussione il fatto che la controparte avesse agito in giudizio con mala fede o colpa grave, perché affermare che tutte le pratiche erano state saldate senza produrre quietanza integrava il dolo o la colpa grave; dichiara che, nella fattispecie, le espressioni utilizzate non erano attinenti all’oggetto del giudizio e superavano i limiti della correttezza, avendo fine meramente denigratorio.
2.1. Il motivo è inammissibile, in primo luogo, per le modalità con le quali è formulato, in quanto accumula una serie di affermazioni senza spiegare in quali termini sussistano nella sentenza impugnata le violazioni o false applicazioni delle disposizioni indicate nell’intitolazione.
Inoltre, sono nuove – e, perciò, inammissibili in sede di legittimità -le deduzioni volte a sostenere l’esistenza di promessa di pagamento e di riconoscimento di debito; poiché la sentenza impugnata non fa alcun riferimento all’esistenza di una promessa di pagamento o di un riconoscimento di debito il ricorrente, al fine del l’ammissibilità del motivo, avrebbe dovuto dedurre in quali atti e in quali termini avesse dedotto le questioni. Infatti, è acquisito il principio secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, onde consentire alla Corte di verificare ex actis l’esattezza dell’affermazione, giacch é i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio ( v., tra le tante, Cass. Sez. L, 1-7-2024, n. 18018; Cass. Sez. 2, 9-8-2018, n. 20694; Cass. Sez. 6-1, 13-6-2018, n. 15430; Cass. Sez. 1, 18-102013, n. 23675).
Non sono apprezzabili neppure le deduzioni volte a sostenere che il giudicante non avrebbe potuto rilevare il superamento dei massimi tariffari: la sentenza impugnata ha ritenuto che gli argomenti del RAGIONE_SOCIALE, in quanto finalizzati a contestare di essere obbligato al pagamento del corrispettivo richiesto, consentissero di rilevare il superamento dei massimi tariffari e gli argomenti del ricorrente non individuano nella pronuncia alcun errore denunciabile in sede di legittimità. Infatti, è già stato posto in risalto e deve essere data continuità al principio secondo il quale l’accertamento della sussistenza di una contestazione o di una non contestazione, rientrando nel quadro
dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto di parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. Sez. 2, 28-10-2019, n. 27490; Cass. Sez. 6-1, 7-2-2019, n. 3680; Cass. Sez. L, 3-5-2007, n. 10182).
I n ordine alla dedotta violazione dell’art. 89 cod. proc. civ., il motivo è inammissibile anche perché , secondo l’indirizzo costante d i questa Corte, l’apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all’oggetto della lite a norma dell’art. 89 cod. proc. civ. integra esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità, essendo preclusa alla Corte di cassazione una nuova valutazione dei fatti (Cass. Sez. 1, 6-12-2021, n. 38730; Cass. Sez. 2, 5-6-2018, n. 14364; Cass. Sez. L, 29-3-2007, n. 7731; Cass. Sez. 1, 27-2-2003, n. 2954).
Analogamente, è inammissibile la violazione dell’art. 96 cod. proc. civ. dedotta, in quanto in tema di responsabilità aggravata ex art. 96 cod. proc. civ. l’accertamento dei requisiti -costituiti dall’avere agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave o dal difetto della normale prudenza – implica apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, se non nei limiti in cui è consentito il controllo sulla motivazione (Cass. Sez. 5, 19-5-2025, n. 13315; Cass. Sez. 3, 29-92016, n. 19298; Cass. Sez. 2, 12-1-2010, n. 327).
Nella fattispecie, la motivazione della sentenza impugnata soddisfa pienamente il minimo costituzionale entro il quale è attualmente limitato il sindacato di legittimità (Cass. Sez. U., 7-4-2014, n. 8053; Cass. Sez. 3, 12-10-2017, n. 23940; Cass. Sez. 1, 3-3-2022, n. 7090, per tutte), in quanto la Corte d’appello ha espressamente escluso il dolo e la colpa grave nella proposizione dell’opposizione in ragione del parziale accoglimento dell’opposizione medesima ; inoltre, la pronuncia è conforme al principio secondo il quale la responsabilità
aggravata ex art. 96 cod. proc. civ. non è configurabile a carico della parte in mancanza del requisito della sua totale soccombenza (Cass. Sez. 2, 14-4-2016, n. 7409).
In conclusione, il ricorso deve essere integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate nei sensi di cui in dispositivo.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 1.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa come per legge.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 8-10-2025
Il Presidente
NOME COGNOME