Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 828 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 828 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23477/2019 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO SOCIETA’ DI GESTIONE PER L’RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA in R.G. n. 787/2018 depositato il 17/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con decreto n. 5683 del 27.5.2019, in parziale accoglimento del reclamo, ha liquidato a NOME COGNOME la somma di € 10.605,00 per l’attività difensiva svolta a favore del Fallimento RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE, finalizzata ad ottenere un sequestro conservativo per € 7 milioni di euro nell’ambito di un’azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi amministrativi e di controllo della società poi fallita.
La Corte di merito ha ritenuto ragionevole ed equo applicare i parametri minimi della tariffa professionale, sul rilievo che il provvedimento di sequestro conservativo ottenuto era stato revocato in sede di reclamo, e di non liquidare il compenso per l’attività istruttoria, non risultando tale fase effettivamente svolta. È stata, inoltre, liquidata la somma di € 150,00 a titolo di spese vive.
Avverso il predetto decreto NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.
La Curatela del Fallimento società di gestione per l’aeroporto dello stretto RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 25 L.F.., 2233 c.c. e 4, comma 1, DM 55/2014.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello non ha considerato il provvedimento di nomina del difensore (al cui interno si prevedeva che il compenso sarebbe stato liquidato sulla base delle difficoltà che sarebbero emerse nel corso del procedimento), i criteri in esso indicati per la liquidazione del compenso e la proposta del collegio
dei curatori, ed ha ignorato le difficoltà emerse nel corso del procedimento e i risultati conseguiti. Ha, quindi, liquidato il compenso in misura inadeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che è costante orientamento di questa Corte (Cass. n. 19989/2021; 12537/2019; 14198/2022; 8561/2023) che ‘ in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo’.
Nel caso di specie, il ricorrente si duole di una liquidazione di un compenso che è avvenuta in una somma compresa tra i minimi e massimi tariffari ed è stata giustificata come ancorata al minimo in relazione all’esito finale della fase cautelare (revoca del sequestro avvenuta in sede di reclamo), valorizzando tale parametro come prevalente sugli altri. Ne consegue che l’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito non è soggetto a sindacato in sede di legittimità se non nei circoscritti limiti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5, come interpretato dalle Sezioni Unite Cass. n. 8053/2014, vizio neppure dedotto in questa sede.
Peraltro, il ricorrente, con l’apparente doglianza delle violazioni di legge, non fa altro che, inammissibilmente, sindacare l’esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 25 L.F., 2233 c.c.e 4, comma 1, DM 55/2014.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha erroneamente negato la liquidazione per la fase di trattazione.
Il motivo presenta concomitanti profili di infondatezza e inammissibilità.
Va, in primo luogo, osservato che se è pur vero che l’eventuale mancato svolgimento della fase istruttoria, in sé e per sé considerata, non vale ad escludere il computo, ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi, dell’importo spettante per la fase complessivamente considerata nelle tabelle, potendo essere riferibile anche solo alla diversa fase della trattazione, come dimostra l’uso della congiunzione disgiuntiva ‘o’, sia pure in alternativa alla congiunzione copulativa ‘e’, ‘e/o’ (vedi Cass. n. 28627/2023 in motivazione), tuttavia, non una qualsiasi attività di trattazione comporta il diritto alla liquidazione dei compensi, ma solo quelle che rientrano fra quelle descritte all’art. 4, comma 5, lett. c).
Orbene, dalla stessa prospettazione del ricorrente emerge che tutte le eccezioni che lo stesso ha svolto a verbale rispetto alle eccezioni ex adverso formulate sono state sollevate nel corso dell’udienza di discussione lo stesso ha, infatti, dedotto che ‘.. la produzione del lungo verbale d’udienza …che riflette l’ampia discussione svolta con le 17 controparti, non lascia alcun dubbio che la fase della trattazione sia stata svolta ..’ -, per la quale il Tribunale ha stabilito, ed il ricorrente ha ricevuto, un autonomo compenso (€ 3.471 per la fase decisionale, vedi pag. 13 ricorso).
In ogni caso, la valutazione della Corte d’Appello in ordine alle attività svolte dal difensore nella fase istruttoria e/o di trattazione è di merito, e, come tale, non censurabile in sede di legittimità.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 25 L.F., 2233 c.c.. e 4, comma 1, DM 55/2014.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello gli ha erroneamente negato il rimborso delle spese nella misura richiesta e documentata di € 258,19.
Il motivo è inammissibile.
La Corte d’Appello ha ritenuto che le spese documentate dal ricorrente ammontassero ad € 150,00 e tale valutazione di fatto non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione nei termini sopra illustrati, vizio non dedotto.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 4.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 19.12.2024