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Compenso avvocato: l’accordo e le spese generali

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul compenso di un avvocato in una disputa con un istituto di credito. La Corte ha confermato la validità di un accordo liquidatorio che definiva forfettariamente tutti i crediti per le attività svolte fino a una certa data. Tuttavia, ha cassato la decisione di merito su un punto cruciale: ha stabilito che il rimborso delle spese generali del 15% è sempre dovuto al professionista, anche in presenza di un accordo contrattuale sul compenso, se questo è stato stipulato dopo l’entrata in vigore del D.M. 55/2014.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Avvocato: La Cassazione sui Patti Forfettari e le Spese Generali

La determinazione del compenso avvocato è spesso oggetto di complesse negoziazioni e, talvolta, di contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla validità degli accordi liquidatori tra professionisti e clienti e, in particolare, sull’obbligatorietà del rimborso delle spese generali. La decisione analizza la portata di un patto che definisce in modo forfettario i compensi pregressi e stabilisce un principio fondamentale sul rimborso spese.

I Fatti del Caso

La controversia nasce tra un avvocato e un istituto di credito cooperativo. Il legale aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento di onorari relativi a sei prestazioni professionali. La banca si opponeva, sostenendo che due convenzioni tariffarie, stipulate nel 2013 e nel 2015, avevano sostituito ogni precedente accordo.

In particolare, un accordo del 2015 prevedeva un pagamento forfettario e omnicomprensivo per tutta l’attività svolta dal legale fino al 30 giugno 2014, liquidando un importo residuo a saldo di ogni pretesa. Per le attività successive a tale data, si sarebbero applicate le tariffe di una convenzione del 2013.

L’avvocato, dal canto suo, sosteneva che l’accordo del 2015 coprisse solo le pratiche specificamente elencate e non tutte quelle pregresse. Contestava inoltre la validità delle clausole tariffarie per violazione della normativa sull’equo compenso.

Il Tribunale di primo grado aveva interpretato l’accordo del 2015 come un patto “liquidatorio” e onnicomprensivo, negando al legale ulteriori compensi per le attività antecedenti al 30 giugno 2014. Per le attività successive, aveva applicato le tariffe concordate, ma aveva negato il rimborso delle spese generali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sui ricorsi di entrambe le parti, ha in gran parte confermato l’impianto della decisione del Tribunale, rigettando quasi tutti i motivi di ricorso dell’avvocato e tutti quelli della banca. Tuttavia, ha accolto un motivo fondamentale sollevato dal legale: quello relativo al mancato riconoscimento delle spese generali.

Le motivazioni della decisione sul compenso avvocato

La Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione del Tribunale riguardo alla natura dell’accordo del 2015. I giudici hanno evidenziato la “finalità liquidatoria” e lo “sbarramento temporale” voluto dalle parti, concludendo che l’accordo era effettivamente volto a definire in via forfettaria e definitiva tutte le pendenze fino al 30 giugno 2014. Su questo punto, la Cassazione ha ribadito che l’interpretazione del contratto è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere messa in discussione in sede di legittimità se non per vizi logici o violazioni di legge, qui non riscontrati.

Ha inoltre respinto la doglianza sull’equo compenso, confermando che la relativa normativa (art. 13 bis, L. 247/2012) non è retroattiva e non si applica a prestazioni professionali concluse prima della sua entrata in vigore.

Il punto di svolta della sentenza riguarda il tredicesimo motivo di ricorso del legale. La Corte ha stabilito che, al momento della stipula dell’accordo liquidatorio del 2015, era già in vigore il D.M. n. 55/2014. L’articolo 2 di tale decreto prevede l’obbligatorietà del rimborso delle spese generali nella misura del 15% del compenso, anche quando il compenso è determinato contrattualmente. Il Tribunale, negando tale rimborso, aveva violato la norma. Pertanto, la Corte ha cassato la sentenza su questo specifico punto.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce due principi importanti per la determinazione del compenso avvocato:
1. Validità degli accordi liquidatori: Le parti possono validamente stipulare accordi onnicomprensivi che definiscono forfettariamente tutti i compensi per attività pregresse, creando uno “sbarramento temporale” che preclude ulteriori richieste per quel periodo.
2. Obbligatorietà delle spese generali: Il rimborso forfettario delle spese generali, nella misura del 15% sui compensi, è un diritto inderogabile del professionista per gli accordi stipulati sotto la vigenza del D.M. 55/2014. Tale rimborso è dovuto per legge e si aggiunge al compenso pattuito contrattualmente, anche se non esplicitamente menzionato nell’accordo.

La Corte, decidendo nel merito, ha quindi riconosciuto al ricorrente il diritto a tale rimborso, correggendo la decisione del Tribunale e affermando un principio di tutela per la professione forense.

Un accordo forfettario tra avvocato e cliente può coprire tutte le prestazioni professionali svolte fino a una certa data, anche quelle non esplicitamente elencate?
Sì, secondo la Corte, un accordo con “finalità liquidatoria” e che stabilisce uno “sbarramento temporale” può essere interpretato come onnicomprensivo per tutte le prestazioni svolte fino a quella data, definendo ogni pretesa economica pregressa, anche se non tutte le singole pratiche sono elencate.

La normativa sull'”equo compenso” per gli avvocati ha valore retroattivo?
No. La Corte ha confermato che l’art. 13 bis della legge professionale forense, che disciplina l’equo compenso, non ha natura interpretativa né valore retroattivo. Pertanto, non si applica ai rapporti professionali e alle prestazioni già esaurite prima della sua entrata in vigore (1° gennaio 2018).

Il rimborso delle spese generali del 15% è sempre dovuto all’avvocato, anche se non è previsto in un accordo sul compenso?
Sì. La Corte ha stabilito che se l’accordo sul compenso è stato concluso dopo l’entrata in vigore del D.M. 55/2014, il rimborso delle spese generali del 15% è obbligatorio. L’art. 2 del decreto lo prevede anche in caso di determinazione contrattuale del compenso, rendendolo un diritto che si aggiunge a quanto pattuito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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