Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32344 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32344 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16098/2021 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliata presso il suo studio in INDIRIZZO rappresentata e difesa da sé medesima (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
ABOUL MOHAMED,
-intimato- nonché contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
-resistente-
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di RIMINI n. 3598/2019 depositata il 14.12.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’avv. NOME COGNOME difensore d’ufficio nel processo penale n.3848/2018 RGNR del Tribunale penale di Rimini del cittadino marocchino NOME, senza fissa dimora, nullafacente, sprovvisto di documenti e suscettibile di espulsione, tratto in arresto in Rimini per i reati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale continuati e condotto all’udienza di convalida del 5.7.2018, nella quale il giudice monocratico del Tribunale penale, sentita la relazione dell’ufficiale di PG che aveva operato l’arresto ed ascoltato NOME COGNOME aveva convalidato l’arresto in flagranza, escludendo l’applicazione di misure cautelari, disposto quindi procedersi a giudizio direttissimo, e su richiesta concorde delle parti applicato all’imputato ex art. 444 c.p.p. la pena sospesa di sei mesi e venti giorni di reclusione, con termine di 45 giorni per il deposito della sentenza, presentava richiesta di liquidazione del suo compenso professionale per € 3.420,00 (€ 450,00 per fase di studio, € 540,00 per fase introduttiva, € 1.080,00 per fase istruttoria ed € 1.350,00 per fase decisionale) oltre accessori a carico dell’erario per il patrocinio prestato a favore di NOMECOGNOME di fatto irreperibile.
Rigettata con decreto del 12/23.7.2019 la richiesta dal giudice monocratico del Tribunale penale di Rimini, con la motivazione che il difensore, avendo avuto un contatto diretto con l’assistito alla data dell’udienza di convalida, alla quale si era accompagnato il patteggiamento ex art. 444 c.p.p., non si era fatto parte diligente per avere i recapiti dell’assistito e per ricevere dal medesimo il
pagamento delle sue prestazioni, l’avv. NOME COGNOME proponeva tempestiva opposizione ex artt. 84 e 170 DPR 115/2002, 15 del D.Lgs. n. 150/2011 e 702 bis c.p.c. al Tribunale civile di Rimini, rilevando che, secondo i principi esposti dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 13132/2015, il contatto diretto col cliente all’udienza di convalida non rilevava quando l’esaurimento della prestazione, e dunque l’esigibilità del compenso, andavano collocati in un momento successivo, rappresentato dal passaggio in giudicato della sentenza dopo il deposito della motivazione, nella specie riservato nel termine di 45 giorni, e che spirati i termini dell’impugnazione, aveva regolarmente effettuato le ricerche possibili dell’assistito, come già documentato, sia presso il DAP, che presso il Consolato del Marocco, senza riuscire a rintracciarlo, e reiterava quindi la propria richiesta di liquidazione.
Nella contumacia del Ministero della Giustizia, il Tribunale civile di Rimini in composizione monocratica, con l’ordinanza del 12.12.2020, riconosceva la sussistenza del diritto alla liquidazione del compenso dell’avv. NOME COGNOME in quanto il momento determinante per l’individuazione della condizione dell’irreperibilità di fatto dell’assistito era quello del deposito della motivazione della sentenza, successivamente al quale il suddetto legale aveva effettuato ricerche dell’assistito presso il DAP, per l’ipotesi in cui fosse stato nuovamente arrestato, e presso il Consolato del paese d’origine, non potendo compiere alcun utile accertamento presso l’Ufficio stranieri della Questura, in quanto l’assistito era un soggetto privo di documenti identificativi.
Relativamente all’ammontare del compenso, la menzionata ordinanza applicava i parametri del D.M. n. 55/2014, ridotti al minimo per l’estrema semplicità del caso trattato (resistenza a pubblico ufficiale sostanziatasi dapprima nel lancio di una bicicletta contro l’auto di servizio dei Carabinieri, poi aggrediti con calci, pugni e spintoni), escludendo la fase istruttoria, ritenuta non svolta
perché sostanziatasi solo nell’esame del pubblico ufficiale che aveva eseguito l’arresto e dell’indagato, limitatosi a dichiarare ‘ ho bevuto troppo vino ‘, ‘ non ricordo ‘ e ‘ chiedo scusa ‘, e riduceva il compenso di 1/3 ai sensi dell’art. 106 bis del D.P.R. n. 115/2002, liquidando pertanto all’avv. NOME COGNOME il compenso complessivo di € 780,00 oltre accessori.
Il Tribunale civile di Rimini dichiarava poi irripetibili le spese processuali del giudizio di opposizione nei confronti dell’erario, indicando in motivazione che, poiché il compenso era stato liquidato in misura assai inferiore a quella richiesta, doveva ritenersi intervenuta una soccombenza reciproca, potendo quindi restare le spese dell’opposizione a carico del difensore opponente.
Avverso tale ordinanza, non notificata, ha proposto ricorso a questa Corte l’avvocato NOME COGNOME ricorso notificato ex art. 143 c.p.c. ad NOME COGNOME il 12.6/12.7.2021 e l’8.6.2021 al Ministero della Giustizia all’indirizzo pec tratto dal registro delle pubbliche amministrazioni, e quindi a quest’ultimo in rinnovazione all’indirizzo pec estratto dal registro Reginde il 13.12.2023, a seguito dell’ordine di rinnovazione della notifica impartito dal Presidente di questa sezione il 29.11.2023, ed il Ministero della Giustizia si é limitato a manifestare la propria disponibilità a partecipare alla discussione in caso di fissazione di udienza pubblica. Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..
Col primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 comma 3 lettera d) del D.M. n. 55/2014, per avere l’ordinanza impugnata negato i compensi per la fase istruttoria con la motivazione che si sarebbe trattato di una fase ‘ sostanzialmente non svolta(…) essendosi proceduto al mero esame del pubblico ufficiale e dell’indagato il quale dichiarò soltanto ho bevuto ho bevuto troppo vino, non ricordo, chiedo scusa ‘. Si duole la
ricorrente, che il Tribunale civile di Rimini non abbia considerato, che l’art. 12 comma 1 del D.M. n.55/2014 non consente al giudice di negare il compenso maturato dal difensore in ragione della durata della fase, o della ritenuta poca importanza delle dichiarazioni rese in sede di esame dall’arrestato, tanto più che l’attività istruttoria svolta in sede di convalida dell’arresto non trova collocazione in fasi diverse e successive, e va quindi certamente liquidata al difensore d’ufficio che vi abbia partecipato, ed allo scopo richiama l’ordinanza di questa Corte n.18791/2020.
Il primo motivo é fondato, in quanto l’art. 12 comma 1° del D.M. n.55/2014, sul punto non modificato dal D.M. n. 37/2018, prevede che, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per le prestazioni professionali dallo stesso rese nel giudizio penale, si tiene conto, tra l’altro, ” del numero di udienze, pubbliche o camerali, diverse da quelle di mero rinvio, e del tempo necessario all’espletamento delle attività medesime “. Il tempo necessario per lo svolgimento della prestazione professionale, quindi, purchè svolta in udienza che non sia di mero rinvio, rileva unicamente ai fini della quantificazione del compenso conseguentemente maturato, ma non può in alcun modo comportare che, in ragione della asserita brevità temporale di esecuzione della stessa, il compenso relativo possa essere addirittura negato (Cass. ord. 10.9.2020 n. 18791). Nella specie la stessa ordinanza impugnata riconosce che l’audizione dell’ufficiale di PG che ha proceduto all’arresto in flagranza di reato, e l’audizione dell’indagato NOME COGNOME assistito dall’avv. NOME COGNOME durante l’udienza di convalida, poi seguita da giudizio direttissimo ed applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., vi sono state, per cui non poteva essere addirittura negato il compenso al difensore d’ufficio per la fase istruttoria, incidendo la semplicità della stessa solo sulla quantificazione del diritto al compenso relativo, ma non sulla sussistenza stessa di tale diritto.
Col secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Ci si duole, in particolare, del fatto che l’impugnata ordinanza, pur avendo giudicato fondata l’opposizione della ricorrente avverso il diniego del compenso originariamente disposto dal Tribunale penale di Rimini, abbia dichiarato irripetibili le spese processuali del giudizio di opposizione dell’avv. NOME COGNOME nei confronti del Ministero, per l’avvenuta sensibile riduzione del compenso rispetto a quello preteso, richiamando in motivazione la sentenza n.3438/2016 di questa Corte, che in siffatta ipotesi aveva riconosciuto un caso di soccombenza reciproca legittimante la compensazione della spesa processuale tra le parti.
Il secondo motivo deve ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo, in quanto il giudice di rinvio dovrà provvedere, a seguito di riassunzione, a determinare il compenso spettante all’avv. NOME COGNOME anche per la fase istruttoria, e quindi a rideterminare il compenso complessivo da liquidarle a carico dell’erario, e dovrà quindi decidere sulle spese del giudizio di opposizione, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso di NOMECOGNOME assorbito il secondo, cassa l’impugnata ordinanza in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale civile di Rimini in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 26.11.2024