Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3188 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3188 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16475/2023 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE LECCE in RG n. 8597/2022 depositato il 17/05/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’avvocato NOME COGNOME propose reclamo ex art. 26 l.fall. avverso il decreto del 2/11/2022 con cui il giudice delegato al RAGIONE_SOCIALE considerate le modeste somme recuperate suo tramite ( € 3.208,71 ed € 2.415,07) rispetto ai danni pretesi dalla curatela ( € 247.112,82 ), aveva liquidato in suo
favore i compensi di soli € 3.421,60 per il procedimento di sequestro preventivo ante causam (n. RG 3005/11), € 5.219,50 per il giudizio di revocatoria fallimentare e sequestro conservativo in corso di causa (nn. RG 4473/2012 e 44731/2012) ed € 3.421,60 per due reclami riuniti (nn. RG 2977/2013 e 3012/2013), senza riconoscere alcunché per i giudizi nn. RG 4199/2011 (reclamo in sequestro preventivo ante causam ) e 137/2013 (sequestro di quote in attuazione del sequestro conservativo), né per il rimborso delle spese vive.
1.1. -Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Lecce, in parziale accoglimento del reclamo: ha ritenuto legittimo l’abbattimento del 50 per cento di tutti gli onorari medi, nel rispetto de ll’art. 4, comma 1, d.m. n. 55/2014, che prescrive di tener conto dei ‘risultati conseguiti’ ; ha negato la violazione del principio di adeguatezza del compenso al decoro della professione ex art. 2233, comma 2, c.c., essendo stati liquidati onorari comunque superiori ai minimi, anche grazie alla maggiorazione del 30 per cento per la pluralità di parti ex art. 4, comma 2, d.m. cit.; ha riconosciuto l’inadeguatezza dell’importo di € 3.421,60 per i due giudizi di reclamo nn. RG 3012/2013 e 2977/2013 e lo ha maggiorato di € 789,60 ; ha liquidato l’onorario per la procedura di attuazione del sequestro conservativo n. RG 137/2013 ( € 2.011,10) e l’onorario per il giudizio di reclamo n. RG 4199/2011 ( € 3.396,90); ha liquidato le spese vive; ha riconosciuto gli interessi di mora sui compensi.
-La decisione viene impugnata da NOME COGNOME con ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, illustrato da memoria. Il Fallimento intimato non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4, comma 1, d.m. n. 55 del 2014 e dell’art. 2233 c.c., per avere il tribunale ridotto del 50 per cento tutti gli onorari medi previsti dalle tabelle allegate al d.m. cit. (aggiornate dal d.m. 37/2018, applicabile dal 27/04/2018), solo in considerazione della modesta entità delle somme recuperate, senza tener conto che i ‘risultati conseguiti’ cui fa riferimento l’art. 4
comma 1 cit. non coincidono con la realizzazione del bene della vita della cui tutela il professionista è incaricato, ma piuttosto con l’esito, favorevole o sfavorevole del processo , comunque valorizzando, nella valutazione dell’opera, solo uno dei molteplici parametri previsti dalla norma, così liquidando una somma non adeguata all’importanza dell’opera.
2.2. -Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 4 , d.m. n. 55/2014, per avere il tribunale considerato la maggiorazione dell’onorario del 30 per cento per la pluralità delle parti, contemplata dal comma 2, non una voce autonoma, destinata a retribuire la maggiore attività richiesta dal processo con pluralità di parti, ma una variazione rientrante negli aumenti o riduzioni degli onorari medi previsti dal comma 1, e ciò al fine di escludere che la liquidazione dei compensi per i giudizi nn. RG 4473/2012 e 4473-1/2012 fosse inferiore al minimo, come denunziato con il terzo motivo.
2.3. -Il terzo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4, comma 1, d.m. n. 55/2014 e dell’art. 2233, co mma 2, c.c., per avere il tribunale, quanto ai giudizi di cognizione n. RG 4473/2012 e sequestro conservativo n. RG 4473-1/12, abbattuto di oltre il 50 per cento il compenso medio previsto dalle tabelle n. 2 e n. 10 del d.m. cit., attribuendo compensi inferiori ai minimi -come non era più consentito a seguito delle modifiche apportate dal d.m. n. 37/2018, che ha escluso la possibilità di scendere al di sotto del 50 per cento -e comunque non proporzionati all’importanza dell’opera, ma anzi irrisori e lesivi del decoro della professione.
2.4. -Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c. e dell’art. 4, co mmi 1 e 2, d.m. n. 55/2014, per avere, nella determinazione del compenso per i giudizi di reclamo nn. RG 2977/2013 e 3012/2013, applicato alle attività compiute prima della riunione l’onorario previsto dal co mma 2 dell’art. 4 cit. per le attività compiute successivamente alla riunione, nonché per avere liquidato importi non consoni al decoro della professione ed inferiori ai minimi.
-Il primo motivo è inammissibile, mentre i restanti tre sono fondati e vanno accolti.
3.1. -L’inammissibilità del primo mezzo , che censura la motivazione del l’abbattimento del 50 per cento degli onorari medi previsti dalle tabelle, in quanto limitata all’esiguità dei risultati conseguiti, discende dalla giurisprudenza di questa Corte in base alla quale, in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, se contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente (Cass. 28325/2022, 14198/2022, 19989/2021, 89/2021, 10343/2020), mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere -nei limiti in cui ciò sia possibile, e dunque non dopo le modifiche apportate dal d.m. n. 37 del 2018, applicabili dal 27/04/2018, che, eliminando la locuzione ‘di regola’, ha reso inderogabili le soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base -solo in tal caso risultando necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento, e la misura di esso (Cass. 9815/2023; cfr. Cass. 24933/2023, sulla persistente inderogabilità dei minimi tariffari in sede di liquidazione giudiziale, in assenza di diversa convenzione, dopo la soppressione delle parole “di regola” in tutti i commi ad opera del d.m. n. 147 del 2022, applicabile solo alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore).
3.2. -La fondatezza del secondo e del terzo motivo, da esaminare congiuntamente, discende in sequenza da un triplice ordine di fattori: i) l ‘ omessa considerazione del fatto che, a seguito delle modifiche apportate dal d.m. n. 37 del 2018, i minimi tabellari erano divenuti inderogabili; ii) l’erroneo computo del l’incremento del 30 per cento, previsto in ipotesi di pluralità delle parti, per affermare il superamento dei minimi tabellari, trattandosi invece, ai sensi dell’ art. 4, comma 2, d.m. n. 55 del 2014, di una voce autonoma, esulante dal meccanismo di individuazione del compenso minimo liquidabile ai sensi del comma 1 (attraverso la riduzione massima del cinquanta per cento) e da applicare solo una volta che quel compenso (ai valori medi o minimi) sia stato individuato; iii) la mancata constatazione che, in conseguenza delle
anzidette premesse, la liquidazione dei compensi per i giudizi nn. RG 4473/2012 e 4473-1/2012 risultava effettivamente inferiore ai minimi previsti (come da calcoli sviluppati a pag. 18 s. del ricorso).
3.3. -La fondatezza del quarto motivo deriva infine dal l’erronea applicazione dell’aumento del 30 per cento previsto dall’ultimo periodo dell’ art. 4, comma 2, d.m. n. 55 del 2014, non già, come testualmente dispone la norma, (solo) «dal momento dell’avvenuta riunione» dei giudizi cautelari nn. RG 3012/2013 e 2977/2013, ma sin dal loro inizio, senza considerare che la riunione era avvenuta alla prima udienza, e dunque la liquidazione per ‘ studio della controversia ‘ e ‘fase in troduttiva ‘ andava operata autonomamente e separatamente per ciascuna causa.
-Segue la cassazione con rinvio del decreto impugnato in relazione ai motivi accolti ed anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie i restanti tre, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Lecce, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/12/2024.