Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19528 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19528 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1332/2023 R.G. proposto da : COGNOME difeso da ll’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
-intimato- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE BENEVENTO n. 1573/2022 depositata il 02/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME ha proposto opposizione contro il decreto di rigetto della sua istanza di liquidazione del compenso, emesso dal Tribunale penale di Benevento il 16 marzo 2022. Tale istanza riguardava l’attività da lui svolta come difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un procedimento penale.
Il Tribunale di Benevento, in composizione monocratica, ha accolto parzialmente l’opposizione. Ha ritenuto che la fase di studio dovesse essere liquidata, in quanto necessaria anche solo per l’esame degli atti, così come la fase dibattimentale. In particolare, è stata valorizzata la partecipazione dell’avvocato all’udienza del 24 febbraio 2021, in cui aveva eccepito con successo la mancata notifica del decreto di citazione a giudizio, e a quella del 29 settembre 2021, in cui era stata disposta la riunione con un altro procedimento.
Tuttavia, il Tribunale ha giudicato la richiesta dell’avvocato COGNOME «del tutto incongrua», considerando la «assoluta facilità delle attività espletate e l’assenza di particolari questioni di fatto o di diritto». Ha inoltre tenuto conto del fatto che il difensore avrebbe potuto ricevere un’ulteriore liquidazione alla definizione del procedimento principale. Di conseguenza, ha liquidato la somma di € 410,55, oltre accessori , applicando i valori minimi e la riduzione prevista dall’art. 12 co. 2 d.m. 55/2014
Infine, il Tribunale ha compensato integralmente le spese di lite, ravvisando «gravi ed eccezionali ragioni». Tali ragioni sono state individuate nel fatto che il Ministero della Giustizia assume la difesa erariale «solamente in veste di litisconsorte necessario» e nel «minimo dispendio di attività processuali effettuato dal Rossi nel processo presupposto».
Ha quindi pronunciato parziale accoglimento dell’opposizione e, in riforma del decreto impugnato, ha liquidato il compenso in favore del difensore nella misura indicata, compensando le spese di lite.
Ricorre in cassazione il difensore con due motivi. Rimane intimato il Ministero della Giustizia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 12 co. 1 del d.m. 55/2014, come modificato dall’art. 3 del d.m. 37/2018, e
dell’art. 106 bis d.p.r. 115/2002. Si censura l’ordinanza del Tribunale di Benevento nella parte in cui ha liquidato il compenso per le fasi di studio e dibattimentale in € 410,55, somma che risulta inferiore al minimo legale determinato sulla base delle tabelle parametriche e delle riduzioni applicabili in caso di patrocinio a spese dello Stato. Si afferma che la liquidazione è avvenuta in violazione del principio dell’equo compenso, come affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea e da numerose sentenze della Corte di cassazione, che hanno ritenuto illegittime le liquidazioni effettuate al di sotto dei limiti minimi fissati dai parametri vigenti. Si chiede quindi di cassare l’ordinanza impugnata e di liquidare il compenso nella misura minima inderogabile di € 510 .
Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 132 co. 2 n. 4 e 92 co. 2 c.p.c., come risultanti dopo la sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale. Si censura la decisione del Tribunale nella parte in cui ha disposto la compensazione integrale delle spese del giudizio di opposizione, motivandola con la qualità del Ministero della giustizia quale litisconsorte necessario e con il minimo dispendio di attività processuali svolto dal difensore. Si afferma che tali ragioni non integrano gravi ed eccezionali motivi, essendo insuscettibili di qualificazione come eventi imprevisti e imprevedibili, e che la motivazione offerta dal giudice è solo apparente. Si richiama il principio di diritto enunciato da Cass. SU n. 32061/2022, secondo cui l’accoglimento anche parziale di una domanda unitaria non può giustificare la compensazione delle spese per reciproca soccombenza. Si contesta infine che la posizione del Ministero possa giustificare la compensazione in un procedimento contenzioso in cui esso è parte necessaria, avente a oggetto diritti patrimoniali soggettivi.
– Il ricorso è fondato e merita accoglimento in relazione a entrambi i motivi.
Con riferimento al primo motivo, il provvedimento impugnato, pur riconoscendo il diritto del difensore alla liquidazione per la fase di studio e per quella dibattimentale, ha determinato il compenso in € 410,55, somma inferiore a quella minima risultante dall’applicazione dei parametri vigenti. Come correttamente evidenziato in ricorso, la modifica apportata dal d.m. n. 37/2018 ha stabilito che i valori medi di liquidazione «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento», introducendo così un limite invalicabile. Per il giudizio dinanzi al Tribunale monocratico, la tabella n. 15 allegata al d.m. n. 55/2014 prevede, per le fasi liquidate, i seguenti valori medi: € 450,00 per la fase di studio e € 1.080,00 per la fase istruttoria o dibattimentale. Il compenso minimo, applicando la massima riduzione del 50%, sarebbe dunque pari a € 765,00. Su tale importo deve poi operare la riduzione di un terzo prevista per il patrocinio a spese dello Stato dall’art. 106 bis del d.p.r. n. 115/2002. Il compenso finale minimo spettante al difensore è pertanto pari a € 510,00, come risulta dal calcolo sviluppato in ricorso. La liquidazione operata dal Tribunale viola, dunque, la norma sui parametri minimi.
Anche il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta la statuizione di integrale compensazione delle spese di lite del giudizio di opposizione, è fondato.
Il Tribunale ha giustificato la compensazione adducendo quali «gravi ed eccezionali ragioni» il fatto che il Ministero della Giustizia assuma la difesa «solamente in veste di litisconsorte necessario» e il «minimo dispendio di attività processuali» nel procedimento presupposto. Tali argomenti non sono idonei a integrare le ragioni richieste dall’art. 92 c.p.c. La Corte costituzionale, con sentenza n. 77/2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 co. 2 c.p.c., nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
Successivamente, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 32061/2022, hanno ulteriormente chiarito che l’accoglimento in misura ridotta di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza e che la compensazione può essere giustificata esclusivamente nei casi tassativamente previsti dalla norma, ovvero in presenza di eventi sopravvenuti e imprevedibili, non imputabili alla condotta processuale delle parti.
Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto sussistenti gravi ed eccezionali ragioni nella qualità del Ministero della Giustizia quale litisconsorte necessario e nel modesto dispendio processuale sostenuto dal difensore, ma nessuno di tali elementi integra le condizioni previste dalla norma, come interpretata dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità. Da un lato, la posizione processuale del Ministero è normativamente imposta quale parte titolare del rapporto di debito e non dipende da eventi eccezionali e imprevedibili; dall’altro, la valutazione della quantità dell’attività difensiva svolta, come già osservato, attiene al quantum del compenso e non può incidere sulla regolazione delle spese di lite. La motivazione offerta è quindi solo apparente e si risolve in una indebita deroga al principio della soccombenza.
L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione del provvedimento impugnato. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte può decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 co. 2 c.p.c. Il compenso per l’attività svolta nel procedimento penale va rideterminato nel minimo inderogabile di € 510,00, oltre accessori di legge. In applicazione del principio della soccombenza, il Ministero della Giustizia deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di opposizione, che si liquidano in € 332,00 per compensi, oltre accessori. Anche le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in € 350,00 per compensi, oltre accessori.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, determina in € 510,00, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, il compenso spettante all’avv. NOME COGNOME per l’attività prestata nel procedimento penale presupposto. Condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di lite, che liquida in € 332 per il giudizio di opposizione e in € 350 , oltre a € 200 per esborsi per il presente giudizio di cassazione, oltre in entrambi i casi alle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, il 09/07/2025.