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Compenso avvocato forma scritta: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3457/2024, ha stabilito principi cruciali sul compenso dell’avvocato e la forma scritta dell’accordo. In una disputa tra un legale e una società sua cliente, la Corte ha annullato la decisione di merito che riteneva valida una delibera assembleare non sottoscritta dal professionista come accordo sul compenso. È stato ribadito che l’accordo sul compenso avvocato in forma scritta richiede la sottoscrizione di entrambe le parti, a pena di nullità. La Corte ha inoltre censurato la motivazione ‘apparente’ con cui era stato negato parte del compenso e ha chiarito che gli interessi di mora decorrono dalla richiesta di pagamento, non dalla decisione giudiziale.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso avvocato forma scritta: una delibera non basta

La determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente è una questione delicata, spesso fonte di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3457 del 7 febbraio 2024) ha ribadito un principio fondamentale: l’accordo sul compenso avvocato forma scritta è un requisito essenziale, che non può essere soddisfatto da una delibera unilaterale del cliente, anche se formalizzata in un verbale d’assemblea. Questa pronuncia offre spunti cruciali per professionisti e aziende sulla corretta formalizzazione dei rapporti contrattuali.

I Fatti di Causa

Un avvocato agiva in giudizio per ottenere il pagamento del proprio compenso per una serie di attività legali svolte in favore di una società. Il professionista quantificava le proprie spettanze sulla base dei parametri ministeriali, ma la società cliente si opponeva, sostenendo l’esistenza di un accordo differente.

Secondo l’azienda, il compenso doveva essere calcolato sulla base di una convenzione approvata durante un’assemblea dei soci. In tale sede, era stato deliberato un prospetto di condizioni economiche per gli incarichi legali. Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla società, ritenendo che tale delibera integrasse un valido accordo contrattuale in forma scritta, vincolante per il legale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’avvocato, cassando l’ordinanza del Tribunale e rinviando la causa per un nuovo esame. La decisione si fonda su tre pilastri principali che hanno smontato la tesi del giudice di merito.

Le Motivazioni: la necessità della sottoscrizione bilaterale per il compenso avvocato in forma scritta

La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai sensi dell’art. 2233 del codice civile, l’accordo con cui si determina il compenso professionale dell’avvocato deve avere la forma scritta ad substantiam, a pena di nullità.

Questo significa che l’accordo per essere valido deve risultare da un documento scritto. La Corte ha specificato che, sebbene l’accordo possa formarsi attraverso lo scambio di due documenti distinti (proposta e accettazione), è indispensabile che entrambi siano redatti in forma scritta e, soprattutto, che rechino la sottoscrizione della parte a cui sono diretti.

Nel caso di specie, la delibera dell’assemblea dei soci era un atto unilaterale della società cliente. L’avvocato non solo non era un socio e non aveva partecipato alla votazione, ma soprattutto non aveva mai sottoscritto né la delibera né il prospetto dei compensi in essa contenuto in segno di accettazione. Pertanto, mancava l’elemento essenziale dell’accettazione scritta da parte del professionista, rendendo l’accordo nullo. Non si può confondere una decisione interna del cliente con un contratto bilaterale.

Inoltre, la Corte ha accolto altri due motivi di ricorso:

1. Motivazione Apparente: Il Tribunale aveva negato qualsiasi compenso per una specifica attività di opposizione a un’esecuzione, affermando genericamente una “assenza di una significativa attività espletata” senza spiegare le ragioni di tale valutazione. La Cassazione ha ritenuto questa una ‘motivazione apparente’, ossia una non-motivazione, che viola l’obbligo del giudice di rendere comprensibile il proprio percorso logico-giuridico.

2. Omessa Pronuncia sugli Interessi: Il giudice di merito aveva completamente ignorato la richiesta dell’avvocato di ottenere gli interessi moratori per il ritardo nel pagamento. La Corte ha colto l’occasione per ribadire che gli interessi sui crediti professionali decorrono dalla data della messa in mora (ad esempio, la richiesta formale di pagamento) e non dalla data della decisione del giudice.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito fondamentale per avvocati e clienti. Per evitare future controversie, è imprescindibile che ogni accordo sulla determinazione dei compensi sia formalizzato in un documento scritto e firmato da entrambe le parti. Una delibera societaria, una bozza non firmata o un accordo verbale non forniscono la tutela richiesta dalla legge, esponendo le parti a incertezza e a lunghi contenziosi. La chiarezza e la formalità, attraverso un contratto sottoscritto da entrambi, sono le uniche garanzie per un rapporto professionale sereno e trasparente.

Una delibera dell’assemblea dei soci di una società cliente può costituire un accordo valido sul compenso di un avvocato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un accordo sul compenso professionale richiede la forma scritta ad substantiam, ovvero deve risultare da un documento (o uno scambio di documenti) sottoscritto sia dall’avvocato che dal cliente. Una delibera assembleare è un atto unilaterale della società e, se non viene accettata per iscritto e sottoscritta dal professionista, non integra un contratto valido.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ e quali sono le conseguenze?
Per ‘motivazione apparente’ si intende una motivazione che esiste solo graficamente ma è talmente generica, illogica o contraddittoria da non far comprendere il ragionamento del giudice. La conseguenza è che la decisione può essere annullata in Cassazione per violazione di legge, in quanto un provvedimento privo di una motivazione effettiva è considerato nullo.

Da quando decorrono gli interessi di mora sul compenso non pagato a un avvocato?
Gli interessi di mora decorrono non dalla data della sentenza che liquida il compenso, ma dal momento della ‘messa in mora’, cioè dalla data in cui il professionista ha richiesto formalmente il pagamento al cliente (tramite PEC, raccomandata) o, in mancanza, dalla data di notifica dell’atto giudiziario con cui si avvia la causa per il recupero del credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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