SENTENZA TRIBUNALE DI VENEZIA N. 4018 2025 – N. R.G. 00005279 2022 DEPOSITO MINUTA 10 08 2025 PUBBLICAZIONE 10 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI VENEZIA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La dr. NOME COGNOME giudice della seconda sezione civile di questo Tribunale, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella controversia iscritta al n. 5279 degli affari contenziosi civili per l’anno 2022, promossa con atto di citazione notificato in data 14.07.2022;
da
– AVV. (c.f. , in proprio, quale successore ex art. 111 c.p.c. di (p.i. ), elettivamente domiciliato in Venezia -Mestre (VE), INDIRIZZO presso il proprio Studio (pec , anche con l’avv. NOME COGNOME , per procura allegata telematic amente all’atto di C.F. P.
costituzione del 2.01.2025;
(parte attrice)
contro
-(c.f. ) , elettivamente domiciliata in Padova, INDIRIZZO presso lo Studio dell’avv. NOME COGNOME (pec , la quale la rappresenta e difende per procura C.F.
allegata telematicamente alla comparsa di costituzione e risposta;
(parte convenuta)
In punto: prestazione d’opera intellettuale
Conclusioni:
per parte attrice: ‘ Nel merito: previo ogni accertamento occorrendo, condannarsi, per quanto esposto in citazione, la convenuta al pagamento a favore dell’avv. NOME COGNOME dell’importo complessivo di € 6.303,40 comprensivi di cpa ed iva, oltre agli interessi moratori, dal 26.11.2019 al saldo.
Spese ed onorari stragiudiziali, di negoziazione e di causa rifusi, oltre c.p.a., I.V.A.
In via istruttoria …’.
per parte convenuta: ‘ Nel merito:
rigettarsi le domande ed eccezioni tutte formulate dall’Attore, anche in via subordinata, in quanto infondate in fatto ed in diritto per i motivi di cui in narrativa.
In subordine:
nelle denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree, ridursi il quantum in ragione dei motivi articolati nella parte narrativa dell’atto di costituzione.
In via istruttoria …’.
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
La
, cui è succeduto in corso di causa l’avv.
NOME COGNOME ex art. 111 c.p.c., ha promosso il presente giudizio nei confronti della signora
al fine di vederla condannata al pagamento della somma complessiva di € 6.303,40 comprensivi di cpa ed iva, oltre agli interessi moratori, dal 26.11.2019 al saldo a titolo di compenso professionale spettante per l’attività professionale prestata in favore della stessa.
Nello specifico, la parte attrice ha riferito che, nei primi giorni di maggio 2019, era stata incaricata dalla convenuta di assisterla nella procedura di risarcimento del danno subito nel sinistro occorsole in data 14.3.2019, con revoca al precedente difensore, avv. NOME COGNOME.
In particolare, l’attore ha prestato la propria opera professionale nel procedimento penale, in quello stragiudiziale risarcitorio con la compagnia, nella procedura di contestazione da parte del datore di lavoro RAGIONE_SOCIALE della convenuta, nella procedu ra con l’Inail ed in quella con l’Inps entrambe per le contestazioni mosse circa l’infortunio in itinere .
Ha, quindi, elencato come segue le attività svolte.
Procedimento penale:
in data 28.5.2019 è stato depositato la nomina a difensore fiducia;
-in data 26.7.2019 è stata redatta e deposita istanza alla Procura della Repubblica per
l’espletamento di indagini, come richiesto dalla cliente;
-in data 25.10.2019 è stata redatta e deposita l’istanza alla Procura delle Repubblica per ottenere l’autorizzazione a visionare, esaminare ed estratte copia degli atti d’indagini.
b) Procedimento stragiudiziale:
invio mail del 10.5.2019 ai precedenti difensori;
-in data 16.5.2019 i su nominati difensori hanno inviato una breve relazione dell’attività da loro compiuta e la documentazione in loro possesso;
poiché essi non avevano ottenuto il rapporto del sinistro, in data 17.5.2019 è stata inviata la richiesta ai Carabinieri di Mirano per avere la relativa copia, integrata con successiva mail del 23.5.2019;
-ottenuto il rapporto l’avv. si relazionava con la cliente/convenuta, che sosteneva che il conducente responsabile del sinistro stesse usando il cellulare; così, con comunicazione del 18.7.2019 l’attore richiese ai Carabinieri che fossero effett uate le verifiche ritenute opportune;
in data 3.7.2019, veniva inviata pec alla compagnia assicuratrice , di richiesta di risarcimento danni, con liquidazione anticipata di quello materiale alla bicicletta; -con racc. 31.7.2019, la compagnia inviava l’importo di € 2.700,00 per i danni materiali;
-immediatamente dopo, per difetto di specifica indicazione di detta liquidazione, l’avv. , in data 19.8.19, trasmetteva istanza di accesso agli atti.
-l’attore ha poi inviato, alla compagnia, una serie di comunicazioni datate 22.8.19, 4.9.2019, 9.9.2019, 24.9.2019, 3.10.2019, 29.10.2019, tutte volte ad ottenere l’erogazione di acconto dell’importo di € 20.000,00;
-infine, in data 11.12.2019 l’avv. ha comunicato alla compagnia la revoca del mandato da parte della cliente.
Procedimento con il datore di lavoro RAGIONE_SOCIALE:
-nel mese di luglio 2019, l’attore, per conto della convenuta, ha curato l’invio al datore di lavoro RAGIONE_SOCIALE della documentazione medica, man mano che veniva richiesta.
-con mail 16.9.2019 la convenuta inviava all’attore la racc.a.r. del suo datore di lavoro, avente ad oggetto la comunicazione ai sensi dell’art. 7 legge 20.5.1970 n. 300;
-in merito a detta comunicazione, l’avv. ha predisposto la memoria difensiva che ha inviato, alla sig.ra con mail il 18.9.2019;
poiché la convenuta il giorno precedente, di sua iniziativa aveva inviato direttamente una risposta al datore di lavoro, l’attore ha integrato la memoria succitata, sulla base di quanto la sig.ra aveva dichiarato.
d) Procedimento con Inail:
-Inail aveva posto in discussione la qualifica dell’incidente come infortunio sul lavoro, per cui l’avv. ha compiuto attività di ricostruzione del sinistro affinché detto Ente lo qualificasse come tale, posto che l’Inps aveva negato la gestione come malattia perché di competenza Inail.
-In data 14.10.2019, a mezzo pec, l’attore ha redatto una sorta di memoria in cui veniva spiegato il motivo per cui si trattava di infortunio e soprattutto perché, ed era il motivo dell’addebito, la convenuta, al momento del ricovero, non era stata in grado di definirlo come sinistro in itinere: ‘presentava un sensorio compromesso (stato incosciente)’.
-In risposta, Inail inviava una comunicazione poco chiara datata 29.10.2019, con la quale richiedeva documentazione medica, ma senza specificare se avesse assunto un provvedimento di modifica che qualificasse il sinistro come infortunio in itinere . Di qui le successive comunicazioni del 29.10.19, 8.11.2019 inviate dall’attore. Inail ha poi ammesso il sinistro come infortunio in itinere.
-Inoltre nel mese di agosto 2019, l’avv. , su richiesta della convenuta, aveva provveduto a compilarle i moduli Inail e ad inviarli.
e) Procedimento con Inps.
anche a questo Ente è stata inviata la medesima comunicazione/memoria citata nel capo d);
-inoltre, l’avv. ha provveduto, per conto della convenuta, alla compilazione dei moduli ed al loro invio:
Inps, in data 4.10.19, comunicò che dalla documentazione medica inviata si trattava di un infortunio sul lavoro e non di malattia, e che quindi la gestione doveva avvenire tramite Inail.
Parte attrice ha poi riferito che, con mail 13.11.2019, la sig.ra aveva revocato il mandato all’avv. , al quale giungeva, il giorno successivo, la comunicazione dei colleghi subentranti.
In data 26.11.2019 l’attore aveva quindi trasmesso il preavviso di fattura per l’attività svolta. Posto che nessun accordo era stato raggiunto a seguito dell’esperimento del procedimento di negoziazione assistita e che nessuna somma era stata corrisposta dalla sig.ra si era reso necessario l’avvio della presente azione.
Parte attrice ha, altresì, precisato che la convenuta aveva proposto, avanti al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Venezia, un esposto per la ‘contestazione parcella e rimostranze sul comportamento dell’avv. NOME COGNOME che è stato trasmesso per competenza al Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto. Al momento dell’avvio del presente procedimento, dopo il deposito delle relative memorie di difesa, non era stato assunto alcun
provvedimento.
Così ricostruita la vicenda in fatto, in punto di diritto, sotto il profilo dell’ an , l’attore ha dedotto che il conferimento dell’incarico professionale all’avv. ,
da parte della sig.ra era da ritenersi documentale e pacifico risultando sia dal relativo contratto sottoscritto sia dalla corrispondenza intercorsa con la convenuta.
Parimenti documentata era la copiosa attività svolta dall’attore nei vari procedimenti che ha curato, come sopra descritti, nonché il costante rapporto informativo con la convenuta in merito allo svolgimento della stessa.
Sotto il profilo del quantum debeatur, ha osservato che il succitato conferimento incarico professionale sottoscritto dalla convenuta conteneva anche la pattuizione del compenso professionale e l’espresso riconoscimento di debito e impegno al pagamento.
Era, poi, documentale che la convenuta, grazie all’attività professionale svolta dall’avv.
, aveva ottenuto dalla compagnia assicuratrice un assegno di € 2.700,00 per il danno materiale, che è stato accettato a titolo di acconto.
In virtù del succitato contratto, la sig.ra doveva, € 300,00 oltre accessori richiamando al riguardo la clausola per cui :'(..) pattuisce con il predetto professionista, che accetta, il compenso per le prestazioni professionali come segue: -a forfait in base alla somma che otterrà il cliente come di seguito semplificata: (..) risultato tra 2.000,00 e 3.000,00: € 300,00 oltre accessori ‘.
Lo stesso contratto prevedeva poi che, in caso di revoca del mandato, il cliente debba pagare il compenso come da Tariffa Professionale: ‘ In caso di revoca/rinuncia/cessazione del mandato rimane l’obbligo di corrispondere al professionista le spese sostenute ed il compenso dovuto per l’attività già svolta come da Tariffa Professionale la presente valendo quale espresso riconoscimento di debito e impegno al pagamento ‘.
Al fine di determinare il valore della pratica, ha rinviato alla comunicazione Inail 5.6.20, con la quale si attesta (oltre alla circostanza che l’istanza attorea di riconoscere l’evento come infortunio è stata alla fine accolta) che l’infortunata, ovvero la signora ha diritto al riconoscimento di una rendita.
Il che implicava che le lesioni erano sicuramente superiori al 16% (diversamente la rendita non sarebbe stata riconosciuta) e, quindi, la pratica aveva un valore superiore ad € 260.000,00.
Il DM n. 37/18 prevede, per l’attività stragiudiziale per detto scaglione, un compenso medio € 5.870,00 oltre accessori.
Andava, poi, considerato che l’attività stragiudiziale svolta dall’attore aveva riguardato plurimi procedimenti, come sopra esposto.
Andava, inoltre, tenuta presente l’attività svolta in sede penale, ove solo lo studio della pratica prevede un compenso medio di € 810,00 oltre accessori.
Alla luce di quanto sopra, il compenso complessivamente richiesto, ossia € 4.320,00 oltre accessori (€ 648,00 rimb.for., € 198,72 cpa, € 1.136,68 iva), era inferiore a quanto pattuito tra le parti, ed era stato parametrato ad uno scaglione inferiore rispetto a quello reale.
Inoltre, in esso era conglobato sia l’onorario per il procedimento penale sia il compenso di € 300,00 oltre accessori, spettanti in forza di quanto già percepito, a titolo di acconto, dalla convenuta.
*
Si è costituita la signora chiedendo il rigetto delle avverse domande, in quanto infondate in fatto ed in diritto.
In sintesi, e per quanto di interesse ai fini dell’odierna decisione, ha riferito che, la sera del 14.03.2019, in sella alla propria bicicletta, di ritorno dal lavoro, venne investita dalla signora in località Mirano (VE), lungo la INDIRIZZO in prossimità del civico INDIRIZZO
In esito all’incidente, era stata trasportata presso il Nosocomio di Mestre, ove era rimasta ricoverata sino al 21.03.2019 a causa delle gravi lesioni subite. La stessa era stata quindi trasferita presso il
ove rimase sino al 13.05.2019. Fu poi ricoverata presso la casa di cura INDIRIZZO, a Padova, per ricevere i trattamenti fisioterapici e riabilitativi necessari. Venne ricondotta presso la propria residenza tramite ambulanza, stanti le sue fragili condizioni, soltanto venerdì 07.06.2019 e, pertanto, 85 giorni dopo l’evento in discussione.
In data 29.08.2020, la signora era stata, poi, visitata dalla Dott.ssa , Medico Chirurgo, Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni, la quale aveva accertato che la medesima, a causa di quell’incidente stradale, aveva riportato, : ‘…gli esiti di un trauma cranico con dolenzia in sede di frattura del massiccio facciale, alterazioni del visus, difficoltà di concentrazione e di memoria, oltre agli esiti di frattura agli arti superiori ed inferiori trattati con osteosintesi … Sussistono altresì esito cicatriziale all’arto inferiore destro… nonché disagio di natura psicologica.. ‘.
Venendo al merito della domanda attorea, la convenuta ha riferito che, quando ancora si trovava ricoverata presso il Nosocomio di Dolo, un’assistente sociale occupata presso l’Ospedale, la Signora le porse il recapito telefonico del Signor , impiegato presso il Poliambulatorio specialistico MiraMedica, che la invitò a contattare.
La Signora sola al mondo, fatta eccezione per la madre, afflitta da un gravissimo
decadimento fisico e cognitivo, sottoposta ad una misura di amministrazione di sostegno dall’anno 2017, era priva di legami affettivi supportivi e, in seguito al predetto grave incidente verteva in stato di bisogno, tale da impedirle di provvedere a sé autonomamente, per le plurime e gravi conseguenze dell’infortunio, che la costringevano nel letto d’ospedale.
In questo stato, reduce da una commozione cerebrale, costantemente sedata per dominare il dolore, e in stato confusionale, pur avendo già in precedenza conferito l’incarico agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, aderì all’invito rivoltole dalla Sig nora e tramite l’interessamento del Signor , si rese disponibile a venire raggiunta in reparto dai Signori NOME avv. e NOME COGNOME titolare, quest’ultimo, del Signor .
In tale occasione, il Signor NOME COGNOME socio accomandante della RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, società che ha in gestione il RAGIONE_SOCIALE, ove ha sede legale la predetta società (30031 Dolo VE, INDIRIZZO, la invitò ad affidare le sue cure post ricovero alla struttura RAGIONE_SOCIALE di e la sua tutela legale all’avv. NOME COGNOME.
Nel lamentare che tale circostanza integrasse un’aperta violazione dell’art. 37 del Codice deontologico, ha ulteriormente precisato che, in quelle condizioni di grande precarietà fisica e psichica, la convenuta, accordando la sua fiducia al sanitario, aveva accettato di conferire l’incarico all’avv. che la raggiunse in ospedale insieme ad uno dei soci di RAGIONE_SOCIALE, ed ivi raccolse le sue firme in bianco, senza predeterminazione delle iniziative e delle attività e senza assolvere agli obblighi informativi secondo quanto previsto per legge, contratto e statuto deontologico.
La ricorrente ha ulteriormente evidenziato che il conferimento di incarico al professionista odierno attore e il mandato in bianco in suo favore vennero dalla medesima sottoscritti insieme e simultaneamente al contratto di assistenza medica e di mandato legale con la società gerente il RAGIONE_SOCIALE venendosi così a formare una sorta di accordo congiunto, come comprovato dalle clausole inserite sia nel conferimento incarico professionale sia in seno all”Accordo di assistenza medica e mandato’.
In data 07.05.2020 la Signora inoltrò al legale la documentazione in suo possesso, chiedendo al professionista di adoperarsi prioritariamente dell’aspetto lavorativo (essendo sola aveva infatti la preoccupazione di salvaguardare la sua occupazione e di ottenere le tutele dovutele in virtù del rapporto di lavoro).
L’8.05.2019 la Signora invitò il professionista a mettersi in contatto con la Dott.ssa Consulente della propria datrice di lavoro, la RAGIONE_SOCIALE
Il 27.05.2019 la Signora inviò all’attore la sua ultima busta paga.
In data 28.06.2019 l’avv. NOME COGNOME acquisì il rapporto di incidente stradale, per
l’acquisizione del quale si erano già adoperati i precedenti professionisti, gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Sabato 14.09.2019 la Signora ricevette una raccomandata AR dalla RAGIONE_SOCIALE sua datrice di lavoro, missiva contenente un richiamo disciplinare, con cui l’azienda contestava alla lavoratrice di non avere presentato adeguata certificazione medica inerente la prosecuzione della malattia.
La Signora cercò di raggiungere al telefono, senza fortuna, l’avv. , al quale infine trasmise, il successivo lunedì mattina (16.09.2019), la missiva a mezzo e-mail. L’avv. NOME COGNOME richiamò la donna soltanto mercoledì 18.09.2019 ad un giorno dallo
scadere del termine per la replica alla contestazione.
Terrorizzata dal timore di non riscontrare tempestivamente la sua datrice di lavoro nel termine fissato per legge in 5 giorni dalla ricezione della contestazione, la Signora rispose da sola alla RAGIONE_SOCIALE la quale, non ritenendo adeguate le giustificazioni offerte, le irrogò una sanzione disciplinare, che l’avv. giudicò non grave. In realtà la contestazione si tradusse nel diniego della retribuzione spettate per il mese di agosto 2019 e per alcuni giorni di settembre.
Solo con messaggio pec del 05.09.2019, l’avv. NOME COGNOME scrisse al legale dell’impresa RAGIONE_SOCIALE rappresentando che ‘ il medico di base si è reso disponibile a emettere un certificato che attesti la sua impossibilità a recarsi presso di lui nel mese di agosto ‘, allegando il certificato INPS del mese di settembre.
Avendo perso fiducia nel professionista, in data 13.11.2019 la Signora gli revocò il mandato.
In data 25.11.2019 l’avv. NOME COGNOME versò agli atti del procedimento penale nr. 2667/2019 R.G.N.R. del Tribunale di Venezia l’atto di nomina a difensore di fiducia e il conferimento della procura speciale.
Infine, pur avendo interloquito più volte con la consulente del lavoro della RAGIONE_SOCIALE, la Dott.ssa la quale a più riprese lo invitò ad attivare le garanzie concesse dal Fondo assistenza sanitaria integrativa alimentaristi: ‘RAGIONE_SOCIALE‘, accesa dal datore di lavoro in favore della dipendente, come previsto dal CCNL per i lavoratori dell’industria alimentare, l’avv. NOME COGNOME, pur disponendo delle buste paga della danneggiata, che recano la dicitura: ‘RAGIONE_SOCIALE‘, non aprì il sinistro e non attivò la relativa copertura assicurativa entro il termine perentorio di 6 mesi. Così facendo il professionista precluse alla lavoratrice la possibilità di godere dei trattamenti di assistenza sanitaria previsti dall’art. 74 quater del CCNL suddetto.
Dalla dimissione da Villa Maria, la Signora venne sottoposta a visite specialistiche e terapie riabilitative presso il Centro RAGIONE_SOCIALE in regime privato. Il poliambulatorio ha ottenuto in regime di cessione del credito oltre €. 10.000,00 per i servizi prestati alla Signora
Nel lamentare di necessitare tutt’ora di altre visite specialistiche e cure ma di non avere le risorse economiche per accedervi, la convenuta ha confermato di aver ricevuto un esposto all’Ordine degli Avvocati di Venezia nei confronti dell’avv. .
A fronte di ciò si è rivolta all’attore, anche per il tramite dell’attuale difensore, nel frattempo subentrato nel mandato, per addivenire ad una soluzione amichevole che tuttavia è rimasta senza esito.
Così ricostruita la vicenda in fatto, in punto di diritto la convenuta ha eccepito, in via preliminare, l’invalidità della clausola alternativa di pattuizione del compenso in deroga al criterio forfettario e secondo i parametri forensi per il caso di cessazione anticipata dell’incarico.
Al riguardo ha dedotto che il contratto di patrocinio rientra nel novero dei contratti conclusi tra professionista e consumatore e, come tale, è soggetto alla disciplina delle condizioni generali di contratto di cui all’art. 1341 e ss. c.c. oltre che alla normativa speciale in materia di codice del consumo (D. Lgs. nr. 205/2006), con particolare riferimento all’art. 33 del medesimo codice, da valutarsi anche alla luce degli specifici obblighi previsti dallo statuto c.d. contrattuale e deontologico dell’avvo cato.
Ciò premesso, quanto alla violazione della disciplina di cui all’art. 1341 c.c., ha evidenziato che, all’atto della sottoscrizione del formulario contenente il contratto di patrocinio predisposto dall’attore, che la convenuta non conosceva e che si è prese ntato al suo capezzale, presso l’Ospedale di , solo tramite interposta persona, la Signora reduce da un gravissimo incidente, era, suo malgrado, incolpevolmente impossibilitata a conoscere e comprendere con cognizione di causa le clausole inseri te dall’attore.
Il formulario sottoposto alla Signora recava solo un’indicazione de relato dei parametri forensi, che non solo non vennero forniti in copia alla cliente, ma nemmeno le vennero esibiti o spiegati e, pertanto, senz’altro non sono stati negoziati.
Il consenso prestato dalla signora pertanto, doveva ritenersi invalido anche alla luce del principio inderogabile codificato agli artt. 33 lettera l) e 36 lettera c) del codice al consumo, per il quale deve considerarsi vessatoria e annullabile a beneficio del consumatore la previsione che estende il consenso a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
La convenuta ha poi eccepito l’abusività della clausola contenuta nel modulo ‘ Conferimento di incarico professionale’, laddove stabilisce la spettanza all’avv. NOME COGNOME di un compenso forfettario (cfr. doc. 1 allegato all’atto di citazione), salvo poi prevedere: ‘ in caso di revoca/ rinuncia/cessazione del mandato rimane l’obbligo di corrispondere al professionista le spese sostenute ed il compenso dovuto per l’attività già svolta come da Tariffa Professionale la presente valendo quale espresso riconoscimento di debito e impegno di pagamento ‘.
Ha richiamato al riguardo giurisprudenza per la quale clausole di tal genere valgono sanzionare indiscriminatamente il recesso del solo consumatore, per di più senza l’entità della somma dovuta dal contraente debole nel caso di recesso – che viene sostanzialmente ad integrare una penale – trovi riscontro in analoga sanzione a carico del professionista.
Se non bastasse, la clausola suddetta, trovando applicazione anche per l’ipotesi inversa, in cui sia il professionista a rinunciare al mandato, rivela ulteriormente il proprio carattere vessatorio, perché conduce alla conseguenza paradossale di attribuire il diritto al maggior compenso in favore del professionista semplicemente a fronte della sua rinuncia.
Inoltre, nel contratto di conferimento di incarico professionale non mancava soltanto la sottoscrizione delle singole clausole ‘sbilanciate’, ma faceva difetto il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali, né si poteva desumere alcun significativo margine di contrattazione fra le parti. Al contrario, l’avv. NOME COGNOME utilizzò con la Signora lo stesso modello contrattuale impiegato per disciplinare uniformemente tutti i propri rapporti contrattuali, gravando sul professionista l’on ere di prova contraria.
Inoltre, il contratto de quo rivelava, per tabulas , una serie di vizi relativi anche alla fase pre contrattuale del rapporto, difettando alcune informazioni obbligatorie per legge (quali, inter alia , quelle relative alla possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita o alla mediazione civile).
Inoltre, tale contratto era generico e lacunoso nella determinazione dell’oggetto dell’incarico e della tipologia dell’attività da svolgere (tant’è che la convenuta chiedeva all’attore di adoperarsi principalmente nell’ambito della vicenda giuslavoristica) , e conteneva riferimenti de relato ad altri documenti (quali quelli relativi all’eventuale applicazione dei parametri forensi e/o alla possibilità di avvalersi del gratuito patrocinio), che non sono stati consegnati, esibiti, né tantomeno illustrati al consumatore.
Alla luce della vessatorietà della clausola, la convenuta ha eccepito che l’attore non aveva assolto all’onere sul medesimo gravante di provare: a) la trattativa; b) la specifica approvazione; c) la non vessatorietà della clausola, con conseguente inefficacia della medesima.
In ogni caso, doveva trovare piena applicazione la previsione evincibile dal combinato disposto
degli artt. 1370 c.c. e art. 35 c. 2 Cod. Cons., secondo cui le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli e formulari predisposti da uno dei contraenti, si interpretano sempre nel senso più favorevole all’aderente in virtù della cosiddetta interpretatio contra stipulatorem .
Di conseguenza, espunta la clausola vessatoria, avrebbe dovuto trovare applicazione il criterio concordato del compenso ‘ a forfait in base alla somma che otterrà il cliente come di seguito esemplificata: risultato tra 0 e 1.000,00: euro 100,00 oltre accessori, risultato tra 1.000,00 e 2.000,00: euro 200,00 oltre accessori; risultato tra 2.000,00 e 3.000,00: euro 300,00 oltre accessori…….e così via, sempre e comunque oltre a quanto la eventualmente dovesse già riconoscere direttamente al professionista o essere condannata a pagare .’
Stando così le cose, per l’assistenza prestata dal mese di maggio al mese di novembre 2019, l’avv. , avrebbe maturato, al più, un compenso pari al 10% dell’offerta di ristoro del danno materiale ricevuta dalla Signora con raccomandata A.R. in data 31.07.2019. Quanto alla fase genetica del rapporto, la convenuta ha lamentato la violazione degli obblighi pre contrattuali che impongono all’avvocato di rilasciare una serie di informative non altrimenti derogabili dalla legge e dal codice deontologico ad esempio in materia di negoziazione assistita. Inoltre, l’avv. NOME COGNOME era venuto meno alla prescrizione di ‘informare chiaramente la parte assistita, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle atti vità da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione (art. 27, comma 1° del codice deontologico forense)’.
Lo stesso perimetro dell’incarico appariva poco chiaro, in quanto non era dato sapere quale fosse il soggetto contro il quale agire (il datore di lavoro, trattandosi di infortunio in itinere; l’INAIL e/o il conducente del veicolo coinvolto nel sinistro e l a sua Compagnia Assicurativa) o la tipologia di azione da promuovere.
Nel richiamare le vicende relative al fondo RAGIONE_SOCIALE e alla sanzione disciplinare irrogatale dalla società datrice di lavoro, secondo la convenuta l’attore aveva omesso di assolvere ad una serie di adempimenti, con conseguenze gravi per la Signora in contrasto con il disposto dell’art. 27, settimo capoverso, del codice deontologico forense.
In via subordinata, la signora ha chiesto la riduzione del compenso richiesto dall’attore ex art. 1384 c.c. stante la natura di penale della richiesta liquidazione del compenso in base alla tariffa professionale.
In ogni caso, il compenso richiesto era esorbitante rispetto all’attività professionale svolta secondo i criteri di cui all’art. 2233 c.c. e dell’art. 2 del DM 55/14.
In particolare, ha evidenziato che l’ammontare del compenso definito dal tariffario forense per lo scaglione preso arbitrariamente come riferimento e da lui invocato presuppone lo svolgimento ed il completamento per intero della prestazione in sede stragiudiziale.
Per converso, nel caso de quo , il lavoro non era stato completato in quanto non era stata esperita proprio tutta l’attività preponderante, sia qualitativamente che quantitativamente.
Mancava, ad esempio, l’assistenza per la conduzione degli accertamenti tecnici della dinamica dell’evento sinistroso controverso, quelli estimativi dei danni ai mezzi coinvolti, quelli funzionali alla visita medico-legale di parte sulla persona della danneggiata. Non erano state consigliate, né disposte le relative perizie, indispensabili per consentire all’avvocato di perfezionare una quantificazione da sottoporre alla controparte.
Difettava la negoziazione con il liquidatore incaricato, né vi è traccia di trattativa con controparte, mancava la negoziazione assistita e il sinistro non venne definito proprio a causa all’operato dell’avvocato , che non prestò assistenza per le rinunce e le liberatorie finali.
Inoltre, la somma invocata a titolo di compenso ineriva anche alle prestazioni rese dai precedenti professionisti.
Depositate le memorie di cui all’art. 183, comma VI, c.p.c., la causa è stata ritenuta matura per la decisione sulla base della documentazione già versata in atti.
All’ultima udienza è stata, quindi, trattenuta in decisione con assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
La domanda attorea può trovare integrale accoglimento per le motivazioni qui di seguito esposte.
In primo luogo, deve osservarsi come la convenuta abbia sollevato plurime contestazioni all’operato dell’avv. che, a suo dire, sarebbero rilevanti sia sotto il profilo deontologico, sia in ordine alla diligenza prestata nello svolgimento dell’att ività professionale, sia in ordine alla stessa validità ed alla efficacia del contratto di ‘ conferimento di incarico professionale ‘ concluso con l’avv. (doc. 1 di parte attrice).
Deve, peraltro, osservarsi come molti dei motivi di doglianza sollevati siano irrilevanti ai fini del presente procedimento sia perché attengono a questioni che esulano dall’oggetto di causa (v. esposto disciplinare presentato dalla signora già archiviato) sia perché non sempre le singole allegazioni sono funzionali ad una specifica domanda o eccezione.
Ad esempio, la convenuta dedica ampio spazio alle condizioni in cui l’accordo venne concluso
e alla propria condizione minorata capacità di intendere e di volere in quel momento, ma poi non chiede, nemmeno in via di eccezione, l’annullamento del contratto; al contrario, ne invoca l’applicazione con riferimento alla clausola del medesimo laddove si pattuisce un compenso forfettario a scaglione in favore del professionista.
Parimenti è a dirsi quanto alla asserita carenza delle avvertenze inerenti l’oggetto dell’attività, i rischi e gli oneri stimabili, il tariffario, l’avviso relativo alla negoziazione assistita ed alla mediazione civile, all’informativa sulla privacy e in ordine all’allegato collegamento con il contratto di assistenza medica (v. pag. 3 comparsa di costituzione e risposta).
Venendo allo specifico oggetto di causa, la convenuta contesta, poi, la validità e l’efficacia della clausola che prevede: ‘ In caso di revoca/rinuncia/cessazione del mandato rimane l’obbligo di corrispondere al professionista le spese sostenute ed il compenso dovuto per l’attività già svolta come da Tariffa Professionale la presente valendo quale espresso riconoscimento di debito e impegno al pagamento ‘.
Pacifica l’applicazione al contratto de quo della disciplina del codice del consumo (v. anche Corte di Cassazione, Sez. VI3 Civile, nell’Ordinanza 7 marzo 2022, n. 7357), va ricordato che l’art. 33 del codice contiene al primo comma la generale previsione per cui, nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Al secondo comma si stabilisce poi, per quanto di interesse ai fini dell’odierna decisione, che si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, tra l’altro di riconoscere al solo professionista e non anche a l consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto (lett. g)).
Il successivo art. 34 precisa ulteriormente che la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.
La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene, poi, alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.
Sempre per espressa previsione di legge, non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi
contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea.
Inoltre, non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.
La giurisprudenza ha poi già chiarito la specialità della disciplina del codice del consumo rispetto alle generali previsioni di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. richiamate dalla convenuta. La vessatorietà contemplata dalla normativa a protezione del consumatore, la cui ratio risiede nella tutela di quest’ultimo a fronte della predisposizione unilaterale delle clausole ad opera delle parti, quale potenziale fonte di abuso, può riguardare anche il singolo rapporto, laddove l’onerosità ex art. 1341, 2° co., c.c. attiene ai contr atti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti. Il contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, pur in presenza di un significativo squilibrio, viene, invece, sottratto alla relativa disciplina di protezione per essere assoggettato alla normativa sul contratto in generale, nelle parti in cui sia stato oggetto di trattativa individuale. In queste ipotesi la preclusione discende non già dalla non vessatorietà della clausola o del contratto fatti oggetto di specifica trattativa, bensì dalla inconfigurabilità della loro unilaterale predisposizione ed imposizione, quali (possibili) fonti di abuso nella vicenda di formazione del contratto (v. in motivazione Cass. sez. III, ord. 3 luglio -26 settembre 2008, n. 24262).
Quanto al riparto dell’onere della prova, ne consegue che, sebbene l’art. 34 comma 5 del codice del consumo preveda l’onere del professionista di provare che le clausole oggetto del contratto siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore con riferimento ai soli contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, per i contratti diversi da questi ultimi non si può in alcun modo desumere che incomba sul consumatore l’onere di provare l’ ‘assenza di trattativa’. Si argomenta, infatti, che quest’ultima costituisce un elemento oggettivo di esclusione di applicazione della disciplina posta a tutela del consumatore e non un requisito costitutivo di vessatorietà delle clausole. Con la conseguenza che graverà sul consumatore che agisce in giudizio, allegare presupposti e requisiti necessari per ottenere la declaratoria di nullità, ovvero la predisposizione del contratto da parte del professionista, il suo utilizzo nell’ambi to della propria attività professionale e la corrispondenza delle clausole del contratto con quelle di cui all’art. 33 comma 2 o 36 comma 2 del codice di consumo. Graverà, invece, sul professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, ovvero di una trattativa idonea ad escludere l’applicazione della normativa posta a tutela del consumatore, poiché qualificata dai requisiti
sopra indicati (Cass. ibid).
Chiarito il quadro normativo di riferimento, deve osservarsi come la clausola in esame non possa essere considerata vessatoria in quanto, per l’ipotesi di revoca (o meglio, di recesso dal contratto) del cliente, ricalca sostanzialmente la previsione di cui all’art. 2237 c.c. laddove si prevede che il cliente possa recedere dal contratto rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso per l’opera svolta.
Posto che la clausola fa riferimento ai criteri legali di determinazione del compenso spettante al professionista per l’attività effettivamente svolta, difetta, pertanto, a carico del consumatore qualsiasi squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Si tratta, quindi, di previsione diversa da quella presa in considerazione della giurisprudenza richiamata dalla convenuta in materia di penale, laddove si prevedono somme in favore del professionista a prescindere dall’attività concretamente svolta.
L’esclusione della vessatorietà della clausola assorbe ogni ulteriore questione sollevata dalla convenuta in ordine al mancato svolgimento di trattativa individuale o alla mancata informazione rispetto ai parametri forensi o alla conoscibilità degli stessi da parte della cliente al momento del conferimento dell’incarico.
E, quindi, va accolta la domanda proposta in questo giudizio da parte attrice di determinazione del compenso in base ai parametri stabiliti con il D.M. 55/14 aggiornato al D.M. 37/18 applicabile ratione temporis .
Venendo al compenso richiesto, l’avv. chiede in questo giudizio che il medesimo sia determinato in € 4.320 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge, somma pari al valore medio dello scaglione da € 52.001 ad € 260.000 relativo all’attività stragiudiziale svolta in favore della signora
Quanto all’attività stragiudiziale svolta con riferimento al risarcimento del danno per i danni materiali sia alla salute subiti dalla signora a causa dell’incidente stradale in cui è rimasta coinvolta, l’avv. ha documentato di essersi atti vato con i precedenti difensori i quali gli trasmisero una relazione sull’attività svolta, di avere richiesto e ottenuto copia del rapporto del sinistro, non ancora ricevuta dai precedenti legali, di avere richiesto e ottenuto per la cliente il risarciment o del danno materiale per € 2.700 e di avere inviato plurime missive alla compagnia assicuratrice per il risarcimento dei danni tutti subiti dalla signora con richiesta di riconoscimento di un acconto di € 20.000 (doc. 4 fascicolo attoreo).
Inoltre, ha interloquito con Inps e Inail ai fini della qualificazione, quale infortunio in itinere , dell’incidente subito dalla signora al fine del riconoscimento, in favore della stessa, delle relative prestazioni previdenziali.
Va poi tenuto conto dell’attività svolta rispetto alle contestazioni mosse alla signora da parte della società datrice di lavoro in quanto la bozza di osservazioni da inviare a RAGIONE_SOCIALE è stata pacificamente inviata dal legale in data 18.09.2019 , in tempo utile per l’inoltro alla datrice di lavoro rispetto alla contestazione pervenutale il precedente 14.09.2019 con termine per osservazioni e risposta in scadenza al 19.09.2019 (v. sul punto corrispondenza allegata dall’avv. quale doc. 19 ).
Quanto poi al mancato accesso al fondo RAGIONE_SOCIALE, non vi è prova di specifico incarico al riguardo a fronte della missiva allegata dall’avv. richiamata dalla stessa convenuta laddove il medesimo rappresentava alla signora a necessità di affiancamento a esperto della materia lavoristica (al riguardo, la dichiarazione a firma della consulente del lavoro e la prova testimoniale articolata dalla convenuta nulla provano al riguardo). Anche l’eccezione di inadempimento sollevata sotto questo profilo, pertanto, non può trovare accoglimento. La convenuta non ha, poi superato, i profili evidenziati dal professionista circa la cumulabilità delle prestazioni del Fondo con le somme già percepite in sede risarcitoria in regime di cessione del credito.
In relazione al procedimento penale, l’attore ha poi svolto attività consistente nel deposito di atto di nomina a difensore, nel deposito di istanza alla Procura per l’espletamento di indagini sull’uso del telefono cellulare da parte del conducente del vei colo che investì la signora (profilo pacificamente indicato dalla stessa cliente) e nel deposito di istanza di autorizzazione all’esame e all’estrazione di copia degli atti di indagine (doc. 2 fascicolo di parte attrice).
Alla luce di quanto sopra, se è vero che l’attività svolta dall’avv. si è arrestata prima degli approfondimenti tecnici in ordine alla dinamica del sinistro e di natura medico legale, va evidenziato come l’attività del legale non si sia limitata ai soli profili risarcitori civilistici, ma abbia riguardato anche i rapporti con gli istituti previdenziali, con la società datrice di lavoro e il procedimento penale.
Inoltre, deve considerarsi che il legale ha fatto riferimento a scaglione di valore effettivamente inferiore al risarcimento spettante alla signora in relazione all’incidente stradale di cui è rimasta vittima, tenuto conto delle risultante della relazione medico -legale dalla medesima allegata (v. relazione dott.ssa allegata sub 10) ove si indica una riduzione della validità psicosomatica al 45%, oltra a 90 giorni di inabilità biologica al 100%, 90 di parziale inabilità biologica al 75% ed ulteriori 13 mesi e 15 giorni di parziale inabilità biologica al 50%, a fronte di un livello di sofferenza medio -elevato (basti rilevare che in base alla nuova Tabella Unica Nazionale il risarcimento della sola voce di danno permanente alla salute nella percentuale del 45%, senza personalizzazioni, è di € 354.393,90).
Alla luce di elementi, deve concludersi che il compenso richiesto dall’avv. nella misura di € 4.320 oltre rimborso forfettario ed accessori fiscali e previdenziali è congruo rispetto all’attività professionale svolta in favore della signora
Su tali somme dovranno computarsi interessi in misura legale dalla costituzione in mora (doc. 10 fascicolo di parte attrice) sino al saldo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo i parametri di cui al D.M. 55/14, così come aggiornato con D.M. 147/22, tenuto conto del valore della controversia e del mancato svolgimento di attività istruttoria, nonché della complessità del procedimento conseguente alle plurime eccezioni sollevate dalla convenuta, tale per cui appare congruo fare riferimento ai valori medi. Al riguardo, appare opportuno evidenziare che le somme offerte a fini conciliativi dalla convenuta (da ultimo nella misura di € 3.000), sono di molto inferiori a quanto dovuto a parte attrice e non possono essere valorizzate ai fini di una diversa regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Giudice, pronunciando in via definitiva, ogni diversa domanda o eccezione rigettata o assorbita:
1) accerta e dichiara che l’avv. NOME COGNOME quale successore ex art. 111 c.p.c. di
, per l’attività professionale svolta in favore di a maturato compensi professionali e relativi accessori pari ad € 6.30 3,40 come specificati in parte motiva;
2) per l’effetto, condanna al pagamento in favore dell’avv. NOME COGNOME della somma di € 6.303,40, oltre interessi legali dal 26.11.2019 al saldo;
3) pone a carico della parte convenuta le spese di lite sopportate da parte attrice che liquida in € 3.397 per compenso professionale oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, iva e cpa. Venezia, 10.08.2025.
Il Giudice (Dott. NOME COGNOME