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Compenso avvocato difesa personale: la Cassazione fa

Un avvocato, dopo aver assistito un cliente con gratuito patrocinio, si opponeva alla liquidazione del proprio compenso. Il Tribunale, pur accogliendo l’opposizione, negava il pagamento per l’attività di opposizione stessa, poiché l’avvocato si era difeso personalmente. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il compenso all’avvocato in difesa personale è sempre dovuto, in quanto costituisce un’attività professionale a tutti gli effetti, che merita di essere retribuita secondo le tariffe forensi.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Avvocato in Difesa Personale: La Cassazione Conferma il Diritto alla Liquidazione

Il tema del compenso avvocato difesa personale è stato recentemente oggetto di una importante pronuncia della Corte di Cassazione, che ha chiarito un principio fondamentale: l’attività difensiva svolta dal legale in proprio favore, nel contesto di un giudizio di opposizione per la liquidazione dei propri onorari, ha natura professionale e deve essere retribuita. Questa ordinanza rafforza la dignità della professione forense, equiparando la difesa di sé stessi a quella prestata in favore di un terzo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di liquidazione dei compensi da parte di un avvocato che aveva assistito un imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato. A seguito di un’istanza, il Tribunale competente aveva liquidato una somma, ma il legale, ritenendola non congrua, aveva proposto opposizione.

Il Tribunale, pur accogliendo l’opposizione e riconoscendo un importo maggiore per l’attività principale, aveva però negato al legale il diritto a percepire ulteriori compensi per il giudizio di opposizione stesso. La motivazione del diniego si basava sulla facoltà, prevista dall’art. 15 del d.lgs. 150/2011, che consente alla parte di stare in giudizio personalmente in questo tipo di procedimenti. In sostanza, secondo il Tribunale, se l’avvocato si difende da solo, non ha diritto al compenso per questa specifica attività.

Il Ricorso in Cassazione e il compenso avvocato difesa personale

L’avvocato ha impugnato l’ordinanza del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione dei principi in materia di spese di lite, in particolare degli articoli 91 e 92 del Codice di Procedura Civile. Il ricorrente ha sostenuto due punti chiave:

1. Violazione del principio di soccombenza: L’Amministrazione, risultata pienamente soccombente nel giudizio di opposizione, avrebbe dovuto essere condannata al pagamento integrale delle spese processuali, inclusi i compensi per l’attività difensiva del legale.
2. Natura professionale dell’attività: La scelta di difendersi personalmente non muta la natura professionale dell’attività svolta. Si tratta pur sempre di un’attività difensiva, che richiede competenza tecnica e impiego di tempo e risorse, e come tale merita di essere retribuita secondo le tariffe forensi.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, cassando l’ordinanza del Tribunale e decidendo nel merito. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento già consolidato (richiamando, tra le altre, la sentenza Cass. n. 4698/2019), secondo cui il difensore che agisce personalmente per la tutela di un proprio diritto patrimoniale (come nel caso della liquidazione del compenso) conserva integralmente il diritto alla liquidazione degli onorari secondo le tariffe professionali. La difesa in proprio, infatti, non è una semplice facoltà ma una vera e propria attività professionale svolta a tutela di un proprio interesse. Il Tribunale ha errato nel misconoscere questo principio. Inoltre, la Corte ha censurato la decisione del giudice di merito anche per la mancata motivazione sulla pronuncia, definita “sussidiaria ed eventuale”, di compensazione delle spese, in palese contrasto con l’esito del giudizio che vedeva il legale totalmente vittorioso.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La Corte, accogliendo il ricorso, non si è limitata ad annullare la decisione, ma ha provveduto direttamente a liquidare le somme dovute all’avvocato sia per il giudizio di opposizione che per quello di cassazione, oltre alle spese. Questa ordinanza rappresenta un’importante affermazione di principio: il diritto al compenso avvocato difesa personale è pienamente tutelato. La professionalità dell’avvocato non viene meno quando agisce per tutelare un proprio diritto. La sentenza chiarisce che la possibilità di stare in giudizio personalmente è una semplificazione procedurale, non una causa di gratuita prestazione professionale. Per gli avvocati, ciò significa avere la certezza che il lavoro svolto per recuperare i propri crediti professionali non resterà privo di un’adeguata retribuzione.

Un avvocato che si difende da solo in una causa per la liquidazione dei propri compensi ha diritto a essere pagato per tale attività?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’attività difensiva svolta in proprio ha natura professionale e deve essere retribuita secondo le tariffe forensi, conservando il legale il diritto alla liquidazione del compenso.

Perché il Tribunale aveva inizialmente negato il compenso per il giudizio di opposizione?
Il Tribunale aveva negato il compenso sulla base dell’art. 15 del d.lgs. 150/2011, che permette alla parte di stare in giudizio personalmente, interpretando erroneamente questa facoltà come un motivo per escludere la natura professionale e retribuita dell’attività difensiva.

Cosa implica il principio di soccombenza in questo caso?
Implica che la parte che ha perso la causa, in questo caso l’Amministrazione resistente nel giudizio di opposizione, deve rimborsare tutte le spese legali alla parte vincitrice, incluso il compenso per l’attività difensiva svolta dall’avvocato in proprio favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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