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Compenso avvocato: decisum o valore della domanda?

Un avvocato ha citato in giudizio un ex cliente condominiale per ottenere il pagamento del proprio compenso professionale. Il tribunale di primo grado aveva liquidato una somma notevolmente inferiore basandosi sul criterio del ‘decisum’ (l’importo effettivamente riconosciuto nella causa originaria). La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che, nel rapporto tra avvocato e cliente, il criterio corretto per la liquidazione del compenso avvocato è il ‘valore della domanda’, ovvero quanto richiesto inizialmente. La Corte ha inoltre chiarito che si applicano gli interessi di mora previsti per le transazioni commerciali e che l’IVA non è dovuta se l’avvocato si difende in proprio.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Avvocato: la Cassazione chiarisce i criteri tra Valore della Domanda e Decisum

La determinazione del giusto compenso avvocato è una questione centrale nel rapporto con il cliente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: il compenso va calcolato sul valore di quanto richiesto in giudizio o su quanto effettivamente ottenuto? La risposta della Suprema Corte è netta e favorisce una maggiore certezza per i professionisti, distinguendo nettamente la liquidazione del compenso dovuto dal cliente da quella delle spese a carico della parte soccombente.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Compenso

Un avvocato aveva difeso un condominio in una causa, prima davanti al Giudice di Pace e poi in appello davanti al Tribunale. Conclusa la sua attività, il legale ha richiesto al condominio il pagamento del suo compenso, quantificato in circa 4.200 Euro. Di fronte al mancato pagamento, l’avvocato ha avviato un procedimento per ottenere la liquidazione delle sue spettanze.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale, pronunciandosi in contumacia del condominio, ha liquidato una somma molto inferiore a quella richiesta, pari a soli 770 Euro. La ragione di questa drastica riduzione risiedeva nel criterio utilizzato dal giudice: il cosiddetto decisum. Anziché basarsi sul valore della domanda originaria, il Tribunale ha ancorato il calcolo del compenso all’importo che era stato effettivamente riconosciuto come dovuto nella causa originaria (circa 800 Euro). Inoltre, il giudice aveva escluso l’IVA, ritenendo che, essendosi l’avvocato difeso da solo, si trattasse di un’ipotesi di autoconsumo non soggetta a imposta. L’avvocato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando sia il criterio del decisum sia il calcolo degli interessi e l’esclusione dell’IVA.

Calcolo del Compenso Avvocato: il Principio del Valore della Domanda

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo principale del ricorso, affermando un principio fondamentale. Quando si tratta di liquidare il compenso dovuto dal cliente al proprio avvocato, il parametro di riferimento deve essere il valore della domanda. Il criterio del decisum, ovvero il risultato concreto ottenuto, è invece quello utilizzato per regolare le spese di lite tra la parte vincitrice e quella soccombente.

Il rapporto tra avvocato e cliente è diverso. Il compenso deve remunerare tutta l’attività difensiva svolta, che è commisurata all’importanza e al valore della pretesa iniziale del cliente. Il ricorso al decisum è ammesso solo in casi eccezionali, quando vi sia una sproporzione manifesta tra il valore dichiarato e l’effettivo valore della controversia. Applicando direttamente il criterio del decisum, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

Interessi di Mora e Transazioni Commerciali

Un altro punto rilevante affrontato dalla Corte riguarda gli interessi di mora. L’avvocato lamentava che gli interessi fossero stati calcolati solo dalla data della decisione del giudice e non da quella della richiesta di pagamento. La Cassazione ha dato ragione al legale, stabilendo che gli interessi decorrono dalla messa in mora (che può coincidere con una richiesta stragiudiziale o con la notifica dell’atto di citazione). Inoltre, la Corte ha confermato che anche ai contratti d’opera professionale, come quello forense, si applicano gli interessi “ultralegali” più elevati previsti per le transazioni commerciali, in quanto rientrano nella categoria delle prestazioni di servizi contro il pagamento di un prezzo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione cassando l’ordinanza del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ribadito che le norme sui parametri forensi (D.M. 55/2014) distinguono chiaramente la liquidazione a carico del cliente (basata sul valore della domanda) da quella a carico del soccombente (basata sul decisum). Confondere i due piani significa applicare erroneamente la legge.

Per quanto riguarda gli interessi, la Corte ha seguito il suo consolidato orientamento secondo cui il ritardo nel pagamento di un compenso professionale costituisce un inadempimento che fa scattare l’obbligo di corrispondere gli interessi dalla costituzione in mora, indipendentemente dal fatto che il giudice liquidi una somma inferiore a quella pretesa. Infine, sul tema dell’IVA, la Cassazione ha rigettato il motivo di ricorso, confermando che l’avvocato che si difende in proprio non può addebitare l’IVA alla controparte soccombente. In questo caso, infatti, prestatore e fruitore del servizio coincidono, e manca una vera e propria transazione economica rilevante ai fini IVA.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un’importante tutela per la professione forense. Viene riaffermato che il lavoro dell’avvocato deve essere valutato in base all’impegno richiesto dalla domanda del cliente, e non solo in base al risultato finale. Questa ordinanza fornisce inoltre chiarezza sui criteri per il calcolo degli interessi di mora, equiparando di fatto il credito professionale a un credito commerciale per quanto riguarda le tutele contro i ritardi nei pagamenti. La causa è stata rinviata al Tribunale, che dovrà ora procedere a una nuova liquidazione del compenso, attenendosi ai principi stabiliti dalla Suprema Corte.

Come si calcola il compenso di un avvocato quando agisce contro il proprio cliente per ottenere il pagamento delle sue spettanze?
Il compenso si calcola sulla base del ‘valore della domanda’, cioè l’importo che era stato oggetto della causa originaria per cui l’avvocato ha prestato la sua opera. Il criterio del ‘decisum’ (l’importo effettivamente ottenuto) si applica solo per la ripartizione delle spese tra le parti del giudizio, non nel rapporto avvocato-cliente.

Da quale momento decorrono gli interessi sul compenso dovuto all’avvocato?
Gli interessi decorrono dalla data della messa in mora, che può coincidere con una richiesta di pagamento formale (stragiudiziale) o con l’inizio della causa per il recupero del credito. Non decorrono, quindi, dalla successiva data in cui il giudice liquida l’importo.

L’avvocato che si difende da solo in una causa ha diritto a vedersi riconosciuta l’IVA sulle spese liquidate a suo favore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, quando un avvocato si difende in proprio, si verifica un’ipotesi di ‘autoconsumo’ del servizio professionale. Poiché le figure del prestatore e del fruitore del servizio coincidono in un unico soggetto, non si configura un’operazione rilevante ai fini IVA che possa essere addebitata alla controparte soccombente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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