Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27704 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27704 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1339/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE MILANO n. 21337/2019 depositata il 31/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex artt. 28 L. n. 794/1942 e 14 D. lgs. n. 150/2011, depositato presso il Tribunale di Milano, l’ AVV_NOTAIO chiedeva la condanna dell’ingegnere NOME COGNOME al pagamento della somma di € 217.580,86 (di cui € 94.955,00 per onorari per attività stragiudiziale e € 53.936,00 per onorari per attività giudiziale), dovuta quale compenso per l’attività professionale prestata dal predetto legale in favore del COGNOME, dapprima in fase stragiudiziale e successivamente nel giudizio civile (r.g. n. 51775/2012) promosso nei confronti dei germani del COGNOME, relativo alla successione mortis causa della comune madre. Tale giudizio veniva definito con transazione stipulata successivamente all’esperimento del procedimento di mediazione dinanzi al Tribunale di Milano.
Il 30.11.2009, data di conferimento dell’incarico, le parti concordavano con coeva scrittura che il compenso per le suddette attività sarebbe stato determinato conformemente alle tariffe professionali forensi di cui al D.M. n. 12/2004, precisando con successiva scrittura del 25.05.2012 che i soli onorari sarebbero stati applicati nella misura massima.
Tuttavia, l’AVV_NOTAIO riceveva dall’AVV_NOTAIOCOGNOME, a titolo di compensi, un unico acconto di € 10.000,00 versato nel luglio 2012, nonostante le successive richieste di pagamento reiterate nel tempo.
Si costituiva in giudizio il COGNOME, contestando la domanda.
Istruita documentalmente la causa, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 31 ottobre 2019, accoglieva parzialmente la domanda dell’AVV_NOTAIO, rigettava la richiesta dei compensi per la fase stragiudiziale e liquidava in favore del professionista, a titolo di compenso per l’attività prestata in fase giudiziale, la complessiva somma di € 28.789,91, oltre IVA e CPA e al rimborso del 12,5 % per spese generali.
Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso l’AVV_NOTAIO, sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso l’ingegnere NOME COGNOME.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, il solo ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità dell’ordinanza, in quanto, nonostante la natura decisoria ex artt. 132, co.1 n. 5 e 161 c.p.c., era stata sottoscritta esclusivamente dal Presidente e non anche dal giudice relatore.
Con il secondo motivo di ricorso si ravvisa la violazione e/o la falsa applicazione ex art. 360, co.1 n. 3 c.p.c., dell’art. 14 D.lgs. n. 150/2011. Sostiene il ricorrente che, nel caso in esame, anche i compensi per l’attività stragiudiziale potevano essere richiesti con ricorso ex art. 14 D.lgs. 150/2011. Invero, le diverse attività attuate dal legale, se pur articolate in varie fasi, tra cui quella stragiudiziale, venivano esercitate al fine di ottenere la reintegrazione della quota di legittima lesa dell’ingegner COGNOME, che fu poi oggetto di domanda giudiziale dinanzi al Tribunale di Milano (r.g. n. 51775/2012). In questo senso, le attività stragiudiziali rese tra il 2009 e il 2012, in cui si operava la
ricostruzione dell’intero asse ereditario, risultavano strettamente connesse alla successiva fase giudiziale e di mediazione. Pertanto, la decisione del Tribunale risulterebbe in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità sul tema.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta -ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. -la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e dell’art. 4 D.M. n. 127/2004, per avere il Tribunale di Milano illegittimamente omesso la liquidazione dei ‘diritti’ stabiliti per le prestazioni del difensore. Afferma il ricorrente che la scrittura del 25.05.2012 -con cui si precisava che soltanto gli onorari sarebbero stati applicati nella misura massima prevista dal D.M. n. 127/2004 -costituiva una mera specificazione dell’originario accordo del 30.11.2009, che valeva a definire l’esatta misura degli onorari e non ad escludere i diritti, i quali sarebbero comunque dovuti essendo gli stessi fissi e inderogabili ai sensi dell’art. 4 del D.M. n. 127/2004.
Infine, con il quarto ed ultimo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o la falsa applicazione ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., dell’art. 5, co. 4, D.M. n. 127/2004: il Tribunale di Milano ha illegittimamente respinto la domanda di aumento dell’onorario, che si giustificava in considerazione della pluralità delle parti contrapposte, ciascuna delle quali aveva assunto una propria autonoma difesa.
Il primo motivo è infondato.
I provvedimenti per i quali la legge prevede la forma dell’ordinanza, quando sono emessi dal giudice collegiale, sono sottoscritti dal solo presidente, ex art. 134, comma 1, c.p.c. e non sussiste la violazione di legge denunciata.
Il secondo motivo è parimenti infondato.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo «nel giudizio per il conseguimento di compensi per prestazioni professionali rese in ambito stragiudiziale e in procedimenti civili e penali, introdotto con ordinario procedimento monitorio, l’opposizione a decreto ingiuntivo deve essere proposta con atto di citazione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. e non con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., non rientrando la controversia nell’ambito previsionale dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, che contempla, in virtù del richiamo all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, il procedimento sommario di cognizione per i soli giudizi concernenti la liquidazione di compensi per prestazioni giudiziali rese in materia civile (Cass. n. 4330/2023), nonché per quelle stragiudiziali strettamente correlate alle prime (Cass. n. 4665/2022; Cass. n. 7652/2004). In altre parole, è esclusa l’applicazione dell’art. 14 D.lgs. n. 150/2011 alla controversia nella quale l’attività stragiudiziale allegata a fondamento della pretesa corresponsione del compenso di avvocato esibisce carattere di autonomia rispetto all’attività giudiziale, spettando naturalmente al giudice del merito l’accertamento della connessione o della complementarità, o, viceversa, dell’autonomia, delle prestazioni in parola rispetto alle attività propriamente processuali (Cass. n. 40828/2021). Tale accertamento è stato compiutamente svolto dal Tribunale di Milano e non è perciò censurabile in questa sede rivalutandone gli esiti fattuali, come auspica il ricorrente.
Il terzo motivo è fondato.
In tema di interpretazione del contratto, qualora la medesima vicenda negoziale ed i relativi effetti abbiano formato oggetto di due o più atti scritti, il giudice è tenuto, giusta il disposto dell’art. 1363 c.c., ad esaminare tutte le convenzioni intercorse tra le parti
sì come risultanti dai documenti all’uopo formati, stabilendo, altresì, il rapporto tra clausole e documenti, se di chiarimento, di integrazione, di modificazione, di trasformazione o di annullamento delle precedenti pattuizioni (Cass. n. 20817/2010; Cass. n. 10298/2002).
Il Tribunale, in contrasto con tale principio, ha riconosciuto che il professionista non aveva altro diritto all’infuori del solo compenso per gli onorari sulla base della scrittura del 25 maggio 2012, mentre, dal momento che il rapporto giuridico aveva formato oggetto di più due scritti, avrebbe dovuto esaminarli tutti.
Anche il quarto motivo è fondato.
In tema di liquidazione degli onorari di avvocato, la disposizione dell’art. 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127, che consente al giudice, nell’ipotesi di assistenza e difesa di una parte avverso più controparti di liquidare un compenso unico maggiorato per ciascuna parte del 20% e sempre che la prestazione comporti l’esame di particolari situazioni di fatto o di diritto – come nel caso speculare, previsto dallo stesso comma, in cui più parti con identica posizione processuale siano state assistite e difese dallo stesso avvocato – prevede una mera facoltà rientrante nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non è denunciabile in sede di legittimità, se motivato (Cass. n. 16040/2011).
Tutto ciò è vero, ma il Tribunale di Milano ha escluso la maggiorazione valutando la richiesta con riferimento ai legatari chiamati nel giudizio, senza considerare che la controversia, già dall’origine, era stata instaurata nei confronti di più parti.
Pertanto, la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata per nuovo esame al Tribunale di Milano,
che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo; cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa innanzi al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27/03/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME