Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32695 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32695 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 22661/2021 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME avv. NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE in proprio, con domicilio digitale EMAIL controricorrente avverso l ‘ordinanza ex art. 14 d.lgs. 150/2011 del Tribunale di Padova depositata il 28-5-2021 – RG 6317/2020 rep. 2125/2021, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2611-2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso ex art. 14 d.lgs. 150/2011 avanti il Tribunale di Padova per la liquidazione del compenso a lei spettante in relazione all’attività svolta a favore di NOME COGNOME
OGGETTO: compensi per prestazioni giudiziali civili
RG. 22661/2021
C.C. 26-11-2024
con riferimento al procedimento di divorzio instaurato dal coniuge NOME COGNOME per l’importo complessivo di Euro 13.686,55 oneri compresi; ciò in considerazione dell’alta complessità della lite, che si inseriva in un contesto di forte conflittualità tra i coniugi per gli inadempimenti del marito e aveva comportato una complessa procedura di pignoramento di quote sociali -per la quale non era chiesto in tale sede compenso- che aveva visto la definizione contestualmente al raggiungimento di un accordo in sede di divorzio, con pattuizione del trasferimento alla moglie della proprietà di quella che era stata la casa coniugale.
Con ordinanza ex art. 14 d.lgs. 150/2011 il Tribunale in composizione collegiale di Padova ha considerato che il procedimento di divorzio dal punto di vista processuale aveva avuto una struttura semplificata, perché alla prima udienza la moglie si era costituita con una mera richiesta di rinvio, all’udienza successiva le parti avevano trovato accordo e i coniugi erano poi comparsi avanti al Collegio presentando conclusioni congiunte. Ha osservato che ciò era avvenuto perché nel frattempo i coniugi avevano raggiunto accordo transattivo, che aveva consentito di definire il contenzioso relativo ai crediti maturati negli anni dalla moglie, ma anche di definire il procedimento di divorzio. Ha considerato che dai documenti emergeva che, a fronte dell’impegno assun to dal marito di trasferire alla moglie la casa coniugale gravata da ipoteche, erano emerse criticità che il notaio aveva evidenziato all’avv. COGNOME e ha dichiarato che doveva essere considerata anche l’attività di assistenza svolta dall’avvocato nel per iodo tra il raggiungimento dell’accordo, la precisazione delle conclusioni e il rogito notarile, in quanto l’art. 4 co.5 d.m. 55/2014 comprendeva nella fase decisionale tutte le attività successive alla decisione che non rientravano nella fase esecutiva. Previa riqualificazione della complessità non alta della procedura, il Tribunale
ha riconosciuto il compenso per la fase decisoria con la massima maggiorazione, pari a Euro 4.981,00, osservando che l’attuazione dell’accordo era cruciale per portare a termine la conciliazione tra i coniugi; ha escluso di potere valorizzare i riferimenti svolti dalla resistente ai modesti risultati economici raggiunti, dichiarando che la questione avrebbe dovuto essere affrontata sulla base di tutti gli elementi, non dedotti nel procedimento, e considerando quali fossero le alternative percorribili a fronte di una controparte inadempiente da anni agli obblighi di mantenimento dei figli e che evidentemente non aveva beni facilmente aggredibili, essendosi fatto ricorso al pignoramento delle quote sociali. Quindi ha riconosciuto altresì per la transazione il 25% del compenso della fase decisoria e ha quantificato il compenso complessivo in Euro 8.362,25, al quale ha aggiunto gli oneri e detratto l’acconto che la resistente riconosceva di avere pagato.
2. Avverso l’ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 26-11-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente sulla base del dato che non sarebbe stata prodotta la copia dell’ordinanza impugnata: la copia autentica dell’ordinanza impugnata è stata prodotta dalla ricorrente quale suo doc. 14.
2. Con il primo motivo la ricorrente deduce ‘ vizio di ultrapetizione -violazione di legge per violazione del principio della corrispondenza
tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.’ ; evidenzia che l’avv. COGNOME nella sua notula aveva chiesto il compenso per le prime tre fasi, non aveva chiesto il compenso per la fase decisoria, così rinunciandovi, ritenendo quel compenso non dovuto per il fatto che l’attività era consistita esclusiva mente nella precisazione delle conclusioni congiunte e nell’esame della sentenza; aggiunge che l’avvocato non aveva chiesto compenso neppure per l’attività di conciliazione, per cui sostiene che il riconoscimento di Euro 4.981,00 per la fase decisoria ed Euro 1.245,25 per l’attività transattiva abbia violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
2.1.Il motivo è infondato.
E’ acquisito che il vizio di ‘ ultra ‘ o ‘ extra ‘ petizione sussiste quando il giudice di merito, alterando il petitum o la causa petendi, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto o attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso, pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatti valere dalle parti (Cass. Sez. 2 21-3-2019 n. 8048 Rv. 653291-01, per tutte). Nella fattispecie è pacifico che il Tribunale di Padova abbia riconosciuto all’avvocato a titolo di compenso importo inferiore a quello dallo stesso richiesto in ricorso , sulla base della valutazione dell’attività professionale dallo stesso allegata e dimostrata in causa; in questo modo il Tribunale si è pronunciato all’interno del perimetro della domanda proposta, limitandosi a qualificare esattamente nelle relative voci della tabella l’attività professionale dimostrata in causa , come era suo potere.
3.Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente de duce ‘ errata liquidazione del compenso dovuto -violazione di legge per violazione dell’art. 4 co.1 del D.M. n. 55/2014’ e con esso la ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata, determinando per la fase decisionale il compenso medio previsto dalla tabella 2 d.m. 55/2014 con la maggiorazione massima dell’80% abbia violato l’art. 4 co.1 d.m.
55/2014; sostiene che ai fini di tale maggiorazione non potesse avere rilievo l’accordo conciliativo raggiunto in un altro procedimento, aggiungendo che tale accordo non fosse parametro generale in forza del quale i parametri potessero essere aumentati ex art. 4 co.1, ma solo ex art. 4 co.6 fino a un quarto; evidenzia che le difficoltà erano state risolte dal notaio, senza alcun contributo dell’avvocato , e sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto considerare gli scarsi risultati conseguiti, in quanto con il trasferimento della casa coniugale la cliente si era accollata i debiti del marito in forza di mutuo ipotecario e di contratto di apertura di credito, per cui era stata costretta ad alienare l’immobile per onorare i debiti, accollandosi anche i costi per il trasferimento della proprietà della casa medesima.
3.1.Il motivo è infondato.
In primo luogo, è acquisito il principio secondo il quale, in tema di liquidazione dei compensi ai sensi del d.m. 55/2014 nella formulazione originaria, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tale caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso (Cass. Sez. 2 5-5-2022 n. 14198 Rv. 664685-01, Cass. Sez. 3 17-3-2021 n. 19989 Rv. 661839-01, Cass. Sez. 3 7-1-2021 n. 89 Rv. 660050-02).
Per di più, nella fattispecie il Tribunale ha esposto le ragioni sulle quali ha fondato la decisione di aumento del compenso della fase decisionale ai sensi dell’art. 4 co.1 d.m. 55/2014 , fino all’importo massimo dell’ottanta per cento , così dimostrando di avere preso in considerazione elementi diversi dal dato della conciliazione giudiziale, utilizzata al fine del riconoscimento dell’aumento di cui al se sto comma
dello stesso art. 4 (cfr. Cass. Sez. 2 16-6-2023 n. 17325 Rv. 66805701, sulla spettanza sia dell’intero importo del compenso per fase decisionale sia dell’aumento di tale compenso per la definizione conciliativa della lite). Infatti il Tribunale ha motivato la statuizione in considerazione dell’assistenza resa dall’avvocato nel periodo tra il raggiungimento dell’accordo, la precisazione delle conclusioni e il rogito notarile, ha evidenziato la complessità della vicenda in ragione delle criticità emerse ed esposte dal notaio all’avvocato , in ragione del fatto che il trasferimento immobiliare non era stato il mero oggetto di accordo transattivo, ma era stato inserito nelle conclusioni delle parti nel procedimento di divorzio, per cui a tutti gli effetti non poteva ritenersi estraneo all’oggetto del processo; ha aggiunto che dovevano essere considerate anche le difficoltà incontrate nella fase del trasferimento immobiliare, che costituiva attività successiva alla decisione compresa nella fase di trattazione e non integrante attività esecutiva. In questo modo il Tribunale ha dimostrato di tenere correttamente conto dei parametri di cui all’art. 4 co.1 d.m. 55/2014, con specifico riferimento all e caratteristiche dell’attività prestata , considerando anche tutte le attività successive alla decisione non rientranti nell’attività esecutiva, come previsto dall’art. 4 co.4 lett. d) d.m. 55/2014, nonché con riferimento alla difficoltà dell’affare . Le ragioni svolte dalla ricorrente, in quanto sono finalizzate a sostenere che non si possa tenere conto dell’attività nella causa di espropriazione delle quote sociali, non considerano che l’attività relativa al trasferimento della proprietà dell’immobile è avvenuta nell’ambito del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in quanto in quella causa è stato raggiunto ed eseguito l’accordo e il rogito è stato stipulato dopo la pronuncia della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Per il resto le ragioni della ricorrente, laddove criticano l’ accertamento in fatto del Tribunale sul rilievo dell’attività
svolta dal difensore e sostengono che si dovesse tenere conto dello scarso risultato economico conseguito, sono finalizzate a ottenere una diversa ricognizione della fattispecie concreta, in quanto tale estranea al vizio di violazione di legge ed eventualmente da dedurre soltanto attraverso la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., nel ricorrere dei relativi presupposti.
4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ errata liquidazione del compenso dovuto -violazione di legge per violazione dell’art. 4 co.6 del D.M. n. 55/2014’ e sostiene che l’ordinanza impugnata, nel riconoscere per l’attività transattiva l’aumento del 25% del compenso riconosciuto per la fase decisoria, abbia violato l’art . 4 co.6 d.m. 55/2014; sottolineato che il compenso non era stato richiesto dall’avvocato, la ricorrente rileva che l’attività transattiva nella causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio è consistita nella mera precisazione delle conclusioni congiunte, diverse rispetto a quelle del marito solo per la previsione del trasferimento della proprietà della casa coniugale; aggiunge che non poteva essere considerato l’accordo conciliativo raggiunto nel procedimento di esecuzione, per cui sostiene sia priva di rilievo l’affermazione dell’importanza che tale accordo aveva avuto nell’annoso contenzioso, in quanto il procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio si era concluso in dieci mesi soltanto.
4.1.Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha fatto applicazione dell’art. 4 co.6 d.m. 55/2014 ratione temporis vigente , secondo il quale nell’ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia la liquidazione del compenso è di regola aumentato fino a un quarto, rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale. Come già esposto al punto 2.1., non rileva che quella voce di compenso non fosse stata richiesta dal professionista, perché si trattava di attività allegata e dimostrata e il
Tribunale ha pronunciato nei limiti della domanda , qualificando l’attività professionale svolta sulla base delle previsioni della tabella . E’ innegabile che, nella causa di cessione degli effetti civili del matrimonio, la formulazione di conclusioni congiunte che prevedevano il trasferimento della proprietà della casa coniugale alla moglie era ipotesi di conciliazione giudiziale , e cioè dell’intervenuto accordo dei coniugi in ordine alla regolamentazione delle condizioni di divorzio, che necessitava della formulazione delle conclusioni congiunte per essere recepito dal Tribunale nella sentenza che pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio; le deduzioni della ricorrente non individuano né violazione né falsa applicazione della disposizione, ma si risolvono in una serie di considerazioni in ordine all’opportunità del riconoscimento di tale aumento, che rimangono estranee al sindacato di legittimità.
5.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese e accessori ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione