Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 816 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3624-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE in proprio e quale legale rappresentante dello STUDIO LEGALE RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO.;
– intimata – avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI PORDENONE del 18/11/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 19/12/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il giudice delegato alla procedura di concordato preventivo RAGIONE_SOCIALE con decreto in data 30/7/2021, ha liquidato in favore dello Studio RAGIONE_SOCIALE la somma di €. 60.000,00 (al lordo dell’acconto di €. 20.000,00,
da portare in detrazione), oltre spese e accessori, quale compenso maturato per le prestazioni professionali svolte, in qualità di avvocato, da NOME COGNOME su incarico conferito dalla Santarossa s.p.a. in concordato preventivo, nei confronti di Fincantieri s.p.a.RAGIONE_SOCIALE
1.2. NOME COGNOME nelle qualità indicate, ha proposto reclamo avverso tale decreto nel quale, dopo aver dedotto che: -di aver ricevuto dalla Santarossa s.p.a. in concordato preventivo, a mezzo di scrittura in data 17/9/2015, l ‘ incarico di promuovere una controversia giudiziale nei confronti di Fincantieri s.p.a.; – di aver concordato un compenso di €. 60.000,00, oltre accessori, con obbligo della società committente di corrispondere anche un compenso ulteriore in caso di esito vittorioso o di transazione, ‘ nella misura che sarà consensualmente stabilita d ‘ intesa e con l ‘ autorizzazione degli organi della procedura ‘; – la causa era stata definita con una transazione all ‘ esito della quale la procedura aveva conseguito un vantaggio economico complessivo di €. 23.740.695,73; ha denunciato l ‘ erroneità del decreto impugnato per aver, tra l ‘ altro, violato l ‘ art. 4, comma 6, del d.m. 55/2014; ed ha, quindi, concluso chiedendo la revoca del decreto reclamato e la liquidazione dell ‘ importo (almeno) di €. 86.664,50.
1.3. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto il reclamo.
1.4. Il tribunale, in particolare, dopo aver rilevato che: -‘ con scrittura privata di data 17.09.2015 la RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo conferiva all ‘ Avv. Inzitari l ‘ incarico professionale di consulenza ed assistenza legale, stragiudiziale e giudiziale, in relazione a tutti i rapporti contrattuali intercorsi in essere con Fincantieri s.p.a. ‘ -tale scrittura ‘ prevedeva, per quanto interessa, la pattuizione di un compenso di euro
60.000,00 (di cui euro 20.000,00 per fase di studio e introduttiva, euro 20.000,00 per la fase istruttoria ed euro 20.000,00 per la fase decisoria, oltre accessori come per legge) e che in caso di esito favorevole del contenzioso (oltre che in caso di transazione) in aggiunta al predetto compenso fosse riconosciuto <> (punto G) dell ‘ accordo) ‘; ha ritenuto che, a fronte del chiaro tenore del predetto contratto, il reclamante avesse il diritto di ricevere ‘ per l ‘attività svolta’ ‘il compenso di euro 60.000,00’, non sussistendo, per contro, ‘ i presupposti per riconoscere al legale il compenso ulteriore previsto contrattualmente e ciò per la decisiva considerazione che tale incremento era subordinato all ‘ intesa e all ‘ autorizzazione degli organi della procedura, condizioni che a quanto consta non si sono avverate ‘.
1.5. NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante dello RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato in data 24/1/2022, illustrato da memoria, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto.
1.6. La società è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato per non avere il tribunale pronunciato sull ‘ unico motivo di impugnazione che il reclamante aveva proposto avverso il decreto pronunciato dal giudice delegato , vale a dire la dedotta ‘ violazione e/o errata applicazione dell ‘ art. 4, comma 6, del D.M. 55/2014 ‘ .
2.2. Il reclamo, infatti, ha osservato il ricorrente, aveva testualmente dedotto che: -‘ diversamente da quanto ritenuto
dal G.D … , non corrisponde al contenuto letterale della norma la tesi secondo cui, in caso di transazione, all ‘ avvocato dovrebbe essere riconosciuto il 25% di quanto previsto per la fase decisionale ‘; -‘ al contrario, l ‘ art. 4, comma 6, D.M. 55/2014 consente, nel caso in cui il giudizio venga definito, prima della decisione, con una conciliazione giudiziale o una transazione, di riconoscere all ‘ avvocato sia il compenso per la fase decisionale, non svoltasi, che un aumento del 25% di esso (‘…il compenso è di regola aumentato fino a un quarto rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale’) ‘; -‘ nell ‘ ipotesi di transazione o di conciliazione giudiziale ‘, infatti, ‘ l ‘ art. 4, c.6, DM 55/2014 prevede che ‘il compenso è di regola aumentato fino a un quarto rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale … ‘, dovendosi intendere l ‘espressione ‘ altrimenti liquidabile per la fase decisionale ‘ , ‘ nel senso che la maggiorazione del 25% spetta sul compenso che sarebbe stato liquidato per la fase decisionale se questa si fosse effettivamente svolta ‘; – il giudice delegato era, dunque, incorso in errore ‘ nell ‘ avere liquidato per la transazione soltanto € 5.000 (cioè, il 25% dei previsti € 20.000 della fase decisionale), anziché € 25.000 (vale a dire i previsti € 20.000 maggiorati del 25%), con conseguente erroneità di calcolo del complessivo importo dovuto, il quale non corrisponde ad € 60.000 (€ 20.000 + € 20.000 + € 5.000, ‘con aumento sul totale fin qui calcolato di un terzo (33,33%), così da liquidare il compenso complessivo di euro 60.000, oltre accessori di legge), bensì ad € 86.664,50 oltre accessori di legge (vale a dire € 20.000 + € 20.000 + € 25.000 = € 65.000, da aumentarsi complessivamente del 33,33% e, quindi, per un totale imponi bile di € 86.664,50, oltre accessori di legge ‘ .
2.3. Il tribunale, per contro, ha concluso il ricorrente, ha rigettato il reclamo ‘ esaminando profili del tutto inconferenti,
mai fatti oggetto di doglianza e tantomeno di impugnazione ‘, mentre , ‘ come emerge anche da una superficiale lettura della motivazione’, non ha speso ‘ un solo rigo ‘ ‘per pronunciarsi riguardo all ‘ unico motivo di impugnazione proposto, il cui esame è stato del tutto pretermesso ‘, omettendo, così, di decidere l ‘ unica questione posta dal reclamante, e cioè ‘ se, stante l ‘ avvenuta transazione della causa, il relativo compenso dovesse essere determinato con un aumento del 25% rispetto a quanto previsto per la fase decisionale (come stabilito dall ‘ art. 4, comma 6, del D.M. n. 55/2014 e come sostenuto dall ‘ odierno ricorrente), oppure riconosciuto in misura ridotta e pari ad un ¼ di quanto dovuto per la fase decisionale (come liquidato dal Giudice Delegato nel decreto reclamato) ‘.
2.4. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato il reclamo in ragione dell ‘ affermata insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del ‘ compenso ulteriore ‘ che era stato pattuito in caso di esito vittorioso o di transazione della causa.
2.5. Così facendo, tuttavia, ha osservato il ricorrente, il tribunale ha omesso di considerare che: – il reclamante non aveva impugnato la decisione del giudice delegato sotto il profilo che il tribunale ha considerato; il ‘ compenso ulteriore ‘ era stato, del resto, riconosciuto dal giudice delegato ed era stato accettato per acquiescenza; – la questione non era stata oggetto del reclamo; – il decreto impugnato è, dunque, viziato da extrapetizione.
3.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono fondati.
3.2. Il decreto impugnato, infatti, come emerge dalla motivazione in precedenza esposta, si è espressamente
pronunciato su un profilo (e cioè la sussistenza o meno delle condizioni necessarie per il riconoscimento del ‘c ompenso ulteriore ‘ previsto dal ‘punto G ‘ dell’ accordo) che non era stato, tuttavia, oggetto, come emerge dall ‘ atto di reclamo (che la Corte, quale giudice del fatto processuale, ha direttamente esaminato: Cass. n. 29955 del 2022), di alcuna censura: ha omesso, per contro, di pronunciarsi sul motivo che, come emerge dalla riproduzione in ricorso del relativo testo (nonché, per le ragioni esposte, dall ‘ atto che lo contiene), il reclamante aveva espressamente proposto, e cioè che, ‘ stante l ‘ avvenuta transazione della causa ‘ , il compenso maturato doveva essere determinato ‘ con un aumento del 25% rispetto a quanto previsto per la fase decisionale (come stabilito dall ‘ art. 4, comma 6, del D.M. n. 55/2014 … ) ‘ e non , ‘ come liquidato dal Giudice Delegato nel decreto reclamato ‘, ‘ in misura ridotta e pari ad un ¼ di quanto dovuto per la fase decisionale ‘ .
3.3. Ed è, invece, noto che costituiscono violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, imposta dall ‘ art. 112 c.p.c., e determinano, di conseguenza, la nullità della pronuncia giudiziale tanto la pronuncia da parte dello stesso su un motivo d ‘ appello o di reclamo che non è stato, in realtà, formulato, quanto, per converso, (come nel caso che qui interessa) l ‘ omessa pronuncia da parte del giudice su un motivo d ‘ appello o di reclamo che era stato proposto, trattandosi, in sostanza, nell ‘ omessa pronuncia sulla domanda (di accertamento del compenso così come azionato) che il motivo d ‘ impugnazione faceva, in concreto, in tutto o in parte, valere.
3.4. L ‘ omessa pronuncia su alcuni dei motivi d ‘ appello (così come l ‘ omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio), risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra,
infatti, un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente (non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 n.3 c.p.c. o del vizio di motivazione ex art. 360 n.5 c.p.c., trattandosi di censure che presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l ‘ abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma, come ha fatto il ricorrente) attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo , ovverosia della violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n.4 c.p.c. (Cass. n. 29952 del 2022).
3.5. Questa Corte, del resto, ha chiarito che in tema di onorari professionali, l ‘ art. 4 del d.m. n. 55/2014, laddove prevede di regola, in favore dell ‘ avvocato che raggiunga la conciliazione giudiziale o la transazione della controversia, l ‘ aumento fino a un quarto rispetto al compenso altrimenti liquidabile per la fase decisionale, si interpreta, alla luce del favor normativo verso la definizione conciliativa delle controversie, nel senso che all ‘ avvocato deve essere riconosciuto un ulteriore compenso, rispetto a quello spettante per l ‘ attività precedentemente svolta, pari al compenso liquidabile per la fase decisionale, di regola aumentato fino a un quarto, sicché va liquidato sia il compenso per la fase decisionale, non svoltasi, sia un aumento dello stesso fino ad un quarto ovvero, dopo l ‘ entrata in vigore del d.m. n. 147/2022, che ha modificato il d.m. n. 55 cit., di un quarto ‘ secco ‘ (Cass. n. 17325 del 2023; conf., Cass. n. 8576 del 2024, in motiv.).
Il ricorso dev ‘ essere, quindi, accolto: e il decreto impugnato, per l ‘ effetto, cassato, con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Pordenone che, in differente
composizione, provvederà anche a pronunciarsi sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il ricorso e, per l ‘ effetto, cassa il decreto impugnato con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Pordenone che, in differente composizione, provvederà anche a pronunciarsi sulle spese del presente giudizio.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima