Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6281 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6281 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8939/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo, pec EMAIL;
– ricorrente –
contro
NOME;
nonchè contro
– intimato –
NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo, EMAIL, e dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME , EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1199/2022 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 26/01/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato quanto segue.
AVV_NOTAIO COGNOME otteneva dal Giudice di pace di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che intimava loro di corrispondergli la somma di euro 2315,97 per attività di domiciliazione in relazione ad una causa risarcitoria, relativa a diffamazione, affidata agli ingiunti da NOME COGNOME, all’epoca magistrato a Vibo Valentia.
Gli AVV_NOTAIO si opponevano; il Giudice di pace, con sentenza n. 33049/2013, accoglieva l’opposizione revocando il decreto ingiuntivo.
AVV_NOTAIO proponeva appello, che il Tribunale di Roma con sentenza n. 15407/2017 rigettava, dichiarando cessata la materia del contendere e compensando le spese.
AVV_NOTAIO presentava ricorso per cassazione, all’esito del quale Cass. ord. 7703/2019 cassava con rinvio la sentenza impugnata.
Il Tribunale di Roma, quale giudice di rinvio, con sentenza del 26 gennaio 2022, riformando la pronuncia del Giudice di pace, ha rigettato l’opposizione e confermato il decreto ingiuntivo.
AVV_NOTAIO ha presentato ricorso avverso l’AVV_NOTAIO e nei confronti d ell’AVV_NOTAIO. L’AVV_NOTAIO si è difeso con controricorso. Entrambi hanno depositato memoria.
Considerato quanto segue.
Il primo motivo viene presentato come genericamente attinente a ‘ errores in procedendo e/o in judicando ‘, ma è poi spartito in due censure.
1.1.1 Di queste la prima denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., violazione del principio dell’onere della prova ex articolo 2697 c.c. e del procedimento inferenziale ex articolo 2729 c.c. e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonché violazione del principio di sussunzione.
Si lamenta che il Tribunale avrebbe invertito l’onere della prova; si argomenta su elementi probatori (una lettera da ll’AVV_NOTAIO agli avvocati ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e la revoca della domiciliazione che sarebbe stata effettuata soltanto da COGNOME) e si affermano sussistenti sia violazione degli articoli 2697 e 2729 c.c. sia violazione degli articoli 115-116 c.p.c. e del principio di sussunzione.
1.1.2 Il motivo evidenzia questioni tutte direttamente fattuali, senza alcun profilo, tra l’altro, di sussunzione erronea, essendo censurata proprio la ricostruzione dei fatti, cioè che l’incarico di domiciliazione fu dato all’AVV_NOTAIO dagli AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e da COGNOME, e non – come il ricorrente prospetta – da COGNOME.
È dunque una censura inammissibile.
1.2.1 La seconda censura lamenta omesso esame di fatto discusso e decisivo: la lettera con cui ‘NOME ammette di essere stato nominato a ( sic ) domiciliatario’ da COGNOME e ‘la revoca della domiciliazione ancora da COGNOME‘, insieme ‘ad altri elementi circostanziali’ (il contenuto della procura e ‘la chiamata in causa del NOME perché ritenuto obbligato’) , costituirebbero ‘fatto storico composto da due segmenti temporalmente distinti, oggetto di discussione’, che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare. Se
fossero stati invece esaminati, avrebbero condotto il giudice d’appello ad una diversa decisione.
1.2.2 A prescindere dal fatto che COGNOME non fu effettivamente chiamato (come si vedrà infra ) ma ne fu soltanto richiesta la chiamata da ll’AVV_NOTAIO nella sua comparsa di risposta davanti al Giudice di pace, questo submotivo costituisce una sintetica raccolta di elementi fattuali, già riversati comunque, nella maggior parte, nel precedente submotivo.
Ancora una volta, quindi, si chiede un accertamento di fatto, per cui la censura è inammissibile.
Segue un ulteriore motivo plurimo intitolato ‘ errores in procedendo e/o in judicando e sulla omessa pronuncia della chiamata di terzo’.
3.1.1 Il primo submotivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 9 r.d. 1578/1933, 1712 e 1713 c.c., 112, 102 e 103 c.p.c., in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., nonché vizio di sussunzione.
In sintesi, si critica la sentenza laddove compie l’accertamento di fatto, tentando di celare l’inammissibilità della censura mediante l’attribuzione al Tribunale, a proposito dell’attività conferita all’AVV_NOTAIO, di avere ‘ricondotto erroneamente il fatto sotto la disciplina dell’art.9 R.D. n. 1578/1933 qualificandolo un sostituto processuale’, e sostenendo che gli obblighi di mandatario avevano investito solamente il ricorrente e l’AVV_NOTAIO, mentre l’AVV_NOTAIO non avrebbe ricevuto mandato, bensì sarebbe stato soltanto domiciliatario.
3.1.2 In realtà, anche questa censura riguarda il fatto, ovvero il concreto contenuto degli incarichi ricevuti rispettivamente dagli AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, COGNOME e soprattutto – COGNOME. Risulta quindi inammissibile.
3.2.1 Il secondo submotivo lamenta, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione degli articoli 132, secondo comma, n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., del principio di acquisizione e dell’integrit à di contraddittorio litisconsortile ai sensi degli articoli
24, 111 Cost., 101, 102 e 103 c.p.c.; denuncia altresì violazione degli articoli 116 c.p.c. e 12 prel.
Si assume che la chiamata come terzo di NOME, ‘effettuata dallo stesso resistente … COGNOME, già dal primo grado e reiterata nelle conclusioni fino al giudizio di rinvio’ , sarebbe ‘elemento sintomatico’ del fatto che pure l’AVV_NOTAIO ritiene sussistente la responsabilità di COGNOME.
Sussisterebbe altresì violazione del principio chiesto/pronunciato ex articolo 112 c.p.c. ‘per omessa pronuncia su una specifica domanda quale appunto la chiamata di terzo’ nonché mancat a integrazione del contraddittorio ‘per litisconsorzio quantomeno facoltativo’. Si argomenta su quel che avrebbe portato nella regiudicanda la chiamata del terzo NOME, per concludere che, se effettuata, avrebbe ‘certamente contribuito ad assumere una diversa decisione’; e la precedente pronuncia del giudice di legittimità ‘conferiva al giu dice la facoltà di accertare ad ampio raggio l’ an e il quantum della prestazione professionale’ del controricorrente, nell’accertamento dell’ an rientrando pure la legitimatio ad causam .
3.2.2 Il submotivo è confuso e comunque manifestamente infondato: non indica una precisa violazione normativa nella mancata autorizzazione alla chiamata del terzo, e non si comprende come si possa lamentare chi non ha proposto la chiamata in causa del fatto che la richiesta di controparte non è stata accolta. Peraltro, si osserva al riguardo che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il provvedimento del giudice di merito che concede o nega l’autorizzazione a chiamare in causa un terzo, ai sensi dell’ar t. 106 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto di appello o di ricorso in cassazione (Cass. sent. 2331/2022).
Quanto poi agli elementi che COGNOME avrebbe portato, da un lato si tratta di una prospettazione, oltre che generica, sostanzialmente fattuale, e dall’altro lato non si può non ribadire che la sua chiamata in causa non è stata richiesta dall’attuale ricorrente, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, per cui il
submotivo in esame veicola una pretesa radicalmente illogica, prima ancora che priva di fondamento giuridico.
Il quarto motivo lamenta, ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., violazione dell’articolo 384 c.p.c. e di Cass. ord. 7703/2019 nonché violazione dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 394 c.p.c.
4.1 Da Cass. ord. 7703/2019 viene estrapolato , come ‘completamento e corollario del principio di diritto’, il seguente periodo:
‘ Non essendosi attenuto il giudice d’appello a tale principio ‘ (riferito all’accertamento sulla cessata materia del contendere) , ‘ (al quale dovrà conformarsi, perciò, quello di rinvio), il ricorso va accolto con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza, non sussistendo le condizioni per la decisione nel merito in questa sede risultando necessario verificare la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso professionale in favore del ricorrente e, in caso positivo, per la determinazione del relativo quantum ‘.
Ne desume il ricorrente che questa Suprema Corte, ‘se … avesse ritenuto il ricorso fondato nel merito’ senza ulteriori accertamenti fattuali, avrebbe deciso nel merito senza rinvio. Richiama poi alcune pronunce in ordine ai limiti del giudizio di rinvio per concludere che ‘il giudice del gravame avrebbe dovuto verificare l’avvenuto passaggio in giudicato dell’altra sentenza pronunciata in primo grado dallo stesso Tribunale capitolino’.
4.2 Il motivo è privo di specificità, in quanto, oltre a non indicare i dati dell”altra sentenza’, non ne illustra il contenuto e la pertinenza quindi che avrebbe dovuto ricadere sulla presente causa e pertanto avrebbe obbligato ‘il giudice del gravame’, rectius il giudice di rinvio, a effettuare tale verifica.
È dunque inammissibile.
Il quinto motivo, come in precedenza, dapprima enuncia il suo contenuto come ‘ errores in procedendo e/o in judicando ‘, per successivamente spartir lo in due submotivi.
5.1.1 Il primo submotivo lamenta, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione del principio di diritto e/o di Cass. ord. 7703/2019 e dell’articolo 384 c.p.c.
Anche in questo caso si richiama il passo di Cass. ord. 7703/2019 dove si dichiara l’insussistenza delle condizioni per la decisione nel merito per cui avrebbe dovuto il giudice di rinvio ‘verificare la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso professionale in favore del ricorrente e, in caso positivo, per la determinazione del relativo quantum ‘ . Se ne deduce che se questa Suprema Corte ‘avesse ritenuto pacifico il fatto dell’ammontare del compenso del ricorrente per la domiciliazione a vrebbe cassato senza rinvio’, per cui sussisterebbe violazione del principio di diritto e/o dell’ordinanza da parte del giudice di rinvio ‘per non essersi conformato’ a ciò.
Non sarebbe stato adempiuto l’obbligo di conformazione neppure ‘ritenendo che le controparti dell’AVV_NOTAIO non avrebbero contestato il quantum …nei precedenti gradi di giudizio’.
5.1.2 La censura non è del tutto limpida nel ragionamento che sviluppa. Comunque, è evidente che Cass. ord. 7703/2019 ha rimesso la causa al giudice di rinvio affinché accertasse se sussistevano o no l’ an e il quantum della pretesa d ell’AVV_NOTAIO, per cui, avendo poi il giudice di rinvio accertato in senso positivo sia nell’ an che nel quantum appunto il credito d ell’AVV_NOTAIO, non si comprende come il giudice di rinvio stesso non si sarebbe conformato all’indicazione del giudice di legittimità, la quale altro non era che procedere all’accertamento di merito.
Il motivo, pertanto, è privo di consistenza.
5.2.1 Il secondo submotivo denuncia violazione del principio di non contestazione ex articolo 115 c.p.c., ‘anche in relazione’ all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., nonché, sempre in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., violazione del principio del chiesto e pronunciato ex articolo 112 c.p.c.
Si afferma che l’omessa contestazione non comporta automaticamente l ‘ ammissione del fatto, non esonerando il giudice ‘dal verificare se l’esistenza di quel fatto risulti acquisita da altri elementi probatori e dal complesso delle risultanze istruttorie’. Nel caso in esame , fin dall’opposizione al decreto ingiuntivo sarebbe stata ‘contestata la misura della somma ingiunta parametrata all’attività del domiciliatario e se n’ era chiesta la rideterminazione e riduzione a’ termini di legge e di tariffa’. Per di p iù, sarebbe stata assorbente ‘la preliminare eccezione di carenza di legittimazione’, perché ‘se non c’è rapporto non ci può essere obbligazione’. E d’altronde il giudice di legittimità aveva indicato come oggetto del giudizio di rinvio l’accertamento di an e quantum . Da tutto ciò conseguirebbero ‘illegittimità, erroneità ed ingiustizia’ della sentenza qui impugnata.
5.2.2 Il submotivo, per di più in modo generico, censura la decisione di merito effettuata dal giudice di rinvio per quanto concerne l’ an della debenza; del tutto generico è poi nel contestare il quantum laddove si riferisce a non precisate violazioni normative.
La censura patisce dunque una evidente inammissibilità.
Il sesto motivo lamenta errores in procedendo e violazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 346 c.p.c., ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.
6.1 Osserva il ricorrente che effettivamente la liquidazione delle spese di lite può avvenire anche d’ufficio, ma rileva che ciò ‘deve presupporre la mancanza di altre pronunce sul punto’; nel caso in esame il Giudice di pace si era pronunciato compensandole, e così pure il giudice d’appello; Cass. ord. 7703/2019 , poi, ‘nel rinvio demanda al giudice di pronunciarsi anche sulle spese di Cassazione’.
La sentenza impugnata inoltre avrebbe riformato la sentenza di primo grado ma non quella d’appello, e non avrebbe potuto farlo in quanto quella d’appello era stata cassata ‘e da questa sostituita’. Quindi ‘la pronuncia sulle spese del giudizio cassato dovevano ( sic ) essere oggetto di esplicita domanda in mancanza della quale il decisum sul punto, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. passa in cosa giudicata formale e sostanziale ex artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. ‘.
Nel caso in esame, la sentenza del giudice di rinvio ha condannato il ricorrente, in solido con l’AVV_NOTAIO, a rifondere le spese processuali ‘per ogni singolo grado di giudizio compreso quello di cassazione e della sentenza cassata’, mentre COGNOME, nella citazione in riassunzione, aveva chiesto di ‘condannare gli opponenti alla rifusione di spese, competenze ed onorari di causa del doppio grado di giudizio, oltre spese generali, IVA e CPA’. Pertanto il giudice di rinvio avrebbe liquidato, in aggiunta a quanto chiesto, le spese del primo giudizio innanzi al T ribunale quale giudice d’appello, le spese del giudizio di cassazione e le spese del giudizio di rinvio, con conseguente ultrapetizione.
6.2 Il motivo è manifestamente infondato: non si era formato alcun giudicato, né sulla domanda principale né sulla accessoria pronuncia relativa alle spese, quando il giudizio pervenne al giudice di rinvio, in quanto, come già si è visto, la sentenza di primo grado era stata riformata integralmente della sentenza d’appello, e quest’ultima era stata cassata in toto dalla sentenza di legittimità, con rinvio all’ulteriore giudice di merito per accertare completamente an e quantum della pretesa d ell’AVV_NOTAIO COGNOME. Poiché, come lo stesso ricorrente riconosce, la decisione accessoria relativa alle spese di lite va pronunciata anche d’ufficio, è del tutto irrilevante quel che il ricorrente trae dall’atto di riassunzione d ell’AVV_NOTAIO, ed è invece palesemente legittimo l’avere il giudice di rinvio deciso su tutte le spese dei vari gradi in cui si è snodato il processo.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 2.100, oltre a € 200 per gli esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2023