Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32351 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32351 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1652/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in LATINA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO OSTIAINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di LATINA n. 3950/2019 depositata il 28.10.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 28 della L. 13.6.1942 n. 794 e successive modificazioni, in data 12.7.2019, gli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME chiedevano al Tribunale di Latina la liquidazione del residuo compenso loro dovuto (€86.164,23 per il primo ed €88.258,82 per il secondo) da parte del cliente, COGNOME NOMECOGNOME a favore del quale avevano svolto anche disgiuntamente attività di consulenza stragiudiziale e poi giudiziale davanti al Tribunale civile di Roma in una causa di risarcimento danni dallo stesso promossa contro la RAGIONE_SOCIALE e contro il promotore finanziario della medesima, COGNOME, che aveva svolto la funzione di private banker del Capitani, e quindi dopo la pronuncia della sentenza n.12375/2017 del Tribunale di Roma e la relativa istanza di correzione di errore materiale, per la prima fase del giudizio di appello davanti alla Corte d’Appello di Roma n. 5620/2017 RG, e per la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, anteriori all’intervenuta revoca del mandato.
I suddetti avvocati, oltre ad elencare e documentare le attività svolte, precisavano che nel giudizio risarcitorio avevano avanzato domanda per il Capitani oltre che per il risarcimento dei danni patrimoniali di € 3.195.200,00, da maggiorare della rivalutazione monetaria e degli interessi moratori, anche per i danni morali, quantificati in € 639.040,00, per complessivi € 5.247.811,00, e
sostenevano di avere ricevuto dal cliente gli acconti documentati per complessivi € 34.396,56 (€ 17.382,56 a favore dell’avv. COGNOME, ed € 17.014,00 a favore dell’avv. COGNOME come da fatture ed e.mail elencati).
Si costituiva nel giudizio di primo grado COGNOME NOMECOGNOME che eccepiva l’abnormità del compenso richiesto dai ricorrenti, rilevando che il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 5620/2017, aveva condannato la parte soccombente al pagamento a favore del COGNOME di € 24.000,00 per le spese legali, e sostenendo che l’importo di € 34.396,56, che i ricorrenti avevano ammesso di avere incassato, doveva considerarsi pienamente satisfattivo.
I ricorrenti replicavano, che in base all’art. 5 del D.M. n. 55/2014, mentre per la liquidazione dei compensi a carico della parte soccombente occorreva fare riferimento all’importo riconosciuto dovuto a favore della parte venditrice, per la liquidazione dei compensi a carico del cliente ed a favore del suo difensore, occorreva fare riferimento al valore della domanda giudiziale proposta.
Il Tribunale di Latina, in composizione camerale collegiale, con l’ordinanza n.3419/2020 del 20/28.10.2020, senza alcuna attività istruttoria, dopo avere premesso che non vi era prova del pagamento di alcuna somma da parte di COGNOME NOME, riteneva applicabile il DM n. 55/2014 e lo scaglione per le cause di valore superiore ad € 520.000,00, riteneva documentate le attività di patrocinio allegate, non documentate spese vive, spettante un unico compenso per entrambi i ricorrenti nonostante il richiamo all’art. 8 del D.M. n. 55/2014, secondo il quale quando erano incaricati della difesa più avvocati ciascuno di essi aveva diritto nei confronti del cliente ai compensi per l’opera prestata, mentre andava liquidato un unico compenso soltanto a carico della controparte processuale.
Il Tribunale di Latina liquidava, pertanto, per il primo grado di giudizio €5.000,00 per la fase introduttiva, € 7.000,00 per la fase di studio, €10.000,00 per la fase istruttoria ed € 8.000,00 per la fase decisoria, per complessivi €30.000,00, oltre IVA, spese generali e CA, per il grado di appello € 3.000,00 per la fase introduttiva ed € 5.000,00 per la fase di studio, per complessivi €8.000,00, oltre IVA spese generali e CA, e per il procedimento cautelare relativo alla richiesta di inibitoria € 3.000,00 per fase di studio, € 1.500,00 per fase introduttiva ed € 2.500,00 per la fase decisionale, per complessivi €7.000,00, oltre IVA, spese generali e CA, e condannava quindi il Capitani al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di € 45.000,00, oltre interessi ex D. Lgs n.231/2002, ritenendo non spettante per il credito di valuta la rivalutazione monetaria.
Quanto alle spese processuali, il Tribunale di Latina ne disponeva l’integrale compensazione tra le parti per reciproca soccombenza, in considerazione dell’avvenuta contestazione da parte del Capitani dell’esorbitanza dei compensi richiesti, e dell’evidente sproporzione tra quanto richiesto e quanto liquidato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso principale a questa Corte, notificato il 28.12.2020, COGNOME NOME, affidandosi a due motivi, ed hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato, con quattro motivi accorpati in due gruppi, notificato il 6/9.2.2021, COGNOME NOME e COGNOME NOME. Nelle more dell’udienza camerale i soli ricorrenti incidentali hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre dare atto che é stata abbandonata l’eccezione, adombrata dai controricorrenti e ricorrenti incidentali, secondo la quale, essendosi pronunciato il Tribunale di Latina
richiamando espressamente nell’ordinanza impugnata l’art. 702 bis c.p.c. (sia nell’intestazione in cui si é fatto riferimento al procedimento ex art. 702 bis c.p.c. iscritto al n. 3950/2019 RG, sia nell’ incipit dell’ordinanza in cui si é indicato che i ricorrenti avevano presentato ricorso ex art. 702 bis c.p.c. per ottenere il pagamento degli onorari professionali maturati, sia nel dispositivo, nel quale é stato di nuovo menzionato l’art. 702 bis c.p.c.), il provvedimento impugnato sarebbe stato pronunciato seguendo il rito sommario ordinario regolato dal codice di procedura civile, per cui l’ordinanza sarebbe stata appellabile ex art. 702 quater c.p.c. e non impugnabile direttamente col ricorso in cassazione in base alla previsione di inappellabilità dell’ultimo comma dell’art. 15 del D.Lgs. n. 150/2011. Nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., infatti, i ricorrenti incidentali, nel rinunciare all’eccezione sollevata, hanno rappresentato che la Corte d’Appello di Roma, che era stata investita dell’impugnazione mediante appello in alternativa al proposto ricorso alla Suprema Corte, ha ormai statuito con sentenza irrevocabile che l’ordinanza del Tribunale di Latina n.3419/2020 del 20/28.10.2020 era soggetta al rito sommario collegiale speciale, previsto in materia di liquidazione degli onorari, e che era suscettibile quindi ex art. 15 ultimo comma del D.Lgs. n.150/2011 solo di ricorso in cassazione, e non di appello.
Col primo motivo di ricorso principale il Capitani lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la nullità dell’ordinanza impugnata per error in procedendo, per non avere il Tribunale di Latina ritenuto operante il principio di non contestazione dell’art. 115 c.p.c. rispetto alla circostanza di fatto, ammessa dai ricorrenti nell’atto introduttivo e confermata dalla comparsa di risposta del Capitani, dell’avvenuto pagamento in acconto a favore degli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME della complessiva somma di €34.396,56, peraltro anche documentata dalle fatture, dai bonifici e dalle e.mail specificamente
indicati, avendo di contro espressamente affermato nell’ordinanza impugnata che ‘ non vi é prova dell’intervenuto pagamento di alcuna somma da parte del resistente ‘, così violando anche l’art. 2730 cod. civ. data la valenza confessoria delle dichiarazioni rese dai ricorrenti nell’atto introduttivo del giudizio. Assume il ricorrente che da tali violazioni sia derivato che erroneamente il Tribunale di Latina abbia posto a suo carico l’onere di provare il pagamento di acconti per € 34.396,56 a favore dei due legali ricorrenti, mentre tale pagamento doveva essere ritenuto estraneo al thema probandum , avendo anzi chiesto il Capitani di ritenere pienamente satisattivo dei compensi effettivamente spettanti ai predetti l’importo già loro versato e non contestato di € 34.396,56.
Premesso che impropriamente il ricorrente ha invocato l’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. e la nullità della sentenza impugnata in relazione alle lamentate violazioni degli articoli 115 comma primo c.p.c. (principio per cui devono ritenersi provati i fatti non specificamente contestati dalle parti) e dell’art. 2730 cod. civ. (sulla prova legale della confessione), atteso che le norme poste dal codice civile in materia di onere della prova e di ammissibilità ed efficacia dei vari mezzi probatori attengono al diritto sostanziale e quindi la loro violazione dà luogo ad un error in iudicando e non ad un error in procedendo , (vedi in tal senso Cass. Sez. lav. 19.3.2014 n. 6332; Cass. 30.5.2003 n. 8810; Cass. 4.2.2000 n.1247), si ritiene che comunque i vizi lamentati siano stati compiutamente allegati, pur dovendosi ricondurre alla violazione dell’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., e non a quella dell’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c.. La giurisprudenza di questa Corte riconosce, infatti, costantemente, che ” l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo
di vizio denunciato ” (vedi Cass. 12.7.2024 n. 19209; Cass. n.26310/2017).
Nel merito il motivo é fondato, in quanto benché pacificamente i due avvocati ricorrenti nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado avessero confessato di avere ricevuto acconti da parte del cliente COGNOME NOME per complessivi € 34.396,56, peraltro elencando e documentando con fatture, bonifici ed e.mail i versamenti da ciascuno ricevuti, e COGNOME NOME, per parte sua, avesse confermato di aver loro pagato quell’importo ritenendolo peraltro nelle conclusioni come integralmente satisfattivo, per cui il Tribunale di Latina avrebbe dovuto escludere dal thema probandum l’avvenuto pagamento di acconti da parte del Capitani a favore degli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME ex art. 115 comma primo c.p.c., in realtà a metà di pagina 2 ha premesso che non vi era prova dell’intervenuto pagamento di alcuna somma da parte del resistente.
Neppure può essere sostenuta la tesi dei ricorrenti incidentali, secondo la quale in realtà gli acconti da loro ricevuti, per complessivi € 34.396,56, non sarebbero stati considerati nella motivazione espressa dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale avrebbe effettuato il conteggio solo delle somme residualmente dovute una volta scomputato a monte l’importo degli acconti già versati. Ed invero, da un lato l’ordinanza impugnata non indica in alcun punto di avere operato a monte lo scomputo degli acconti ed anzi afferma, in contrario, che non sono stati provati pagamenti di acconti dal resistente, dall’altro al secondo capoverso di pagina 3 ha puntualmente riportato l’importo dei compensi riconosciuti dovuti per l’attività difensiva svolta dai ricorrenti per il Capitani nel giudizio di primo grado (correzione compresa), nel giudizio di appello e nel procedimento cautelare, il cui totale di € 45.000,00 corrisponde esattamente all’importo che il Capitani é stato condannato a pagare ai ricorrenti nel dispositivo.
L’accoglimento del primo motivo del primo gruppo del ricorso principale, sia pure riqualificato, fa ritenere assorbito il secondo motivo del ricorso principale, col quale il COGNOME ha lamentato ex art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. il difetto di motivazione per non avere considerato la circostanza di fatto decisiva, oggetto di discussione tra le parti, rappresentata dal già intervenuto pagamento di acconti sul compenso per complessivi € 34.396,56 da parte di COGNOME NOME a favore degli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME il che lo ha indotto a non defalcare dall’importo riconosciuto loro dovuto di €45.000,00 l’ammontare di quegli acconti.
Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato di COGNOME Salvatore e COGNOME NOME, che dev’essere esaminato sia in quanto é stata ormai accertata in via definitiva la ricorribilità in cassazione dell’ordinanza impugnata in base all’art. 15 ultimo comma del D. Lgs. n. 150/2011, sia in quanto non può ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, inerente solo alla mancata considerazione del fatto non contestato del già intervenuto pagamento di acconti per € 34.396,56, lo stesso risulta articolato in due gruppi di motivi.
Col primo motivo del primo gruppo i ricorrenti incidentali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 6 del D.M. 10.3.2014 n. 55, nella versione integrata dal D.M. 8.3.2018 n. 37. avuto un valore superiore ad €520.000,00, senza
Si dolgono i ricorrenti incidentali che l’impugnata ordinanza si sia limitata genericamente ad indicare, ai fini dell’individuazione dello scaglione della tariffa forense applicabile, che il giudizio avrebbe precisarne l’ammontare, in tal modo non conformandosi al disposto dell’art. 5 del D.M. n. 55/2014, che per la liquidazione del compenso impone l’utilizzo dello scaglione tariffario corrispondente al valore della domanda avanzata per le cause fino ad € 520.000,00, ed al
disposto dell’art. 6 dello stesso decreto, che per le cause di valore superiore ad € 520.000,00 individua gli aumenti tariffari applicabili sulle spettanze dovute in base allo scaglione precedente a seconda che si tratti di cause di valore compreso tra €520.000,00 ed €1.000.000,00, o tra € 1.000.000,01 ed € 2.000.000,00, o tra €2.000.000,01 ed € 4.000.000,00, o tra € 4.000.000,01 ed €8.000.000,00, o di valore superiore ad € 8.000.000,00.
4) Col secondo motivo del primo gruppo i ricorrenti incidentali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’omessa individuazione dell’esatto valore della causa e quindi dello scaglione tariffario applicabile, o comunque la motivazione apparente ed apodittica.
Si dolgono qui i ricorrenti incidentali, che l’impugnata ordinanza non abbia considerato il valore delle domande giudiziali per le quali essi avevano patrocinato il Capitani in primo ed in secondo grado, ammontanti complessivamente ad € 5.247.811,00, e non al solo importo riconosciuto dovuto di € 3.195.200,00, e che abbia apoditticamente indicato il valore della causa in un importo superiore ad € 520.000,00, senza specificarne l’esatto ammontare, in tal modo impedendo di comprendere gli aumenti applicati per le cause di valore superiore ad € 520.000,00 secondo il meccanismo dell’art. 6 del D.M. n. 55/2014 e ss.mm., e di capire quali fossero le ragioni che avevano condotto alla scelta del valore della causa ed all’applicazione conseguente degli aumenti.
I due motivi del primo gruppo del ricorso incidentale condizionato, essendo entrambi relativi alla mancata individuazione specifica del valore delle cause patrocinate dagli originari legali ricorrenti, ed al difetto di motivazione della generica indicazione di un valore superiore ad € 520.000,00 dell’ordinanza impugnata, vanno esaminati congiuntamente e sono fondati.
Ed invero l’ordinanza impugnata, non solo non ha individuato l’esatto valore delle cause civili per le quali il Tribunale di Latina era stato chiamato ad effettuare la liquidazione dei compensi professionali degli avvocati ricorrenti, limitandosi ad indicare, peraltro senza alcuna motivazione che consentisse di comprenderne le ragioni, che lo scaglione applicabile era quello per cause di valore superiore ad € 520.000,00, come se ne esistesse soltanto uno (vedi in senso contrario l’art. 6 del D.M. n. 55/2014 sopra richiamato nel contenuto, che riporta ben cinque scaglioni superiori ad € 520.000,00), in tal modo non consentendo di comprendere quale scaglione sia stato effettivamente applicato e quali aumenti siano stati progressivamente applicati a seconda dello scaglione dell’art. 6 del D.M. n. 55/2014 operante.
Col secondo gruppo di motivi i ricorrenti incidentali contestano che l’ordinanza impugnata abbia effettuato un’unica liquidazione di compenso a favore degli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME anziché liquidare a ciascuno il compenso al quale aveva diritto.
Col primo motivo del secondo gruppo i ricorrenti incidentali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 6 del D.M. n.55/2014, nella versione integrata dal D.M. 8.3.2018 n. 37.
Si dolgono i ricorrenti incidentali che l’impugnata ordinanza dopo avere correttamente richiamato il principio dell’art. 8 del D.M. n.55/2014 per il quale ‘ quando incaricati della difesa sono più avvocati, ciascuno di essi ha diritto nei confronti del cliente ai compensi per l’opera prestata, ma nella liquidazione a carico del soccombente sono computati i compensi per un solo avvocato ‘, abbia però liquidato in favore dei ricorrenti l’unico importo di €45.000,00, come se si trattasse di liquidazione del compenso a carico della parte soccombente, anziché a carico del cliente dei due difensori.
6) Col secondo motivo del secondo gruppo i ricorrenti incidentali lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omessa considerazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla circostanza che i compensi erano richiesti dai due difensori a COGNOME quale loro cliente e non come parte soccombente, per cui a ciascuno dei ricorrenti competeva un autonomo compenso e non un compenso unico.
Anche i due motivi del secondo gruppo, tra loro connessi, sono fondati, in quanto l’impugnata ordinanza, ancorché pacificamente il ricorso fosse stato presentato dagli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME per ottenere la liquidazione dei compensi a ciascuno spettanti per essere stati incaricati da COGNOME NOME di patrocinare una causa civile in primo ed in secondo grado, oltre che dell’attività stragiudiziale prodromica, di richiedere per la sentenza di primo grado la correzione di errore materiale e di patrocinare il Capitani nel procedimento cautelare relativo alla sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado a lui favorevole ottenuta, fino alla disposta revoca dell’incarico, e si trattasse quindi di compensi da liquidare a carico del cliente, e non a carico della loro controparte processuale dei giudizi di merito patrocinati, ha provveduto ad effettuare per i due professionisti un’unica liquidazione di € 45.000,00, senza alcuna motivazione giustificativa, così violando l’art. 8 del D.M. n. 55/2014, come integrato dal D.M. n. 137/2018, che in caso di incarico conferito a più avvocati impone al cliente di pagare compensi separati ai due professionisti per le attività da loro svolte, e non consente la liquidazione di un compenso unico, come invece previsto per la condanna alle spese processuali gravante sulla controparte processuale, che evidentemente non può essere gravata dei maggiori oneri derivanti dalla scelta dell’avversario di avvalersi di più avvocati e deve quindi pagare un compenso unico.
Il giudice di rinvio, da individuare nel Tribunale di Latina in diversa composizione collegiale, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato, cassa l’impugnata ordinanza in relazione ai motivi accolti, e rinvia al Tribunale di Latina in diversa composizione collegiale, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 26.11.2024