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Compenso avvocati: la guida della Cassazione

La Corte di Cassazione interviene sulla liquidazione del compenso avvocati, stabilendo due principi fondamentali. Primo, l’acconto versato dal cliente e ammesso dai legali deve essere sempre scomputato dal totale, in base al principio di non contestazione. Secondo, in caso di incarico a più avvocati, ognuno ha diritto a un compenso distinto a carico del cliente, a differenza della liquidazione a carico della controparte soccombente, che prevede un importo unico. La Corte ha cassato l’ordinanza di un tribunale che aveva ignorato un cospicuo acconto e liquidato un compenso unico a due professionisti, rinviando per una nuova e corretta determinazione.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Avvocati: La Cassazione detta le regole su acconti e pluralità di difensori

La determinazione del corretto compenso avvocati è una questione cruciale che spesso genera contenziosi tra legali e clienti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza su due aspetti fondamentali: la gestione degli acconti ricevuti e la liquidazione delle parcelle quando l’incarico è affidato a più di un difensore. La decisione offre principi guida indispensabili per garantire trasparenza ed equità nel rapporto professionale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di due avvocati di ottenere la liquidazione del residuo compenso dal loro ex cliente. I legali lo avevano assistito in una complessa causa di risarcimento danni, con una domanda iniziale superiore ai 5 milioni di euro. Nel loro ricorso, gli stessi avvocati ammettevano di aver già ricevuto acconti per un totale di circa 34.000 euro.

Il cliente, costituitosi in giudizio, sosteneva che la somma già versata fosse più che sufficiente a saldare le prestazioni professionali, eccependo l’abnormità delle ulteriori richieste. Il Tribunale, chiamato a decidere sulla liquidazione, condannava il cliente al pagamento di 45.000 euro, oltre accessori, ma commettendo alcuni errori procedurali e di merito che hanno portato la questione fino in Cassazione.

Compenso Avvocati e il Principio di Non Contestazione

Il primo motivo di ricorso del cliente, accolto dalla Suprema Corte, riguardava la violazione dell’art. 115 c.p.c., ossia il principio di non contestazione. Il Tribunale aveva affermato che non vi era prova del pagamento di alcuna somma da parte del cliente. Tuttavia, erano stati gli stessi avvocati, nel loro atto introduttivo, ad ammettere di aver ricevuto acconti per 34.396,56 euro, documentandoli con fatture e bonifici.

La Cassazione ha ribadito un principio cardine del processo civile: un fatto ammesso dalla stessa parte che ne avrebbe interesse contrario (in questo caso, gli avvocati che ammettono di aver già incassato una somma) deve considerarsi provato e non necessita di ulteriori dimostrazioni. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto escludere tale circostanza dal thema probandum (l’oggetto della prova) e detrarre l’importo degli acconti dalla somma finale liquidata. Ignorare questo pagamento ha costituito un chiaro errore di diritto.

Calcolo del Compenso con Più Avvocati: Regole e Distinzioni

Anche il ricorso incidentale degli avvocati è stato accolto. Essi lamentavano due errori principali nel calcolo del loro compenso.

1. Mancata Individuazione dello Scaglione Tariffario: Il Tribunale aveva genericamente indicato che il valore della causa era ‘superiore a 520.000 euro’, senza specificare l’esatto ammontare o lo scaglione di riferimento. Le tabelle forensi (D.M. 55/2014) prevedono diversi scaglioni superiori a tale soglia, con aumenti progressivi. La mancata specificazione, secondo la Corte, rende la motivazione apparente e impedisce di comprendere il percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla cifra finale.

2. Liquidazione di un Compenso Unico: Il Tribunale aveva liquidato una somma complessiva di 45.000 euro in favore di entrambi i legali. La Cassazione ha chiarito la fondamentale distinzione operata dall’art. 8 del D.M. 55/2014. Quando il cliente conferisce l’incarico a più avvocati, ciascuno di essi ha diritto a un proprio, autonomo compenso per l’opera prestata. Il compenso unico, invece, è previsto solo per la liquidazione a carico della controparte soccombente nel giudizio. Questa regola serve a non gravare la parte perdente dei maggiori oneri derivanti dalla scelta dell’avversario di farsi assistere da più difensori. Nel rapporto diretto tra cliente e avvocati, però, il diritto al compenso è individuale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha cassato l’ordinanza impugnata sulla base di una duplice violazione di legge. In primo luogo, il giudice di merito ha errato nel non considerare il pagamento degli acconti, un fatto pacifico e ammesso dagli stessi ricorrenti, violando così il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) e la valenza confessoria delle dichiarazioni rese in giudizio. L’importo già versato doveva essere necessariamente scomputato dal totale dovuto. In secondo luogo, il Tribunale ha disapplicato le norme che regolano il calcolo del compenso professionale. La motivazione sulla determinazione del valore della causa è stata ritenuta apparente, in quanto la generica indicazione ‘superiore a 520.000 euro’ non permette di verificare la corretta applicazione degli scaglioni tariffari previsti dal D.M. 55/2014. Infine, è stato commesso un errore nel liquidare un compenso unico in favore dei due professionisti, in palese contrasto con l’art. 8 dello stesso decreto, che nel rapporto tra cliente e difensori garantisce a ciascun avvocato il diritto a un compenso separato per l’attività svolta.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la decisione del Tribunale e ha rinviato la causa ad altra sezione dello stesso ufficio giudiziario per una nuova liquidazione che si attenga ai principi enunciati. Questa pronuncia chiarisce in modo definitivo che gli acconti ammessi devono sempre essere detratti e che, nel rapporto diretto con il cliente, a ogni avvocato spetta il proprio compenso. La decisione rappresenta un importante vademecum per la corretta gestione del compenso avvocati, a tutela sia dei diritti dei professionisti sia della trasparenza nei confronti dei clienti.

Se un avvocato ammette nel proprio ricorso di aver ricevuto un acconto, il giudice deve tenerne conto?
Sì, assolutamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ammissione del pagamento da parte del legale rende il fatto pacifico e non più bisognoso di prova. Il giudice ha l’obbligo di detrarre tale somma dall’importo totale liquidato.

Quando un cliente incarica due avvocati, il compenso liquidato dal giudice è unico per entrambi?
No. La sentenza chiarisce che nel rapporto tra cliente e avvocati, ciascun legale ha diritto a un compenso separato per l’opera prestata. Il compenso unico è previsto solo nella condanna alle spese a carico della controparte soccombente in un processo.

Per calcolare il compenso, è sufficiente che il giudice indichi un valore della causa ‘superiore a una certa cifra’?
No. La Corte ha ritenuto tale indicazione generica e la motivazione ‘apparente’. Il giudice deve individuare con precisione lo scaglione tariffario di riferimento secondo le tabelle forensi, per permettere di comprendere il calcolo effettuato e verificare l’applicazione di eventuali aumenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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