Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 154 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 154 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/01/2025
La Corte di Appello di Napoli ha rigettato il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, che aveva revocato il decreto n. 720/2016 e l’aveva condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di € 22.317, in favore di NOME COGNOME (medico di continuità assistenziale) a titolo di differenze sulla quota oraria prevista dall’art. 59 dell’AIR per l’attività ambulatoriale per il periodo da ottobre 2013 a novembre 2015.
La Corte territoriale ha condiviso le statuizioni del primo giudice in ordine alla competenza territoriale del Tribunale di Napoli, in ragione del domicilio del medico convenzionato in Napoli ed ha escluso che le prestazioni ambulatoriali siano remunerate dal compenso di € 22,72 previsto dall’art. 72 dell’ACN 23.3.2005.
Ha evidenziato che secondo l’art. 62 dell’ACN i compiti tipici del medico di continuità assistenziale sono gli interventi domiciliari o territoriali, mentre le prestazioni ambulatoriali, di carattere residuale, possono essere svolte solo in particolari situazioni di necessità e ove le condizioni strutturali lo consentano; ha precisato che la norma collettiva nazionale, nell’intento di modulare il servizio alle specifiche esigenze territoriali, delega agli accordi regionali la specifica disciplina delle prestazioni ambulatoriali, il cui svolgimento richiede una struttura e attrezzature mediche non necessarie per le prestazioni domiciliari e territoriali (da intendersi come prestazioni domiciliari presso strutture protette, e non coincidenti con le prestazioni ambulatoriali).
Il giudice di appello ha precisato che l’Accordo Regionale per la RAGIONE_SOCIALE prevede l’istituzione di un ambulatorio di medicina generale al quale può essere addetto, in alternativa ad un’unità medica dedicata, il medico di turno RAGIONE_SOCIALE continuità assistenziale che avrebbe svolto sia attività ambulatoriale che domiciliare ed ha ritenuto che la previsione dell’Accordo Regionale relativa al compenso di 32 euro quale remunerazione dell’attività ambulatoriale svolta dal medico addetto alla continuità assistenziale non possa prescindere dall’istituzione di un ambulatorio che sia aperto al pubblico nelle fasce di riferimento RAGIONE_SOCIALE continuità assistenziale.
Ha ritenuto dimostrato che nel caso di specie, già prima dell’istituzione dell’ambulatorio di medicina generale presso il pronto soccorso dell’Ospedale di RAGIONE_SOCIALE le sedi di continuità assistenziale cui era addetto il COGNOME funzionavano come ambulatori di medicina generale.
A fronte RAGIONE_SOCIALE mancata contestazione, da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, delle allegazioni del COGNOME, e RAGIONE_SOCIALE riferibilità delle foto prodotte dal medesimo alle sedi di continuità assistenziali alle quali era stato addetto, ha accertato che nel periodo dal settembre 2013 al novembre 2015 le sedi di continuità assistenziale site in RAGIONE_SOCIALE funzionavano come ambulatori di medicina generale, con un preciso orario di accesso al pubblico coincidente con le fasce RAGIONE_SOCIALE continuità assistenziale; lo svolgimento in tale periodo di attività ambulatoriale da parte dei medici addetti alla continuità assistenziale, compreso il COGNOME, risultava anche dalla certificazione del Direttore del RAGIONE_SOCIALE del 3.4.2015, mentre dalla delibera del D.G. dell’RAGIONE_SOCIALE USL di RAGIONE_SOCIALE n. 305 del 23.12.2014 risulta che l’ambulatorio di medicina generale presso il Pronto RAGIONE_SOCIALE dell’Ospedale di RAGIONE_SOCIALE era stato istituito proprio in ragione del fatto che lo svolgimento di attività ambulatoriale da parte dei medici addetti alla continuità assistenziale delle sedi di RAGIONE_SOCIALE era prevalso sulle competenze proprie dei suddetti medici.
Ha infine disatteso la censura relativa alla quantificazione del compenso.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 72 dell’ACN MMG del 23.3.2005 -25.7.2009, in relazione agli artt. 48, 14 e 25 legge n. 833/1978, 8 d. lgs. n. 502/1992 e all’art. 47 del medesimo ACN, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che le visite ambulatoriali rientrino nell’attività ordinaria prevista dall’ACN per i medici di continuità assistenziale.
Critica la sentenza impugnata per avere ritenuto che gli interventi territoriali debbano essere intendersi come prestazioni domiciliari presso strutture protette; evidenzia che il concetto di ‘territoriale’ è contrapposto a quello di ‘ospedaliero’.
Sostiene che l’attività prestata in continuità assistenziale è omogenea a quella resa dai medici di base, e che l’ambulatorio costituisce il presidio principale dell’assistenza territoriale.
Richiama la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello di Bologna n. 187/2020, resa in una fattispecie analoga.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’AIR RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 9.10.2006, degli artt. 1 e 2 legge n. 241/1990, degli artt. 16, 17, 18 e 19 R.D. n. 2440/1923, dell’art. 50 legge n. 833/1978, dei principi di attività provvedimentale espressa per iscritto e di copertura di spesa, nonché dei principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 Cost.
Evidenzia che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE previsto dall’RAGIONE_SOCIALE stipulato in data 29.9.2006, a differenza RAGIONE_SOCIALE normale
attività di continuità assistenziale, è preferibilmente diurno e non festivo o prefestivo, è libero e gratuito ed ha la funzione di fungere da filtro rispetto al Pronto RAGIONE_SOCIALE dell’Ospedale; precisa che tale servizio pubblico aggiuntivo ha un maggiore costo e l’RAGIONE_SOCIALE deve decidere se sostenerlo o meno, e se inserirvi o meno medici di continuità assistenziale.
Aggiunge che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva mai istituito un RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, né il COGNOME era stato formalmente addetto ad alcun RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE previsto dall’AIR; assume che era stato istituito un RAGIONE_SOCIALE di medicina generale nel RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, al quale erano stati adibiti medici con una specifica procedura pubblica di selezione, in base ad una domanda che li impegnava ad attenersi alle speciali condizioni di servizio e di incompatibilità che venivano all’uopo richieste, medici tra i quali non figurava il COGNOME.
Sostiene che la delibera aziendale e la dichiarazione del Responsabile del Servizio Assistenza Primaria dell’RAGIONE_SOCIALE del 3.4.2015 si riferiscono alla normale attività ambulatoriale RAGIONE_SOCIALE continuità assistenziale, dotata di sedi di servizio aperte con un orario assegnato, e non riguardano l’istituzione dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE previsto dall’AIR, non prevista da alcun provvedimento amministrativo.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 115, comma primo, cod. proc. civ. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto incontestato dall’RAGIONE_SOCIALE che le sedi funzionassero come veri e propri ambulatori di medicina generale sulla base di tre fotografie ritraenti cartelli posti fuori dalle sedi di continuità assistenziale recanti ‘orario ambulatorio’.
Evidenzia che l’azienda, alla prima difesa utile successiva aveva contestato la suddetta documentazione fotografica.
Torna a sostenere che l’Amministrazione non aveva mai istituito con atti formali un RAGIONE_SOCIALE previsto dall’RAGIONE_SOCIALE, né vi aveva assegnato il COGNOME con atto scritto.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con il decisum .
Infatti, nel prospettare che l’ambulatorio è il presidio principale dell’assistenza territoriale e nel sostenere che la tipologia di interventi richiesti al medico di ‘guardia medica’ è onnicomprensiva di tutti gli interventi ritenuti appropriati, il motivo non censura le statuizioni RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata secondo cui se le prestazioni territoriali coincidessero con quelle ambulatoriali, vi sarebbe una contraddizione tra il secondo ed il terzo comma dell’art. 62 dell’ACN.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto le censure ivi contenute sono incentrate sulla violazione diretta d ell’Accordo Integrativo Regionale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 9.10.2006.
Questa Corte ha da tempo chiarito che ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia RAGIONE_SOCIALE violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre l’esegesi del contratto collettivo di ambito territoriale è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 56 e 85 del 2018, che richiamano Cass. n. 17716 del 2016; Cass. n. 7671 del 2016; Cass. n. 24865 del 2005; Cass. n. 33399 del 2019; Cass. n. 24701/2021).
Inoltre la censura, nel prospettare che il COGNOME non era stato formalmente addetto ad un RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘per facilitare l’accesso territoriale e ridurre gli accessi impropri in Pronto RAGIONE_SOCIALE‘ sollecita un giudizio di merito anche attraverso la rilettura RAGIONE_SOCIALE delibera n. 1398 del 9.10.2006.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto non coglie il decisum.
La Corte territoriale ha innanzitutto ritenuto non contestate le allegazioni del COGNOME, prima ancora RAGIONE_SOCIALE riferibilità delle foto alle sedi di continuità assistenziale ; ha inoltre accertato che l’RAGIONE_SOCIALE aveva preso atto dello snaturamento dell’attività dei medici di continuità assistenziale, essendo prevalso lo svolgimento dell’attività ambulatoriale sulle competenze proprie dei medici di continuità assistenziale.
Inoltre l ‘erroneità RAGIONE_SOCIALE statuizione sulla mancata contestazione di un documento esula dal paradigma di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
Deve poi rammentarsi che in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base RAGIONE_SOCIALE decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione. (Sez. 1 -, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022).
Si è infatti chiarito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia RAGIONE_SOCIALE violazione delle predette regole da parte del giudice di merito configura un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti
dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Sez. 6 -2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità de l ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 4000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Lavoro