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Compenso arbitro: come chiederlo in giudizio?

Un avvocato, nominato arbitro in una controversia di lavoro, ha agito in giudizio per ottenere il pagamento del suo compenso. Le corti di merito avevano respinto la domanda ritenendo che l’arbitro avrebbe dovuto utilizzare una procedura speciale. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che per richiedere il compenso arbitro è possibile avvalersi di un ordinario giudizio civile, non essendo la procedura speciale un obbligo. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Compenso arbitro: la Cassazione fa chiarezza sulla procedura per richiederlo

Ottenere il giusto riconoscimento economico per la propria attività professionale è un diritto fondamentale. Per gli arbitri, la questione su come richiedere il pagamento del proprio onorario è di primaria importanza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, stabilendo che per ottenere il compenso arbitro non è obbligatorio ricorrere alla procedura speciale, ma è possibile agire tramite un ordinario giudizio civile. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un avvocato, nominato arbitro in una controversia di lavoro tra un lavoratore e un condominio, si trovava a dover richiedere il pagamento del proprio onorario. La controversia originaria riguardava una sanzione disciplinare che l’amministratore del condominio aveva inflitto a un dipendente. L’arbitrato si era concluso con l’annullamento della sanzione.

Successivamente, l’avvocato-arbitro ha citato in giudizio l’amministratore e il suo studio professionale per ottenere il pagamento del compenso dovuto per l’attività svolta. L’amministratore si è difeso sostenendo di non essere più in carica e di aver agito all’epoca senza un mandato specifico dell’assemblea condominiale, chiedendo di chiamare in causa il condominio come unico responsabile.

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello hanno respinto la domanda dell’arbitro. In particolare, la Corte d’Appello ha motivato la sua decisione sostenendo che la domanda era inammissibile perché non era stata attivata la procedura speciale di liquidazione prevista dall’art. 814 del Codice di Procedura Civile.

La Decisione della Corte di Cassazione sul compenso arbitro

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il motivo di ricorso relativo alla procedura per la richiesta del compenso. La Suprema Corte ha chiarito un punto fondamentale del diritto processuale.

La Scelta tra Procedura Speciale e Giudizio Ordinario

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 814 c.p.c. La Corte ha stabilito che la procedura speciale per la liquidazione degli onorari, che si svolge davanti al presidente del tribunale, è una facoltà e non un obbligo per l’arbitro. Questa procedura, peraltro, presuppone che la richiesta provenga congiuntamente da tutti i membri del collegio arbitrale.

Di conseguenza, un singolo arbitro, o anche l’intero collegio, può legittimamente scegliere di agire attraverso un ordinario giudizio di cognizione per accertare il proprio diritto al compenso. La Corte d’Appello ha quindi errato nel dichiarare inammissibile la domanda solo perché non era stata seguita la via della procedura speciale.

La Questione della Chiamata in Causa del Terzo

La Cassazione ha invece respinto gli altri motivi di ricorso, relativi al mancato accoglimento dell’istanza di chiamata in causa del condominio. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la decisione di autorizzare o negare la chiamata in causa di un terzo (ex art. 106 c.p.c.) rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale decisione non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non si configuri un’ipotesi di litisconsorzio necessario, ovvero quando la presenza del terzo è indispensabile per legge ai fini della validità della sentenza. In questo caso, la semplice indicazione del terzo come unico responsabile da parte del convenuto non è sufficiente a rendere la sua partecipazione obbligatoria.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si basa sul principio fondamentale della libertà di azione processuale. Fornire a un professionista, come un arbitro, la possibilità di scegliere tra una procedura sommaria (quella speciale) e una a cognizione piena (quella ordinaria) garantisce una tutela più efficace del suo diritto al compenso. Limitare l’arbitro alla sola procedura speciale, che ha requisiti specifici come la richiesta congiunta di tutti i membri, potrebbe creare ostacoli ingiustificati all’esercizio del suo diritto. Per quanto riguarda la chiamata del terzo, la Corte riafferma la distinzione tra l’opportunità processuale, valutata discrezionalmente dal giudice, e la necessità giuridica imposta dalla legge (litisconsorzio necessario), che dipende dalla natura del rapporto dedotto in giudizio dall’attore e non dalle strategie difensive del convenuto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un punto fermo per tutti i professionisti che svolgono la funzione di arbitro. La Corte di Cassazione ha confermato che la tutela del diritto al compenso arbitro può essere perseguita attraverso le vie ordinarie, senza essere vincolati a procedure speciali che potrebbero non essere sempre praticabili. Si tratta di una decisione che rafforza la posizione dell’arbitro, garantendogli piena flessibilità processuale per ottenere il giusto riconoscimento economico per il lavoro svolto.

Un arbitro è obbligato a usare la procedura speciale dell’art. 814 c.p.c. per chiedere il suo compenso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’arbitro può scegliere liberamente tra la procedura speciale prevista da tale articolo e un ordinario giudizio di cognizione per richiedere il pagamento del proprio onorario.

La decisione di un giudice di non autorizzare la chiamata in causa di un terzo può essere contestata in Cassazione?
Generalmente no. Si tratta di una valutazione discrezionale del giudice di merito e, come tale, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, salvo che non si tratti di un caso di litisconsorzio necessario, in cui la presenza del terzo è imposta dalla legge.

Se un convenuto indica un’altra persona come l’unica responsabile, questo rende la sua presenza in causa obbligatoria?
No. L’obbligatorietà della presenza di una parte (litisconsorzio necessario) dipende dalla natura della domanda presentata dall’attore all’inizio del processo, non dalle argomentazioni difensive sollevate dal convenuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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