Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23483 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23483 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4037/2020 R.G. proposto da
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME, COGNOME , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME, COGNOME, COGNOME
-controricorrenti –
Oggetto: Pubblica amministrazione -Arbitrato -Arbitri -Compenso -Nullità lodo
R.G.N. 4037/2020 Ud. 27/06/2025 CC
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO n. 529/2019 depositata il 12/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 529/2019, pubblicata in data 14 marzo 2019, la Corte d’appello di Catanzaro, nella regolare costituzione degli appellati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE VIBO RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia n. 615/2011.
Quest’ultima, a propria volta, aveva condannato la medesima RAGIONE_SOCIALE VIBO VALENTIA a corrispondere in favore di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME l’ importo di € 45.000,00 a titolo di compensi ed onorari ed € 4.500,00 per competenza dell ‘ufficio di segreteria, per l’incarico dai medesimi svolto in un arbitrato irrituale tra la stessa RAGIONE_SOCIALE VIBO RAGIONE_SOCIALE ed una società terza.
La Corte d’appello, esaminando i tre motivi di gravame individuati nell’atto di appello, ha disatteso le doglianze dell’AZIENDA, rilevando, da un lato, che la dedotta nullità del lodo -dichiarata da altra decisione del Tribunale di Vibo Valentia -non valeva ad escludere il diritto degli arbitri al compenso, potendo lo stesso essere escluso solo in caso di radicale inesistenza del lodo medesimo -nella specie esclusa -e, dall’altro lato, che la liquidazione del compenso era stata correttamente effettuata secondo la tariffa delle prestazioni rese dagli avvocati
in materia stragiudiziale senza superamento dei limiti minimo e massimo di legge.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ricorre AZIENDA RAGIONE_SOCIALE PROVINCIALE DI VIBO RAGIONE_SOCIALE
Resistono con controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 111 Cost., 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che ‘la Corte di merito:
A) non ha esaminato specificamente le censure mosse al primo giudice; censure con le quali è stato dedotto che l’Asp non è obbligata a corrispondere il compenso agli arbitri perché un tale obbligo trae origine da un rapporto di mandato che nella specie non esiste per quanto riguarda l’ASD. dal momento che quest’ultima non ha conferito mandato ad alcuno degli arbitri, come accertato dalla sentenza n. 158/12 del Tribunale di Vibo Valentia, che proprio per questa ragione ha dichiarato la nullità del lodo;
ha apoditticamente ritenuto le censure infondate, facendo acritico ed immotivato rinvio al provvedimento emesso dal primo giudice senza alcun apporto rielaborativo e – quel che più conta – senza pervenire a tale conclusione attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, dai quali ha completamente prescisso;
C) nell’unico passaggio aggiunto autonomamente (“il collegio arbitrale così composto ha legittimamente operato nel rispetto del procedimento disciplinante le modalità di composizione regolamentate in sede pattizia”) ha reso evidente il mancato esame degli atti e fatti di causa; pur avendo dato atto della circostanza che il Tribunale di Vibo Valentia ha dichiarato la nullità del lodo, discendente dall’essere stato emesso da collegio privo di potestas iudicandi (l’Asp non ha conferito mandato ad alcuno dei componenti), ha in contrasto affermato che il collegio arbitrate si è costituito regolarmente’ .
Si deduce, quindi, che ‘il giudice a quo non ha indicato le ragioni della conferma della sentenza impugnata, limitandosi a riprodurre il percorso argomentativo della stessa, ancorché le conclusioni del primo giudice avessero formato oggetto di specifiche censure, con le quali è stata, peraltro, dedotta circostanza sopravvenuta e rilevante ai fini della decisione: la declaratoria di nullità del lodo a norma dell’art. 1418, comma 2, c.c. per difetto dell’essenziale elemento dell’accordo delle parti (l’arbitro dell’Asp è stato irregolarmente ed inefficacemente nominato dal presidente del T ribunale di Vibo Valentia).’
1.2. Con il secondo motivo -formulato in via subordinata rispetto al primo – il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che ‘la Corte di merito non ha esaminato la censura come sopra mossa alla sentenza di primo grado, concernente l’insussistenza del diritto degli arbitri al compenso in considerazione dell’inesistenza del rapporto di mandato, né ha specificamente pronunciato su di essa’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1720 c.c.; 115, 808ter , 814, 823. 828 e 829 c.p.c.
Il ricorso, dopo aver richiamato e rimarcato la distinzione tra arbitrato rituale ed arbitrato irrituale, deduce che:
-‘dalla stessa sentenza impugnata risulta che si verte in tema di arbitrato irrituale (…) e che il lodo è stato dichiarato nullo dal Tribunale di Vibo Valentia con sentenza n. 158/12 per non avere l’Asp conferito mandato ad alcun componente del collegio arbitrale (…)’ ;
-‘la Corte di merito non ha tenuto conto della menzionata sentenza n. 158/12 del Tribunale di Vibo Valentia, la cui efficacia di prova documentale è stata invocata dall’attuale ricorrente, che ne aveva interesse’ mentre la Corte ‘avrebbe, al contrario, dovuto sottoporla alla libera valutazione, anche in relazione agli altri elementi di giudizio, per verificare l’efficacia spiegata nel presente giudizio dalla dichiarazione di nullità del lodo in essa contenuta’ ;
-la Corte, quindi, non solo sarebbe incorsa in violazione dell’art. 115 c.p.c. ma avrebbe erroneamente applicato all’arbitrato irrituale i principi dettati in materia di arbitrato rituale dagli artt. 814, 823, 828 e 829 c.p.c.;
-la Corte avrebbe altresì violato l’art. 1720 c.c. in quanto avrebbe riconosciuto agli odierni controricorrenti il diritto al compenso ‘pur avendo accertato che con sentenza n. 158/12 il lodo è stato dichiarato nullo a causa del mancato conferimento da parte dell’ Asp del mandato agli arbitri’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 111 Cost., 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha disatteso il motivo di gravame riferito alla quantificazione del compenso
riconosciuto agli odierni controricorrenti, per essere il medesimo prossimo ai massimi.
Si deduce, in particolare, che la Corte territoriale ‘A) non ha specificamente esaminato la censura mossa al primo giudice per avere liquidato una somma prossima al massimo tariffario, ancorché il valore della causa fosse prossimo al minimo dello scaglione considerato; B) ha apoditticamente affermato l’infondatezza della censura, facendo acritico ed immotivato rinvio alla sentenza impugnata senza alcun apporto rielaborativo’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c.
Si censura la decisione impugnata per non aver esaminato il motivo di ricorso col quale l’odierna ricorrente aveva impugnato la sentenza di primo grado per avere utilizzato come base della liquidazione la condanna contenuta nel lodo, ancorché lo stesso fosse stato dichiarato nullo, e per avere liquidato la somma di € 4.500,00 alla segretaria de l collegio arbitrale.
Preliminarmente si deve dichiarare l’inammissibilità della memoria depositata dai controricorrenti in data 19 giugno 2025, sia in quanto il deposito è stato effettuato quando il termine ex art. 380bis .1 c.p.c. era già scaduto, sia perché i medesimi controricorrenti si erano già venuti ad avvalere dello stesso termine ex art. 380bis .1 c.p.c. e l’ulteriore deposito ha assunto i caratteri di una replica alla memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. depositata dalla ricorrente.
Si deve invero ritenere inammissibile, nel giudizio di cassazione, il deposito di una memoria ulteriore – rispetto a quella ex art. 380bis .1 c.p.c. già depositata – avente lo scopo di replicare alla memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. depositata da una delle altre parti del giudizio di legittimità.
I primi tre motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente -risultando strettamente connessi -e sono infondati.
3.1. È da osservare, invero, che i motivi in questione venivano complessivamente ad imperniarsi sulla tesi della inesistenza di un mandato conferito agli odierni controricorrenti, invocandosi, a supporto di tale tesi, una sentenza del Tribunale di Vibo Valentia, la quale avrebbe annullato il lodo irrituale pronunciato, appunto, dal collegio costituito dagli odierni controricorrenti.
Non ci può esimere dall’osservare che il ricorso aveva tuttavia omesso sia di adeguatamente specificare le ragioni per cui il Tribunale di Vibo Valentia aveva annullato il lodo, sia -ancor prima -di riprodurre o localizzare la sentenza in questione nell’ambito del ricorso -non essendo la stessa menzionata neppure nell’elenco documenti -con evidente violazione del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., sia, infine, di dedurre l’avvenuto passaggio in giudicato della decisione medesima.
In sintesi, quindi, il ricorso presentava già in origine una serie di significative carenze, in quanto veniva a basarsi su una decisione non adeguatamente riprodotta né illustrata e, ulteriormente, priva della valenza di giudicato.
3.2. Si deve, a questo punto, constatare che gli odierni controricorrenti hanno proceduto al deposito dell’ordinanza di questa Corte (Cass., Sez. I, 27/07/2022, n. 23438) con la quale è stata cassata la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1129/2017, la quale, a propria volta, aveva confermato la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia n. 158/2012, invocata dall’attuale ricorrente nel presente giudizio a fondamento della tesi dell’inesistenza del diritto degli odierni controricorrenti al compenso, in virtù dell’assenza di loro valida nomina e del conseguente vizio di costituzione del Collegio Arbitrale.
Di tale decisione questa Corte può prendere piena cognizione -risultando quindi radicalmente infondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla ricorrente in memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. -alla luce del principio per cui costituisce un dovere istituzionale della Corte, nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario, di avere conoscenza dei propri precedenti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 30780 del 30/12/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5360 del 05/03/2009; Sez. U, Sentenza n. 26482 del 17/12/2007).
3.3. Operata tale premessa, è inevitabile constatare che l’esame della decisione di questa Corte vale ad evidenziare non solo che la reiteratamente invocata (dalla ricorrente) sentenza del Tribunale di Vibo Valentia n. 158/2012 non aveva, in realtà, acquistato la valenza di giudicato, ma anche che la stessa -o meglio, la decisione della Corte d’appello che aveva respinto il gravame contro di essa proposto -è stata travolta dalla decisione di questa Corte, con una motivazione che, ulteriormente, vale a disattendere irrimediabilmente la tesi della ricorrente in ordine alla nullità nella procedura di nomina del collegio arbitrale e, per quel che rileva nella presente sede, in ordine alla conseguente assenza del diritto degli odierni ricorrenti a percepire il compenso per l’attività svolta quali arbitri.
3.4. Travolto il caposaldo su cui si basavano i primi tre motivi di ricorso, gli stessi sono, conseguentemente, destinati al rigetto, potendosi ulteriormente rilevare -solo per dovere di completezza -l’autonoma infondatezza sia del primo motivo -dal momento che la Corte territoriale ha confermato la decisione impugnata operando una valutazione del tutto autonoma (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 28139 del 05/11/2018; Cass. Sez. 6 – Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017; Sez. 6 – 5 Ordinanza n. 5209 del 06/03/2018) -sia del secondo motivo -in quanto, al di là di ogni ulteriore considerazione, la Corte d’appello ha
esaminato il motivo di gravame ma lo ha espressamente disatteso -nonché la già evidenziata inammissibilità del terzo motivo, con la conseguenza che i mezzi articolati dalla ricorrente non sarebbero stati comunque meritevoli di accoglimento, anche in assenza della decisione di questa Corte precedentemente richiamata.
4. Infondato, parimenti, è il quarto motivo.
Contrariamente a quanto sostenuto nel mezzo, infatti, la Corte territoriale ha direttamente ed espressamente esaminato la doglianza della ricorrente e l’ha disattesa con una motivazione che non può ritenersi in alcun modo integrare una delle ipotesi nelle quali, secondo l’insegnamento di questa Corte, è tuttora possibile l’esercizio del sindacato di legittimità finalizzato alla verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nei casi – che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Priva di pregio è anche la deduzione del carattere meramente per relationem della motivazione, dal momento che la Corte territoriale, ben lungi dal limitarsi ad un mero richiamo alla motivazione del giudice di prime cure, ha proceduto ad una valutazione pienamente autonoma del motivo di appello.
Fondato, invece, è il quinto motivo, seppure nei limiti che ci si appresta a precisare.
Se, infatti, la doglianza risulta priva di fondamento nella parte in cui viene ad invocare ancora una volta il tema della nullità del lodo, a diverse conclusioni si deve pervenire quando alla parte del motivo che deduce l’omessa pronuncia della Corte d’appello in ordine alla censura che l’odierna ricorrente aveva formulato in relazione alla liquidazione del compenso della segretaria del collegio arbitrale.
In ordine a tale censura, infatti, si deve rilevare che la Corte territoriale, pur operando sul punto un fugace richiamo in premessa all’esame del motivo (pag. 10, ultimo capoverso della motivazione), ha poi radicalmente omesso di esaminare lo specifico profilo, soffermando la propria attenzione sul solo profilo della determinazione del compenso degli arbitri -oggetto, come visto, del quarto motivo di ricorso -e pretermettendo invece ogni vaglio dell’ulteriore questione.
Si deve quindi concludere che la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla specifica doglianza ad essa sottoposta, dal momento che, alla luce del tenore della motivazione adottata dalla Corte medesima, non risulta configurabile neppure una ipotesi di rigetto implicito.
6. Il ricorso, quindi, deve essere accolto in relazione al solo quinto motivo, respinti gli altri, e, per l’effetto, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, la quale provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima