Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 329 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 329 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 245/2021 r.g. proposto da:
Prof. avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, cav. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE e Gen. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, tutti rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso l’avv. NOME COGNOME, con studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f. P_IVA), con sede legale a Trieste, INDIRIZZO, in persona del curatore dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’avv. NOME COGNOME con studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso il decreto emesso in data 20.12.2020 dal Tribunale di Trieste;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto qui impugnato il Tribunale di Trieste, nella resistenza della curatela fallimentare, ha respinto l’opposizione allo stato passivo presentata dal prof. avv. NOME COGNOME, dal cav. NOME COGNOME e dal gen. NOME COGNOME nei confronti del Fallimento Depositi Costieri Trieste s.p.a. ed avverso il provvedimento del g.d. che aveva, in relazione al credito maturato per la nomina prefettizia di commissari della ‘straordinaria e temporanea gestione’ della società in bonis, ammesso il credito per euro 1955,86 in via chirografaria per avere lo stesso natura concorsuale ed aveva invece disatteso l’am missione per il credito maturato dopo la dichiarazione di fallimento e sino alla cessazione dell’incarico, per essere lo stesso inopponibile alla procedura concorsuale, quale credito avente titolo sì anteriore alla apertura del concorso ma tuttavia non proveniente dagli organi della procedura.
Il prof. avv. NOME COGNOME il cav. NOME COGNOME ed il gen. NOME COGNOME avevano infatti presentato altrettante domande tardive di ammissione al passivo del fallimento Depositi Costieri Trieste s.p.a. (brevemente DCT), aventi a oggetto il credito vantato a titolo di compenso per l’attività asseritamente svolta quali amministratori straordinari e temporanei della società, nominati mediante decreto 10.1.2018 del Prefetto di Trieste, ai sensi dell’art. 32 d.l. n. 90/2014, convertito nella l. n. 114/2014, con riferimento alle attività economiche legate all’esercizio della concessione demaniale n. 5/2016 rilasciata dall’Autorità portuale di Trieste , ora Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale. Ciascuno degli istanti aveva invero indicato il proprio credito nella misura complessiva lorda di euro 55.108,87, sulla base dei provvedimenti prefettizi di determinazione e liquidazione del compenso emessi, rispettivamente per gli anni 2018 e 2019, in dipendenza della durata dell’incarico, inizial mente disposto fino al 30.6.2018 e poi prorogato per due successivi periodi semestrali. Considerato inoltre che la DCT era stata dichiarata fallita con sentenza pubblicata il 29.1.2018, gli istanti avevano chiesto, in via principale , l’ammissione del credito con collocazione
interamente prededucibile e grado privilegiato, ai sensi dell’art. 2751 bis n. 1) ovvero n. 2) c.c.; in subordine, per l’importo lordo di euro 53.153,01 in prededuzione e per quello di euro 1.955,86 (corrispondente al rateo indicato come maturato ante fallimento) in via privilegiata, ai sensi delle medesime disposizioni.
Il Tribunale ha rilevato ed osservato che: (i) analizzando le finalità – quelle previste dalla legge e quelle in concreto dichiarate – sottese al provvedimento prefettizio di nomina degli amministratori straordinarie temporanei, alle successive proroghe del loro incarico ed infine alla determinazione del prefetto di non disporne ulteriori, occorreva rimarcare la diversità delle funzioni e dei presupposti della nomina dei predetti amministratori rispetto a quelle proprie della procedura fallimentare, così evidenziandosi l’estraneità dell’attività di questi amministratori rispetto al perimetro di quelle funzionali alla liquidazione concorsuale; (ii) non era stata dimostrata alcuna attività concretamente utile svolta dai medesimi a favore del Fallimento; (iii) non poteva configurarsi consecuzione di procedure concorsuali fra la misura ‘ amministrativa ‘ di cui all’art. 32 d.l. n. 90/2014 e la procedura fallimentare; (iv) non era condivisibile la tesi degli opponenti di aver maturato un credito prededucibile, ai sensi degli artt. 104 e 111 bis l. fall; (v) occorreva accordare prevalenza alla procedura fallimentare rispetto alla ‘ gestione straordinaria e temporanea ‘ di derivazione prefettizia , come si ricavava dalla previsione normativa ( si legga l’ art. 65 del d.lgs. n. 159/2011) della cessazione della misura dell’amministrazione giudiziaria, ben più incisiva e strutturata, quando interviene normalmente la dichiarazione di fallimento.
Il decreto, pubblicato il 12.12.2024, è stato impugnato dal prof. avv. NOME COGNOME dal cav. NOME COGNOME e dal gen. NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui il Fallimento Depositi RAGIONE_SOCIALE.a. ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono nullità del decreto impugnato per violazione degli artt. 4 e 5 della legge sul contenzioso amministrativo, come pure delle disposizioni dell’art. 32 d.l. 90/2014 relative alla disciplina degli
amministratori straordinari nominati dal Prefetto, a seguito dell’emissione dell’informazione antimafia interdittiva, in quanto – sempre secondo i ricorrenti – il Tribunale di Trieste avrebbe travalicato i limiti della cognizione a esso spettante, occupandosi di temi (quali il sindacato circa la motivazione del provvedimento di nomina) che avrebbe dovuto trattare invece il Giudice amministrativo.
Con il secondo motivo viene egualmente dedotta la nullità della decisione sempre per violazione delle norme sul contenzioso amministrativo – questa volta addebitando al Tribunale di aver censurato il merito dei provvedimenti prefettizi di interdittiva antimafia e di nomina dei commissari – nonché dell’art. 112 c.p.c., trattandosi di questioni estranee alle domande degli opponenti e alle difese del Fallimento.
2.1 I due motivi che possono essere trattati congiuntamente, stante la evidente connessione delle questioni prospettate, sono manifestamente infondati.
Ritiene il Collegio che non vi sia stato alcun travalicamento da parte del Tribunale delle competenze giurisdizionali degli organi di giustizia amministrativa né tanto meno alcuna violazione della riserva amministrativa disposta per legge in favore della P.A., posto che il Tribunale di Trieste si è limitato, in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, a verificare la esistenza ed opponibilità dei crediti professionali insinuati al passivo dagli odierni ricorrenti, ritenendo che per quelli maturati, prima della dichiarazione di fallimento, occorresse riconoscerne la natura concorsuale, con conseguente loro ammissione al passivo in via chirografaria, e per quelli invece maturati dopo la dichiarazione di fallimento, non potesse invece acconsentirsene l’ammissione al passivo perché fondati su un titolo (provvedimento prefettizio), sì anteriore alla dichiarazione di fallimento, ma non proveniente dagli organi della procedura fallimentare e, dunque, inopponibile a quest’ultima.
In realtà, il Tribunale, senza incorrere nella lamentata ultrapetizione, ha fondato il rigetto dell’opposizione sulla mancanza di concreta utilità per la massa dei creditori (pp. 1314 del decreto), sull’estraneità dei presupposti e
della funzione della nomina degli amministratori straordinari e temporanei alle attività funzionali alla procedura di liquidazione concorsuale (p. 15) e sulla non configurabilità di una consecuzione di procedure concorsuali tra la misura amministrativa dell’art. 32 cit. ed il fallimento (pp. 16-17). Ne consegue che, come sopra accennato, risulta manifestamente infondata anche la censura di extra petizione, proprio in quanto il Tribunale non aveva posto a base della sua decisione la disapplicazione degli atti amministrativi, come erroneamente prospettano i ricorrenti.
E ciò senza neanche considerare che, in relazione ad entrambe i motivi di ricorso qui in esame, i ricorrenti dimenticano di censurare l ‘ effettiva ratio decidendi su cui si sorregge il provvedimento impugnato, e cioè che il Tribunale aveva inteso disconoscere il profilo della prededuzione teleologica, così rendendo viepiù inammissibili le censure qui in esame.
La prospettazione delle doglianze non già come motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c. (qui neanche evocato), ma come semplice violazione di norme sul processo esimono questo Collegio dal dover rimettere la soluzione delle questioni prospettate alle Sezioni Unite di questa Corte.
I ricorrenti lamentano inoltre, proponendo un terzo motivo di ricorso, la violazione degli artt. 32, commi 4, 6, 7 e 10 della legge n. 114/2014 (di conversione del d.l. n. 90/2014), nonché dell’art. 110, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016.
3.1 Le doglianze così proposte sono inammissibili.
Osserva il Collegio che gli argomenti sviluppati nel motivo qui in esame risultano non correlati, in realtà, alle disposizioni di legge assunte come violate e, per altro verso, non si confrontano criticamente con il ragionamento espresso nella motivazione della decisione impugnata, risolvendosi nella mera riproposizione delle tesi difensive già dedotte nel precedente grado.
È stato invero ben evidenziato nel provvedimento qui impugnato che, in virtù del decreto prefettizio del 10.1.2018 emesso a norma dell’art. 32 del d.l. n. 90/2014, gli amministratori straordinari e temporanei erano divenuti titolari dei poteri e delle funzioni degli organi di amministrazione della società con riferimento alle attività economiche legate alla concessione demaniale,
mentre era stato correlativamente sospeso l’esercizio dei poteri di disposizione e gestione degli amministratori nominati dall’assemblea e così pure i poteri dell’assemblea stessa . Ne consegue che, in considerazione del fatto che l’attività d’impresa della DC T coincideva di fatto con la gestione del deposito costiero oggetto della concessione, la posizione in cui gli odierni ricorrenti si erano venuti a trovare nell’ambito della società era assimilabile a quella già ricoperta dagli amministratori colpiti dal provvedimento di sospensione. Coerentemente, dunque, il Tribunale ha ritenuto che, una volta dichiarato il fallimento -come la permanenza in carica degli amministratori nominati dall’assemblea non fornisce certamente a costoro titolo di insinuare al passivo il compenso maturato successivamente -allo stesso modo non risultava dovuto il compenso maturato anche dagli amministratori straordinari di nomina prefettizia. Nel caso in esame, la circostanza che il Prefetto non avesse ritenuto di dichiarare la cessazione della straordinaria e temporanea gestione della DCT, ovvero di revocarla, subito dopo il fallimento, non rileva ai fini del diritto di partecipazione al concorso con il titolo preferenziale richiesto, e ciò proprio in ragione del rilievo della non riconducibilità della nomina di tali amministratori straordinari agli organi della procedura e dunque alle concrete utilità di quest’ultima nel regime concorsuale di gestione degli interessi dei creditori.
A ciò si deve aggiungere che il Tribunale aveva rilevato che le reali utilità discendenti al regime concorsuale di gestione del patrimonio della fallita erano invero riconducibili al provvedimento prefettizio di interdittiva antimafia, che aveva escluso la possibilità di avviare e portare a conclusione il procedimento di decadenza dalla concessione demaniale e non già al provvedimento di nomina degli amministratori straordinari in sé.
Ebbene, tali risultano essere le rationes decidedi principali, su cui si fondava il provvedimento di diniego di accesso al passivo fallimentare qui impugnato. Ed invero, tali ragioni decisorie non sono state attinte dalle censure così confusamente proposte nel motivo di ricorso qui in esame, censure che, anche in ragione della loro articolazione in fatto e della loro direzione verso un nuovo apprezzamento degli elementi probatori allegati nelle fasi di merito,
non possono pertanto superare il vaglio di ammissibilità in questo giudizio di legittimità.
Con il quarto mezzo i ricorrenti deducono qui violazione degli artt. 104 e 111 bis l. fall. per non avere il primo giudice riconosciuto la prededucibilità del compenso vantato.
Le doglianze sono invero inammissibili perché volte, ancora una volta, a far ripetere a questo giudice di legittimità un nuovo apprezzamento in fatto sulla concreta e reale utilità della nomina degli amministratori straordinari, proponendo peraltro strumentalmente il vizio di violazione e falsa applicazione di legge che risulta invece volto, in modo inammissibile (come detto) ad un nuovo scrutinio della quaestio facti (v. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
Sostengono inoltre i ricorrenti che il Tribunale avrebbe errato ritenendo non applicabile la prededuzione nella consecuzione fra l’amministrazione straordinaria e temporanea ed il fallimento. Ripetono sul punto che l’utilità della nomina dei commissari per la salvaguardia del patrimonio della fallita sarebbe stata chiarita incontrovertibilmente, così come quella della loro attività, che avrebbe legittimato l’ammissione in prededuzione dei compensi anche per la parte maturata prima della dichiarazione di fallimento. Senonché il Tribunale, come già detto , ha diffusamente negato che l’attività dei commissari fosse risultata utile per la procedura concorsuale, con valutazione di fatto che non risulta più censurabile in questa sede, per lo meno nei termini della proposizione del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
I ricorrenti propongono ancora un quinto mezzo col quale denunciano ‘motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa ed incomprensibile (art. 360 comma primo n. 5° c.p.c.) e/o dello svolgimento di attività nell’interesse della massa dei creditori e della utilità concreta, considerata anche la gestione dell’esercizio provvisorio da parte del curatore’. 5.1 Anche il motivo qui in esame non supera il vaglio di ammissibilità.
In realtà la censura si rivolge al passaggio motivazionale, di diritto, in cui il primo Giudice aveva ritenuto che non si configurasse, per quanto rileva ai fini
della controversia, prevalenza degli interessi pubblici perseguiti con la misura prefettizia dell’amministrazione straordinaria e temporanea rispetto a quelli sottesi al procedimento fallimentare.
Ma la censura non evidenzia quali siano le ragioni di criticità nel ragionamento di carattere sistematico svolto dal Tribunale, così incorrendo nella sopra rilevata inammissibilità della denuncia.
Il ragionamento si basa, infatti, sulla considerazione, di natura sistematica, per cui le misure di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, di cui agli art. 34 e 34 bis del codice antimafia, non possono essere disposte sui beni compresi nel fallimento, come stabilito dall’art. 65 del medesimo testo normativo, e dunque doveva concludersi -precisava il Tribunale nel provvedimento impugnato – che ciò valesse a fortiori per l’amministrazione straordinaria e temporanea, misura di natura amministrativa e assai meno strutturata. Altrettanto chiara risulta la successiva argomentazione adottata dal Tribunale, il quale ha osservato che, se non può configurarsi consecuzione di procedure concorsuali fra quelle di natura giudiziale previste dal codice antimafia ed il fallimento, ai fini dell’attribuzione della prededucibilità ex art. 111 l. fall. ai crediti sorti nell’ambito di una delle prime, tantomeno un simile effetto potrebbe darsi per la misura amministrativa di cui qui si discute. Conclusione di cui anche in tal caso non si denunciano le ragioni dell’asserita illegittimità. Invero, il mero accenno ad un parallelismo fra procedure volte a risolvere lo stato di crisi economica e procedura finalizzate a sanare lo ‘stato di crisi di legalità’ appare una mera suggestione.
Il sesto mezzo denuncia vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
6.1 Anche l’ultimo motivo di censura è inammissibile perché volto a sollecitare questa Corte ad un nuovo apprezzamento di alcuni aspetti fattuali della vicenda già peraltro scrutinati dal Tribunale.
In realtà, non sussiste alcun profilo di manchevolezza della motivazione della decisione impugnata e si prospetta invece, inammissibilmente, una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.
Sotto un primo aspetto, secondo i ricorrenti, la motivazione non consentirebbe di valutare esattezza e logicità del ragionamento del primo Giudice, laddove questi – come già ricordato – aveva ritenuto che l’unico beneficio derivato dalla misura disposta dal Prefetto ex art. 32 cit. non era dipeso dal provvedimento di nomina degli amministratori straordinari in sé e dall’attività effettivamente svolta da questi ultimi. E, ancora, laddove aveva ritenuto essere stata l’azione del curatore, mediante la stesura del protocollo di legalità, ad impedire l’adozione del provvedimento di decadenza da parte dell’Autorità portuale concedente.
Sul punto, il Tribunale ha disatteso espressamente la prospettazione dei commissari secondo cui tale attività, protrattasi fino alla ‘formale cessazione’, avrebbe consentito al Fallimento il mantenimento della concessione demaniale, osservando infatti come, per darvi un contenuto, i medesimi avessero fatto riferimento alla vigilanza e al controllo della società fallita, tesi che evidentemente non poteva essere sostenuta considerato che pur dopo tale cessazione nessun riflesso pregiudizievole si era comunque prodotto sul contratto pubblico. Orbene, con apprezzamento in fatto, qui non più censurabile, il Tribunale ha rilevato che ciò era dipeso dalla presenza della procedura fallimentare, circostanza del resto riconosciuta anche dal Prefetto nel determinarsi a non prorogare la misura dell’amministrazione straordinaria. La motivazione del decreto impugnato ha altresì evidenziato come fosse stato il ‘ protocollo di intesa ‘ stipulato fra il Fallimento, l’Autorità portuale e la Prefettura senza l’intervento dei commissari – a coordinare in un percorso procedurale condiviso fra i tre soggetti la vendita dell’azienda, della quale l’esercizio della concessione demaniale marittima costituiva elemento fondamentale (v. p. 13 del decreto impugnato).
Come sopra illustrato quella impugnata non risulta certo essere una motivazione riconducibile al paradigma della motivazione ‘contraddittoria’ ovvero ‘perplessa’, come invece opinato dai ricorrenti, prospettando quest’ultimi, in questa sede di legittimità, una mera (e generica) argomentazione alternativa a quella qui censurata, fondata sulla mera circostanza che la loro ‘presenza’ (neanche ‘attività’) sarebbe stata ‘conditio sine qua non’ per la prosecuzione della concessione demaniale.
La ulteriore richiesta articolata nel § 7 rimane pertanto assorbita.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12.12.2024