Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14424 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14424 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8333/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocata NOMECOGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO LECCE
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 989/2022 depositata il 29/09/2022.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 23/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso conformemente alla memoria depositata.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 989/2022 della Corte d’appello di Lecce, pubblicata il 29 settembre 2022.
L’intimato RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO Lecce, non ha svolto attività difensive.
Il Condominio Isonzo intimò ai condomini NOME COGNOME ed NOME COGNOME comproprietari di un’unità immobiliare, decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali nell’importo a saldo di € 5.711,05, a titolo di quote relative alla gestione ordinaria da luglio 2014 a dicembre 2014, nonché conguaglio anno 2013, fondati sulla deliberazione assembleare del 24 aprile 2015 di approvazione del bilancio consuntivo per il periodo 1° gennaio 2010 -13 dicembre 2013, nonché del bilancio preventivo 2014.
L’adito Tribunale di Lecce con sentenza 3 maggio 2019 dichiarò nulla la deliberazione indicata e perciò revocò il decreto ingiuntivo. Il primo giudice considerò che avevano partecipato alla discussione di tale delibera ed erano stati compresi nei quorum soggetti che, all’epoca delle gestioni oggetto dei rendiconti approvati, non erano condomini e non erano perciò legittimati al voto.
La Corte d’appello di Lecce ha poi accolto il gravame del Condominio Isonzo, riformato la sentenza di primo grado e respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo. I giudici di appello hanno considerato che la questione relativa alla partecipazione alla riunione di condomini non computabili nel quorum costitutivo e decisorio avrebbe comportato l’annullabilità e non la nullità della delibera, sicché l’impugnazione andava proposta non oltre il termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c. (ovvero entro il 17 giugno 2015, essendo stato comunicato il verbale ai condomini NOME COGNOME ed NOME COGNOME il 18 maggio 2015, ed essendo stato invece notificato l’atto di opposizione al
decreto ingiuntivo il 27 aprile 2017). In ogni caso, sarebbe occorso spiegare domanda riconvenzionale e non soltanto sollevare eccezione. La Corte d’appello ha pure smentito che i condomini, divenuti tali in tempi recenti, siano esclusi dalla partecipazione alla discussione e alla votazione di delibere relative alla gestione economica delle parti e servizi comuni per periodi antecedenti al loro subentro.
I giudici del gravame hanno aggiunto che il RAGIONE_SOCIALE Isonzo aveva legittimamente precisato, nel costituirsi in corso del giudizio di opposizione, che il credito previsto dal bilancio preventivo ed azionato in sede monitoria comprendeva anche le mensilità maturate successivamente al dicembre 2014. Infine, la sentenza impugnata ha esaminato e respinto la doglianza relativa alla differenza ingiustificata tra importi fatturati ed importi concretamente ripartiti in bilancio.
Il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha depositato memoria, concludendo per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, l’assorbimento del quarto motivo ed il rigetto del primo e del terzo motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-Il primo dei quattro motivi del ricorso di NOME COGNOME ed NOME COGNOME deduce la ‘nullità della sentenza di appello. Motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile su un capo decisivo. Violazione dell’art. 112 c.p.c.’.
Il punto attiene al motivo di opposizione a decreto ingiuntivo, riproposto in sede di costituzione nel giudizio di appello, secondo cui la delibera assembleare del 24 aprile 2015 aveva invalidamente approvato ‘ per il pregresso e con effetto retroattivo, oneri per compensi dell’amministratore difformi perfino rispetto al preventivo per l’anno 2010 (unico approvato prima della delibera a base del decreto ingiuntivo), il quale non prevedeva affatto aumenti del compenso dell’amministratore per il periodo di rif erimento. Ed infatti,
leggesi nel preventivo 2010 che il compenso dell’amministratore ammontava ad € 1.988,00 annui, mentre poi nel bilancio consuntivo per gli anni 2010/2013, esso è indicato in € 9.738,24 cioè a dire € 2.434,56 all’anno ‘ .
A ciò la Corte d’appello di Lecce avrebbe risposto unicamente con la frase ‘ ‘eccezione riproposta sub (b) non può essere accolta per le medesime ragioni innanzi esplicitate in merito alla fondatezza dell’appello ‘
I ricorrenti invocano il disposto dell’art. 1129, comma 14, c.c. quanto meno per gli esercizi successivi al 2013.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1129 c.c., deducendo la nullità della delibera per le ragioni esposte già nel primo motivo.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la ‘nullità della sentenza impugnata. Omessa decisione. Violazione dell’art. 112 c.p.c.’, per la mancata pronuncia circa la nullità della delibera quanto ai compensi dell’amministratore per la lettura dei contatori inseriti in rendiconto.
2.- I primi tre motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei sensi di cui alla motivazione che segue.
2.1. – Secondo i principi enunciati da Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve sindacare la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione (mentre l’annullabilità postula che essa sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione).
2.2. -Fino al 18 giugno 2013, momento di entrata in vigore dell’art. 1129, comma 14, c.c., introdotto dalla legge n. 220 del 2012, poteva
certamente ritenersi legittima la delibera di approvazione del rendiconto consuntivo che conteneva fra le sue voci la determinazione del compenso spettante all’amministratore di condominio, essendo l’assemblea l’organo generalmente competente alla previsione e ratifica delle spese condominiali (cfr. Cass. n. 17713 del 2023).
Dopo il 18 giugno 2013, vige invece l’art. 1129, comma 14, c.c., il quale prescrive che ‘l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta’.
La ‘nullità della nomina’, ove non sia specificato l’importo del compenso, che è alla base del generale principio di predeterminazione onnicomprensiva dello stesso, è, dunque, una nullità ‘testuale’, in quanto è stabilita dalla legge. Di tale fattispecie legale di nullità, peraltro non direttamente sancita per la deliberazione assembleare, si dà atto in motivazione anche nella richiamata sentenza delle Sezioni Unite 14 aprile 2021, n. 9839.
Al fine della costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, ai sensi dell’art. 1129 c.c., il requisito formale della nomina sussiste, dunque, in presenza di un documento, approvato dall’assemblea, che rechi, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale della analitica specificazione dell’importo dovuto a titolo di compenso, specificazione che non può invece ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto (Cass. n. 12927 del 2022).
È perciò nulla per contrarietà all’art. 1129, comma 14, c.c. altresì la deliberazione dell’assemblea condominiale che abbia approvato il rendiconto annuale includendovi l’importo dovuto all’amministratore a titolo di compenso per l’attività svolta, ove tale importo non fosse
stato specificato analiticamente all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, a pena di nullità della nomina stessa, non potendo il rendiconto valere a sanare tale originaria nullità della partita contabile in esso inserita.
L’approvazione del consuntivo da parte dell’assemblea preclude ai condomini la facoltà di contestare le voci di entrata e di uscita sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quello della validità e dell’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano.
La sentenza impugnata ha errato, pertanto, nel non verificare la validità dei compensi dell’amministratore rendicontati per le gestioni successive a giugno 2013 alla stregua del sopravvenuto art. 1129, comma 14, c.c., trattandosi di rilievo di nullità cui il giudice di appello deve procedere non solo in risposta all’eventuale eccezione di parte, ma anche d’ufficio.
3. -Il quarto motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 345 c.p.c., non avendo la Corte d’appello considerato che il ricorso per decreto ingiuntivo del Condominio Isonzo richiedeva testualmente ‘ € 5.711,05 per mancato versamento delle quote relative alla gestione ordinaria da luglio 2014 a dicembre 2014, nonché conguaglio anno 2013 per € 4.027,10 così come risulta da avviso di pagamento che si allega ‘ .
La sentenza impugnata avrebbe perciò violato il divieto dei nova in appello, affermando che nel ‘ ricorso per D.I. venne specificato che il credito del condominio ammontava a complessivi € 5.711,05 di cui € 4.207,10 per saldo previsto dal bilancio consuntivo 2010 – 2013 e la differenza (€ 1.503,95) per quote mensili previste dal bilancio preventivo 2014 per i mesi da ‘luglio 2014 a dicembre 2014’ , sicché l’appellante avrebbe ‘ comunque correttamente e senza estendere o modificare l’originario petitum, precisa to che il credito per quote
mensile salvo conguaglio, previsto dal bilancio preventivo ed azionato in sede monitoria, comprendeva anche le mensilità maturate successivamente al dicembre 2014, tanto in assenza dell’approvazione di un nuovo bilancio preventivo prevedente diverso importo ‘.
3.1. -Non potrebbe giustificarsi una pronunzia di integrale assorbimento del quarto motivo di ricorso rispetto ai precedenti ritenuti fondati, nonostante l’esistenza di un rapporto di interdipendenza tra essi, in quanto le ragioni per le quali sono stati accolto i primi tre motivi non sono tali da escludere che nel giudizio di rinvio possano ripresentarsi la questione sollevate nel motivo ora in esame.
3.2. – Questo motivo non è fondato, giacché il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per contributi condominiali ha ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, sicché è al momento della decisione che occorre avere riguardo al fine della verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti di fatto e di diritto occorrente per l’accoglimento della domanda di condanna del debitore. La sentenza che decide l’opposizione al decreto ingiuntivo deve perciò accogliere la domanda del creditore istante quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione; di tal che l’opponente è privo di adeguato interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l’opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quale ad esempio l’integrale esigibilità dell’importo ingiunto, salva l’incidenza che tale circostanza può avere al solo fine della regolamentazione
delle spese, questione qui non allegata dai ricorrenti a sostegno del dedotto motivo di censura.
Nella specie, la Corte d’appello, pervenendo all’esito del rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo intimato, ha così ritenuto integralmente fondata la pretesa creditoria azionata dal Condominio in sede monitoria, pari a complessivi € 5.711,05, ovvero al petitum originario, essendo divenute in corso di causa esigibili anche le quote mensili ripartite nel bilancio preventivo 2014 per i mesi da luglio 2014 a dicembre 2014.
Tale decisione è conforme a diritto, in quanto, come premesso, l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura un normale giudizio di cognizione sulla domanda proposta dal creditore, la quale deve essere accolta anche quando il credito sia divenuto esigibile soltanto in corso di causa.
Non costituisce perciò domanda nuova, inammissibile ex art. 345 c.p.c., la prospettazione nel corso del giudizio d’appello, in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., della sopravvenuta esigibilità degli importi dovuti in base al preventivo delle spese approvato dall’assemblea e già posto a fondamento della domanda iniziale, fino a che non sia stato approvato il consuntivo della relativa gestione annuale, non introducendosi nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione, né alterandosi l’oggetto sostanziale e i termini della controversia, ovvero il bene della vita, in modo da dar luogo ad una allegazione diversa da quella sviluppata ed esplorata in primo grado.
4. Conseguono l’accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, dei primi tre motivi di ricorso, il rigetto del quarto motivo e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della causa,
uniformandosi al principio enunciato, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile