Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21828/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Cosenza INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME Enrico (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Cosenza INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 715/2024 depositata il 17/06/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’Appello di Catanzaro, con l’impugnata sentenza, rigettava il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Castrovillari che, accogliendo integralmente la domanda proposta dalla curatela attrice di revocatoria dei pagamenti eseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE in favore dell’amministratore unico NOME COGNOME aveva condannato quest’ultimo a restituire al Fallimento la complessiva somma di € 213.760,00, oltre interessi dalla data della domanda.
1.1. Queste le argomentazioni a sostegno della decisione: i) i giudici di prime cure avevano correttamente escluso le esenzioni dalla revocatoria previste dall’art. 67, comma 3° lett. a), e) ed f), l.fall. sul presupposto dell’immedesimazione organica ed in virtù della straordinarietà dell’atto di pagamento del compenso dell’amministratore; i) secondo quanto previsto dallo statuto sociale dell’RAGIONE_SOCIALE, mai modificato nelle forme di legge (e segnatamente con le forme e nei modi di cui all’art. 2480 c.c.), agli amministratori della società spettava solo il rimborso spese o una indennità annuale, se deliberata dai soci, ma non il compenso mensile deliberato dall’assemblea ed effettivamente versato; ii) la corresponsione di compensi mensili in favore del ricorrente era, quindi, privo di una valida fonte giustificativa; iii) ne conseguiva che tale pagamento non rientrava nell’ambito di applicazione dell’esenzione da revocatoria di cui all’art. 67, comma 3, lett. e), l. fall., trattandosi di atti di straordinaria amministrazione non previamente autorizzati ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidandolo a due motivi, la curatela ha svolto difese con controricorso e con memoria ex art 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3 c.p.c., e nullità della sentenza per inesistenza e/o mera apparenza della motivazione con conseguente violazione dell’art. 132, comma 2°, n. 4 c.p.c. e dell’art. 111 Cost.
1.1. Si sostiene che la Corte di merito, nell’interpretare la disposizione dello statuto sociale della RAGIONE_SOCIALE riferita alla spettanza dei compensi agli amministratori, non avrebbe correttamente applicato la regola ermeneutica di cui all’art. 1363 c.c. I giudici di secondo grado avrebbero, inoltre, reso una motivazione meramente apparente circa le ragioni per cui, anche a mente dell’art. 1363 c.c., la detta disposizione statutaria si sarebbe dovuta interpretare nel senso di escludere che all’amministratore unico della società competesse un compenso per l’attività gestoria affidatagli.
2 Il motivo è inammissibile in ogni sua articolazione.
2.1 Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo giudice di legittimità, l’interpretazione dei contratti e degli atti negoziali in genere, in quanto accertamento della comune volontà delle parti in essi espressasi, costituisce attività propria ed esclusiva del giudice di merito, dovendo il sindacato riservato al giudice di legittimità limitarsi alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (nonché, secondo la giurisprudenza anteriore alla modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, al controllo della coerenza e logicità della motivazione, censura nella specie neanche proposta, avendo la società ricorrente, come sopra rilevato, denunciato soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale).
2.2 Deve, pertanto, escludersi che il ricorrente in cassazione possa di fatto, sotto le spoglie di una denuncia per violazione di legge (artt. 1362 c.c. e s.), contrapporre una diversa e più favorevole soluzione ermeneutica e chiedere al giudice di legittimità di
procedere ad una nuova interpretazione dell’atto negoziale (cfr. Cass. S.U n. 1914/2016).
2.3 Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. n. 10554/2010 e 25728/2013) ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. n. 10554/2010 e. 25728/2013).
2.4 Si e’, infine , precisato che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto quella poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 24539/2009, n. 24539, 25861 /2013 e 5016/2014).
2.5 La Corte ha nella fattispecie escluso l’applicabilità delle ipotesi di esenzione di cui all’art. 67, comma 3 lett. a), e) ed f), l.fall. al caso di specie non solo in ragione dell’immedesimazione organica e in virtù di un atto qualificato come atto di straordinaria amministrazione, quale è stato ritenuto il deliberato compenso, ma
soprattutto alla luce dell’insussistenza nella fattispecie in esame di una fonte giustificativa del compenso per cui si procede.
2.6 A tal proposito si legge nella motivazione della sentenza « dalla documentazione versata in atti è emerso che l’art. 17 dello Statuto della RAGIONE_SOCIALE rubricato ‘compenso degli amministratori’ prevede esclusivamente che: ‘Agli amministratori spetta il rimborso delle spese sostenute per ragioni del loro ufficio. I soci possono inoltre assegnare agli amministratori un’indennità annuale. In caso di nomina di un comitato esecutivo o di consiglieri delegati, il loro compenso è stabilito dal consiglio di amministrazione al momento della nomina’ (cfr. all.3 fascicolo I grado parte appellante e fascicolo I grado parte appellata). Risulta chiaro che la volontà espressa nello Statuto è solo quella di poter accordare all’amministratore un rimborso per l’attività espletata e il tempo speso o una indennità annuale e non una retribuzione vera e propria quale è il compenso mensile. La disposizione statutaria in oggetto poteva essere modificata solo attraverso il procedimento dagli artt. 2480 e 2436 c.c. che dispongono la necessaria redazione di un verbale da parte del notaio e l’iscrizione della delibera nel registro delle imprese, procedimento non attivato nel caso in esame. Non è invece condivisibile la tesi difensiva di NOME COGNOME secondo cui il giudice di prime cure avrebbe dovuto interpretare le previsioni inserite nell’art. 17 secondo i principi sottesi agli artt. 1362 e 1363 c.c., in base ai quali ‘le clausole del contratto si interpretano le una per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto’. Più in particolare, a dire di parte appellante, adottando il suddetto criterio ermeneutico il Tribunale si sarebbe reso conto che le previsioni di cui all’art. 17 dello Statuto si sarebbero applicate anche nell’ipotesi di soggetto che svolge il ruolo di amministratore unico. La tesi prospettata è priva di fondamento. Deve osservarsi che è proprio il criterio ermeneutico di cui all’art. 1363 c.c. invocato dall’appellante a
precludere l’accoglimento della soluzione interpretativa suggerita, la scansione logico giuridica della norma è infatti assai chiara: 1) agli amministratori della società spetta esclusivamente il rimborso spese e su ( evidentemente preventiva ) decisione dei soci una indennità annuale; 2) se la società intende avvalersi di consiglieri delegati o di un comitato esecutivo deve stabilire il compenso per questi al momento della nomina. Il significato che emerge chiaramente da queste disposizioni è che agli amministratori non spetta mai un vero compenso per l’attività espletata e che qualora si debba ricorrere all’ausilio di figure diverse dall’amministratore occorre determinare il compenso contestualmente alla loro nomina. E’ chiaro poi che l’attività dell’amministratore presa in considerazione dalla norma è quella ordinariamente svolta dall’organo della società, ma risulta parimenti evidente che laddove a detto organo venissero affidate incombenze diverse da quelle sue proprie, la remunerazione di dette attività dovrebbe essere prevista contestualmente all’affidamento dell’incarico e che entrambi andrebbero formalizzati mediante apposita decisione della società. Dall’assenza di una valida fonte che legittima il compenso accordato discende l’infondatezza dell’altra censura relativa alla natura straordinaria dell’atto di disposizione che ha precluso la possibilità di beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 167 comma 3 lett. e) » .
2.7 Si tratta di un’interpretazione plausibile e non irragionevole sicché la censura è, nel suo complesso, rivolta a sollecitare questa Corte ad un diverso e non consentito esame del merito.
2.8 Nessun vizio di difetto e/o carenza di motivazione può predicarsi atteso che la Corte distrettuale, come sopra riportato, ha fornito una puntuale spiegazione in ordine all’asserito criterio ermeneutico ex art. 1363 c.c. evidenziando che proprio applicando il criterio interpretativo suggerito dall’appellante si perveniva all’esclusione delle dedotte esenzioni dalla revocatoria fallimentare.
2.9 Anche in questo caso la doglianza sotto l’apparente deduzione del vizio di cui all’art . 360, comma 1° n. 4, c.p.c. richiede alla Corte di rinnovare l’accertamento in fatto.
3 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 161, comma 7°, l.fall. e 67, comma 3°lett. e), l.fall., per avere la corte di merito ritenuto che, ai sensi di tali disposizioni, debbano ritenersi atti di straordinaria amministrazione tutti gli atti che determinino una riduzione dell’attivo patrimoniale di un’impresa in preconcordato se la stessa versi in stato di insolvenza.
3.1 A dire del ricorrente la straordinarietà dell’atto dovrebbe essere valutata non solo con riferimento alla sua idoneità a determinare una riduzione dell’attivo, ma anche con riferimento alla sua strumentalità rispetto alla proposta concordataria, sicché, ove l’atto, pur comportando un esborso gravante sull’attivo dell’impresa debitrice, debba reputarsi necessario per lo svolgimento della procedura concordataria, dovrebbe, per ciò solo, rientrare nell’ambito dell’ordinaria amministrazione.
3.2 I pagamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE in favore del Greco, quale suo amministratore unico, vanno, quindi, ricompresi, secondo la tesi del ricorrente, nel perimetro degli atti di normale gestione dell’impresa in quanto l’organo amministrativo si rivela indispensabile per consentire alla società di potere concretamente operare.
4 Anche tale motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
4.1 Secondo l’orientamento di questa Corte, la valutazione della natura di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto deve tener conto esclusivamente dell’interesse dei creditori e non già di quello dell’imprenditore insolvente , con la conseguenza che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione, se compiuti nel normale esercizio dell’impresa possono, invece, assumere un diverso connotato nell’ambito di una procedura concorsuale (Cass., sez. un., n. 42093/21 e 36370/2023 ).
4.2 La valutazione va compiuta caso per caso, in relazione alla specifica finalità che l’atto risulta perseguire rispetto all’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori (cfr. Cass. n. 26646/18).
4.3 La Corte, uniformandosi a tale orientamento, ha in modo puntuale e coerente compiuto tale valutazione.
4.4. In particolare il Collegio di merito, sul presupposto che la delibera assembleare con la quale veniva riconosciuto all’amministratore unico il compenso di € 20.000 con efficacia retroattiva a partire dal 1/7/2017 non era supportata da alcuna fonte giustificativa, nè era stata previamente autorizzata dagli organi giudiziali ed era intervenuta solo dopo il deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, e quindi in un contesto di palese insolvenza della società, ha ritenuto tale atto « idoneo a incidere negativamente sul patrimonio della società debitrice e in grado di pregiudicarne la consistenza compromettendo la capacità residua di soddisfare le ragioni dei creditori » .
Ancora una volta la censura si riversa nel merito.
Il ricorso è, quindi, inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 8.200 di cui € 200 per esborsi, oltre Iva Cap e rimborso forfettario.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002, n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 25 giugno