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Compenso amministratore giudiziario: regole di calcolo

Un amministratore giudiziario ha impugnato la liquidazione del proprio compenso per la gestione di beni sequestrati, ritenendola troppo bassa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando il metodo di calcolo basato sul criterio della “gestione più onerosa”. La Corte ha stabilito che, in caso di gestione di un patrimonio unitario ma composto da diverse categorie di beni (aziende, immobili, etc.), il compenso amministratore giudiziario si calcola sulla categoria più complessa, maggiorato di una percentuale per le altre, e non sommando compensi separati. È stato inoltre negato l’aumento straordinario del 100% per mancanza dei presupposti di eccezionale complessità.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compenso Amministratore Giudiziario: la Cassazione fa chiarezza

Il calcolo del compenso amministratore giudiziario rappresenta un tema cruciale e spesso dibattuto, specialmente quando la gestione riguarda patrimoni complessi e diversificati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sulle modalità di applicazione del cosiddetto “criterio della prevalenza della gestione più onerosa”, delineando un percorso chiaro per la liquidazione degli onorari in presenza di beni di diversa natura.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un amministratore giudiziario avverso un decreto di liquidazione emesso dal Tribunale. L’amministratore, incaricato della gestione di un patrimonio sequestrato composto da immobili, beni aziendali e prodotti finanziari, aveva richiesto un compenso di circa 65.000 euro. Il Tribunale, tuttavia, ne liquidava uno notevolmente inferiore, pari a circa 14.700 euro, applicando il criterio della gestione più onerosa previsto dalla normativa di settore (D.P.R. n. 177/2015).

L’amministratore proponeva opposizione, ma la Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado, ritenendo corretta l’individuazione della gestione immobiliare come la più onerosa e la conseguente applicazione di una maggiorazione per le altre categorie di beni. Insoddisfatto, l’amministratore ricorreva per Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle norme e un travisamento dei criteri di calcolo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la correttezza dell’operato dei giudici di merito e fornendo un’interpretazione precisa della normativa applicabile al calcolo del compenso amministratore giudiziario.

Il criterio della gestione più onerosa nel calcolo del compenso amministratore giudiziario

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 177/2015. Questa norma stabilisce che, in presenza di un patrimonio misto (composto da almeno due categorie di beni tra aziende, mobili, immobili, ecc.), si applica il criterio della prevalenza della gestione più onerosa. Il compenso base viene calcolato su tale gestione e successivamente maggiorato di una percentuale (non superiore al 25%) per ogni altra tipologia di bene gestito.

La Cassazione ha chiarito che questo criterio presuppone un’unica gestione patrimoniale, anche se formalmente i beni sono intestati a soggetti diversi, qualora siano riconducibili a un unico proposto nell’ambito di un unico procedimento di prevenzione. L’errore del ricorrente è stato quello di invocare una liquidazione separata per “masse patrimoniali distinte”, un concetto applicabile solo quando vi è una reale e sostanziale separazione gestionale, con problematiche e impegni differenziati per ciascuna massa. Nel caso di specie, il compendio era unico e la gestione unitaria. Pertanto, i giudici hanno correttamente:
1. Individuato la gestione immobiliare come la più onerosa.
2. Calcolato il compenso massimo su questa.
3. Aggiunto una maggiorazione per la gestione dei beni aziendali e dei prodotti finanziari, entro il limite del 25%.

Valutazione del Complesso Aziendale e l’Aumento Straordinario del Compenso

Il ricorrente contestava anche la base di calcolo utilizzata per il complesso aziendale, sostenendo che si dovesse fare riferimento all’attivo di bilancio al netto degli ammortamenti. La Corte ha respinto anche questa doglianza, evidenziando che lo stesso amministratore aveva ritenuto il bilancio iniziale totalmente inattendibile e che la società era stata posta in liquidazione subito dopo l’immissione in possesso. Di conseguenza, era corretto basare la stima sui soli beni materiali strumentali.

Infine, è stata giudicata inammissibile la richiesta di applicare l’aumento del 100% del compenso, previsto dall’art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 177/2015. La Corte d’Appello aveva già escluso la sussistenza dei presupposti richiesti dalla norma, ovvero amministrazioni “estremamente complesse”, di “eccezionale valore” o con “risultati particolarmente positivi”. La Cassazione ha ribadito che non può riesaminare nel merito tale valutazione, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento, che in questo caso era immune da vizi.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha fondato la sua decisione su una rigorosa interpretazione sistematica delle norme che regolano il compenso degli amministratori giudiziari. La ratio decidendi principale si basa sul principio di unicità della gestione patrimoniale quando i beni, seppur eterogenei e formalmente intestati a più soggetti, sono riconducibili a un unico procedimento di prevenzione. La normativa sulla “gestione più onerosa” è stata creata proprio per evitare una duplicazione ingiustificata dei compensi, fornendo un meccanismo di calcolo che riconosce la complessità prevalente e la integra con una maggiorazione per le attività accessorie. La reiezione delle altre censure si fonda, invece, sulla corretta applicazione dei principi processuali: l’inammissibilità di una rivalutazione dei fatti in sede di legittimità e la necessità che le censure attingano specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, cosa che nel caso dell’aumento del 100% non era avvenuta.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio per tutti i professionisti che operano come amministratori giudiziari. Il compenso deve essere liquidato secondo un approccio unitario e non come somma di singole parcelle per ogni categoria di bene. La corretta applicazione del criterio della “gestione più onerosa” richiede un’attenta analisi iniziale per individuare quale attività assorba il maggior impegno, su cui poi parametrare l’intero onorario. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di documentare in modo puntuale non solo l’attività svolta, ma anche i presupposti di eccezionale complessità qualora si intenda richiedere maggiorazioni straordinarie, che la giurisprudenza conferma essere concesse solo in casi rigorosamente circoscritti.

Come si calcola il compenso per l’amministratore giudiziario in caso di gestione di patrimoni misti (aziende, immobili, ecc.)?
Si applica il criterio della “prevalenza della gestione più onerosa”. Si individua la categoria di beni la cui gestione è più complessa, si calcola il compenso su quella e lo si maggiora di una percentuale non superiore al 25% per ogni altra tipologia di bene gestito.

È possibile ottenere compensi separati per ogni massa patrimoniale gestita all’interno dello stesso procedimento?
No, se la gestione è unitaria e i beni sono riconducibili a un unico proposto in un unico procedimento di prevenzione. La liquidazione separata è prevista solo per gestioni di masse patrimoniali realmente distinte, caratterizzate da problematiche e impegni differenziati.

Quando è possibile ottenere l’aumento del 100% del compenso?
L’aumento del 100% è previsto solo in casi eccezionali, ovvero a fronte di amministrazioni “estremamente complesse”, di “eccezionale valore del patrimonio” o quando si ottengono “risultati dell’amministrazione particolarmente positivi”. La sussistenza di tali presupposti deve essere concretamente dimostrata e viene valutata discrezionalmente dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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