Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25652 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25652 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro, e Ministero dell ‘Economia , in persona del Ministro, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato .
Ricorrente
contro
COGNOME Vincenzo , rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Controricorrente avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli emessa nel procedimento R.G. n. 26871/2018, depositata il 30.9.2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con ordinanza del 30.9.2019, il Tribunale di Napoli, accogliendo in parte l’opposizione proposta dal COGNOME NOMECOGNOME liquidò in suo favore la somma di euro 199.500,00 a titolo di compenso per l’attività di amministratore giudiziario del fondo immobiliare denominato Fondo Sette Portafoglio svolta dal 6.7.2012
al 22.10.2014, oggetto di sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e dell’art. 12 sexies legge n. 356 del 1992.
Il Tribunale argomentò la sua decisione rilevando l’esistenza di un vuoto normativo in ordine ai criteri da utilizzare ai fini della liquidazione del compenso richiesto, atteso che il d.p.r. n. 177 del 2015, emanato in esecuzione dell’art. 8 d.lgs. n. 14 del 2010, relativo alla ‘Istituzione dell’albo degli amministratori giudiziari, a norma dell’art. 2, comma 13, della legge 15 luglio 2009, n. 94’, recante i predetti criteri di liquidazione , era entrato in vigore quando l’incarico svolto dall’esponente era ormai terminato . Ritenne tuttavia che a tali criteri, sia pure successivi, poteva comunque farsi riferimento quali fonte di valutazione equitativa per la determinazione del compenso richiesto. Dato quindi conto che il fondo patrimoniale amministrato dal ricorrente era titolare di quattro strutture alberghiere e che l’incarico conferito al professionista si era sostanziato in scelte decisionali per la tutela di un patrimonio immobiliare di notevole valore, affermò che nel caso di specie era c orretta l’applicazione dei criteri stabiliti dall’art. 3 lett. c) del d.p.r. n. 177 del 2015 per la gestione di immobili, fondato sul valore degli stessi. Considerato il valore dei beni, ammontante a euro 60.950.000,00, e dei frutti su di essi maturati, pari a euro 14.135.993, nonché del particolare impegno profuso dal COGNOME nell’assolvimento dell’incarico, liquidò quindi il compenso a lui spettante nell’importo di euro 199.50 0,00.
Per la cassazione di questa ordinanza, con atto notificato il 29.10.2019, hanno proposto ricorso il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia, sulla base di tre motivi.
COGNOME NOME ha notificato controricorso e depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 3, lett. c) e d), d.p.r. n. 177 del 2015, assumendo che il Tribunale ha errato nell’applicare i criteri di determinazione del compenso stabiliti da tale disposizione per i beni immobili, atteso che l’incarico svolto dal COGNOME era consistito non nell’amministrare cespiti immobiliari, ma quote di un fondo immobiliare chiuso, che, per loro natura, rientrano nella categoria ‘beni diversi’ prevista dalla lettera d) della predetta disposizione, la quale prevede criteri di computo del compenso diversi da quelli applicati.
Il motivo è inammissibile.
La censura sollevata dall’Avvocatura non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che ha affermato di applicare le disposizioni del d.p.r. n. 177 del 2015 non già in via diretta o per analogia, ma soltanto come fonte di una valutazione equitativa del compenso da determinare, attesa l ‘ inapplicabilità del suddetto testo normativo, ratione temporis , all’incarico espletato. Questa affermazione del Tribunale, che appare conforme all’orientamento espresso da questa Corte (Cass. n. 20975 del 2024; Cass. n. 8538 del 2018), non è investita dal ricorso, il quale si appunta sul denunciato errore di diritto in ordine alla scelta della specifica disposizione di legge applicabile nel caso di specie. La censura, tuttavia, non coglie nel segno, atteso che, non avendo il Tribunale fatto diretta applicazione delle disposizioni dettate dal d.p.r. citato, la denuncia di violazione di legge, per come formulata, non è proponibile, dal momento che essa non può che muovere dalla premessa della diretta applicabilità alla fattispecie della norma giuridica che si assume violata, presupposto che invece nel caso concreto è assente . In tale situazione, l’errore addebitato al Tribunale avrebbe potuto avere rilevanza solo sotto altro profilo, attraverso la deduzione, del tutto mancante nel motivo, e la conseguente dimostrazione che il criterio seguito dal Tribunale era errato per avere portato ad una determinazione del compenso del tutto incongrua e sproporzionata rispetto all’attività concretamente svolta dal professionista (Cass. n. 6049 del 2009).
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 3, lett. c) e d ), d.p.r. n. 177 del 2015, censurando il provvedimento impugnato per avere calcolato il valore degli immobili senza fare riferimento ai parametri dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare e per avere aggiunto al suddetto valore, come base di calcolo, anche i frutti civili, che invece andavano considerati a mente della lett. d) dell’articolo menzionato.
Il motivo è inammissibile, muovendo dal presupposto della diretta applicazione della normativa dettata dal d.p.r. n. 177 del 2015 e potendosi pertanto estendere alle censure sollevate le medesime considerazioni svolte nell’esame del motivo precedente.
Merita aggiungere che il Tribunale ha desunto il valore degli immobili sulla base del dato oggettivo costituito dalla certificazione in atti rilasciata dalla Yard Valtech, che non risulta essere stata contestata, e che il ricorso non allega che tale valutazione abbia portato ad una determinazione del compenso incongrua o sproporzionata.
Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 3, lett. c) e d ), d.p.r. n. 177 del 2015, lamentando che il Tribunale abbia liquidato il compenso in un importo superiore a quello medio.
Anche questo motivo è inammissibile, sia perché non sviluppa alcun argomentazione a sostegno della censura, sia in quanto non investe la valutazione dell’ordinanza impugnata, laddove ha giustificato la liquidazione del compenso in un importo superiore ai valori medi in ragione dell’impegno profuso dal professionista, della sollecitudine da questi dimostrata nell’adempimento d ei suoi obblighi e della complessità della gestione a lui affidata.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile per essere state con tutte e tre le censure prospettate questioni inammissibili.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle Amministrazioni ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le Amministrazioni ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle Amministrazioni ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 15 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME