Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30805 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30805 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37718/2019 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA NAZIONALE PER L’AMMINISTRAZIONE E LA DESTINAZ.NE BENI SEQUESTRATI CRIMINALITÀ, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3292/2019 depositata il 16/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma, n. 3292 del 16.5.2019, con la quale è stato respinto l’appello di esso ricorrente per ottenere, in riforma della sentenza di primo grado, i compensi pretesi nei confronti della Agenzia Nazionale per l’Amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, per l’attività, svolta tra l’1.1.2007 al 16.10.2008, di amministratore e di liquidatore della RAGIONE_SOCIALE Il 16.10.2008 il ricorrente è cessato dall’incarico. La Corte di Appello ha affermato che, con decreto del 5.8.2005, dell’Agenzia del Demanio, l’immobile adibito ad ‘abitazione e ristorante’ in Grottaferrata, INDIRIZZO che ‘costituiva il cespite di maggior valore del patrimonio della Selva Rustica’, era stato ‘destinato all’Erario’; che, quindi, in forza di tale decreto, ‘ben prima del provvedimento di assegnazione’ al patrimonio del Comune di Grottaferrata del 16.11.2010, ‘tutte le attività gestorie e di amministrazione dell’immobile … espletate dal Demanio’; che ‘il primigenio provvedimento di destinazione demaniale ha quindi svuotato quasi del tutto sino dal 2005 per tale comparto aziendale il valore dell’attività residua dell’Amministrazione giudiziaria facente capo al Prof. COGNOME ridimensionando largamente il relativo pagamento del compenso reclamato da esso custode giudiziario’; che non poteva ritenersi fondata la tesi dell’allora appellante di aver diritto al compenso per il periodo ‘in contestazione compreso tra il 1°genaio 2007 e il 16 ottobre 2008’ in quanto antecedente al provvedimento del 2010,
solo in forza del quale ‘il bene era formalmente uscito dalla disponibilità dell’amministrazione giudiziaria’, posto che ‘l’immobile è stato conferito al patrimonio dell’Erario dapprima sotto forma di destinazione al Demanio e quindi trasferito in assegnazione definitiva al Comune di Grottaferrata … con conseguente sottrazione alla disponibilità del bene al patrimonio della RAGIONE_SOCIALE ed alla gestione ed amministrazione del custode Prof. COGNOME. Del tutto correttamente il primo giudice ha, quindi, affermato che il valore venale dell’immobile di Grottaferrata dovesse essere espunto dalla remunerazione richiesta … dall’odierno appellante spettando unicamente a quest’ultimo i compensi già liquidati per le esigue e residue attività gestionali svolte nel periodo 1° gennaio 2007 e 16 ottobre 2008 e per la quali manca uno specifico motivo di gravame’. La pretesa originaria del ricorrente era pari a 25.957,67 euro in relazione ad un patrimonio aziendale di valore indicato dallo stesso ricorrente come ‘superiore a 2.000.000,00 euro’. L’Agenzia ha corrisposto al ricorrente 1613,37 euro per onorari e 1792,74 euro per spese;
2.l’Agenzia resiste con controricorso;
il ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 2 octies, comma 4, della l.31.5.1965 (abrogato ma applicabile ratione temporis) per essersi la Corte di Appello ritenuta, erroneamente, non vincolata ad applicare, al caso di custode-amministratore iscritto in un albo professionale -quale il ricorrente, iscritto all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, le ‘tariffe professionali’ richiamate nel suddetto articolo; 2.con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 19,27,28, 29, 30 e 33, 34 e 47 del d.P.R. 10.10.1994, n.645 per avere la Corte di Appello erroneamente sostituito il criterio, indicato nella tariffa professionale, del valore di
mercato dell’azienda di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE ai fini della quantificazione del compenso ‘con una valutazione soggettiva sull’entità delle attività gestorie materialmente poste in essere dal liquidatore e amministratore giudiziario’;
i due motivi di ricorso, suscettivi di esame congiunto, sono infondati.
3.1. La questione attiene alla liquidazione del compenso spettante all’amministratore giudiziario e liquidatore di beni sottoposti a sequestro preventivo penale, per attività riferite a tempo antecedente all’abolizione dell’art. 2 octies della l. n. 575 del 1965 (per effetto dell’art. 120 del d. lgs. n. 159 del 2011).
3.2. Sono affermazioni della Corte di Appello non censurate quelle per cui, nel periodo tra il 1° gennaio 2007 e il 16 ottobre 2008, il ricorrente non ha svolto alcuna attività di amministrazione del cespite principale, ‘l’immobile’ di Grottaferrata, del patrimonio aziendale della società RAGIONE_SOCIALE, ha svolto solo attività ‘esigue e residue’ e per esse ha ottenuto già i compensi dovuti.
In ragione della assenza di attività relative all’immobile, la Corte di Appello ha ‘espunto’ il relativo valore venale dal calcolo del valore aziendale al quale commisurare il compenso.
3.3. I motivi di ricorso muovono da questo assunto: dato che formalmente l’incarico di amministratore e liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE era, nel suddetto periodo, ancora in essere, dato che nel patrimonio della società era compreso l’immobile, dato che la legge 31.5.1965, n. 575, art. 2 octies, comma 4, prevede(va) che ‘La determinazione dell’ammontare del compenso, la liquidazione dello stesso e del trattamento di cui al comma 4 dell’articolo 2-septies, nonché il rimborso delle spese di cui al comma 3 del presente articolo, sono disposti con decreto motivato del tribunale, su relazione del giudice delegato, tenuto conto del valore commerciale del patrimonio amministrato, dell’opera prestata, dei risultati ottenuti, della sollecitudine con la quale
furono condotte le operazioni di amministrazione, delle tariffe professionali o locali e degli usi’, dato che il criterio di determinazione e liquidazione del compenso riferito alle tariffe professionali esclude gli altri criteri, la Corte di Appello ha errato nel non liquidare il compenso tenendo conto, ai sensi della tariffa dei dottori commercialisti di cui al d.P.R.10.10.1994, n.645, anche del valore venale dell’immobile de quo. Il ricorrente assume in sintesi di avere diritto ad un compenso calcolato secondo le tariffe professionali di cui al d.P.R. 10.10.1994, n.645 da applicarsi sull’intero valore dei beni della RAGIONE_SOCIALE
3.4. L’assunto non si confronta con il contenuto della sentenza.
Come questa Corte ha precisato, il riferimento alle tariffe professionali nel comma 4, dell’art. 2 octies della l. n. 575 cit. -legge che autorizza l’autorità giudiziaria a scegliere l’amministratore, oltre che tra i professionisti iscritti in appositi albi, anche fra le persone che abbiano comprovata esperienza nell’amministrazione di beni del genere di quelli sequestraticonsente di affermare che l’art. 2 octies cit., ‘avuto riguardo alla sua ampia e diversificata portata applicativa e alla sua ratio, nonché alla sua collocazione topografica, elenca in maniera omnicomprensiva e necessariamente generalizzata i criteri che devono guidare l’attività del giudice (tra l’altro) nella liquidazione finale dei compensi. Tenuto conto, però, della varietà delle figure professionali su cui può cadere la scelta motivata dell’autorità giudiziaria e del loro differente inquadramento normativo, è indubbio che il richiamo alle tariffe professionali assume una valenza univoca … con riguardo a quelle categorie i cui compensi siano oggetto di specifica disciplina’ (Cass. 21592/2019).
In base all’art. 3 del d.P.R. 645 del 1994 (Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali degli iscritti negli albi professionali dei dottori commercialisti), ‘ 1. I compensi per
rimborsi di spese e per indennità sono determinati in misura fissa. 2. Per la concreta determinazione degli onorari previsti dalla presente tariffa tra un minimo ed un massimo, si deve far riferimento alla natura, alle caratteristiche, alla durata ed al valore della pratica. Si deve inoltre tenere conto del risultato economico conseguito, nonché dei vantaggi anche non patrimoniali derivati al cliente’.
Questa Corte (ordinanza cit. n.21502 del 22/08/2019, in motivazione) che, in tema di liquidazione del compenso in favore dei custodi e degli amministratori giudiziari dei beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento di prevenzione, ove sia applicabile, “ratione temporis”, la disciplina di cui all’art. 2octies della l. n. 575 del 1965, tale norma, in combinato disposto con l’art. 2septies, comma 5, va intesa nel senso che ‘nella determinazione dei compensi il giudice avrà la possibilità di esercitare la propria discrezionalità nei limiti delle forcelle di valore previste dalla tabella professionale di riferimento valutando … oltre al valore commerciale dei beni patrimoniali amministrati anche la qualità e la complessità dell’opera prestata dall’amministratore, la sollecitudine dimostrata dal medesimo e i risultati da lui ottenuti nella gestione dei beni oggetto del suo incarico potendo modulare l’importo effettivo del compenso alla reale materialità dell’opera di volta in volta prestata dal professionista’.
In termini generali, dunque, la priorità del riferimento alla tariffa professionale di riferimento, non esclude l’uso degli altri criteri previsti dalla legge 31.5.1965, n. 575, art. 2 octies, comma 4, che devono invece essere usati come criteri di applicazione concreta della tariffa.
Nel caso della ‘tariffa professionale’ dei dottori commercialisti, inoltre, tali criteri sono, in gran parte, anche specificamente richiamati dalla stessa normativa tariffaria (art. 3 d.P.R. 645/94 cit.). Ciò posto, la Corte di Appello non ha violato l’art. 2 octies
della l. n. 575 cit., avendo invece liquidato il compenso del ricorrente tenendo conto del criterio, interno alla normativa tariffaria, del ‘valore commerciale del patrimonio amministrato’, che non comprendeva ‘l’immobile’ di Grottaferrata, e ‘dell’opera prestata’, che non era inerente a tale immobile ma consisteva in ‘attività esigue e residue’;
in ragione di quanto precede il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
6. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, deve darsi atto della sussitenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto;
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 3500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.