LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Compensi professionali: no alla condanna alle spese

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23769/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di compensi professionali. Anche se la richiesta di pagamento di un avvocato viene accolta solo in parte dal giudice, il professionista non può essere condannato a pagare le spese legali della controparte. La Corte ha chiarito che il parere di congruità dell’Ordine ha valore solo nella fase monitoria e non vincola il giudice nel successivo giudizio di merito. La decisione finale ha quindi annullato la condanna alle spese imposta all’avvocato nei gradi precedenti, disponendo la compensazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensi professionali: se la parcella è ridotta, l’avvocato non paga le spese

La questione dei compensi professionali rappresenta un tema delicato e spesso fonte di contenzioso tra avvocati e clienti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23769/2024) ha fatto luce su un aspetto cruciale della materia: la ripartizione delle spese legali quando la richiesta economica del legale viene accolta solo in parte. Il principio affermato è chiaro: l’attore, la cui domanda è parzialmente accolta, non può mai essere condannato a pagare le spese della controparte.

I fatti del caso: dalla richiesta iniziale alla doppia conferma di merito

Un avvocato aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per circa 17.600 euro a titolo di compensi professionali nei confronti di un ex cliente. Quest’ultimo si era opposto e il Tribunale, in accoglimento dell’opposizione, aveva revocato il decreto e condannato il cliente al pagamento di una somma notevolmente inferiore, pari a circa 6.500 euro.
La decisione era stata confermata anche dalla Corte d’Appello, che non solo aveva ribadito la correttezza della liquidazione ridotta, ma aveva anche condannato l’avvocato appellante al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio. L’avvocato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello.

Il parere dell’Ordine non è vincolante nel giudizio di merito

Uno dei motivi di ricorso si basava sulla presunta natura vincolante del parere di congruità rilasciato dall’Ordine degli Avvocati sulla parcella. Secondo il ricorrente, non essendo stato impugnato dinanzi al giudice amministrativo, tale parere era divenuto definitivo.
La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: il parere di congruità ha un valore probatorio limitato alla fase di emissione del decreto ingiuntivo. Nel successivo giudizio di opposizione, che si configura come un processo a cognizione piena, spetta al professionista l’onere di dimostrare l’effettivo svolgimento delle attività e la correttezza della sua pretesa. Il parere è un atto amministrativo, ma la controversia sul pagamento è una questione di diritto soggettivo patrimoniale, di competenza del giudice ordinario.

L’analisi sui compensi professionali e la prima parcella

La Corte ha inoltre confermato la decisione dei giudici di merito di liquidare il compenso sulla base della prima nota prodotta dall’avvocato, ritenendo generica e quindi inefficace una successiva riserva di richiedere un importo maggiore. Il principio applicato è che, se un avvocato presenta una parcella per un certo importo e successivamente ne richiede uno maggiore per le stesse attività, il giudice deve valutare la congruità della richiesta alla luce dei parametri professionali. In questo caso, la prima quantificazione è stata ritenuta corretta, anche perché il cliente non era stato preavvertito di una possibile maggiorazione.

Il principio della soccombenza e la condanna alle spese

Il punto cruciale e decisivo della sentenza riguarda il terzo motivo di ricorso, relativo alla condanna alle spese d’appello. La Corte territoriale, pur respingendo l’appello dell’avvocato, lo aveva condannato al pagamento delle spese legali.
La Cassazione ha ritenuto questa statuizione errata e ha accolto il motivo. Gli Ermellini hanno chiarito che, ai fini della regolamentazione delle spese, si deve considerare l’esito complessivo della lite. Poiché la domanda originaria dell’avvocato era stata comunque, seppur parzialmente, accolta, egli non poteva essere considerato la parte soccombente. In base all’art. 91 c.p.c., l’attore la cui domanda viene accolta, anche per un importo inferiore a quello richiesto, non può essere condannato, neppure in parte, al pagamento delle spese processuali. In tali ipotesi, le spese possono essere poste interamente a carico del convenuto (il cliente) oppure, come nel caso di specie, compensate totalmente o parzialmente tra le parti.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla corretta interpretazione del principio di soccombenza. La soccombenza va valutata sull’esito globale del giudizio e non sulla singola fase di impugnazione. L’avvocato, avendo ottenuto il riconoscimento del proprio diritto al compenso, sebbene in misura ridotta, non è la parte perdente del giudizio. La condanna alle spese a suo carico nel giudizio d’appello violava quindi le norme procedurali, poiché l’appello, sebbene respinto, non mutava la sua posizione di creditore parzialmente vittorioso nell’esito finale della lite.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto fermo per i professionisti. La Cassazione stabilisce che, in una causa per il pagamento dei compensi professionali, l’accoglimento parziale della domanda esclude la possibilità di una condanna dell’avvocato al pagamento delle spese legali. Questa decisione garantisce una maggiore tutela al professionista che agisce in giudizio per il recupero dei propri crediti, anche quando il giudice ne riduce l’ammontare. La sentenza impugnata è stata quindi cassata limitatamente alla statuizione sulle spese, che sono state interamente compensate tra le parti per entrambi i gradi di giudizio.

Il parere di congruità dell’Ordine degli Avvocati è vincolante per il giudice nel processo?
No, il parere di congruità non è vincolante per il giudice nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Il suo valore probatorio si esaurisce nella fase monitoria (quella per ottenere l’ingiunzione di pagamento). Nel successivo processo, è onere del professionista dimostrare l’effettivo svolgimento delle attività per cui chiede il compenso.

Un avvocato può chiedere un compenso maggiore rispetto a una prima parcella già inviata al cliente?
Sì, ma il giudice valuterà la legittimità e la congruità della maggiore richiesta. Se la prima parcella non è frutto di un accordo o non è stata accettata dal cliente, il giudice può basarsi su di essa per la liquidazione se la ritiene correttamente elaborata, soprattutto se il cliente non era stato preavvertito della possibilità di una successiva maggiorazione.

Se la richiesta di pagamento di un avvocato viene accolta solo in parte, può essere condannato a pagare le spese legali?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’attore (l’avvocato) la cui domanda è parzialmente accolta non può essere condannato, neppure in parte, al pagamento delle spese processuali della controparte. In questi casi, il giudice può decidere di porre le spese a carico del convenuto (il cliente) o di compensarle, in tutto o in parte, tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati