Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12116 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15322/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma INDIRIZZO;
-ricorrenti-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione del decreto della Corte di appello di Perugia n. 483/2022, depositato il 16 marzo 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ex art. 3, legge n. 89/2001, depositato presso la Corte d’appello di Roma in data 10 luglio 2017, dichiaratasi incompetente e quindi riassunto presso la Corte d ‘ appello di Perugia con ricorso depositato il 17 febbraio 2020, gli odierni ricorrenti chiedevano che venisse dichiarata la violazione dell’art. 6 della CEDU sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole in relazione alla durata di un procedimento, in materia parimenti di equa riparazione, protrattosi per oltre sette anni.
La Corte, con decreto n. 376/2020, depositato il 27 ottobre 2020, accoglieva parzialmente la domanda, condannando il Ministero soccombente al pagamento, in favore di ciascuno degli istanti, della somma di euro 2.000,00 per danno non patrimoniale, oltre a interessi legali dalla domanda al saldo, nonché delle spese di lite.
I ricorrenti ricorrevano alla Corte di cassazione con tre motivi di impugnazione.
La Suprema Corte, con ordinanza n. 30541/2022, depositata il 18 ottobre 2022, accoglieva il primo motivo di ricorso e, dichiarati assorbiti gli altri, cassava il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinviava la causa alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
2. -In virtù della pronuncia della Corte di cassazione, gli odierni i ricorrenti chiedevano che alla somma capitale liquidata a ciascuna parte privata all’esito del giudizio di equa riparazione presupposto (euro 2.000,00, attribuiti dal decreto n. 66/2016 dell’11/1/2016), venissero aggiunti gli interessi legali riconosciuti nel processo presupposto dalla domanda pari ad euro 255,38 per ogni ricorrente.
Il M inistero della giustizia non si è opposto all’accoglimento della domanda, chiedendo la declaratoria di compensazione delle spese di lite.
La Corte d’appello di Perugia, in accoglimento dell’opposizione, ha rideterminato l’indennizzo in euro 2.255,38 per ciascun ricorrente. Riguardo alla regolazione delle spese, il Ministero della Giustizia è stato condannato al pagamento dei compensi e spese di lite della fase di legittimità, liquidate in euro 1.078,70 per compenso professionale, oltre 15% rimborso forfettario, 4% ca e 22% iva ed euro 27 per spese, da distrarsi in favore pro quota dei procuratori dichiaratisi anticipatari, e per la fase processuale in sede di merito ha liquidato euro 1.388,80 per compenso professionale, oltre 15% rimborso forfettario, 4% ca e 22% iva ed euro 27 per spese, da distrarsi in favore pro quota dei procuratori anticipatari.
-Avverso tale decreto i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
I ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione e/o falsa applicazione di legge – art. 91, cod. proc. civ.; art. 2233, ii comma, cod. civ.; d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022; art. 4, punto 5, d.m. n. 55/2014; mancata liquidazione compensi distinti per fasi, in relazione ad ogni grado di giudizio. Al riguardo, si deduce che il decreto impugnato ha liquidato le spese di lite, per ognuno dei tre gradi, in maniera globale ed onnicomprensiva, limitandosi ad indicare l’importo finale liquidato per ciascun grado (rispettivamente, euro 915,00 per la fase originaria di merito + euro 1.078,70 per la fase di legittimità + euro 1.388,80 per la fase di riassunzione ex art. 392 c.p.c.), e senza mai provvedere a distinguerne le voci afferenti alle singole e rispettive fasi. In realtà, ai sensi dell’art. 4, punto 5, del D.M. n. 55/2014, il compenso è liquidato per fasi’: ed infatti la Suprema Corte ha
sempre precisato che il giudice, anche in assenza di nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, deve indicare il sistema di liquidazione adottato, con la tariffa applicata, non potendo limitarsi ad una determinazione globale di tali compensi senza indicazione delle voci non considerate o ridotte (Cass. Civ.; Sez. VI; n. 15443/2021 del 3/6/2021). Ciò, in particolare, anche al fine di consentire alle parti la verifica del rispetto dei minimi tariffari, in relazione alle singole fasi di imputazione dei compensi.
Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di legge – artt. 10 e 91, cod. proc. civ.; art. 2233, ii comma, cod. civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022. Ferma restando la valenza assorbente del motivo di cui sub 1), i ricorrenti evidenziano che il decreto impugnato determina le spese delle due fasi di merito (quella originaria, definita dal decreto n. 376/2020, poi cassato, e quella della riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ., conseguente all’ ordinanza della Suprema Corte n. 30541/2021) rispettivamente in euro 915,00 e in euro 1.388,80 per un totale complessivo di euro 2.303,80. Tali liquidazioni risulterebbero entrambe inferiori ai rispettivi minimi tariffari, così come stabiliti dalla Tabella n. 12 ( ‘giudizi innanzi alla Corte d’appello ), del D.M. n. 55/2014, con le modifiche apportatevi dal D.M. n. 147/2022, applicabile a tutti i due gradi di merito del giudizio stesso. Nella presente fattispecie, infatti, vanno applicati i parametri stabiliti dalla Tabella n. 12 del D.M. n. 55/2014 (scaglione da euro 1.100,01 ad euro 5.200,00, in virtù della somma liquidata all’esito del giudizio, in favore di ogni istante – pari ad euro 2.255,38 -), con le modifiche apportatevi dal D.M. n. 147/2022, in quanto quest’ultimo è entrato in vigore il 23 ottobre 2022, si applica alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore; la riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. è stata instaurata, presso la Corte d’appello di Perugia, successivamente all’ ottobre 2022 (esattamente, con atto
depositato il 4/11/2022); ed il decreto impugnato è stato emesso il 28/1/2023, e pubblicato il 16 Marzo 2023. Inoltre, si sostiene come il relativo scaglione di valore da euro 1.100,01 a euro 5.200,00 andrebbe correttamente utilizzato per entrambi i gradi di merito predetti. Pur disponendo il massimo di abbattimento per ciascuna fase – ed utilizzando il relativo scaglione di valore da euro 1.100,01 ad euro 5.200,00 della Tabella n. 12 del D.M. n. 55/2014, modificata dal D.M. n. 147/2022, i compensi minimi, per i due gradi di merito, sono rispettivamente di: euro 268,00 per la fase di studio; euro 268,00 per la fase introduttiva; euro 496,00 per la fase di istruttoria / trattazione; euro 425,50 per la fase decisionale. Il tutto pari, pertanto, ad euro 1.457,50 (euro 268,00 + euro 268,00 + euro 496,00 + euro 425,50), per ognuna delle due fasi di merito (originaria, e riassunzione ex art. 392 c.p.c.), tenutesi dinanzi alla Corte d’appello di Perugia. Una ulteriore riduzione al di sotto dei predetti minimi, finirebbe con il ledere lo stesso art. 2233 cod. civ., nella parte in cui comunque stabilisce (II comma) che il compenso del professionista deve essere almen o adeguato all’importanza dell’opera prestata, e, soprattutto, al decoro della sua professione (che sarebbe arbitrariamente leso, da una tale decurtazione).
Con il terzo motivo di ricorso si censura la nullità della sentenza o del procedimento – vizio di omessa pronuncia – art. 112, cod. proc. civ. Nelle conclusioni contenute a pag. 5 del ricorso in riassunzione, ex art. 392 cod. proc. civ., i ricorrenti avevano espressamente domandato che, nella specifica determinazione delle spese di lite dello stesso grado di riassunzione, si applicasse anche l ‘ aumento previsto dall’art. 4, comma 1 bis, del D.M. n. 55/2014, per aver utilizzato modalità telematiche, ed aver redatto così i relativi atti processuali con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione. N ell’impugnato decreto, la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta, incorrendo in un ulteriore vizio.
1.1. -I motivi sono fondati nei termini di cui motivazione.
In tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815).
Riguardo al procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l’opposizione ex art. 5-ter della legge n.89 del 2001, avverso il decreto di rigetto non è assimilabile ad un appello, né introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo (Cass., Sez. VI-2, 26 maggio 2020, n. 9728). Ne consegue che, se la domanda viene accolta in tale sede, la condanna alle spese segue l’esito complessivo del giudizio, senza che sia possibile procedere a una distinta liquidazione per la fase monocratica (Cass., Sez. II, 3 settembre 2024, n. 23630; Cass., Sez. VI-2, 16 settembre 2015, n. 18200)
Nel caso di specie, applicando le tabelle di cui al D.M. n. 147 del 13 agosto 2022, partendo dal decisum di euro 2.255,38 (valore della causa: da € 1.101 a € 5.200), si ottiene, per la fase di merito, un compenso tabellare minimo di euro 1.458,00, (ottenuto prevedendo: per la Fase di studio della controversia, valore minimo: euro 268,00; per Fase introduttiva del giudizio, valore minimo: euro 268,00; per Fase istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: euro 496,00; per Fase decisionale, valore minimo: euro 426,00).
Pertanto, la Corte d’appello, liquidando per compensi l’importo di euro 915,00 per la fase originaria ed euro 1.388,80 per quella della riassunzione oltre accessori si è attestata al di sotto dei minimi tabellari.
Non risultano invece violati i minimi riguardo al giudizio di legittimità ( valore della causa: da € 1.101 a € 5.200 per un compenso tabellare – valori minimi € 939,00 di cui Fase di studio della controversia, valore minimo: € 355,00 ; Fase introduttiva del giudizio, valore minimo: € 389,00 ; Fase decisionale, valore minimo: € 195,00 ), avendo la Corte d’appello liquidato euro 1.078,70.
Riguardo all ‘aumento previsto dall’art. 4, comma 1 bis, del D.M. n. 55/2014, la disposizione normativa ha introdotto la possibilità di utilizzare più raffinate tecniche informatiche per la redazione di atti giudiziari e di documenti, nella specie la possibilità di ‘consentire la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati’: la tecnica di redazione a cui fa riferimento la norma consente di ‘navigare’ all’interno dell’atto (e dei documenti allegati) con tecniche ‘ipertestuali’ (indici ipertestuali e riferimenti incrociati), in modo da ‘saltare’ direttamente (cliccando su specifiche parole) tra varie parti dell’atto oppure alla lettura dei documenti allegati oppure ad un sito web (avente contenuti rilevanti per la controversia). L’elaborazione di un testo mediante queste tecniche richiede, all’autore, una specifica (e più complessa) strutturazione del testo da redigere e comporta, per il lettore (avvocato della controparte e giudice), il vantaggio di ridurre significativamente i tempi di consultazione. In considerazione, da una parte, della complessità dell’adozione di strumenti per la creazione di ‘atti navigabili’ e, dall’altra, della utilità per le parti del processo, è previsto l’aumento del compenso spettante all’avvocato.
Nel caso di specie, nell’impugnato decreto, la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi (e, quindi, di riconoscere eventualmente il relativo importo in favore dell’opponente) sulla richiesta (espressamente formulata e trascritta in ricorso) di liquidazione della maggiorazione dei compensi per la redazione degli atti mediante modalità telematiche (di cui, invero, non si fa menzione nel decreto qui impugnato) di cui all’art. 4, comma 1-bis, del D.M. n. 55/2014.
-Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, con la cassazione del decreto impugnato limitatamente ai motivi accolti e il rinvio, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione