Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34218 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34218 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Oggetto:
compensi
professionali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18730/2023 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende con procura speciale in atti.
– RICORRENTE –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende con procura speciale in atti.
–
-CONTRORICORRENTE – avverso l ‘ordinanza della Corte d’appello di MESSINA n. 1510/2021 depositata il 18/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ordinanza n. 1510/2023, la Corte d’appello di Messina ha liquidato in favore dell’avv. COGNOME l’importo di €. 2 .841,46, oltre accessori, quale compenso professionale per la difesa in un giudizio civile, detratto l’acconto di € 1 .000,00, affermando che il difensore aveva redatto l’impugnazione e precisato le conclusioni a verbale, senza svolgere attività istruttoria, e che non vi era prova del pagamento di ulteriori acconti da parte dell’assistito.
Per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, illustrati con memoria.
L’avv. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisando l a manifesta infondatezza del ricorso.
Su istanza del ricorrente, che ha chiesto la decisione, il Presidente ha fissato l’udienza in camera di consiglio .
Il primo motivo di ricorso denuncia l’ omesso esame e/o l’ errata valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e vizio di motivazione per la mancata ammissione della prova testimoniale volta a dimostrare il pagamento delle spettanze professionali, lamentando che la Corte abbia ritenuto indimostrato il pagamento di acconti, valorizzando circostanze mai dedotte dal difensore riguardo alla possibilità che la parte richiedesse il rilascio della quietanza. Il motivo è infondato.
Il rigetto delle istanze istruttorie è motivato con l’evocazione dei limiti della prova del pagamento ai sensi dell’art. 2935 c.c. , evidenziando, in aggiunta, che il cliente avrebbe potuto e dovuto richiedere la quietanza o effettuare un pagamento tracciabile, mere puntualizzazioni -queste ultime – rese allo scopo di indicare i mezzi di prova cui, secondo il giudice, avrebbe potuto far ricorso l’assistito in luogo della prova orale, non precluse dal fatto di non esser state proposte negli atti difensivi.
Nulla, invece, dice o censura il ricorso circa la possibilità del giudice di rilevare d’ufficio l’inamm issibilità della prova o circa la mancata formulazione di una eccezione di parte (Cass. 18971/2022) questione proposta tardivamente solo con la memoria ex art. 380bis 1 c.p.c., che ha una mera funzione illustrativa e non può contenere doglianze nuove (Cass. 17893/2020).
3. Il secondo motivo denuncia l’omessa pronuncia o motivazione ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione all’articolo 112 c.p.c., per non aver il Tribunale considerato che il legale non aveva curato l’intera fase decisionale e non aveva diritto al compenso tabellare per la sola precisazione delle conclusioni.
Il terzo motivo deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c. nella parte in cui la pronuncia ha affermato che il compenso era conforme agli importi tabellari minimi, trascurando che il legale non aveva curato l’intera fase decisionale. La pronuncia non esporrebbe le ragioni per cui il compenso dell’avvocato non poteva essere quantificato in un importo inferiore ai minimi.
I due motivi sono infondati.
L ‘ordinanza ha spiegato che il difensore aveva svolto il patrocinio fino alla precisione delle conclusioni, attività che rientra nella fase decisionale ai sensi dell’art. 4, comma quinto, lettera d) D.M. 55/2014 e che dava titolo al compenso, che peraltro è stato liquidato nel minimo.
E ssendosi l’attività esaurita il 22.9.2019, i minimi tabellari erano inderogabili e non era possibile liquidare somme inferiori, non occorrendo una specifica motivazione in proposito (Cass. 9815/2023).
Il quarto motivo denuncia l’ o messa pronuncia ai sensi dell’art . 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione all’articolo 112 c.p. sull’eccezione di inadempimento , avendo il ricorrente contestato che il difensore non aveva provveduto a depositare in giudizio la documentazione necessaria per la tutela dei diritti dell’ assistito e per
aver riconsegnato la cennata documentazione soltanto nel 2021, allorquando, oramai, non era più possibile portarla all’esame del giudice.
Il motivo è infondato.
Deve escludersi che il ricorrente avesse effettivamente sollevato una vera e propria eccezione di inadempimento, tale non potendo ritenersi la deduzione che si legge a pag. 2 della memoria di costituzione, in cui è detto semplicemente che i documenti erano stati restituiti solo nel febbraio 20121, senza null’altro aggiungere ; il giudice non era tenuto a pronunciarsi sulla negligenza del difensore, oggetto di un’eccezione in senso proprio non proposta (Cass. 6168/2011; Cass. 13746/2002).
Il ricorso è quindi respinto.
Poiché l’impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass. S.u. 27433/2023; Cass. s.u. 27195/2023; Cass. s.u. 27947/2023).
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 1.800,00, per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, oltre ad € 1.800 ,00 ai sensi dell’art. 96,
comma 3, c.p.c. e dell’ulteriore importo di € 800,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione