LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Compensi professionali avvocato: minimi inderogabili

La Corte di Cassazione ha stabilito che i compensi professionali dell’avvocato, liquidati secondo i parametri del D.M. 37/2018, non possono essere ridotti dal giudice al di sotto dei minimi tabellari, poiché questi hanno carattere inderogabile. La Corte ha inoltre chiarito che la fase istruttoria deve essere sempre compensata, in quanto unita a quella di trattazione, a prescindere dall’effettivo svolgimento di attività probatorie specifiche.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensi professionali avvocato: La Cassazione conferma i minimi inderogabili

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per la tutela della professione forense: i compensi professionali dell’avvocato non possono essere liquidati dal giudice al di sotto dei minimi tariffari. Questa decisione chiarisce l’impatto del D.M. 37/2018, che ha modificato il precedente D.M. 55/2014, introducendo un vincolo di inderogabilità volto a garantire il decoro e l’adeguatezza della remunerazione legale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una controversia tra una cittadina e un ente previdenziale. Sebbene l’ente avesse erogato le prestazioni richieste prima della sentenza, il Tribunale, nel dichiarare la cessata materia del contendere, liquidava le spese legali in favore della ricorrente in misura ridotta, pari a 1.200,00 euro.

La cittadina impugnava questa decisione davanti alla Corte d’Appello, lamentando l’inadeguatezza della somma liquidata. Tuttavia, anche il giudice di secondo grado rigettava l’appello. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione, con la ricorrente che sollevava due motivi principali: la violazione dei parametri minimi inderogabili per i compensi professionali e il mancato riconoscimento del compenso per la fase istruttoria.

La Decisione della Corte e i compensi professionali dell’avvocato

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendo assorbito il secondo, e ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno affermato principi di diritto chiari e netti, destinati a orientare le future liquidazioni giudiziali dei compensi legali.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’evoluzione normativa in materia di parametri forensi. La Corte sottolinea che il giudizio di primo grado era iniziato nel dicembre 2018, quando era già in vigore il D.M. n. 37 del 2018, applicabile a tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (27 aprile 2018).

1. L’inderogabilità dei minimi tariffari:
A differenza del precedente D.M. 55/2014, che consentiva una maggiore discrezionalità al giudice, la riforma del 2018 ha introdotto un limite invalicabile. Il novellato art. 4, comma 1, del D.M. 55/2014 stabilisce che i valori medi possono essere diminuiti, ma in ogni caso non oltre il 50%. Questa previsione, secondo la Cassazione, ha un carattere inderogabile. La ratio legis è quella di circoscrivere il potere del giudice per garantire uniformità, prevedibilità e tutela del decoro della professione. Non è più consentito, quindi, scendere al di sotto di questa soglia minima, salvo l’attribuzione di somme puramente simboliche, lesive della dignità professionale.

2. Il compenso per la fase istruttoria:
La Corte affronta anche la questione del mancato riconoscimento dei compensi per la fase istruttoria. I giudici di legittimità chiariscono che il D.M. 55/2014 prevede un compenso unitario per la “fase di trattazione e/o istruttoria”. Questo significa che il compenso spetta al difensore a prescindere dal concreto svolgimento di attività di istruzione in senso stretto (come prove orali o consulenze tecniche). Tale fase, infatti, include anche tutte le altre attività difensive quali la redazione di memorie, le richieste di prova e le istanze al giudice. Pertanto, negare il compenso per questa fase solo perché non si sono tenute udienze di assunzione prove è un errore di diritto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un punto fermo a tutela dei compensi professionali dell’avvocato. Le conclusioni che possiamo trarre sono due:

* I minimi sono sacri: I giudici, nel liquidare le spese di lite, devono attenersi scrupolosamente ai parametri forensi vigenti al momento della liquidazione. Con il D.M. 37/2018, i minimi tabellari sono diventati un limite non superabile verso il basso, ponendo fine a liquidazioni eccessivamente riduttive.
* L’attività difensiva va sempre remunerata: La fase istruttoria è parte integrante del processo e deve essere compensata anche quando si limita ad attività scritte o a istanze. Il compenso è previsto per l’intera fase di trattazione/istruttoria, considerata nel suo complesso.

Questa pronuncia rafforza la certezza del diritto e fornisce agli avvocati uno strumento in più per vedere riconosciuto il giusto valore del proprio lavoro.

Un giudice può ridurre i compensi professionali di un avvocato al di sotto dei minimi stabiliti dalla legge?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in base al D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, i valori minimi dei compensi professionali sono inderogabili e il giudice non può scendere al di sotto di essi.

La fase istruttoria di un processo deve essere sempre pagata, anche se non si sono svolte prove orali o perizie?
Sì. La normativa prevede un compenso unitario per la fase di trattazione e/o istruttoria. Questo compenso è dovuto indipendentemente dal concreto svolgimento di specifiche attività probatorie, poiché include anche altre attività difensive come la redazione di memorie o le richieste di prova.

Quale decreto si applica per la liquidazione delle spese legali in un giudizio la cui liquidazione avviene dopo aprile 2018?
Si applica il D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, il quale è divenuto efficace il 27 aprile 2018 e si applica a tutte le liquidazioni successive a tale data.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati