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Compensi difensore d’ufficio: l’imputato irreperibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che i compensi del difensore d’ufficio nominato per un imputato di fatto irreperibile devono essere liquidati dallo Stato, senza che l’avvocato debba prima dimostrare di aver tentato inutilmente di recuperare il credito. Il caso riguardava un legale a cui erano stati negati i compensi perché, secondo il tribunale, non aveva svolto ricerche sufficientemente approfondite sul suo assistito, un cittadino straniero senza fissa dimora e con molteplici alias. La Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che l’irreperibilità di fatto rende ogni ricerca vana e, pertanto, l’onere del pagamento ricade direttamente sull’Erario.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensi Difensore d’Ufficio: Chi Paga se l’Imputato è Irreperibile?

La questione dei compensi del difensore d’ufficio rappresenta un tema delicato, specialmente quando l’assistito è una persona irreperibile. Un avvocato che adempie al proprio dovere si trova spesso di fronte a un ostacolo insormontabile: come ottenere il pagamento per il lavoro svolto se il cliente è letteralmente svanito nel nulla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa finalmente chiarezza, stabilendo un principio fondamentale a tutela della professione forense.

I Fatti del Caso: La Richiesta Negata

Un avvocato veniva nominato difensore d’ufficio per un cittadino straniero, imputato in un procedimento penale. L’assistito era una persona senza fissa dimora, privo di permesso di soggiorno e noto alle autorità con ben otto alias diversi, rendendo di fatto impossibile ogni tentativo di rintracciarlo. Conclusosi il processo, il legale presentava istanza per la liquidazione dei propri onorari, ma si vedeva respingere la richiesta.

Il Tribunale motivava il rigetto sostenendo che l’avvocato non avesse adempiuto al proprio onere di ricercare diligentemente l’imputato. Secondo il giudice di merito, la professionista avrebbe dovuto dimostrare di aver esperito ogni tentativo, incluse ricerche presso il consolato del paese d’origine, per provare lo stato di irreperibilità del suo assistito. In assenza di tale prova, il mancato recupero del credito veniva considerato addebitabile alla scarsa diligenza del difensore stesso.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Normativa

Contro questa decisione, l’avvocato proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Impossibilità della ricerca: L’imputato era di fatto irrintracciabile a causa delle sue condizioni di vita e dei molteplici alias, rendendo vana qualsiasi ricerca, anche presso le autorità consolari.
2. Motivazione apparente: La decisione del Tribunale era priva di un solido ragionamento giuridico e non specificava quali altre concrete ricerche l’avvocato avrebbe dovuto compiere.
3. Violazione delle norme sui compensi: Veniva lamentata l’errata applicazione degli articoli 82 e 117 del D.P.R. 115/2002 (Testo Unico sulle spese di giustizia), i quali prevedono che, in caso di assistito irreperibile, l’onorario sia a carico dello Stato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul compenso del difensore d’ufficio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondati tutti i motivi. I giudici hanno tracciato una distinzione netta tra la situazione dell’assistito reperibile e quella dell’assistito irreperibile.

Nel primo caso, il difensore d’ufficio ha l’onere di tentare la procedura esecutiva per recuperare il proprio onorario dal cliente e solo in caso di insuccesso può rivolgersi allo Stato. Questo principio, tuttavia, non si applica quando l’assistito è irreperibile.

La Corte ha chiarito che l’irreperibilità può essere sia quella formalmente dichiarata nel procedimento, sia una condizione “di fatto”, come nel caso di specie. Quando una persona è, nei fatti, irrintracciabile, ogni attività volta a rintracciarla o a recuperare un credito è “vanificata a monte”. Di conseguenza, il difensore d’ufficio che intenda chiedere la liquidazione dei compensi del difensore d’ufficio non ha l’onere di provare la persistenza della condizione di irreperibilità, né di aver attivato procedure di recupero destinate a fallire.

La condizione di irreperibilità del patrocinato è una situazione sostanziale che, rendendo il debitore non rintracciabile, impedisce di per sé qualsiasi procedura esecutiva. Pertanto, il giudice di merito ha errato nel respingere la domanda basandosi sulla mancata dimostrazione di aver compiuto ricerche sufficienti. Avrebbe dovuto, invece, considerare le deduzioni dell’avvocato sull’irreperibilità di fatto del suo assistito.

Le Conclusioni: Un Principio di Equità per gli Avvocati

La decisione della Cassazione è di fondamentale importanza. Stabilisce che il diritto del difensore d’ufficio a ricevere il proprio compenso dallo Stato non può essere subordinato all’adempimento di un onere probatorio impossibile o eccessivamente gravoso. Quando l’assistito è di fatto irreperibile, l’onorario e le spese devono essere liquidati dall’Erario senza la necessità di fornire la prova di aver agito infruttuosamente per il recupero del credito.

Questo principio riafferma un criterio di giustizia ed equità, garantendo che l’avvocato che svolge una funzione sociale essenziale non debba subire il pregiudizio economico derivante da una situazione, l’irreperibilità dell’assistito, che non è in suo potere risolvere.

Un difensore d’ufficio deve sempre tentare di recuperare il proprio compenso dal cliente prima di chiederlo allo Stato?
No. Secondo l’ordinanza, questo onere esiste solo se l’assistito è reperibile. Se l’assistito è irreperibile (formalmente dichiarato o di fatto), l’avvocato ha diritto a chiedere la liquidazione dei compensi direttamente allo Stato.

Cosa si intende per “irreperibilità di fatto” e quali prove deve fornire l’avvocato?
L’irreperibilità di fatto è una condizione sostanziale in cui una persona non è rintracciabile. La Corte ha chiarito che l’avvocato non ha l’onere di provare la persistenza di questa condizione né di aver intrapreso azioni di recupero, poiché l’impossibilità di rintracciare il cliente rende tali azioni inutili in partenza.

Il giudice può negare i compensi al difensore d’ufficio se ritiene che le ricerche dell’imputato non siano state sufficienti?
No. La Cassazione ha stabilito che è un errore respingere la domanda di liquidazione sulla base del presupposto che l’avvocato non abbia dimostrato di aver compiuto tutte le ricerche possibili. L’irreperibilità di fatto è una condizione che giustifica di per sé il pagamento da parte dell’Erario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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