Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3221 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3221 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14340/2019 R.G. proposto da
NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Palermo, INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio, con domicilio in Palermo, alla INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE- avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 1407/2019, pubblicata in data 15.3.2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 11.1.2024 dal AVV_NOTAIO.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO , che ha chiesto di dichiarare la competenza della Corte di appello di Palermo.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Oggetto:
compensi
professionali
Con sentenza n. 1407/2019, il Tribunale di Palermo ha confermato la pronuncia con cui il Giudice di pace, in accoglimento della domanda proposta dall’AVV_NOTAIO, ha condannato NOME COGNOME al pagamento di €. 2687,17 a titolo di compensi professionali per la difesa della convenuta in un giudizio civile svoltosi dinanzi al locale Tribunale e alla Corte d’appello palermitana, avente ad oggetto la revoca di un amministratore del Condominio di INDIRIZZO e il successivo procedimento di reclamo.
Il Tribunale ha respinto l’eccezione di incompetenza p er materia e per valore del giudice di pace, riproposta in appello, affermando che l’eventuale applicabilità dell’art. 14 d.lgs. 150/2011 nei giudizi dinanzi a detto giudice avrebbe l’unica conseguenza di assoggettare il processo alla disciplina del l’art. 311 c.p.c. , in luogo del rito sommario speciale, senza incidere sulla competenza per la causa che, dato l’importo richiesto, doveva ritenersi devoluta, per il primo grado, al giudice adito.
Ha ritenuto ampiamente documentato lo svolgimento delle singole prestazioni, affermando che nessuna negligenza fosse imputabile al difensore per non aver presentato le note di autorizzate e di replica nei due giudizi o per aver richiesto una consulenza contabile rivelatasi inutile, giudicando congrua la liquidazione in quanto conforme ai minimi tariffari.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME propone ricorso in due motivi, cui NOME COGNOME ha replicato con controricorso.
La causa, avviata alla trattazione camerale dinanzi alla sesta Sezione civile, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 19820/2020.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 14 d.lgs. 150/2011, sostenendo che la disciplina processuale in materia di liquidazione dei compensi giudiziali civili non consente che la
domanda possa esser proposta nelle forme del giudizio ordinario di cognizione o del procedimento sommario ex art. 702 bis, essendo consentita o l’introduzione nelle forme del procedimento monitorio , o del rito sommario speciale ex art. 3 d.lgs. 150/2011, con conseguente la competenza esclusiva del tribunale, dovendo la decisione essere sempre assunta dal giudice in composizione collegiale.
Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e l’insufficiente esame dei motivi di appello, per aver il Tribunale dato conto delle ragioni della decisione in maniera estremamente sintetica, limitandosi a riprodurre le medesime argomentazioni già contenute nella decisione appellata.
3. Il primo motivo è fondato.
Deve anzitutto respingersi l’eccezione di inammissibilità della censura, essendo sollevate questioni in diritto, correttamente e specificamente individuate, al cui esame può procedersi sulla base delle indicazioni contenute in ricorso.
L’erronea sussunzione del motivo nell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. è ininfluente, non essendo pregiudicata l’esatta individuazione delle critiche alla pronuncia impugnata, che investono esclusivamente il profilo della competenza del giudice di pace (Cass. 10862/2018; Cass. s.u. 17931/2013).
3.1. Il patrocinio era stato svolto dall’AVV_NOTAIO in due cause civili prima dinanzi al Tribunale, avente ad oggetto la revoca dell’amministratore del Condominio di INDIRIZZO di Palermo , e poi nel successivo giudizio di reclamo dinanzi alla Corte d’appello.
Discutendosi di compensi per attività giudiziale civile, la causa, introdotta nel 2013, poteva esser proposta ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 150/2011, o con rito sommario speciale di cui all’art. 3 del citato decreto o nelle forme del ricorso monitorio, restando l’eventuale fase di opposizione ugualmente regolata dal rito
sommario contemplato decreto sulla semplificazione dei riti civili (Cass. s.u. 4485/2018).
Nel primo caso, a i sensi del secondo comma dell’art. 14 cit. la competenza era dell’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato aveva prestato il patrocinio: il giudice di pace poteva, quindi, pronunciare sulle domande per compensi professionali relativi alla difesa svolta in cause proposte dinanzi a sé, applicandosi anche in tal caso il rito sommario speciale di cui al citato art. 3 (Cass. 8929/20223).
E’ infondato sostenere che nelle materie ricadenti nell’ambito applicativo dell’art. 14 d.lgs., 150/2011, la competenza appartenga in ogni caso al Tribunale, dovendo la decisione essere assunta collegialmente.
L’art. 14, comma secondo, d.lgs. 150/2011 è esplicito nel prevedere la devoluzione della causa al giudice adito per il processo nel quale è stato svolto il patrocinio, anche quando trattasi di giudice monocratico.
La competenza del giudice di pace è, difatti, esplicitamente affermata dalle S.U. con sentenza n. 4247/2020, sul rilievo che la riserva di collegialità per le decisioni che devono essere assunte dal Tribunale ha l’unico scopo di bilanciare la semplificazione delle regole processuali, ma non implica anche una precisa disposizione riguardo alla competenza, diversa da quella prevista del comma secondo dell’art. 14 d.lgs. 150/2011.
Detta competenza si deve considerare pacificamente esistente in analogia con quanto accadeva prima con il Pretore e il Conciliatore: nel caso del Giudice di pace, non è la “riserva di collegialità” lo strumento previsto per compensare la riduzione dei rimedi e delle garanzie propria del procedimento speciale de quo, ma sono la snellezza della procedura e la semplicità della controversia, caratteristiche che, peraltro, per la Corte costituzionale, sono “identificative” del procedimento speciale (Cass. s.u. 4247/2020).
La sentenza della Corte costituzionale n. 65/2014, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 14, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011, in riferimento all’art. 76 Cost., nella parte in cui rispettivamente prevedono la competenza del tribunale in composizione collegiale e l’inconvertibilità nel rito ordinario, ha affermato che la riserva di collegialità si conforma al criterio direttivo posto dall’art. 54, comma 4, lett. a), della legge delega 69/2009, alla luce di quanto disposto dall’art. 50 -bis c.p.c. e dall’art. 29 della legge 794 /1942, mentre la non convertibilità del rito sommario in ordinario è a sua volta conforme all’art. 54, comma 4, lett. b), n. 2, della suddetta legge delega (Cass. s.u. 4247/2020; Cass. 8929/2023) , che, com’è noto, non consentiva alcuna modifica ai previgenti criteri di competenza, essendo l’intervento normativo rivolto alla sola unificazione e semplificazione dei riti civili.
3.2. Poste tali premesse e ribadito che, ove, come nella specie, sia richiesta una verifica sulla corretta individuazione del giudice che abbia competenza sulla lite, questa Corte è giudice del fatto processuale e può pronunciare autonomamente sulla competenza, a prescindere dalle stesse deduzioni di parte (Cass. s.u. 23594/2010; Cass. 17474/2015; Cass. 19368/2016), deve dichiararsi la competenza della Corte d’appello di Palermo, quale ufficio giudiziario che ha conosciuto per ultimo della causa in cui il ricorrente ha esercitato il patrocinio, discutendosi di compensi per prestazioni espletate in più gradi.
Tale soluzione si giustifica in considerazione del fatto che il giudice che decide la causa nel grado superiore ha una migliore visione d’insieme dell’opera prestata dall’avvocato e consente di far salvi le ragioni di economia processuale e l’interesse ad evitare la moltiplicazioni dei giudizi in coerenza con i principi del giusto processo, sicché la possibilità di frazionare la domanda in distinte controversie è meramente residuale ed è percorribile soltanto se
risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata del credito (Cass. s.u. 4247/2020).
E’, pertanto, accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo; la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e va dichiarata la competenza della Corte d’appello di Palermo per l’intera controversia, dinanzi alla quale sono rimesse le parti con riassunzione nei termini di legge.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e dichiara la competenza della Corte d’appello di Palermo per l’intera controversia, dinanzi alla quale sono rimesse le parti con riassunzione nei termini di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda